Here I am!!Spero di essere in tempo!!
_____________________________
In questa storia si narra di un tempo apocalittico, dove il corso degli eventi è risultato definitivamente sconvolto. Kakaroth, mandato dal pianeta Vegeta con lo scopo di distruggere ogni abitante del pianeta Terra, cresce selvaggio e spietato, uccidendo senza distinzioni ogni essere vivente che trova dinanzi a lui. In questo modo, crescendo, ha anche l’occasione di migliorarsi fisicamente e superare i propri limiti, raggiungendo poteri sovraumani, intelligenza e abilità incredibili. A mano a mano la Terra verrà da lui decimata della sua popolazione, fino alla completa estinzione della razza umana; la natura rigogliosa sarà solo un vago ricordo, sotterrato dalle polveri e il vuoto dell’inesistenza.
Un alito di vento spirò tagliando l’aria. Tetro e opprimente, il sole rovente ardeva su una muta landa sconfinata. Polvere e pietra. Freddi acquitrini putridi che chiazzavano conche e vallate riflettevano del cielo l’eterno grigiore.
Erano in due. Fermi, immobili. Due uomini ansimanti nel mezzo del nulla. Si scrutavano intensamente, entrambi attendevano…
Uno dei due, in piedi, rigido e dal gelido sguardo tendeva il palmo nella direzione dell’altro, accasciato al suolo. Sorrideva, mentre sulla sua mano degli strani bagliori azzurri presero a vorticare rapidamente.
“E’ stato un piacere conoscerti” disse “E tanto più ne proverò nel vederti cadere in modo tanto pietoso…”
Restarono in silenzio. Ancora per molto i loro occhi scavarono nel profondo dei reciproci pensieri. Alche l’altro rispose…
“Come sempre mi costringi a strisciare sotto i tuoi piedi, e nient’altro tu desideri se non questo dagli sconfitti. Bramosia…la bramosia ti farà bruciare per il resto dei tuoi giorni, fino a trascinarti all’inferno! Non provi pietà alcuna per me? O ne hai mai udito nominare, tale è la tua pazzia? No, non credo…né ci spero.
In quest’universo pochi sono coloro che superano il tuo disprezzare. E temerei nel caso li incontrassi, perché sempre brameresti di oltrepassarli.
Ma questo è degno di te… come sempre”
“E degno di te è morire per mano mia. Dici bene, la mia voglia di superarmi non ha confini né mai ne avrà. Non so cosa sia la pietà, e anche se lo sapessi, la disprezzerei. Tuttavia so distinguere il giusto dal torto… e quel ch’è giusto in questo momento è finirti.
“Fu quello che volevi a portarci qui. Scelsi questo luogo perché forse il più accogliente rimasto nel cosmo, in memoria dei miei vecchi tempi. Ho accontentato le tue richieste, ma a questo punto tu ne esci sconfitto. E intendi essere risparmiato…perché?”
L’uomo a terra distolse lo sguardo fissando il vuoto “Non è per presunzione che te lo imploro. Ho commesso un errore, forse il più grave nella mia esistenza e ora vorrei pagarne le conseguenze. Tuttavia molte sono le scelte che ancora devo compiere nel bene o nel male che siano, e per cause a me sconosciute sento di non dover lasciare questo mondo. Ti chiedo di lasciarmi vivere. Avresti un braccio destro dalla tua, uno in più, o se preferisci uno dei tanti. Potrei diventarlo. E’ questo il mio desiderio, nonché l’ultimo, essendo io ora vincolato a te”
Il bagliore s’ingrossò improvvisamente quasi rasentando il terreno. L’uomo che lo governava pareva riflettere, lottando con se stesso e i mille pensieri nella mente. Chiuse gli occhi. La luce svanì dissolvendosi. Riaprendo le palpebre sentenziò “E sia. Se è ciò che vuoi non negherò di aver risparmiato la vita a qualcuno. Sappi però che il rischio che corri è grande e potresti ritrovarti strisciante e lacerato ancora una volta. Un tuo tradimento sarà la tua condanna”
“E condanna sia, se necessario”disse l’altro, e riprese fiato.
La navicella partì spedita squarciando l’atmosfera. Tonda, grigiastra e d’un metallo assai strano percorreva lunghissime distanze in tempi brevi, disponendo delle tecnologie più avanzate allora conosciute.
