Questa fanfiction è scritta da me e elaborata sempre da me insieme a Metalotaku. Spero vi piaccia.
Death Note 2 - The new God
Capitolo 1 - Sulle orme del Dio
Erano poco più delle undici della mattina. Sembrava una bella giornata di inizio autunno, il sole splendeva nel cielo. Lei ascoltava interessata il benvenuto che il preside dell'università stava dando a tutte le matricole, e lei era una di quelle. Seduta al suo posto nell'immensa aula magna di quell'enorme istituto, attendeva anche il suo cognome, quasi tristemente eccitata all'idea che era la seconda volta che veniva pronunciato in quella sede. Arrivato alla lettera "Y", il preside si fermò un attimo, sospirò, quasi eccitato anche lui. Riprese il discorso dicendo: <<Ora vorrei dare un benvenuto speciale a una delle migliori studentesse di tutto il giappone, figlia di uno dei nostri più grandi connazionali, sorella di uno dei migliori studenti che la nostra università abbia mai avuto l'onore di annoverare>>. A quelle parole la ragazza si ricordò di quanto successo. Non si fece prendere dall'emozione, continuò ad ascoltare il discorso senza battere ciglio. <<Invito pertanto a salire sul parco Yagami Sayu>>. Lei si alzò immediatamente, vide il riversarsi degli sguardi degli altri studenti su di lei. Non ci fece tanto caso, tra gli applausi scroscianti che riecheggiavano nell'aula si diresse verso il palco. Furono pochi i secondi che ci vollero per arrivare al microfono, dove già il preside le aveva lasciato il posto. Tratteneva a stento l'eccitazione di quel momento, dai suoi occhi traspirava una falsa indifferenza; pronunciò quel discorso già redatto e riletto più e più volte, incoraggiando gli studenti allo studio, educandoli alla disciplina, augurando un buon anno scolastico. Un discorso che ai suoi occhi appariva come una perdita di tempo, una ulteriore dimostrazione delle sue superiori qualità intellettive, che non avrebbero portato benefici a nessuno, solo qualità sprecate per un mondo come quello, che più che di studenti diligenti aveva bisogno di giustizia. Un pensiero che tempo addietro venne già partorito da una mente che lei non sapeva neanche esserle stata tanto vicina. Tra questi pensieri di frustrazione, concluse il suo discorso, un'altro fragoroso applauso si espanse per l'aula magna; il preside riprese la parola dopo aver atteso in piedi, poco dietro di lei.
Il discorso fu presto concluso, tutti gli studenti furono smistati per i loro corsi, fu preparato un rinfresco. Ebbero così occasione di fare conoscenza, e come prevedibile Sayu fu assillata da continui commenti e frasi di circostanza. Alcuni, oltre a congratularsi con lei per i suoi meriti scolastici, chiesero cosa avesse fatto il padre, altri domandarono del fratello, Sayu si dimostrò alquanto reticente su entrambe le discussioni, preferì parlar d'altro, o non parlare affatto. In seguito il preside riprese a parlare per ricordare brevemente che il giorno seguente le lezioni sarebbero cominciate a tutti gli effetti. Salutò quindi gli studenti, affermando che potevano anche andarsene, l'università, per quel primo giorno, era finita. Sayu si avviò verso l'uscita, ancora qualcuno le rivolgeva la parola, qualcun altro là vicino parlava di lei a voce sommessa. Sayu continuò per la sua strada, senza dar effettiva risposta a chi le parlava, dicendo che doveva scappare. Che tanto volessero da lei non sapeva ancora ben spiegarselo, fatto sta che sembrava il fenomeno del momento. Si escluse da quel miscuglio di rumori, da quel vociferare imperterrito che l'aveva accompagnata per tutto quel giorno, si diresse velocemente alla prima stazione degli autobus, uscita dal parco dell'università.
