Visto che sembra un argomento che suscita interesse apro un dibattito sulle istituzioni religiose, che non sono le religioni, bensì le loro istituzioni terrene.
L'argomento è delicato quindi prego tutti di mantenere toni calmi e di non sfociare nell'insulto; chi si sente offeso o sente offesa la propria religione lo dica chiaramente ma ricordando sempre che la libertà di opinione e di parola viene prima di qualsiasi altra cosa e soprattutto ricordando che esiste differenza tra l'insulto o la blasfemia e la denuncia di fatti realmente accaduti.
Per qualsiasi problema rivolgersi ai moderatori.
Inizio con un documento ed una vicenda inquietante. Si parla della Chiesa, ma non della Chiesa Cattolica del 1300, bensì di oggi, anno 2006 e di ieri anno 1960.
Il protagonista della vicenda è l'attuale Pontefice e la vicenda riguarda gli abusi sessuali a danno dei minori perpetrati da molti prelati.
Bene.
Pochi giorni fà (28 ottobre 2006)il pontefice ha espresso cosa pensa riguardo alle violenze sessuali a danno dei minori:
"Le violenze sessuali su minori da parte dei preti sono un crimine particolarmente grave, perché danneggiano la credibilità della chiesa..."
Buono a sapersi; e pensare che noi credevamo che fossero un crimine grave perchè rappresentano una violenza per i bambini....invece lui pensa alla credibilità della chiesa....
Tuttavia non c'è da meravigliarsi al riguardo.
Eccovi un articolo del Corriere della Sera datato 21 settembre 2005
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Favoreggiamento di preti pedofili
Ratzinger evita di essere giudicato
da un Tribunale USA solo perché
come capo di Stato un Pontefice
non è processabile
Il vice ministro della Giustizia USA blocca il procedimento contro Benedetto XVI per il documento «Crimen Sollicitationis»
ROMA - La Corte Distrettuale del Texas non si è ancora pronunciata in merito alla procedura giudizaria civile presentata contro Papa Benedetto XVI, accusato di complotto per coprire le molestie sessuali contro tre ragazzi da parte di un seminarista: ma dopo l’intervento dell’Amministrazione Bush è assai probabile che la denuncia venga respinta.
Il vice ministro della Giustizia degli Stati Uniti, Peter Keisler, ha infatti bloccato la procedura giudiziaria ricorrendo alla cosiddetta "suggestion of immunity", una misura legale che stando a quanto stabilito dalla Corte Suprema dev’essere obbligatoriamente recepita dai tribunali di grado inferiore.
Keisler ha ufficialmente informato il tribunale che Benedetto XVI gode di immunità come Capo di Stato, sottolineando dunque che avviare il procedimento sarebbe «incompatibile con gli interessi della politica estera degli Stati Uniti», che dal 1984 hanno allacciato rapporti diplomatici con la Santa Sede. La stessa Ambasciata del Vaticano a Washington aveva chiesto all’Amministrazione di intervenire con la "immunity suggestion" e chiudere il caso.
Nel corso del mese di agosto, Daniel J. Shea, l’avvocato americano che aveva citato in giudizio il Pontefice quando era ancora Cardinale, era venuto a Roma su invito del partito Radicale; in quell’occasione aveva auspicato che George W. Bush non concedesse l’immunità diplomatica a Papa Benedetto XVI nell’ambito del procedimento - civile, non penale - aperto in Texas. Lo scomodo caso era approdato infatti anche sul tavolo del presidente degli Stati Uniti.
Insieme a Joseph Ratzinger, nel procedimento aperto nel gennaio 2005 sono citati l’arcivescovo di Galveston, monsignor Joseph Fiorenza e i sacerdoti Juan Carlos Patino Arango e William Pickard. Patino, colombiano di nascita, è attualmente latitante ed era stato accusato da tre giovani che frequentavano la chiesa di San Francesco di Sales, a Houston: le molestie risalirebbero alla metà degli anni Novanta, e contro il seminarista è stato aperto un procedimento penale.
Le accuse mosse a Ratzinger riguardano invece un documento emesso nel 1962 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede: una "Istruzione" dal titolo "Crimen Sollicitationis", che sanciva la competenza esclusiva della stessa Congregazione su alcuni gravi delitti, secondo quanto stabilisce il Codice di Diritto Canonico, tra cui «la violazione del Sesto Comandamento (Non commettere atti impuri) da parte di un membro del clero con un minore di 18 anni». Inquadramento assurdo, secondo l’avvocato Shea, visto che a differenza degli altri delitti (dalla violazione del sigillo sacramentale a quelli contro il sacramento eucaristico) la pedofilia «è un reato, non un peccato».