La sua sala principale dava all’esterno tramite una grande vetrata e da lì si potevano intravedere stelle e pianeti d’ogni forma e colore. Un grande trono alla sua estremità era circondato da folle bisbiglianti. C’era agitazione nell’aria: gente andava e veniva, parlando sottecchi di cambiamenti, novità fuori dall’ordine del giorno. Si attendeva il nuovo comandante.
Un’enorme porta si aprì e la folla fece spazio aprendosi verticalmente: un uomo alto e robusto, dai tratti giovanili, con sguardo fiero e dal folto crine moro molto scompigliato comparse, assieme ad altre quattro persone al suo seguito. Attirò subito l’attenzione generale. Vestiva d’una corazza d’argento e spalline, con una calzamaglia vermiglia al di sotto; anche quelli alle sue spalle indossavano delle armature somiglianti, ma meno preziose. Il secondo, subito dietro, lasciava trasparire impazienza. Una lunga scalinata li condusse all’estremità della stanza ove era situato il trono.
Il più anziano fra loro si fermò, parlando con tono solenne e conciso “Hai dimostrato di poter ribaltare le sorti di questo universo, e la stessa tua forza che ha sconfitto il nostro comandante, il Principe Vegeta, ora è da noi reclamata per governarci al meglio. Io stesso sono incredulo di ciò, e così i soldati di quest’astronave… mai avremmo immaginato una simile rivoluzione! Ma gli avvenimenti hanno voluto ciò e il fato non va contraddetto.
Perciò, io nomino te, Kakaroth, originario del pianeta Vegeta, a capo del plotone Zerth.
Guidaci verso il potere!”
Risuonarono applausi e consensi. L’uomo di nome Kakaroth si inchinò profondamente. Poi l’anziano signore indicò all’altro dietro di lui di farsi avanti: indossava una calzamaglia bluastra che lo copriva interamente, sovrastata da una malconcia e segnata armatura di combattimento. Il suo sguardo penetrante e il crine bruno proteso verso l’alto parevano aver subito mille battaglie. Inchinatosi, parlò con fare frettoloso “Io, Principe Vegeta, cedo a te, Kakaroth, il mio posto di comandante. Dopo aver constatato con i miei stessi occhi, e le membra, la tua forza fuori dalla norma, come tuo subordinato chiedo di poterti servire e supportare… per tutto il tempo che mi rimarrà da vivere”
Kakaroth si alzò rapido, facendo fare di seguito lo stesso al suo interlocutore “Non temere, Vegeta, sento che il tuo tempo sarà lungo! Ti accetto come mio consigliere e braccio destro. Ora va, riposa”
Il principe inclinò leggermente il capo e si incamminò, ma un sussurro alle sue spalle lo fermò “E ricordati di darmi del lei, d’ora in poi”
I festeggiamenti continuarono fino a tarda ora. La sala si svuotò lasciando alle spalle un vacuo silenzio. Assorto nei pensieri, dal suo trono, Kakaroth guardava attraverso la vetrata: si perdeva tra chiazze multicolore dalle forme più strane, stelle luminose e comete fiammeggianti, galassie che sfrecciavano via… in un indescrivibile spettacolo.
Ma egli non vi badava, disdegnava cose così futili.
La sua più grande preoccupazione era adesso quella che sarebbe stata la prima missione come Sommo Comandante del plotone, quello di Zerth, nonché esponente massimo della grandiosa e utopica opera del grande Freezer: la conquista dell’universo. Molte, lo sapeva bene, sono le responsabilità che gravavano sugli uomini del suo rango, come in passato così allora. Temeva il momento in cui si sarebbero incontrati.
Il Tiranno si era guadagnato fama e terrore sottomettendo uno dopo l’altro i popoli che andava conquistando, e con loro i pianeti, che venivano di seguito venduti al miglior offerente. Intere razze al suo completo dominio. Non c’era angolo tra le galassie che non fosse stato battuto al tappeto. E più la paura divorava i suoi sudditi, rendendo vana ogni speranza, più l’impero s’ingrossava di nuovi alleati pronti a servirlo e proteggerlo. Tra questi, i Saiyan, razza fiera e combattiva dalle straordinarie capacità fisiche, rappresentavano in quel momento la punta di diamante dell’esercito.
