Originariamente Scritto da Feleset
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Originariamente Scritto da sssebi Visualizza Messaggiovabbè ma è la stessa cosa, anche se la scadenza era il 18 non cambiava niente: il racconto lo avresti dovuto finire domenica, perchè poi avevi la gita!sigpic
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Originariamente Scritto da Feleset Visualizza MessaggioFinire è una cosa, postare è un'altra. Io il racconto in pratica l'ho già finito, ma il problema è che non mi va a genio l'idea di farlo leggere prima di quello degli altri... tutto qui.
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Ecco. Questo è il mio racconto. So cosa penserete dopo averlo letto, ma non preoccupatevi, perchè quella cosa l'ho fatta consapevolmente! Cioè, volevo che si capisse che io sono l'autrice di questa storia, per cui è inutile che vi dica che i riferimenti non sono puramente casuali! Però ci tengo anche a precisare che questa mia scelta non è stata affatto causata dalla mancanza di fantasia o di ispirazione... anzi, ho cercato comunque di rendere il tutto contemporaneamente originale e personalizzato!
Anche se non siete della giuria mi piacerebbe conoscere qualche commento... va beh, comunque ecco il mio lavoro!
Spoiler:Sotto la corazza.
Sebbene ciò non corrispondesse all’opinione comune, la sua suprema sapienza gli aveva fatto comprendere come gli uomini non fossero i soli a contare nella Storia. Fin dalle ere più antiche, quando elfi e nani erano ancora stretti nella loro unica alleanza per combattere quelli che i cantastorie chiamavano Draghi dell’Est, c’era qualcosa, o meglio, qualcuno, che aveva sempre preferito restare nell’ombra, ma che bramava i cambiamenti con la stessa intensità dei più valorosi guerrieri.
Le donne...
Mai un fiero combattente o un re con manie di potere lo avrebbe ammesso, ma Fochi non mostrava alcuna insicurezza nell’affermare che anche una sola fanciulla avrebbe potuto cambiare il fato.
Il suo passo lento e stanco si arrestò di fronte ad un vecchio albero, il primo dell’immensa foresta su cui si cantavano le più svariate leggende. Sapeva che solo lui poteva prendere l’iniziativa: da abile consigliere di Rhiucu, secondo governatore degli Uomini del Sud, aveva intuito che la soluzione migliore per evitare la sconfitta era rivolgersi agli elfi.
-Cammini da solo per il bosco?-
Una voce melodiosa gli fece voltare il capo calvo verso destra, facendogli scorgere una figura che mai si sarebbe aspettato di veder uscire allo scoperto: Finn, la figlia dell’elfa con cui lui da giovane era riuscito a stringere una sorta di amicizia, lo stava scrutando con interesse.
-Lo so, lo so…- esclamò lei sorridendo e mettendosi le dita fra la lunga chioma bionda –Ti sembra strano che un elfo si mostri in pieno giorno agli occhi di un umano e gli rivolga la parola… già, me lo dicono tutti, ma non ci posso fare niente! Io sono fatta così!- concluse, avanzando allegramente verso di lui.
Sul volto dell’anziano si disegnò un sorriso soddisfatto. La soluzione era davanti ai suoi occhi.
Rhiucu non poteva certo definirsi il genere di persona che si faceva ammaliare facilmente. Benché fosse stato costretto dal testamento del padre defunto a spartirsi il regno con il fratello maggiore, egli non aveva mai abbandonato l’idea di intraprendere una lotta contro il suo stesso sangue per impadronirsi dell’intero territorio. Era estremamente orgoglioso di appartenere agli Uomini del Sud, ma la sua gente non sembrava attratta dallo spirito altezzoso che gli impediva di allearsi con qualunque altro popolo delle zone circostanti. Fochi lo aveva avvertito più volte del probabile accordo che il rivale aveva firmato con i nani, consigliandogli caldamente di mettersi in contatto con gli elfi, quantomeno per evitare di trovarsi in netta inferiorità numerica a battaglia iniziata.
