Marilyn, giallo svelato
L'attrice non si voleva suicidare ma ha inscenato tutto.
La morte della bionda per eccellenza di Hollywood è stato uno di quei misteri che ormai si pensava non sarebbero più stati sciolti. Suicidio o assassinio? Questa è stato il dubbio che ha circondato la morte di Marilyn Monroe dal 5 agosto 1962 a oggi. Accreditata inizialmente l'immagine di una Marilyn fragile dalla vita disordinata, per giunta in cura da uno psichiatra, l'ipotesi suicidaria ha via via ceduto il posto al sospetto di una morte voluta.
Sul banco degli imputati, finirono Sam Giancana, potente boss di Chicago, legato ai Kennedy e alla stessa attrice (che pare ne fu l'amante per un certo periodo), sospettato di aver ucciso una Marilyn probabilmente incinta per evitare l'inevitabile scandalo che avrebbe travolto la famiglia presidenziale.
Tutte speculazioni che oggi cadrebbero di fronte all'ennesima rivelazione (l'ultima?) circa la verità della morte di Marilyn. La fonte sarebbe nientemeno che l'Fbi, nei cui archivi il regista australiano Philippe Mora avrebbe trovato il documento decisivo.
Pare che l'allora 36enne diva, follemente innamorata di Robert Kennedy (dopo essere stata tra le braccia del fratello JFK), progettò di inscenare un finto suicidio per scuotere Bob e costringerlo a lasciare la moglie. Stando a questo documento segreto, complice della messa in scena fu l'attore Peter Lawford, marito della sorella di Bob, Patricia Kennedy.
Secondi i patti, Marilyn avrebbe ingerito una dose eccessiva di barbiturici e sarebbe stata trovata da Lawford in tempo per essere salvata, senonché
l'amico - d'accordo con Kennedy - tradì l'attrice e la lasciò morire nel suo letto. Dai verbali risulterebbe infatti la trascrizione di una telefonata incorsa tra i due, in cui Bob Kennedy chiedeva: «Allora, Marilyn è già morta o no?».
Tra i complici coinvolti nella morte della Monroe, quella famigerata notte, risultano anche la governante di Marilyn, Eunice Murray, il suo press agent Pat Newcomb e lo psichiatra dell'attrice, Ralph Greenson, convinto da Lawford a darle oltre 60 pasticche di barbiturici, proprio mentre Marilyn stava cercando di interromperne l’uso. (Libero News)
L'attrice non si voleva suicidare ma ha inscenato tutto.
La morte della bionda per eccellenza di Hollywood è stato uno di quei misteri che ormai si pensava non sarebbero più stati sciolti. Suicidio o assassinio? Questa è stato il dubbio che ha circondato la morte di Marilyn Monroe dal 5 agosto 1962 a oggi. Accreditata inizialmente l'immagine di una Marilyn fragile dalla vita disordinata, per giunta in cura da uno psichiatra, l'ipotesi suicidaria ha via via ceduto il posto al sospetto di una morte voluta.
Sul banco degli imputati, finirono Sam Giancana, potente boss di Chicago, legato ai Kennedy e alla stessa attrice (che pare ne fu l'amante per un certo periodo), sospettato di aver ucciso una Marilyn probabilmente incinta per evitare l'inevitabile scandalo che avrebbe travolto la famiglia presidenziale.
Tutte speculazioni che oggi cadrebbero di fronte all'ennesima rivelazione (l'ultima?) circa la verità della morte di Marilyn. La fonte sarebbe nientemeno che l'Fbi, nei cui archivi il regista australiano Philippe Mora avrebbe trovato il documento decisivo.
Pare che l'allora 36enne diva, follemente innamorata di Robert Kennedy (dopo essere stata tra le braccia del fratello JFK), progettò di inscenare un finto suicidio per scuotere Bob e costringerlo a lasciare la moglie. Stando a questo documento segreto, complice della messa in scena fu l'attore Peter Lawford, marito della sorella di Bob, Patricia Kennedy.
Secondi i patti, Marilyn avrebbe ingerito una dose eccessiva di barbiturici e sarebbe stata trovata da Lawford in tempo per essere salvata, senonché
l'amico - d'accordo con Kennedy - tradì l'attrice e la lasciò morire nel suo letto. Dai verbali risulterebbe infatti la trascrizione di una telefonata incorsa tra i due, in cui Bob Kennedy chiedeva: «Allora, Marilyn è già morta o no?».
Tra i complici coinvolti nella morte della Monroe, quella famigerata notte, risultano anche la governante di Marilyn, Eunice Murray, il suo press agent Pat Newcomb e lo psichiatra dell'attrice, Ralph Greenson, convinto da Lawford a darle oltre 60 pasticche di barbiturici, proprio mentre Marilyn stava cercando di interromperne l’uso. (Libero News)
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