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Mikael Stanne: vocals, lyrics
Niklas Sundin: guitars
Martin Henriksson: guitars
Michael Nicklasson: bass
Anders Jivarp: drums
Martin Brändström: keyboards
Tracklist:
01 - Final resistance
02 - Hours passed in exile
03 - Monochromatic stains
04 - Single part of two
05 - The treason wall
06 - Format C: for cortex
07 - Damage done
08 - Cathode ray sunshine
09 - The enemy
10 - White noise, black silence
11 - Ex nihilo
Il 2002 è stato anni di parecchi cambiamenti in Svezia: i Soilwork, con Natural born chaos, espandevano ed approfondivano la sezione melodica già sperimentata l'anno prima con A predator's portrait; gli Opeth scindevano il loro stile in due album complementari (che però non furono distribuiti insieme); gli In Flames abbandonavano la loro tradizione heavy e imbracciavano le vie dell'alternative metal. Quest'ultimo soprattutto è stato un grosso cambiamento. I Dark Tranquillity il grosso cambiamento l'avevano già fatto prima, però. Perciò, è lecito chiedersi, cosa ci hanno riserbato nel 2002? Beh, nessun stravolgimento pazzesco: il loro album Damage done è una sintesi delle loro sperimentazioni e del loro stile consueto, che riesce nel difficile intento di mantenersi fresco e giovane. Non ci sono più ballate come Auctioned su Projector, voci femminili o elementi acustici, ma Damage done è la nuova opera del sestetto svedese e come tale rimaniamo stupiti di dove siamo giunti infine.
Le sonorità sono più intense e corpose che in Haven, e anche più oscure. Dicevamo, una sintesi, infatti c'è molto che strizza l'occhio a The mind's I e molto che deve a quanto fatto nei due album in mezzo, sia come musica che come ambiente in cui essa è immersa. Ma non è nessuno di questi tre album. Nulla che sappia di stantio. Mentre Niklas Sundin torna a comporre i brani (si notta infatti il suo stile tipico che, mancando in Haven, ne aveva influenzato gli arrangiamenti) veniamo introdotti dallo sciame sonoro iniziale di Final resistance, che subito inizia a mettere le carte in tavola. Le melodie intrecciate dal duo chitarristico per tutto l'album si fanno notevoli, sia nei riff più rabbiosi che nei dolci giri di note (stupenda a questo proposito è The enemy) o in quelli più atmosferici, ma questo è niente, notevole è anche il contorno elettronico di Martin Brändström, che rispetto all'album precedente è meno presente e con sonorità meno catchy (ascoltate per esempio l'imponente breve opening di Hours passed in exile) ma che ugualmente mostra il suo valore. Non dimentichiamoci di Mikael Stanne, il quale ormai commentarlo sarebbe un'inutile ripetizione di attributi positivi (a partire proprio dalla track d'esordio in cui butta fuori tutta la sua energia nel fissarci quel "Can you tell me of the inside?" che compare pure sul retro dell'album), e non dimentichiamoci della batteria esperta e funzionale, che qui raggiunge l'apice fra tutti gli album dei Dark Tranquillity fin'ora fatti. Quindi grande Jivarp e grande Stanne, anche. Vi sembrerà chiaro che il mio parere su Damage done sia molto positivo. Quest'album rientra di diritto fra i migliori album da loro mai fatti, mischia così bene dolce e salato che non si può trovarvi elementi negativi, se non di secondo piano e per nulla importanti. Nonché senza dubbio uno dei migliori album metal del 2002.
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