E Kakaroth ne faceva parte, come lo dimostravano i tratti tipicamente comuni della sua stirpe: corpo tonico e muscoloso, occhi e orecchie grandi, capelli scuri sviluppati verso l’alto e un’insolita coda scimmiesca. In quest’ultima risiedeva il segreto della loro immensa forza e, nei casi più disperati, la sola via di salvezza.
Poco dopo il silenzio fu rotto. Un giovane individuo entrò dall’ingresso a grandi passi, ansimando. Aveva lo stesso vestiario caratteristico nell’astronave, ma estremamente sobrio. Doveva essere un soldato “Signor Comandante, perdoni il disturbo. Volevo informarla che la zona prestabilita per l’invasione è stata attaccata da altri pretendenti! Il Grande Freezer ha ordinato di fare immediato ritorno alla base per evitare perdite. Attendo il suo consenso per il cambio delle coordinate”
“Perdite?” disse Kakaroth ridacchiando “Perdite hai detto? E da quando il Grande Freezer teme per la nostra incolumità? Mi sorprende come ritenga il suo grande intelletto capace di decidere per noi, e del nostro da fare… Troppo a lungo ha imposto regole e divieti risultando poi il primo a trasgredirle. Di sicuro la sua losca mente lavora per un piano….e io non me ne resterò a guardare in disparte.
“Fa’ ritirare l’ordine. Immediatamente”
Il soldato restò perplesso per un attimo. “Ma Comandante… quelle dateci sono precise indicazioni che devono essere rispettate! Ha idea di cosa il Grande Freezer potrebbe scatenare se disubbidissimo?”
“Se io disubbidissi. Me ne prendo tutte le responsabilità e conseguenze. Ed ora sparisci, essere ignobile! O dimenticherai presto cosa vuol dire misericordia”
“Sì, Comandante Kakaroth” obbedì l’altro senza discussioni.
Tradendo ira e angoscia, il Comandante batté un pungo sulla fredda parete, tanto energicamente da scuotere visibilmente tutta la stanza. Ne uscì correndo, tempestato da interrogativi e dilemmi che non gli davano tregua ”Cos’ha in mente?” Si ripeteva.
_____________________________
In questa storia si narra di un tempo apocalittico, dove il corso degli eventi è risultato definitivamente sconvolto. Kakaroth, mandato dal pianeta Vegeta con lo scopo di distruggere ogni abitante del pianeta Terra, cresce selvaggio e spietato, uccidendo senza distinzioni ogni essere vivente che trova dinanzi a lui. In questo modo, crescendo, ha anche l’occasione di migliorarsi fisicamente e superare i propri limiti, raggiungendo poteri sovraumani, intelligenza e abilità incredibili. A mano a mano la Terra verrà da lui decimata della sua popolazione, fino alla completa estinzione della razza umana; la natura rigogliosa sarà solo un vago ricordo, sotterrato dalle polveri e il vuoto dell’inesistenza.
Un alito di vento spirò tagliando l’aria. Tetro e opprimente, il sole rovente ardeva su una muta landa sconfinata. Polvere e pietra. Freddi acquitrini putridi che chiazzavano conche e vallate riflettevano del cielo l’eterno grigiore.
Erano in due. Fermi, immobili. Due uomini ansimanti nel mezzo del nulla. Si scrutavano intensamente, entrambi attendevano…
Uno dei due, in piedi, rigido e dal gelido sguardo tendeva il palmo nella direzione dell’altro, accasciato al suolo. Sorrideva, mentre sulla sua mano degli strani bagliori azzurri presero a vorticare rapidamente.
“E’ stato un piacere conoscerti” disse “E tanto più ne proverò nel vederti cadere in modo tanto pietoso…”
Restarono in silenzio. Ancora per molto i loro occhi scavarono nel profondo dei reciproci pensieri. Alche l’altro rispose…
“Come sempre mi costringi a strisciare sotto i tuoi piedi, e nient’altro tu desideri se non questo dagli sconfitti. Bramosia…la bramosia ti farà bruciare per il resto dei tuoi giorni, fino a trascinarti all’inferno! Non provi pietà alcuna per me? O ne hai mai udito nominare, tale è la tua pazzia? No, non credo…né ci spero.