Secondo il Vaticano il documento "Crimen Sollicitationis" sarebbe decaduto, ma secondo Shea non è così: l’avvocato aveva citato una lettera del 18 maggio 2001, di cui era giunto in possesso, firmata da Ratzinger e dall’arcivescovo Tarcisio Bertone, all’epoca segretario dell’ex Sant’Uffizio, in cui si parlava del documento del 1962 «in vigore fino ad oggi».
E’ sulla base di questa lettera che Shea aveva accusato Ratzinger di aver "coperto" le molestie sessuali su minori: «Questo documento dimostra l’esistenza di una cospirazione per nascondere questi delitti». Un’accusa «individuale, non legata alla funzione di Prefetto della Congregazione ricoperta da Ratzinger» secondo Shea. L’avvocato aveva raccontato che in un primo tempo Ratzinger non aveva risposto alle accuse, ma quando il processo ha preso il via, gli avvocati del Cardinale - a quel punto divenuto Papa, il 19 aprile scorso - avevano richiesto al Governo degli Stati Uniti l’immunità riservata ai capi di Stato. Il coinvolgimento di esponenti delle gerarchie cattoliche nelle inchieste giudiziarie sulla pedofilia non è insolito, ma di norma i procedimenti giudiziari non potevano essere avviati perché era impossibile consegnare agli accusati i documenti legali necessari: la denuncia contro Ratzinger è invece potuta andare avanti perché l’allora Cardinale ricevette personalmente l’atto di accusa. In agosto, Shea aveva dichiarato che in caso di concessione dell’immunità avrebbe dato battaglia: in primo luogo, perché all’epoca dei fatti contestati Joseph Ratzinger era un semplice cardinale, e poi perché "riconoscere la Santa Sede come uno Stato sarebbe una violazione della Costituzione statunitense", in particolare della "establishment clause" che proibisce leggi che proteggano in modo speciale confessioni o organizzazioni religiose.
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Riassunto e tradotto in soldoni:
Nel 1962 Joseph Ratzinger ha emesso e firmato un documento ufficiale in cui si chiedeva che i preti fossero esclusivamente sotto la giurisdizione della Chiesa di Roma, ovvero non potessero essere giudicati da altri tribunali se non quelli pontifici. Inoltre, cosa ancora più grave, nel documento si legge che i preti pedofili sono dalla Chiesa giudicati colpevoli non di aver commesso un reato (violenza su minore) bensì un peccato (commettere atti impuri). La validità di questo documento datato 1962 è stata ribadita da Raitzinger anche nel 2001.
Tuttavia la Chiesa sta provando a fare dei passi avanti, dei tristissimi passi avanti. Stanno provando a rivedere le norme che regolano questi crimini ma rimangono comunque all'interno di un ottica di casta, in pratica "i panni sporchi se li vogliono lavare in casa loro".
Eccovi l'intervista a Bertone, attualmente spalla destra del pontefice (quindi non un pirla qualunque).
http://www.politicaonline.net/forum/...olo.asp?id=278
In particolar modo notate questo:
DOMANDA: Perché un vescovo che viene a conoscenza del comportamento di un proprio sacerdote, delittuoso per la Chiesa ma anche per la autorità civile, non ne deve informare la magistratura civile?
BERTONE: Le Norme di cui stiamo parlando si trovano all'interno di un ordinamento giuridico proprio, che ha una autonomia garantita, e non solo nei Paesi concordatari. Non escludo che in particolari casi ci possa essere una forma di collaborazione, qualche scambio di informazioni, tra autorità ecclesiastiche e magistratura.
Ma, a mio parere, non ha fondamento la pretesa che un vescovo, ad esempio, sia obbligato a rivolgersi alla magistratura civile per denunciare il sacerdote che gli ha confidato di aver commesso il delitto di pedofilia. Naturalmente la società civile ha la;obbligo di difendere i propri cittadini. Ma deve rispettare anche il "segreto professionale” dei sacerdoti, come si rispetta il segreto professionale di ogni categoria
Ovvero se un prete violenta un bambino e poi si confessa con un suo superiore, quest'ultimo NON DEVE denunciare l'abuso perchè deve mantenere il segreto professionale. A casa mia questo si chiama complicità, a casa loro segreto professionale.
E' sconvolgente comunque il modo in cui la Chiesa ha operato in tutti questi anni; la procedura era più o meno questa: una volta scoperto il crimine sui minori, il prete pedofilo veniva richiamato a Roma per un periodo di "penitenza", al termine di questo periodo veniva mandato in altra sede a professare (o a compiere altri crimini dato che il lupo perde il pelo ma non il vizio).
Sconvolgente anche il fatto che, come ha dimostrato l'intervista fatta alle Iene, attualmente i membri della chiesa consiglino alle famiglie di bambini violentati da preti di non denunciare il tutto alle autorità......