Un'ora dopo Sayu aspettava ancora l'autobus che doveva arrivare teoricamente dopo dieci minuti. Portava un netto ritardo di cinquanta minuti. Si guardò in giro, vide un enorme ingorgo d'auto, poté rimirare che era così per tutte le strade che da lì departivano; un vario strillare di automobilisti inferociti faceva da contorno a quell'immagine di caos. Decise perciò di avviarsi a piedi, incurante dei circa 7 chilometri che doveva percorrere, del fatto che sarebbe arrivata molto più tardi del previsto, forse appena in tempo per la cena. Pertanto durante il suo cammino ebbe modo di pensare. Pensò alle due persone che perse tempo addietro, che più le erano care; e tutt'ora non riusciva a rassegnarsi alla spiegazione che le era stata data, a quel modo di spiegare le cose che la sua mente non riusciva ad accettare. Rifletteva su tutto questo mentre il dolore la affliggeva; una voce la distolse da quei pensieri, proveniva da un maxi-schermo posto ad un incrocio. Era la voce del giornalista che conduceva il telegiornale nazionale. Egli presentò la notizia di una strage nella provincia Kioto, in un centro commerciale, ad opera di un pazzo pluriomicida, ricercato da due anni in Giappone. Costui avrebbe giustiziato moltissime persone a colpi di mitragliatore, uccidendoli in nome di Kira. Il giornalista concluse spiegando che l'uomo si tolse la vita dopo averla negata a numerosi innocenti. Le parole dell'accaduto riecheggiarono nella mente di Sayu. "Uccidere in nome di Kira... Ecco a cosa ha portato Kira...Alla distruzione". Questo fu ciò che pensò Yagami Sayu, imboccando la strada che l'avrebbe portata a destinazione. Vide illuminata dalla luce dei lampioni una mela sull'uscio della sua casa; si chiese come mai una mela fosse lì, forse era caduta da un sacchetto della spesa di sua madre, Yagami Sachiko. Con l'intenzione di riportarla a quest'ultima la raccolse. Attraversato il breve uscio si fermò davanti alla porta, prese le chiavi dalla sua borsa, stava per infilarle nella toppa. Tuttavia sentì un improvviso rumore dietro di lei. Così si voltò: non vide nessuno. Abbassando lo sguardo notò però qualcosa per terra, lontana poco più di due metri da lei. Si avvicinò a questa cosa, la identificò, era un quaderno nero. Sulla sua copertina era impressa una scritta bianca: Death Note.
Death Note 2 - The new God
Continua
Death Note 2 - The new God
Capitolo 1 - Sulle orme del Dio
Erano poco più delle undici della mattina. Sembrava una bella giornata di inizio autunno, il sole splendeva nel cielo. Lei ascoltava interessata il benvenuto che il preside dell'università stava dando a tutte le matricole, e lei era una di quelle. Seduta al suo posto nell'immensa aula magna di quell'enorme istituto, attendeva anche il suo cognome, quasi tristemente eccitata all'idea che era la seconda volta che veniva pronunciato in quella sede. Arrivato alla lettera "Y", il preside si fermò un attimo, sospirò, quasi eccitato anche lui. Riprese il discorso dicendo: <<Ora vorrei dare un benvenuto speciale a una delle migliori studentesse di tutto il giappone, figlia di uno dei nostri più grandi connazionali, sorella di uno dei migliori studenti che la nostra università abbia mai avuto l'onore di annoverare>>. A quelle parole la ragazza si ricordò di quanto successo. Non si fece prendere dall'emozione, continuò ad ascoltare il discorso senza battere ciglio. <<Invito pertanto a salire sul parco Yagami Sayu>>. Lei si alzò immediatamente, vide il riversarsi degli sguardi degli altri studenti su di lei. Non ci fece tanto caso, tra gli applausi scroscianti che riecheggiavano nell'aula si diresse verso il palco. Furono pochi i secondi che ci vollero per arrivare al microfono, dove già il preside le aveva lasciato il posto. Tratteneva a stento l'eccitazione di quel momento, dai suoi occhi traspirava una falsa indifferenza; pronunciò quel discorso già redatto e riletto più e più volte, incoraggiando gli studenti allo studio, educandoli alla disciplina, augurando un buon anno scolastico. Un discorso che ai suoi occhi appariva come una perdita di tempo, una ulteriore dimostrazione delle sue superiori qualità intellettive, che non avrebbero portato benefici a nessuno, solo qualità sprecate per un mondo come quello, che più che di studenti diligenti aveva bisogno di giustizia. Un pensiero che tempo addietro venne già partorito da una mente che lei non sapeva neanche esserle stata tanto vicina. Tra questi pensieri di frustrazione, concluse il suo discorso, un'altro fragoroso applauso si espanse per l'aula magna; il preside riprese la parola dopo aver atteso in piedi, poco dietro di lei.