In quest’universo pochi sono coloro che superano il tuo disprezzare. E temerei nel caso li incontrassi, perché sempre brameresti di oltrepassarli.
Ma questo è degno di te… come sempre”
“E degno di te è morire per mano mia. Dici bene, la mia voglia di superarmi non ha confini né mai ne avrà. Non so cosa sia la pietà, e anche se lo sapessi, la disprezzerei. Tuttavia so distinguere il giusto dal torto… e quel ch’è giusto in questo momento è finirti.
“Fu quello che volevi a portarci qui. Scelsi questo luogo perché forse il più accogliente rimasto nel cosmo, in memoria dei miei vecchi tempi. Ho accontentato le tue richieste, ma a questo punto tu ne esci sconfitto. E intendi essere risparmiato…perché?”
L’uomo a terra distolse lo sguardo fissando il vuoto “Non è per presunzione che te lo imploro. Ho commesso un errore, forse il più grave nella mia esistenza e ora vorrei pagarne le conseguenze. Tuttavia molte sono le scelte che ancora devo compiere nel bene o nel male che siano, e per cause a me sconosciute sento di non dover lasciare questo mondo. Ti chiedo di lasciarmi vivere. Avresti un braccio destro dalla tua, uno in più, o se preferisci uno dei tanti. Potrei diventarlo. E’ questo il mio desiderio, nonché l’ultimo, essendo io ora vincolato a te”
Il bagliore s’ingrossò improvvisamente quasi rasentando il terreno. L’uomo che lo governava pareva riflettere, lottando con se stesso e i mille pensieri nella mente. Chiuse gli occhi. La luce svanì dissolvendosi. Riaprendo le palpebre sentenziò “E sia. Se è ciò che vuoi non negherò di aver risparmiato la vita a qualcuno. Sappi però che il rischio che corri è grande e potresti ritrovarti strisciante e lacerato ancora una volta. Un tuo tradimento sarà la tua condanna”
“E condanna sia, se necessario”disse l’altro, e riprese fiato.
La navicella partì spedita squarciando l’atmosfera. Tonda, grigiastra e d’un metallo assai strano percorreva lunghissime distanze in tempi brevi, disponendo delle tecnologie più avanzate allora conosciute.
La sua sala principale dava all’esterno tramite una grande vetrata e da lì si potevano intravedere stelle e pianeti d’ogni forma e colore. Un grande trono alla sua estremità era circondato da folle bisbiglianti. C’era agitazione nell’aria: gente andava e veniva, parlando sottecchi di cambiamenti, novità fuori dall’ordine del giorno. Si attendeva il nuovo comandante.
Un’enorme porta si aprì e la folla fece spazio aprendosi verticalmente: un uomo alto e robusto, dai tratti giovanili, con sguardo fiero e dal folto crine moro molto scompigliato comparse, assieme ad altre quattro persone al suo seguito. Attirò subito l’attenzione generale. Vestiva d’una corazza d’argento e spalline, con una calzamaglia vermiglia al di sotto; anche quelli alle sue spalle indossavano delle armature somiglianti, ma meno preziose. Il secondo, subito dietro, lasciava trasparire impazienza. Una lunga scalinata li condusse all’estremità della stanza ove era situato il trono.
Il più anziano fra loro si fermò, parlando con tono solenne e conciso “Hai dimostrato di poter ribaltare le sorti di questo universo, e la stessa tua forza che ha sconfitto il nostro comandante, il Principe Vegeta, ora è da noi reclamata per governarci al meglio. Io stesso sono incredulo di ciò, e così i soldati di quest’astronave… mai avremmo immaginato una simile rivoluzione! Ma gli avvenimenti hanno voluto ciò e il fato non va contraddetto.
Perciò, io nomino te, Kakaroth, originario del pianeta Vegeta, a capo del plotone Zerth.
Guidaci verso il potere!”
