Annuncio

Collapse
No announcement yet.

[Noam Chomsky sul conflitto Irakeno]

Collapse
X
 
  • Filter
  • Ora
  • Show
Clear All
new posts

  • [Noam Chomsky sul conflitto Irakeno]

    Pubbliko kuì un artikolo di un autorevole intellettuale statunitense... E' molto probabile ke lo konosciate già.

    Originariamente Scritto da Noam Chomsky
    GLI SFORZI ZELANTI dell'amministrazione Bush per conquistare l'Iraq - con la guerra, un colpo di stato militare o con altri mezzi - hanno portato a varie analisi riguardanti i motivi conduttori. Con la sua interpretazione, Anatol Lieven - del Carnegie endownment for international peace - ritiene che questi piani si conformino alla "classica strategia moderna di un'oligarchia conservatrice in pericolo che consiste nel trasformare il malcontento di massa in nazionalismo", ispirato alla paura di nemici che stanno per distruggerci. Questa strategia è di massima importanza se i "nazionalisti radicali", che stanno mettendo a punto la politica a Washington, sperano di promuovere il loro piano annunciato per "il dominio unilaterale del mondo attraverso l'assoluta superiorità militare", portando avanti, nel frattempo, un attacco in grande stile contro gli interessi della maggioranza della popolazione interna. Lieven senza dubbio parla a nome di molti quando descrive gli Usa, nel loro corso attuale, come "una minaccia per se stessi e per l'umanità".
    Come dimostra la storia, è fin troppo facile per leaders senza scrupoli terrorizzare l'opinione pubblica. E questo è il metodo naturale per sviare l'attenzione dal fatto che tagli alle tasse per i ricchi e altri espedienti stanno minando le prospettive di una vita decente per la classe media e i poveri, e per le future generazioni. L'economista Paul Krugman ha denunciato il fatto che "letteralmente prima che si fosse posata la polvere" sulle rovine del World trade center, repubblicani di spicco avevano fatto sapere che erano "determinati ad usare il terrorismo come una scusa per procedere con un'agenda conservatrice radicale". Lui e altri hanno documentato come i repubblicani, da allora, abbiano perseguito senza sosta quest'agenda. La strategia si è dimostrata altamente efficace per le elezioni del Congresso. E quando inizierà la campagna per le elezioni, presidenziali, gli strateghi repubblicani non vorranno di certo che la gente faccia domande sulle proprie pensioni, sul proprio lavoro, o sulla propria assistenza sanitaria e su altre questioni simili. Dovrebbero, piuttosto, lodare il proprio eroico leader per averli salvati dalla distruzione imminente da parte di un nemico potentissimo, e continuare sulla propria strada per affrontare la prossima poderosa forza intesa a distruggerci.

    Reaganiani riciclati
    Queste idee sono particolarmente ovvie per i reaganiani riciclati che detengono posizioni influenti nell'attuale amministrazione, e che stanno recitando di nuovo un copione familiare: guidare il paese verso un deficit economico, in modo da poter minare programmi sociali, dichiarare una "guerra al terrore" [come hanno fatto nel 1981] ed evocare un diavolo dopo l'altro per costringere la popolazione ad obbedire con la paura: killers libici che si muovono furtivamente verso Washington per assassinare il coraggioso cowboy circondato da carri armati nella Casa Bianca; sandinisti a soli due giorni di marcia dal Texas - mentre portano avanti i loro piani per conquistare l'emisfero seguendo il copione del Mein Kampf; terroristi Arabi che cercano di ammazzare americani dappertutto mentre Gheddafi progetta di "espellere l'America dal mondo", come, lamenta il cowboy; narcotrafficanti Ispanici che tentano di distruggere la gioventù [ma fermati all'ultimo momento da Bush N°1, rapiti durante l'Operazione Giusta Causa e processati per crimini commessi, per la maggior parte, quand'erano sul libro-paga della Cia]; ecc, ecc.