Il discorso fu presto concluso, tutti gli studenti furono smistati per i loro corsi, fu preparato un rinfresco. Ebbero così occasione di fare conoscenza, e come prevedibile Sayu fu assillata da continui commenti e frasi di circostanza. Alcuni, oltre a congratularsi con lei per i suoi meriti scolastici, chiesero cosa avesse fatto il padre, altri domandarono del fratello, Sayu si dimostrò alquanto reticente su entrambe le discussioni, preferì parlar d'altro, o non parlare affatto. In seguito il preside riprese a parlare per ricordare brevemente che il giorno seguente le lezioni sarebbero cominciate a tutti gli effetti. Salutò quindi gli studenti, affermando che potevano anche andarsene, l'università, per quel primo giorno, era finita. Sayu si avviò verso l'uscita, ancora qualcuno le rivolgeva la parola, qualcun altro là vicino parlava di lei a voce sommessa. Sayu continuò per la sua strada, senza dar effettiva risposta a chi le parlava, dicendo che doveva scappare. Che tanto volessero da lei non sapeva ancora ben spiegarselo, fatto sta che sembrava il fenomeno del momento. Si escluse da quel miscuglio di rumori, da quel vociferare imperterrito che l'aveva accompagnata per tutto quel giorno, si diresse velocemente alla prima stazione degli autobus, uscita dal parco dell'università.
Un'ora dopo Sayu aspettava ancora l'autobus che doveva arrivare teoricamente dopo dieci minuti. Portava un netto ritardo di cinquanta minuti. Si guardò in giro, vide un enorme ingorgo d'auto, poté rimirare che era così per tutte le strade che da lì departivano; un vario strillare di automobilisti inferociti faceva da contorno a quell'immagine di caos. Decise perciò di avviarsi a piedi, incurante dei circa 7 chilometri che doveva percorrere, del fatto che sarebbe arrivata molto più tardi del previsto, forse appena in tempo per la cena. Pertanto durante il suo cammino ebbe modo di pensare. Pensò alle due persone che perse tempo addietro, che più le erano care; e tutt'ora non riusciva a rassegnarsi alla spiegazione che le era stata data, a quel modo di spiegare le cose che la sua mente non riusciva ad accettare. Rifletteva su tutto questo mentre il dolore la affliggeva; una voce la distolse da quei pensieri, proveniva da un maxi-schermo posto ad un incrocio. Era la voce del giornalista che conduceva il telegiornale nazionale. Egli presentò la notizia di una strage nella provincia Kioto, in un centro commerciale, ad opera di un pazzo pluriomicida, ricercato da due anni in Giappone. Costui avrebbe giustiziato moltissime persone a colpi di mitragliatore, uccidendoli in nome di Kira. Il giornalista concluse spiegando che l'uomo si tolse la vita dopo averla negata a numerosi innocenti. Le parole dell'accaduto riecheggiarono nella mente di Sayu. "Uccidere in nome di Kira... Ecco a cosa ha portato Kira...Alla distruzione". Questo fu ciò che pensò Yagami Sayu, imboccando la strada che l'avrebbe portata a destinazione. Vide illuminata dalla luce dei lampioni una mela sull'uscio della sua casa; si chiese come mai una mela fosse lì, forse era caduta da un sacchetto della spesa di sua madre, Yagami Sachiko. Con l'intenzione di riportarla a quest'ultima la raccolse. Attraversato il breve uscio si fermò davanti alla porta, prese le chiavi dalla sua borsa, stava per infilarle nella toppa. Tuttavia sentì un improvviso rumore dietro di lei. Così si voltò: non vide nessuno. Abbassando lo sguardo notò però qualcosa per terra, lontana poco più di due metri da lei. Si avvicinò a questa cosa, la identificò, era un quaderno nero. Sulla sua copertina era impressa una scritta bianca: Death Note.
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