Ma Rhiucu non avrebbe ceduto. Perché il suo orgoglio era ben al di sopra della sua esistenza.
-E così tu sei Rhiucu!-
Il ragazzo scrutò l’elfa con i suoi occhi di ghiaccio, domandandosi il perché avesse acconsentito alle richieste insistenti del consigliere, che lo avevano incitato a recarsi da lei.
-Sì, sono io- rispose disinteressato –Ed ora dimmi che cosa vuoi. Non ho tempo da perdere in sciocchezze- aggiunse sprezzante.
La giovane incurvò le labbra in un sorriso, per poi avvicinarsi di un passo.
-Io non voglio proprio niente!- rispose ridendo –È stato Fochi a dire che dovevamo incontrarci… dice che io potrei convincerti ad allearti con noi elfi!-
Rhiucu inarcò un sopracciglio, scrutando la ragazza dalla testa ai piedi.
-Tu? Ma non farmi ridere! Vorresti dirmi che una stupida ragazzina come te potrebbe davvero convincermi ad allearmi con una razza inferiore?-
Finn non si scompose, assumendo un’espressione neutra.
-Beh, a me non interessa affatto combattere, quindi sinceramente non so cosa dire…- si bloccò, notando lo sguardo stupito del giovane –Sì, hai capito bene: io non combatto, mi piace studiare le piante…-
-Una scienziata?- uscì dalla bocca dell’umano, che subito dopo maledisse se stesso per averle prestato troppa attenzione.
-Noi elfi non usiamo questo termine, ma se vuoi considerarmi tale, a me va bene… più che altro mi chiedo che cosa sia tu… credevo che stesse nella grandezza di ogni governatore quella di saper trovare gli alleati giusti al momento giusto, così come quella di crearsi un esercito fedele, sfruttando magari le rivalità che da ere intere sussistono fra due diverse razze… elfi e nani, per esempio…- alzò gli occhi al cielo, battendosi una mano sulla fronte –Ma che cosa sto dicendo? Dimenticavo che sto parlando con un uomo che preferisce condannare a morte il proprio popolo piuttosto che dare ascolto alle esigenze di quest’ultimo…-
-Cosa intendi dire?!?- si imbestialì Rhiucu, stringendo istintivamente le dita sull’impugnatura della spada. Rimase per qualche istante a scrutare gli occhi profondi dell’elfa, che continuava a sorridergli con incredibile sicurezza. Poi questa si voltò, senza mutare espressione, inoltrandosi lentamente nel bosco ombroso.
-Gli elfi ti stanno aspettando, principe…-
sigpic
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Bel racconto, feleset, complimenti.
Riguardo al mio appena ho un minuto lo rivedo e lo posto definitivo. Se non dovessi riuscirci autorizzo i giudici a valutare la prima versione del mio racconto che ho postato qualche pagina fa."I was born and raised from the sea..." =Sonata Arctica=
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Originariamente Scritto da Oplita XXX Visualizza MessaggioBel racconto, feleset, complimenti.
Vi giuro che temo fortemente che possa succedere!sigpic
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Partendo dal presupposto che io provo un feroce odio razziale nei confronti degli elfi(e dei nani e dei draghi e di quasi tutte le creature del fantasy, sebbene sia un estimatore del genere), la trovo una storiella interessante e buffa, senza dubbio azzeccata, dai che è buona, per me si piazza bene, ma potevi fare di meglio, è troppo, come dire...vabbeh, magari i giudici troveranno il termine adatto
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Originariamente Scritto da Il Nicco Visualizza MessaggioPartendo dal presupposto che io provo un feroce odio razziale nei confronti degli elfi(e dei nani e dei draghi e di quasi tutte le creature del fantasy, sebbene sia un estimatore del genere), la trovo una storiella interessante e buffa, senza dubbio azzeccata, dai che è buona, per me si piazza bene, ma potevi fare di meglio, è troppo, come dire...vabbeh, magari i giudici troveranno il termine adatto
Io comunque non sono in grado di descrivere scene di combattimenti, per cui tendo ad andare più sul sentimentale... più che altro questa storia contiene un riferimento implicito a un'altra cosa, che spero non penalizzi troppo il giudizio! >_<sigpic
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Posto la versione [credo] definitiva del mio racconto.