    A che serve il petrolio
    Più in generale, le atrocità dell'11 settembre hanno fornito un'opportunità ed un pretesto per attuare piani di vecchia data per acquisire il controllo delle immense ricchezze petrolifere dell'Iraq, una parte fondamentale delle risorse del Golfo Persico che il dipartimento di stato - nel 1945 - descrisse come "una stupenda riserva di potere strategico e uno dei maggiori premi materiali nella storia mondiale" [facendo riferimento specificamente all'Arabia Saudita, ma lo scopo è più generale]. L'intelligence Usa prevede che queste riserve diverranno ancora più importanti negli anni a venire. La questione non è mai stata l'accesso. Le stesse analisi dell'intelligence anticipano che gli Usa dipenderanno dagli approvvigionamenti più sicuri del bacino Atlantico. Era già vero anche dopo la seconda guerra mondiale. Gli Usa si mossero con rapidità per acquisire il controllo sulle risorse del Golfo, ma non per il proprio uso; il Nord America fu il maggior produttore nei decenni successivi, e da allora il Venezuela è stato di solito il maggior esportatore verso gli Usa. Ciò che conta è il controllo sul "premio materiale", che incanala enormi ricchezze verso gli Stati Uniti in tanti modi, e la "stupenda risorsa di potere strategico", che viene trasformata in una leva di "dominio mondiale unilaterale".

    E se invece...
    Una diversa spiegazione è che l'amministrazione crede esattamente a quello che dice: l'Iraq è improvvisamente diventato una minaccia per la nostra stessa esistenza e per quella dei suoi vicini. Dobbiamo assicurarci che le armi di distruzione di massa e i mezzi con cui produrle siano totalmente distrutti, e il mostro stesso eliminato. E velocemente. Una guerra contro l'Iraq dovrebbe idealmente essere portata avanti durante l'inverno, e l'inverno del 2003-2004 sarà troppo tardi. Entro quel termine il fungo atomico profetizzato dal consigliere per la sicurezza nazionale Condoleeza Rice potrebbe averci già consumato. Assumiamo che questa interpretazione sia corretta. Se le potenze regionali temono Washington più di Saddam, come pare che facciano, ciò dimostra la loro limitata comprensione della realtà. È solo un caso che per l'inverno prossimo sarà in corso la campagna per le elezioni presidenziali. E anche altri dubbi possono essere in qualche modo messi da parte. Allora come possiamo raggiungere questi obiettivi dichiarati? Sono stati discussi molti piani, ma pare che uno semplice semplice sia stato ignorato...forse perché ritenuto folle. Il giudizio è esatto ma è istruttivo chiedersi perché.
    La modesta proposta è quella di spingere l'Iran ad attaccare l'Iraq, fornendogli il necessario appoggio logistico e militare - da una distanza di sicurezza [missili, bombe, basi, ecc]. La proposta ha tanti vantaggi in più rispetto a quelle che vengono considerate adesso. In primis, Saddam sarà rovesciato, in effetti sarà ridotto a brandelli insieme a chiunque gli stia vicino. Qualsiasi traccia di armi di distruzione di massa sarà eliminata - non solo per adesso ma anche per i regimi successivi - insieme ai mezzi per produrli, un grande aiuto al disarmo in generale. L'Iran ha di gran lunga motivi migliori per raggiungere questo scopo rispetto ai circoli di Bush. In secondo luogo, ci saranno poche, se anche vi saranno, vittime americane. O vittime israeliane. Attacchi con missili Scud non impediranno la liberazione dell'Iraq da parte del peggior nemico israeliano.

