Originariamente Scritto da Computer Idea
C'è chi il canone RAI non vorrebbe pagarlo per principio. Magari come protesta contro la scarsa qualtià dei programmi televisivi, oppure per manifestare la propria indignazione contro gli altalenanti vertici della televisione di Stato e le loro "curiose" strategie editoriali. E c'è chi non vuole pagarlo, più semplicemente, "perché lui la TV non la guarda e il televisore l'ha comprato soltanto per giocare alla Playstation".
E invece no. Ti spiegano che il cosiddetto canone RAI è una "tassa di possesso" e che, quindi, va pagata per il solo fatto di essere proprietari di un televisore, indipendentemente dall'uso che se ne fa (o che non se ne fa). Insomma, come accade per tutte le tasse di possesso anche il pagamento del canone "suona" alquanto fastidioso, ma è nella sua natura e va accettato così com'è. Pazienza.
La legge istitutiva del canone - il Regio Decreto N. 246 del 21/02/1938 - non parla però di "televisori" (e come potrebbe, dal momento che all'epoca la TV non esisteva neppure?) e, molto più genericamente, si riferisce ad "apparecchi atti o adattabili alla ricezione di trasmissioni radiotelevisive". Il legislatore poteva prevedere le potenzialità degli odierni computer, quando la stessa radio pareva qualcosa di magico? M, soprattutto, poteva prevedere la cialtronesca furbizia interpretativa di chi, settant'anni dopo il varo di quella legge, si sarebbe poi ritrovato ad applicarla? Chissà che faccia farebbe anche lui sapendo che oggi, per il solo fatto di possedere un computer, voi dovete pagarci sopra il canone RAI. Eh sì! Anche quel piccolo, leggerissimo portatile che utilizzate per scrivere la tesi esige il suo tributo alla televisione di Stato. Se anche vivete in un eremo, isolati dalla civiltà televisiva e dal suo enorme tubo catodico sempre acceso, ma avete portato con voi un qualunque PC per scrivere le vostre memorie, siete comunque tenuti a pagare il canone. E questo perché, volendo, potreste modificare il vostro computer al fine di ricevere i segnali radiotelevisivi: insomma, potreste installargli un sintonizzatore TV.
No, no, è inutile cavillare. Il fatto che abbiate o non abbiate installato il sintonizzatore è irrilevante: il Regio Decreto è "precisissimo nella sua vaghezza" quando afferma che la sola potenzialità del dispositivo alla ricezione delle onde ne fa oggetto di tassazione. E non pensino di salvarsi gli uffici e le aziende: laddove c'è anche un solo computer o un videoterminale, là qualcuno deve pagare l'abbonamento RAI, pena la famigerata apposizione dei sigilli agli apparecchi. Ecco, adesso che lo sapete evitate di scomodare il buonsenso, arrovellandovi alla ricerca di una spiegazione che vi dia pace. Certo è chiaro a tutti che anche un tostapane è un dispositivo "adattabile a ricevere trasmissioni radiotelevisive": basta aggiungere un video, un'antenna, un sintonizzatore e, magari - ma sì, roviniamoci - un telecomando. Ma simili ragionamenti, datemi retta, teneteveli per voi. D'altronde, vi sembra che "questi" abbiano bisogno di altri suggerimenti?
E invece no. Ti spiegano che il cosiddetto canone RAI è una "tassa di possesso" e che, quindi, va pagata per il solo fatto di essere proprietari di un televisore, indipendentemente dall'uso che se ne fa (o che non se ne fa). Insomma, come accade per tutte le tasse di possesso anche il pagamento del canone "suona" alquanto fastidioso, ma è nella sua natura e va accettato così com'è. Pazienza.
La legge istitutiva del canone - il Regio Decreto N. 246 del 21/02/1938 - non parla però di "televisori" (e come potrebbe, dal momento che all'epoca la TV non esisteva neppure?) e, molto più genericamente, si riferisce ad "apparecchi atti o adattabili alla ricezione di trasmissioni radiotelevisive". Il legislatore poteva prevedere le potenzialità degli odierni computer, quando la stessa radio pareva qualcosa di magico? M, soprattutto, poteva prevedere la cialtronesca furbizia interpretativa di chi, settant'anni dopo il varo di quella legge, si sarebbe poi ritrovato ad applicarla? Chissà che faccia farebbe anche lui sapendo che oggi, per il solo fatto di possedere un computer, voi dovete pagarci sopra il canone RAI. Eh sì! Anche quel piccolo, leggerissimo portatile che utilizzate per scrivere la tesi esige il suo tributo alla televisione di Stato. Se anche vivete in un eremo, isolati dalla civiltà televisiva e dal suo enorme tubo catodico sempre acceso, ma avete portato con voi un qualunque PC per scrivere le vostre memorie, siete comunque tenuti a pagare il canone. E questo perché, volendo, potreste modificare il vostro computer al fine di ricevere i segnali radiotelevisivi: insomma, potreste installargli un sintonizzatore TV.
No, no, è inutile cavillare. Il fatto che abbiate o non abbiate installato il sintonizzatore è irrilevante: il Regio Decreto è "precisissimo nella sua vaghezza" quando afferma che la sola potenzialità del dispositivo alla ricezione delle onde ne fa oggetto di tassazione. E non pensino di salvarsi gli uffici e le aziende: laddove c'è anche un solo computer o un videoterminale, là qualcuno deve pagare l'abbonamento RAI, pena la famigerata apposizione dei sigilli agli apparecchi. Ecco, adesso che lo sapete evitate di scomodare il buonsenso, arrovellandovi alla ricerca di una spiegazione che vi dia pace. Certo è chiaro a tutti che anche un tostapane è un dispositivo "adattabile a ricevere trasmissioni radiotelevisive": basta aggiungere un video, un'antenna, un sintonizzatore e, magari - ma sì, roviniamoci - un telecomando. Ma simili ragionamenti, datemi retta, teneteveli per voi. D'altronde, vi sembra che "questi" abbiano bisogno di altri suggerimenti?
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