Spoiler:Un fruscio scosse leggermente i cespugli e il rumore di piccoli zoccoli fece sussultare Grakar, che aveva teso le orecchie per più di un’ora per cercare di captare un qualunque segnale del passaggio di un’ignara bestiola da cacciare. La sua famiglia soffriva da troppo tempo la fame ed era stata costretta a scappare da un villaggio all’altro a causa di una delle violente incursioni del popolo maledetto… Proprio quel popolo che si muoveva compatto ispirato da fanatiche manie di conquista e che ormai era sul punto di conquistare l’intera Tracia. Grakar era solo un ragazzo, eppure aveva sulle spalle delle grosse responsabilità… mentre cercava di capire dove si trovasse la possibile preda, si accorse che il sole stava tramontando, e se non fosse riuscito a prendere qualcosa da mettere sotto i denti i suoi cari avrebbero passato l’ennesima notte di digiuno. Con un movimento fulmineo e una trazione improvvisa del braccio scagliò la sua lancia nel folto della foresta, producendo un sibilo acuto, attutito da qualcosa di morbido e seguito da un lamento sommesso: lo aveva preso.
Corse a vedere cosa aveva colpito: un cucciolo di capriolo era agonizzante tra l’erba rada e perdeva fiotti di sangue da un fianco, trapassato dalla lancia. Grakar ebbe un momento di pietà per quella povera creatura troppo giovane per meritare di morire e pose fine alle sue sofferenze sgozzandolo con un solo colpo del suo pugnale.
Lo issò sulle spalle: era soddisfatto, ma c’era qualcosa nell’aria che lo turbava, non era tranquillo.
Una serie di rumori cominciarono a risuonare nella macchia susseguendosi nella notte come un macabro requiem: rami spezzati, scricchiolii di foglie secche calpestate e uno strano respiro pesante e affannoso.
Il buio era ormai calato e il plenilunio che sarebbe stato uno stupendo spettacolo in qualsiasi altro momento, allora metteva ansia con la sua luce fioca…
Grakar si fermò ad ascoltare, ogni muscolo teso, ogni vena pulsante, le mani pronte: lasciò cadere il bottino di caccia e incocco svelto il suo arco di legno nero, intagliato a spirali, simboli simili ai tatuaggi scuri che gli ricoprivano la pelle. Provò a capire dove avrebbe dovuto colpire, i sensi da cacciatore sviluppati a dismisura, mentre qualche goccia di sudore calava dalla fronte del giovane, gelandosi nel freddo della notte. Seguirono altri rumori, provenienti da direzioni in continuo cambiamento, come se qualcosa stesse girando intorno al cacciatore, studiandolo, mentre Grakar non capiva cosa fosse ciò che lo osservava. Tuttavia anch’egli studiava con estrema attenzione quell’avversario del quale avvertiva la presenza ma che gli era invisibile.
Un altro ramo spezzato e finalmente il Tracio localizzò la cosa che lo guardava coperta dalla penombra: a prima vista poteva sembrare un orso ritto sulle zampe posteriori, ma la corporatura era completamente diversa, sembrava più… un umano. La muscolatura possente ricoperta da una folta peluria si alzava e si abbassava aritmicamente seguendo un respiro bestiale, la testa allungata anch’essa ricoperta di pelo mostrava occhi piccoli e brillanti e orecchie canine, a punta, rivolte all’indietro in un atteggiamento di sfida; i muscoli facciali erano contratti in una smorfia di rabbia e di dolore e la creatura mostrò ringhiando delle zanne tanto chiare da contrastare perfettamente con il buio.