    Gli amici della Bestia
    È vero, morranno molti iracheni e iraniani. Ma questo non preoccuperà più di tanto. I circoli di Bush - come notato, per la maggior parte reaganiani riciclati - appoggiavano fortemente Saddam quando attaccava l'Iran, abbastanza ignari dell'enorme costo umano, sia allora, sia sotto il susseguente regime di sanzioni. Saddam probabilmente userà armi chimiche, ma neanche questo preoccuperà più di tanto. L'attuale leadership appoggiava fermamente la "Bestia di Baghdad" quando usava armi chimiche contro l'Iran, durante gli anni di Reagan, e quando usava il gas contro "la sua gente": i kurdi, i quali erano la sua gente nel senso in cui i Cherokees erano la gente di Andrew Jackson [settimo presidente degli Stati uniti, dal 1828 al 1836, ndt]. Gli attuali progettisti di Washington continuarono ad appoggiare la Bestia dopo che aveva commesso i suoi crimini più terribili , anche fornendogli i mezzi per sviluppare armi di distruzione di massa, nucleari e biologiche, fino all'invasione del Kuwait, adempiendo "al nostro dovere di aiutare gli esportatori degli Stati uniti", come hanno spiegato [John Kelly, Sottosegretario di Stato con la responsabilità del Medioriente, all'inizio del 1990]. L'Inghilterra si è unita agli Usa con gioia. Bush Sr e Cheney hanno anche effettivamente autorizzato la carneficina degli Sciiti da parte di Saddam nel marzo del 1991, nell'interesse della "stabilità", come è stato sobriamente spiegato. Hanno ritirato il loro appoggio al suo attacco sui kurdi solo sotto grandi pressioni internazionali ed interne. Quindi sicuramente i costi umani non possono essere una preoccupazione. La guerra fredda non aveva attinenza con l'appoggio americano a Saddam; la Russia si è unita ai buoni nell'appoggiare Saddam. Né è stata la guerra con l'Iran il fattore determinante, come dimostra l'appoggio continuato per molto tempo dopo che la guerra era finita.

    Lasciamo fare all'Iran
    In terzo luogo, le Nazioni unite non saranno un problema. Non sarà necessario spiegare al mondo che le Nazioni unite sono pertinenti quando seguono gli ordini, altrimenti no. Secondo un alto funzionario dell'amministrazione, dopo che il Congresso aveva autorizzato l'uso della forza militare, "non abbiamo bisogno del Consiglio di sicurezza. Per cui se il Consiglio di sicurezza vuole rimanere al passo con i tempi, allora dovrà darci un'autorizzazione simile". Se qualcuno obietta alla liberazione dell'Iraq, gli Stati uniti possono sempre usare il veto per impedirgli di andare avanti. In quarto luogo, l'Iran ha certamente credenziali di gran lunga migliori per il compito rispetto a Washington. A differenza dell'amministrazione Bush, non ha precedenti di appoggio al feroce Saddam e ai suoi programmi di armi di distruzione di massa. Piuttosto, gli iraniani sono stati le principali vittime dell'attacco iracheno avallato dagli Usa e dalla Gran Bretagna [tra gli altri]. Può essere obiettato, correttamente, che non possiamo fidarci della leadership iraniana, ma questo è ancora più vero di coloro che hanno continuato ad aiutare Saddam per molto tempo dopo i suoi crimini peggiori. Inoltre, ci risparmieremmo l'imbarazzo di professare una fede cieca nei nostri leaders, nel modo che giustamente deridiamo negli stati totalitari. Non ci sarà bisogno di un tacito appello ad una miracolosa conversione religiosa - di cui non c'è la traccia di una prova, neanche la decenza di riconoscere i crimini del passato. E non dovremmo abbassarci a patrocinare un'invasione perché la leadership a Washington ha la particolare responsabilità di compensare i suoi crimini del passato, per cui non dimostra alcun rimpianto - un argomento che, generalizzato, ha delle conseguenze intriganti.

    Bassora, Karbala e i kurdi
    In quinto luogo, la liberazione sarà accolta con entusiasmo da gran parte della popolazione, molto di più rispetto ad un'invasione americana. La gente festeggerà nelle strade di Bassora e Karbala, e potremo unirci ai giornalisti iraniani nell'acclamare la nobiltà e la giusta causa dei liberatori. In sesto luogo, l'Iran può dirigersi verso l'istituzione della democrazia, ancora con credenziali non peggiori di quella di Washington, come uno sguardo alla storia rivelerà rapidamente. I contributi di Washington alla democrazia nella regione sono ben noti, e i riformatori iraniani avranno alcuni vantaggi nel perseguire lo scopo, se non altro perché la maggioranza della popolazione irachena è sciita, e l'Iran avrebbe meno problemi degli Usa nel garantire loro voce in capitolo in un successivo governo. Per quanto riguarda i kurdi, se chiedono una reale autonomia provocherebbero probabilmente un'invasione turca. Alla luce del decisivo contributo di Washington alle enormi atrocità contro i kurdi negli anni '90, tra le peggiori di quello spaventoso decennio, gli argomenti in favore di un ruolo degli Usa in questa materia sono a dir poco piuttosto deboli. Non ci sarebbe alcun problema ad ottenere l'accesso al petrolio iracheno, allo stesso modo in cui le compagnie statunitensi potrebbero facilmente sfruttare le risorse energetiche iraniane in questo preciso momento, se Washington lo permettesse.