L'argomento è delicato quindi prego tutti di mantenere toni calmi e di non sfociare nell'insulto; chi si sente offeso o sente offesa la propria religione lo dica chiaramente ma ricordando sempre che la libertà di opinione e di parola viene prima di qualsiasi altra cosa e soprattutto ricordando che esiste differenza tra l'insulto o la blasfemia e la denuncia di fatti realmente accaduti.
Per qualsiasi problema rivolgersi ai moderatori.
Inizio con un documento ed una vicenda inquietante. Si parla della Chiesa, ma non della Chiesa Cattolica del 1300, bensì di oggi, anno 2006 e di ieri anno 1960.
Il protagonista della vicenda è l'attuale Pontefice e la vicenda riguarda gli abusi sessuali a danno dei minori perpetrati da molti prelati.
Bene.
Pochi giorni fà (28 ottobre 2006)il pontefice ha espresso cosa pensa riguardo alle violenze sessuali a danno dei minori:
"Le violenze sessuali su minori da parte dei preti sono un crimine particolarmente grave, perché danneggiano la credibilità della chiesa..."
Buono a sapersi; e pensare che noi credevamo che fossero un crimine grave perchè rappresentano una violenza per i bambini....invece lui pensa alla credibilità della chiesa....
Tuttavia non c'è da meravigliarsi al riguardo.
Eccovi un articolo del Corriere della Sera datato 21 settembre 2005
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Favoreggiamento di preti pedofili
Ratzinger evita di essere giudicato
da un Tribunale USA solo perché
come capo di Stato un Pontefice
non è processabile
Il vice ministro della Giustizia USA blocca il procedimento contro Benedetto XVI per il documento «Crimen Sollicitationis»
ROMA - La Corte Distrettuale del Texas non si è ancora pronunciata in merito alla procedura giudizaria civile presentata contro Papa Benedetto XVI, accusato di complotto per coprire le molestie sessuali contro tre ragazzi da parte di un seminarista: ma dopo l’intervento dell’Amministrazione Bush è assai probabile che la denuncia venga respinta.
Il vice ministro della Giustizia degli Stati Uniti, Peter Keisler, ha infatti bloccato la procedura giudiziaria ricorrendo alla cosiddetta "suggestion of immunity", una misura legale che stando a quanto stabilito dalla Corte Suprema dev’essere obbligatoriamente recepita dai tribunali di grado inferiore.
Keisler ha ufficialmente informato il tribunale che Benedetto XVI gode di immunità come Capo di Stato, sottolineando dunque che avviare il procedimento sarebbe «incompatibile con gli interessi della politica estera degli Stati Uniti», che dal 1984 hanno allacciato rapporti diplomatici con la Santa Sede. La stessa Ambasciata del Vaticano a Washington aveva chiesto all’Amministrazione di intervenire con la "immunity suggestion" e chiudere il caso.
Nel corso del mese di agosto, Daniel J. Shea, l’avvocato americano che aveva citato in giudizio il Pontefice quando era ancora Cardinale, era venuto a Roma su invito del partito Radicale; in quell’occasione aveva auspicato che George W. Bush non concedesse l’immunità diplomatica a Papa Benedetto XVI nell’ambito del procedimento - civile, non penale - aperto in Texas. Lo scomodo caso era approdato infatti anche sul tavolo del presidente degli Stati Uniti.
Insieme a Joseph Ratzinger, nel procedimento aperto nel gennaio 2005 sono citati l’arcivescovo di Galveston, monsignor Joseph Fiorenza e i sacerdoti Juan Carlos Patino Arango e William Pickard. Patino, colombiano di nascita, è attualmente latitante ed era stato accusato da tre giovani che frequentavano la chiesa di San Francesco di Sales, a Houston: le molestie risalirebbero alla metà degli anni Novanta, e contro il seminarista è stato aperto un procedimento penale.
Le accuse mosse a Ratzinger riguardano invece un documento emesso nel 1962 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede: una "Istruzione" dal titolo "Crimen Sollicitationis", che sanciva la competenza esclusiva della stessa Congregazione su alcuni gravi delitti, secondo quanto stabilisce il Codice di Diritto Canonico, tra cui «la violazione del Sesto Comandamento (Non commettere atti impuri) da parte di un membro del clero con un minore di 18 anni». Inquadramento assurdo, secondo l’avvocato Shea, visto che a differenza degli altri delitti (dalla violazione del sigillo sacramentale a quelli contro il sacramento eucaristico) la pedofilia «è un reato, non un peccato».