L’animale tirò all’indietro la testa e ululò alla luna, dopodichè partì all’attacco caricando Grakar, che lasciò la presa sull’arco, divenuto inutile, sfilò la sua ascia bipenne e urlando si abbatté sull’avversario. Il mostro cercava in ogni modo di azzannare la gola del ragazzo, che a sua volta cercava di affondare l’arma nella carne della creatura, ma erano entrambi troppo agili e riuscivano a evitare i colpi.
Grakar, con un improvviso slancio si trovò alle spalle del mostro e, afferratogli la gola, cominciò a stringere: lo strano animale cominciò a uggiolare come un cagnolino, ma il cacciatore che lo stava per uccidere non provava un minimo di pietà. Ma ad un tratto Grakar notò dei simboli che conosceva fin troppo bene, erano identici ai suoi, delle spirali… Ci volle un attimo per capire e lasciò la presa sul lupo: “Turak, fratello mio! NO!”
Grakar realizzò che qualcosa di spaventoso era accaduto quella notte, qualcosa che avrebbe cambiato per sempre il suo destino e quello del suo popolo… Aveva già sentito parlare tra gli invasori di qualcosa chiamato con un nome strano, qualcosa come “Lupus Hominarum”, o qualcosa del genere: si trattava di uomini maledetti che mutavano in alcune notti, nelle notti di luna piena, diventando qualcosa simile più alle bestie che agli uomini. Erano stati loro a portare quella maledizione, e ora anche Turak, suo fratello era stato contagiato.
“Non posso lasciarlo in circolazione, devo finirlo, altrimenti questa catena continuerà e tutto il popolo sarà sterminato! Devo farlo! AAAH!” Con un urlo spaventoso Grakar si gettò addosso alla bestia con l’ascia sguainata, ma Turak evitò il colpo e il cacciatore perse l’equilibrio, barcollò e l’arma si impigliò tra le radici di un salice. Il ragazzo non si perse d’animo e sfoderò i suoi pugnali: uno era ancora sporco del sangue del cerbiatto ucciso prima. Questa volta cercò di adoperare l’astuzia di cacciatore e lanciò la prima arma contro il lupo, che naturalmente la evitò con facilità, ma quando il mostro si voltò di nuovo verso il fratello, si accorse con rabbia che non c’era più e si mise a ululare di furore. Poco sopra di lui Grakar si stava silenziosamente sistemando su alcuni rami di un albero, sul quale era velocemente salito mentre Turak era distratto, in attesa del momento giusto. Ad un certo punto il lupo abbassò la testa e inarcò le spalle, cercando di fiutare e il guerriero gli piombò addosso aggrappandosi al collo con tutta la forza che aveva: impugnò saldamente il pugnale e cominciò a colpire ripetutamente la schiena della bestia, mentre essa gemeva di dolore.
Menando fendenti Grakar colpì un punto della colonna vertebrale, fratturandola gravemente e immobilizzando il fratello, che si accasciò al suolo agonizzante: i ringhi del mostro diventavano pian piano uggiolii, e Grakar scese dal mostro, osservandolo da lontano e versando calde lacrime di dolore; non poteva avvicinarsi a suo fratello nei suoi ultimi momenti di vita, era furente perché voleva stringere quel mostro, ma non poteva rischiare di essere contagiato, di diffondere quel morbo nella sua comunità. Stette accanto al fratello tutta la notte, finche, con il sorgere del sole, l’immenso corpo peloso cominciò a mutare: stava tornando normale.
Grakar corse vicino al povero consanguineo e vide che era ancora vivo, incredibilmente… si stava sforzando immensamente voleva dire qualcosa: “G..Gra..kar.. fratello mio… questa m..maledi..zione ha colpito anche m..me… Vendicami, fratello, n..non far diffondere questo m..morbo… uccidi gli in..invasori. Difendi… la… TRACIA!!!”
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A meno che non cambi completamente idea questo è il testo che porto, lo dicevo che sarebbe stato qualcosa di anomalo, ma non mi convince appieno, quindi è possibile che lo modifichi ulteriormente prima di giovedì, anche se lo ritengo improbabile...certo che il fantasy non è un genere che mi riesca benissimo, almeno in degli shots, magari se facessi un lavoro più lungo uscirebbe qualcosa di migliore, ma non ne ho voglia, prediligo ambientazioni differenti
Spoiler:Un uomo fece il suo ingresso nella taverna, facendo voltare gli avventori.