    Ridisegnare il Medio Oriente
    Senza andare oltre, la proposta offre molti vantaggi rispetto a quelle attualmente al vaglio. Qual'è allora il piccolo difetto che guasta il tutto? Ci sono diversi problemi fondamentali. In primis, gli Stati uniti non sarebbero in grado di usare la "stupenda risorsa di potere strategico" come leva per il dominio mondiale, e dovrebbero condividere con altri il grandioso "premio materiale", più di quello che Washington non vorrebbe. In secondo luogo, "la classica strategia moderna di un'oligarchia conservatrice in pericolo" fallirebbe. I problemi interni dell'amministrazione Bush rimarrebbero irresoluti: la popolazione sarebbe libera dalla paura e potrebbe prestare attenzione a cosa le viene fatto. E infine, i piani per il "dominio unilaterale del mondo" subirebbero un brutto colpo.
    Come fa notare correttamente Lieven, i "nazionalisti radicali" a Washington hanno legami molto stretti con gli ultra-conservatori israeliani. Negli anni '90, addirittura, Richard Perle e Douglas Feith scrivevano documenti programmatici per Benjamin Netanyahu, il quale va oltre Ariel Sharon nell'estrema destra. La stampa israeliana, di solito attendibile, riporta i loro legami e i loro piani da qualche tempo. Questi includono piani di vasta portata per ricostruire il Medio Oriente lungo frontiere somiglianti all'antico impero ottomano, ma adesso con a capo gli Usa e la sua base militare all'estero, l'Israele, cooperanti con la Turchia: quello che la stampa egiziana ha descritto come "l'asse del male" Usa-Israele-Turchia.
    Secondo alcuni piani riportati, una monarchia Hascemita potrebbe estendersi dalla Giordania a parti dell'Iraq e dell'Arabia Saudita, e i Palestinesi potrebbero essere successivamente trasferiti altrove, forse in Giordania. La guerra contro l'Iraq potrebbe essere già in corso. Buona parte delle forze aeree israeliane sono di stanza in Turchia, ed è stato riferito che volano lungo il confine iraniano da basi americane situate in zona. Si stanno ideando piani per la spartizione dell'Iran, forse si stanno già, attuando, secondo fonti specialistiche americane. Lieven ed altri indicano che i nazionalisti radicali hanno piani simili che si estendono fino alla Cina, e potrebbero continuare per decenni "fino a quando un miscuglio di terrorismo e di insostenibili costi sociali, politici ed economici della dominazione economica Usa manderanno all'aria l'attuale ordine mondiale".
    Non è solo la maggior parte del mondo che li vede come una minaccia. Lo stesso si può dire di analisti strategici altamente stimati e di esperti del Medio Oriente, qui in America, come Anthony Cordesman, che è quanto di più integralista si possa trovare nei settori sani di mente. Secondo il più importante corrispondente diplomatico israeliano, Akiva Eldar, Cordesman ha avvertito che Washington dovrebbe "mettere in chiaro che il suo impegno verso Israele non comporta un impegno verso i suoi strateghi da tavolino più sciocchi e i suoi estremisti più irresponsabili", facendo riferimento, neanche tanto indirettamente, a Perle e Feith, che sono vicini ai centri di potere a Washington.