Risuonarono applausi e consensi. L’uomo di nome Kakaroth si inchinò profondamente. Poi l’anziano signore indicò all’altro dietro di lui di farsi avanti: indossava una calzamaglia bluastra che lo copriva interamente, sovrastata da una malconcia e segnata armatura di combattimento. Il suo sguardo penetrante e il crine bruno proteso verso l’alto parevano aver subito mille battaglie. Inchinatosi, parlò con fare frettoloso “Io, Principe Vegeta, cedo a te, Kakaroth, il mio posto di comandante. Dopo aver constatato con i miei stessi occhi, e le membra, la tua forza fuori dalla norma, come tuo subordinato chiedo di poterti servire e supportare… per tutto il tempo che mi rimarrà da vivere”
Kakaroth si alzò rapido, facendo fare di seguito lo stesso al suo interlocutore “Non temere, Vegeta, sento che il tuo tempo sarà lungo! Ti accetto come mio consigliere e braccio destro. Ora va, riposa”
Il principe inclinò leggermente il capo e si incamminò, ma un sussurro alle sue spalle lo fermò “E ricordati di darmi del lei, d’ora in poi”
I festeggiamenti continuarono fino a tarda ora. La sala si svuotò lasciando alle spalle un vacuo silenzio. Assorto nei pensieri, dal suo trono, Kakaroth guardava attraverso la vetrata: si perdeva tra chiazze multicolore dalle forme più strane, stelle luminose e comete fiammeggianti, galassie che sfrecciavano via… in un indescrivibile spettacolo.
Ma egli non vi badava, disdegnava cose così futili.
La sua più grande preoccupazione era adesso quella che sarebbe stata la prima missione come Sommo Comandante del plotone, quello di Zerth, nonché esponente massimo della grandiosa e utopica opera del grande Freezer: la conquista dell’universo. Molte, lo sapeva bene, sono le responsabilità che gravavano sugli uomini del suo rango, come in passato così allora. Temeva il momento in cui si sarebbero incontrati.
Il Tiranno si era guadagnato fama e terrore sottomettendo uno dopo l’altro i popoli che andava conquistando, e con loro i pianeti, che venivano di seguito venduti al miglior offerente. Intere razze al suo completo dominio. Non c’era angolo tra le galassie che non fosse stato battuto al tappeto. E più la paura divorava i suoi sudditi, rendendo vana ogni speranza, più l’impero s’ingrossava di nuovi alleati pronti a servirlo e proteggerlo. Tra questi, i Saiyan, razza fiera e combattiva dalle straordinarie capacità fisiche, rappresentavano in quel momento la punta di diamante dell’esercito.
E Kakaroth ne faceva parte, come lo dimostravano i tratti tipicamente comuni della sua stirpe: corpo tonico e muscoloso, occhi e orecchie grandi, capelli scuri sviluppati verso l’alto e un’insolita coda scimmiesca. In quest’ultima risiedeva il segreto della loro immensa forza e, nei casi più disperati, la sola via di salvezza.
Poco dopo il silenzio fu rotto. Un giovane individuo entrò dall’ingresso a grandi passi, ansimando. Aveva lo stesso vestiario caratteristico nell’astronave, ma estremamente sobrio. Doveva essere un soldato “Signor Comandante, perdoni il disturbo. Volevo informarla che la zona prestabilita per l’invasione è stata attaccata da altri pretendenti! Il Grande Freezer ha ordinato di fare immediato ritorno alla base per evitare perdite. Attendo il suo consenso per il cambio delle coordinate”
“Perdite?” disse Kakaroth ridacchiando “Perdite hai detto? E da quando il Grande Freezer teme per la nostra incolumità? Mi sorprende come ritenga il suo grande intelletto capace di decidere per noi, e del nostro da fare… Troppo a lungo ha imposto regole e divieti risultando poi il primo a trasgredirle. Di sicuro la sua losca mente lavora per un piano….e io non me ne resterò a guardare in disparte.
“Fa’ ritirare l’ordine. Immediatamente”
Il soldato restò perplesso per un attimo. “Ma Comandante… quelle dateci sono precise indicazioni che devono essere rispettate! Ha idea di cosa il Grande Freezer potrebbe scatenare se disubbidissimo?”
“Se io disubbidissi. Me ne prendo tutte le responsabilità e conseguenze. Ed ora sparisci, essere ignobile! O dimenticherai presto cosa vuol dire misericordia”
“Sì, Comandante Kakaroth” obbedì l’altro senza discussioni.
Tradendo ira e angoscia, il Comandante batté un pungo sulla fredda parete, tanto energicamente da scuotere visibilmente tutta la stanza. Ne uscì correndo, tempestato da interrogativi e dilemmi che non gli davano tregua ”Cos’ha in mente?” Si ripeteva.
Comment