Io ho sempre pensato che identificare gli USA alla libertà fosse più che altro dovuto alla Statua che a nn a ragioni sensate.
Originariamente Scritto da Guido Fossati
Come si viveva e si vive nella prigione di Guantanamo, il carcere speciale utilizzato dal governo americano per terroristi (o presunti tali) e talebani catturati in Afghanistan? I primi e unici a poterlo raccontare sono i 32 afghani e i 3 pakistani rilasciati nelle scorse settimane dopo detenzioni di 14-18 mesi. Vale la pena ricordare che ai prigionieri della base navale Usa sull’isola di Cuba non è stato riconosciuto lo status di prigionieri di guerra, per i quali si applica la Convenzione di Ginevra, e che molte organizzazioni umanitarie (Croce Rossa, Amnesty) hanno protestato per il trattamento riservato a questi uomini che le autorità statunitensi definiscono come “combattenti illegali”. Un’ambiguità giuridica che permette di violare diritti e tutele internazionalmente previste come quelle sulle condizioni di detenzione, gli interrogatori, il rilascio e il rimpatrio alla fine delle ostilità.
Anche la scelta del luogo di detenzione, una base militare extraterritoriale, risponde a questa logica: secondo Washington a Guantanamo non si applicano le giurisdizioni comune e i diritti di difesa previsti dalla Costituzione, bensì le regole dei tribunali militari.
Le testimonianze dei primi prigionieri rilasciati da Guantanamo sono state raccolte dai cronisti del New York Times e riferiscono di condizione di detenzione molto dure, sia da un punto di vista fisico che psicologico. Nei primi mesi i prigionieri venivano rinchiusi in gabbie di rete metallica di 1,8 x 2,4 metri, in blocchi di 10 o 20. Le gabbie avevano solo tetti di legno ed erano aperte ai lati. Ogni detenuto disponeva solo di due coperte e di una stuoia per pregare; si doveva mangiare e dormire per terra. All’inizio venivano portati fuori solo una volta la settimana per una doccia di un minuto; dopo 4 mesi e mezzo in seguito a proteste e scioperi della fame, il tempo doccia venne allungato a cinque minuti e si arrivò alla concessione di 10 minuti “d’aria” a settimana per sgranchirsi le gambe in una cella più grande (9 metri di lunghezza).
L’incertezza sulla propria sorte, la mancanza di comunicazione (detenuti afghani confinati in celle dove si trovano solo arabi, divisi quindi da lingue diverse), il vuoto di informazione su capi d’accusa e sulla durata delle detenzione hanno provocato tra i circa 680 prigionieri (di 40 paesi diversi: afghani soprattutto ma anche sauditi, pakistani, kuwaittiani, yemeniti, canadesi, britannici, uzbeki, algerini, australiani e uno svedese) gravi stati depressivi. Il portavoce del campo di prigionia ha contato 28 tentativi di suicidio da parte di 18 individui diversi (solo un caso avrebbe avuto gravi conseguenze).
Le condizioni sono migliorate nel corso dei mesi con la costruzione di celle più confortevoli con acqua corrente e un letto, la concessione di 15 minti di passeggio due volte a settimana e la chiamata per la preghiera rituale 5 volte al giorno ma, sempre da fonti americane, si apprende che il 5% dei detenuti ha ricevuto trattamenti farmacologici antidepressivi.
Finora da Guantanamo sono uscite 41 persone, nessuna delle altre là ingabbiate è stata portata davanti a un tribunale per rispondere di precise imputazioni. Anche questo accade nel paese delle libertà individuali e del Bill of Rights.
Anche la scelta del luogo di detenzione, una base militare extraterritoriale, risponde a questa logica: secondo Washington a Guantanamo non si applicano le giurisdizioni comune e i diritti di difesa previsti dalla Costituzione, bensì le regole dei tribunali militari.
Le testimonianze dei primi prigionieri rilasciati da Guantanamo sono state raccolte dai cronisti del New York Times e riferiscono di condizione di detenzione molto dure, sia da un punto di vista fisico che psicologico. Nei primi mesi i prigionieri venivano rinchiusi in gabbie di rete metallica di 1,8 x 2,4 metri, in blocchi di 10 o 20. Le gabbie avevano solo tetti di legno ed erano aperte ai lati. Ogni detenuto disponeva solo di due coperte e di una stuoia per pregare; si doveva mangiare e dormire per terra. All’inizio venivano portati fuori solo una volta la settimana per una doccia di un minuto; dopo 4 mesi e mezzo in seguito a proteste e scioperi della fame, il tempo doccia venne allungato a cinque minuti e si arrivò alla concessione di 10 minuti “d’aria” a settimana per sgranchirsi le gambe in una cella più grande (9 metri di lunghezza).
L’incertezza sulla propria sorte, la mancanza di comunicazione (detenuti afghani confinati in celle dove si trovano solo arabi, divisi quindi da lingue diverse), il vuoto di informazione su capi d’accusa e sulla durata delle detenzione hanno provocato tra i circa 680 prigionieri (di 40 paesi diversi: afghani soprattutto ma anche sauditi, pakistani, kuwaittiani, yemeniti, canadesi, britannici, uzbeki, algerini, australiani e uno svedese) gravi stati depressivi. Il portavoce del campo di prigionia ha contato 28 tentativi di suicidio da parte di 18 individui diversi (solo un caso avrebbe avuto gravi conseguenze).
Le condizioni sono migliorate nel corso dei mesi con la costruzione di celle più confortevoli con acqua corrente e un letto, la concessione di 15 minti di passeggio due volte a settimana e la chiamata per la preghiera rituale 5 volte al giorno ma, sempre da fonti americane, si apprende che il 5% dei detenuti ha ricevuto trattamenti farmacologici antidepressivi.
Finora da Guantanamo sono uscite 41 persone, nessuna delle altre là ingabbiate è stata portata davanti a un tribunale per rispondere di precise imputazioni. Anche questo accade nel paese delle libertà individuali e del Bill of Rights.
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