    Un'idea pazzesca
    Ehud Sprintzak, il rispettato analista strategico, ritornando in Israele da incontri con personaggi di alto livello al Pentagono, ha riferito che "stiamo parlando di un gruppo rivoluzionario, con un approccio totalmente diverso nei confronti del mondo arabo e delle minacce da lì provenienti. Si potrebbe riassumere il loro approccio in una frase: credono che il mondo arabo sia un mondo di ritardati che capiscono solo il linguaggio della forza". Questa è un'affermazione insufficiente, come ha dimostrato la recente reazione alla piccola disobbedienza della Germania. La modesta proposta di una liberazione iraniana è in effetti pazzesca, ma non senza merito. È di gran lunga la più ragionevole delle proposte attualmente messe in atto, per essere più precisi, sarebbe più ragionevole, se gli obiettivi dichiarati avessero qualche attinenza con i veri obiettivi. Per quanto riguarda i veri moventi, l'alternativa esaminata all'inizio ha un'incredibile plausibilità.
    "Ore wa Kintor demo Trunks demonai...
    Ore wa kisama no tausu muru na de!"

  • #2
    Purtroppo Kir non riuscirai a convincere chi, questo lungo post particolarmente ricco e profondo, ricco di spunti su cui discutere, non lo leggerà neanche alla fine....
    Occorre avere una certa sensibilità che dubito la massa potrà avere....A volte le "Mode politiche", ma soprattutto la superficialità delle persone, mascherata dietro frasi di circostanza come "non era evitabile......saddam è un dittatore e se lo merita", sono scogli IMPOSSIBILI da scavalcare.

    Perchè molta gente è EGOISTA e PIGRA e non và oltre la proprio stato mentale che in quel momento fà più comodo.

    E' molto più facile e comodo trovarsi con la ragione del più forte ed applaudire alle bombe ed all'avanzata di morte e distruzione, che vedere al di sotto dei fumi delle macerie, con una coscienza che urla l'ingiustizia di questi atti....
    E più facile dire "fanno bene a bombardare" e mettere la propria coscienza ( messo che si abbia) a tacere, che urlare lo sdegnoi e mettersi a protestare....
    Fà Figo andare contro corrente ed applaudire ai raid....ma a questo punto non auguro a costoro (o forse si), di vivere in un paese belligerante...di non avere la casa rasa al suolo ed i familiari uccisi in base ai semplici sospetti di un folle dell'altra parte dell'oceano.

    Comment


    • #3
      Vabbè Kurgan dai... L'importante e non rassegnarsi. Mi rendo konto di kuanto sia difficile tentare di konvincere o anke solo diskutere kon kuelkuno seduto davanti a uno skermo... Eheh, è tutta un'altra kosa, davvero... Un dibattito kon le perzone in karne osse sedute le une di fronte alle altre avrebbe tutt'altri effetti, diko soprattutto per esperienza... Eh...

      Ma non andiamo off-topik! Pubbliko un altro intervento + recente di Chomsky sulla guerra... Magari + interessante...

      Originariamente Scritto da Noam Chomsky
      In questo triste momento, non possiamo fare nulla per fermare l'invasione in corso. Ma cio' non significa che il compito di quanti hanno a cuore la giustizia, la liberta' e i diritti umani sia terminato. Tutt'altro: gli
      imperativi sono ora piu' urgenti che mai, indipendentemente dall'esito di
      questo attacco. E riguardo a cio', nessuno ha la minima idea: ne' il
      Pentagono, ne' la CIA o chiunque altro.

      Le possibilita' spaziano dalle terrificanti catastrofi umanitarie previste
      dalle organizzazioni di aiuto e soccorso al lavoro in Iraq a scenari
      relativamente benigni, ma pure nel caso che non venisse torto un capello a nessuno cio' non sminuira' la criminalita' di coloro che vogliono sottoporre gente indifesa a terribili rischi per i loro vergognosi scopi.

      Quanto ai risultati, dovra' passare un bel po' di tempo prima che si possano azzardare i primi giudizi. Uno dei compiti piu' immediati e' impegnarsi quanto piu' possibile verso soluzioni benigne. Cio' significa,
      principalmente, prendersi cura delle vittime, non solo di questa guerra ma
      delle tremende sanzioni che Washington ha imposto negli ultimi dieci anni e che hanno devastato la societa' civile irachena, rafforzandone il dittatore
      e costringendo la popolazione ad affidarsi a lui per sopravvivere. Come e'
      stato sottolineato per anni, le sanzioni in questo modo hanno eliminato la
      speranza che Saddam Hussein si togliesse di mezzo nel modo usato da altri tiranni non meno sanguinari di lui. Mi riferisco a una vera e propria
      galleria di criminali anche loro sostenuti da chi detiene oggi il potere a
      Washington, spesso fino agli ultimi giorni dei loro sanguinosi regimi: gente
      come Ceausescu, per citare un solo caso ovvio e del tutto pertinente.