Secondo il Vaticano il documento "Crimen Sollicitationis" sarebbe decaduto, ma secondo Shea non è così: l’avvocato aveva citato una lettera del 18 maggio 2001, di cui era giunto in possesso, firmata da Ratzinger e dall’arcivescovo Tarcisio Bertone, all’epoca segretario dell’ex Sant’Uffizio, in cui si parlava del documento del 1962 «in vigore fino ad oggi».
E’ sulla base di questa lettera che Shea aveva accusato Ratzinger di aver "coperto" le molestie sessuali su minori: «Questo documento dimostra l’esistenza di una cospirazione per nascondere questi delitti». Un’accusa «individuale, non legata alla funzione di Prefetto della Congregazione ricoperta da Ratzinger» secondo Shea. L’avvocato aveva raccontato che in un primo tempo Ratzinger non aveva risposto alle accuse, ma quando il processo ha preso il via, gli avvocati del Cardinale - a quel punto divenuto Papa, il 19 aprile scorso - avevano richiesto al Governo degli Stati Uniti l’immunità riservata ai capi di Stato. Il coinvolgimento di esponenti delle gerarchie cattoliche nelle inchieste giudiziarie sulla pedofilia non è insolito, ma di norma i procedimenti giudiziari non potevano essere avviati perché era impossibile consegnare agli accusati i documenti legali necessari: la denuncia contro Ratzinger è invece potuta andare avanti perché l’allora Cardinale ricevette personalmente l’atto di accusa. In agosto, Shea aveva dichiarato che in caso di concessione dell’immunità avrebbe dato battaglia: in primo luogo, perché all’epoca dei fatti contestati Joseph Ratzinger era un semplice cardinale, e poi perché "riconoscere la Santa Sede come uno Stato sarebbe una violazione della Costituzione statunitense", in particolare della "establishment clause" che proibisce leggi che proteggano in modo speciale confessioni o organizzazioni religiose.
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Riassunto e tradotto in soldoni:
Nel 1962 Joseph Ratzinger ha emesso e firmato un documento ufficiale in cui si chiedeva che i preti fossero esclusivamente sotto la giurisdizione della Chiesa di Roma, ovvero non potessero essere giudicati da altri tribunali se non quelli pontifici. Inoltre, cosa ancora più grave, nel documento si legge che i preti pedofili sono dalla Chiesa giudicati colpevoli non di aver commesso un reato (violenza su minore) bensì un peccato (commettere atti impuri). La validità di questo documento datato 1962 è stata ribadita da Raitzinger anche nel 2001.
Tuttavia la Chiesa sta provando a fare dei passi avanti, dei tristissimi passi avanti. Stanno provando a rivedere le norme che regolano questi crimini ma rimangono comunque all'interno di un ottica di casta, in pratica "i panni sporchi se li vogliono lavare in casa loro".
Eccovi l'intervista a Bertone, attualmente spalla destra del pontefice (quindi non un pirla qualunque).
http://www.politicaonline.net/forum/...olo.asp?id=278
In particolar modo notate questo:
DOMANDA: Perché un vescovo che viene a conoscenza del comportamento di un proprio sacerdote, delittuoso per la Chiesa ma anche per la autorità civile, non ne deve informare la magistratura civile?
BERTONE: Le Norme di cui stiamo parlando si trovano all'interno di un ordinamento giuridico proprio, che ha una autonomia garantita, e non solo nei Paesi concordatari. Non escludo che in particolari casi ci possa essere una forma di collaborazione, qualche scambio di informazioni, tra autorità ecclesiastiche e magistratura.
Ma, a mio parere, non ha fondamento la pretesa che un vescovo, ad esempio, sia obbligato a rivolgersi alla magistratura civile per denunciare il sacerdote che gli ha confidato di aver commesso il delitto di pedofilia. Naturalmente la società civile ha la;obbligo di difendere i propri cittadini. Ma deve rispettare anche il "segreto professionale” dei sacerdoti, come si rispetta il segreto professionale di ogni categoria
Ovvero se un prete violenta un bambino e poi si confessa con un suo superiore, quest'ultimo NON DEVE denunciare l'abuso perchè deve mantenere il segreto professionale. A casa mia questo si chiama complicità, a casa loro segreto professionale.
E' sconvolgente comunque il modo in cui la Chiesa ha operato in tutti questi anni; la procedura era più o meno questa: una volta scoperto il crimine sui minori, il prete pedofilo veniva richiamato a Roma per un periodo di "penitenza", al termine di questo periodo veniva mandato in altra sede a professare (o a compiere altri crimini dato che il lupo perde il pelo ma non il vizio).
Sconvolgente anche il fatto che, come ha dimostrato l'intervista fatta alle Iene, attualmente i membri della chiesa consiglino alle famiglie di bambini violentati da preti di non denunciare il tutto alle autorità......
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