Era alto, grosso, muscoloso, aveva l'aspetto di un guerriero, sebbene non indossasse nè impugnasse alcunchè. A passi lenti si avvicinò al bancone e ordinò da bere.
Quanti si erano voltati ritornarono presto alle loro precedenti occupazioni, quali che esse fossero.
Mentre ancora stava sorseggiando la birra presente nel boccale un ragazzo gli si avvicinò.
"Cosa ci viene a fare uno come te in un paese come questo? Qua non vi sono battaglie di alcun genere nè qualcuno che valga la pena affrontare"
L'avventore posò il boccale vuoto sul bancone e pagò.
"Non mi interessa, tutto quello che voglio in questo momento è un buon posto in cui potermi riprendere"
Uscì dalla taverna, seguito dal ragazzo.
"Riprendere da cosa?"
L'uomo alzò lo sguardo verso il cielo sorridendo.
"Da un sacco di cose, sei troppo giovane per capire"
Il ragazzo pareva non capire.
"Eppure uno come te deve fare una vita avventurosa"
"Nemmeno tanto, poi"
"Ma almeno avrai conosciuto altri popoli, no?"
"Cosa intendi con altri popoli?"
"Beh, elfi, nani, gnomi, folletti e chissà quante altre strane creature"
Lo sguardo dell'uomo si fece più cupo.
"Chi ti ha parlato di questo?"
"Beh, nessuno, l'ho solo letto in un libro"
"Tutte menzogne, credi a me...non esiste nessuna razza intelligente all'infuori degli uomini"
"Come puoi esserne certo? Ciò che non può essere provato può esistere eccome, se non sappiamo cosa ci sia oltre a noi, significa che ci deve essere qualcos'altro, no?"
"E non ti sfiora l'idea che oltre a noi non ci sia niente?"
"No, mi sembra inconcepibile"
"Dunque per te tutte queste, chiamiamole così, "razze", esistono?"
"Sì"
"E ritieni che esistano perchè ne hai letta l'esistenza in un libro?"
"Sì"
"E quindi tu ritieni che quanto sta scritto in quel libro corrisponda alla verità"
"Sì"
"Non ti sembra assurdo? Ciò che sta scritto in un libro, nove volte su dieci non corrisponde a realtà, prendi esempio dai vari bestiari..."
"I bestiari parlano di creature realmente esistenti!"
"Se ti fa piacere crederlo...comunque, se anche vi si scrive di qualcosa di vero, è impossibile che ciò sia completamente vero, essendo stato dapprima interpretato..."
"Non puoi interpretare l'esistenza di queste creature, o esistono o no"
"...e se anche non fosse interpretato, è il lettore stesso ad interpretarlo, sarà sempre impossibile capire perfettamente un testo scritto, fidati"
"Non mi interessano le tue dissertazioni, speravo mi potessi rivelare qualcosa su queste creature, ma evidentemente non sei in grado di capire"
L'uomo sorrise e si allontanò di qualche passo, dirigendosi verso una pensione poco distante, ma poco prima di entrare lanciò al ragazzo un libretto facile da trasportare.
"Se ti va, leggilo, visto che sei convinto di poter comprendere tutto senza spiegazioni"
Il ragazzo lo afferrò al volo e lo aprì alla prima pagina: una singola frase era stata scritta, con una scrittura che sembrava tentasse di ridurre tutto al linee dritte e spigolose.
"Nulla vi è, oltre a noi, tranne la Vittoria"
Seguiva un lunghissimo elenco di nomi su cui era stata tracciata una linea orizzontale, come a cancellarli, tra cui spiccavano alcuni termini quali "Manticora"...
Forse è un testo un po' criptico e poco fantasy, ma avevo voglia da tempo di fare qualcosa del genere
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