      Un minimo di decenza richiederebbe massicce riparazioni da parte degli Stati Uniti; in mancanza di cio', quantomeno ingenti aiuti agli iracheni cosi' da permettere loro di ricostruire quello che e' stato distrutto: a modo loro, e non secondo i dettami di quei gentiluomini a Washington e Crawford convinti che il potere si eserciti attraverso la canna del fucile.

      Ma le questioni in gioco sono molto piu' importanti e di lunga portata.
      L'opposizione all'invasione dell'Iraq e' stata del tutto senza precedenti
      nella storia: e' per questo motivo che Bush ha dovuto incontrare i suoi
      compari in una base americana su un'isola, dove non sono stati costretti a
      fare i conti con la gente comune. L'opposizione ha messo a fuoco l'invasione dell'Iraq, ma le questioni in gioco vanno ben oltre: c'e' un crescente timore della potenza statunitense, oramai considerata (forse dalla maggioranza) la piu' grande minaccia alla pace in gran parte del globo. E considerate le tecnologie distruttive e sempre piu' letali che le sono state messe a disposizione, minaccia alla pace significa minaccia alla
      sopravvivenza.

      La paura verso il governo degli Stati Uniti non scaturisce semplicemente da questa invasione, ma dai presupposti che ne stanno alla radice: la
      determinazione, dichiarata apertamente, di dominare il mondo con la forza, l'unico ambito nel quale gli Stati Uniti regnano supremi, e di impedire a chiunque di sfidare tale posizione di dominio.

      Guerre di prevenzione verranno combattute a volonta': prevenzione, e non anticipo (ndt: l'autore gioca sulla sottile differenza e assonanza tra
      Preventive War e Pre-emptive War). Quali che possano essere le
      giustificazioni per un attacco anticipatore, esse di certo non possono
      essere chiamate in causa nel caso di un attacco preventivo, che appartiene ad una categoria di interventi ben diversa: l'uso della forza militare per eliminare una minaccia immaginaria o inventata. L'obbiettivo ampiamente dichiarato e' di impedire che vengano sfidati "il potere, la posizione e il prestigio degli Stati Uniti". Tale sfida, attuale o futura (e ogni indizio che essa possa emergere) verra' respinta con l'uso di forze soverchianti da parte dei governanti della nazione che oggi spende in strumenti di offesa piu' di tutto il resto del mondo combinato, e che sta percorrendo nuovi e pericolosi sentieri a fronte di un'opposizione mondiale quasi unanime. Un esempio e' il progetto di militarizzazione dello spazio.

      Vale la pena di ricordare che le parole che ho citato non sono state
      pronunciate da Dick Cheney, Donald Rumsfeld o qualcun altro radicale
      estremista attualmente al potere. Sono invece state pronunciate dal
      rispettato veterano statista Dean Acheson quarant'anni fa, quando ricopriva il ruolo di Consigliere dell'Amministrazione Kennedy. Stava giustificando le azioni americane contro Cuba, ben sapendo che la campagna di terrorismo internazionale istigata per ottenere il "cambio di regime" aveva appena portato il mondo a un passo da un devastante conflitto nucleare. Ma nonostante cio', come ebbe ad indicare alla Societa' Americana di Diritto Internazionale, non si pongono questioni legali nel caso di una risposta statunitense ad una sfida al suo "potere, posizione e prestigio", nel caso particolare in forma di attacchi terroristici e sanzioni economiche contro Cuba.

      Nomino questo argomento per ricordare che queste sono questioni di lunga data. L'attuale amministrazione americana occupa una posizione di estremismo all'interno dello spettro politico globale; il suo avventurismo ed
      inclinazione all'uso della violenza sono straordinariamente pericolosi. Ma
      lo spettro non e' poi cosi' ampio, e a meno che questi problemi non vengano affrontati, possiamo stare ben certi che altri estremisti ultrareazionari riusciranno ad impossessarsi di mezzi incredibili di repressione e devastazione.

      Le "ambizioni imperialiste" degli attuali detentori del potere, come vengono
      chiamate francamente, stanno mandando piu' di un brivido lungo la schiena in tutto il mondo, compresa la classe politica media negli stessi Stati Uniti.
      Altrove, naturalmente, le reazioni sono molto piu' allarmate, e cio' in modo
      particolare tra coloro che costituiscono le vittime abituali. Hanno imparato
      troppa storia, e nel modo piu' drammatico, per sentirsi tranquilli di fronte
      ad una retorica cosi' esaltata. Ne hanno trangugiata fin troppa nel corso
      dei secoli mentre venivano sopraffatti nel nome della "civilta'".

      Solo pochi giorni fa, il leader del movimento dei non allineati, che include
      i governi con la maggioranza della popolazione mondiale, ha dichiarato che il governo di Bush e' piu' aggressivo di quello di Hitler. Si da' il caso
      che egli sia particolarmente proamericano, e si trovi coinvolto nei progetti
      economici internazionali di Washington. E ci sono pochi dubbi che parli per
      molte delle vittime abituali nonche', oramai, per molti dei loro
      tradizionali oppressori.

      E' facile proseguire, ed e' importante considerare con cura e attenzione
      tutte queste questioni.

      Anche prima che l'amministrazione Bush intensificasse drammaticamente queste paure negli ultimi mesi, analisti dell'intelligence e specialisti
      internazionali avevano avvertito chiunque volesse ascoltarli che l'attuale
      politica di Washington avrebbe provocato un aumento del terrorismo e una
      proliferazione delle armi di distruzione di massa, per vendetta o come
      deterrente.

      Washington ha due modi di reagire alle minacce provocate dalle sue azioni e dalle sue incredibili dichiarazioni. Un modo e' cercare di alleviare tali minacce dando attenzione ai legittimi risentimenti e accettando il ruolo di membro civile della comunita' internazionale, nel rispetto dell'ordine
      mondiale e delle sue istituzioni. L'altro modo e' creare ancor piu'
      strumenti di distruzione e dominio, in modo che qualsiasi immaginaria
      minaccia, per quanto remota, possa essere liquidata creandone cosi' di nuove e sempre maggiori. Questo secondo modo di fare costituisce un grave rischio per la popolazione negli Stati Uniti e nel mondo intero e potrebbe, con grande probabilita', portare all'estinzione della nostra specie (un rischio sul quale mi sembra valga la pena di riflettere).

      Una guerra nucleare globale e' stata evitata per puro miracolo nel passato: in effetti, pochi mesi prima delle dichiarazioni di Acheson, per nominare un caso che dovremmo ricordare con cura oggi. Le minacce sono serie e crescenti. Il mondo ha tutte le ragioni per guardare a cio' che accade a Washington con paura e trepidazione. Chi si trova nelle migliori condizioni per alleviare questi timori e per indicare la via verso un futuro piu' promettente e costruttivo sono i cittadini americani, i quali possono
      determinare tale futuro.

      Queste sono alcune delle gravi questioni che credo debbano essere tenute
      bene a mente mentre assistiamo allo sviluppo di questi imprevedibili eventi in cui la piu' stupefacente potenza militare della storia viene scagliata contro un nemico indifeso da un gruppo di dirigenti politici che da quando ha conquistato il potere piu' di venti anni fa ha compilato un pauroso elenco di barbarie e distruzione.
      "Ore wa Kintor demo Trunks demonai...
      Ore wa kisama no tausu muru na de!"

      Comment


      • #4
        un breve riassunto?
        #include <stdio.h>
        char s[]="\16Jsa ukenethr ,cto haCr\n";int main(void){*s*=5;*
        s%=23;putchar(s[0][s]);return*s-14?main():!putchar(9[s+*s]);}

        Comment

        Working...
        X