Mi è capitato di leggere un brano di un libro che mi è piaciuto, scritto da un'adolescente. Anche se non ricordo il nome. Anche se trovo un po' infantile il modo di scrivere, trovo che ci siano alcuni spunti interessanti.. Secondo voi?
Testo:
Questa è la mia vita. E non ce n’è un’altra. E’ questa. Ed è banale tanto quanto è lontana da ciò che sono. La banalità che vivo è in forte contraddizione con ciò che penso. Guardo un gatto che miagola mentre osserva un uccellino sopra un albero e non mi sembra banale. E’ ciò che deve essere. Ma la mia vita no, non è ciò che deve essere per me. Sfugge. Ma dipende da me, ne sono certa. C’è un non so che di fermo in me, che non decolla. C’è il non coraggio che avanza.
Tutto il mio furore iniziale va scemando, tutto il furore per una Stella in parte ritrovata, una voglia di amarmi che non conoscevo, la voglia di strappare un foglio dal libro nero.. E ora mi ritrovo a voler partire e non riuscire a farlo. Non ha senso. Se non parto probabilmente significa solo che non lo voglio. Oppure la paura di sbagliare un’altra scelta influisce sulla scelta stessa? Non c’è qualcuno che mi possa dare una mano ascoltandomi. Tutti mi sembrano racchiusi nei loro futili estremismi, nelle loro assurde paranoie, che non mi spingono a raccontare. A raccontarmi. Io ascolto. Ma sembra quasi che a qualcuno non interessi la mia opinione, il mio consiglio, perché troppo presi dal loro incazzarsi perché il supermercato è pieno di gente, perché una persona ha camminato in strada troppo vicini a loro, perché non li riesce di mettersi a posto i capelli esattamente come vogliono, oppure solo perché esiste il mondo cosi com’è. Fatto di gente, che incredibilmente ha il coraggio ed osa camminare nella tua stessa strada.
No, questa non è la mia vita, fortunatamente. Voglio vivere, stressarmi e incazzarmi per cose vere, per cose importanti e lasciare che il resto mi scorra dentro lasciandomi qualcosa di buono o lasciandomi totalmente indifferente. Non voglio impazzire per cose inutili. La mia vita è cosi. Basta con le continue lamentele per tutto e tutti, basta coi musi incazzati, basta con le voci alte e i loro “No, non è come dici tu”.
Ne ho le palle piene.
Qualche autore di libri dice che, banalmente, la vita è un appuntamento e un viaggio. Ma allora mi devo esser persa qualche appuntamento in viaggio..
Penso anche alla visibilità. Alla visibilità nella società e mi chiedo chi siano le persone che non riescono a farsi vedere: gli sfigati, gli inutili, gli stupidi? Chi non ha voglia di farsi vedere? Chi ritiene che la visibilità non sia da furbi? Io non sono visibile fisicamente come non lo sono i miei pensieri. Ingabbiati all’interno di una scatola cranica e di un ammasso di capelli ricci. E la gente, “che ironia!”, si accorge di quanto siano belli i miei ricci. Forse non si sono mai chiesti il motivo. Ecco le radici che assorbono il buono dalla terra e danno agli uomini la fortuna di contemplarne la chioma dall’albero… Ma è certo che la maggior parte non si chiederà quello che di buono c’è in terra, ma ammirerà sterilmente la chioma e i suoi frutti. Ecco. Ciò che gli occhi li permettono di vedere.
Io sono quella chioma vista da occhi sterili e da una curiosità poco interessante.
Sarebbe bello che i miei pensieri, la voglia di raccontarli, diventassero il mio mestiere. Sarei un artigiano. Si. Creerei qualcosa, qualcosa di mio. Non so perché, l’idea mi alletta. Essere un artigiano, come l’orefice che crea i suoi gioielli usando la sua immaginazione, la sua costanza e le sue mani. Così vorrei essere. Una creatrice. Ma la mia costanza è paragonabile a quella di un bimbo di 4 anni ad un’assemblea di partito…
Se avessi avuto pazienza, costanza e coerenza forse sarei diventata un’artigiana della scrittura. Magari nessuno o pochi avrebbero letto i miei libri, ma sarebbe stato un mestiere. Il mio.
Già domani, o forse fra qualche minuto, non avrò più nulla da dire e sarò tornata al mio normale vivacchiare.
Testo:
Questa è la mia vita. E non ce n’è un’altra. E’ questa. Ed è banale tanto quanto è lontana da ciò che sono. La banalità che vivo è in forte contraddizione con ciò che penso. Guardo un gatto che miagola mentre osserva un uccellino sopra un albero e non mi sembra banale. E’ ciò che deve essere. Ma la mia vita no, non è ciò che deve essere per me. Sfugge. Ma dipende da me, ne sono certa. C’è un non so che di fermo in me, che non decolla. C’è il non coraggio che avanza.
Tutto il mio furore iniziale va scemando, tutto il furore per una Stella in parte ritrovata, una voglia di amarmi che non conoscevo, la voglia di strappare un foglio dal libro nero.. E ora mi ritrovo a voler partire e non riuscire a farlo. Non ha senso. Se non parto probabilmente significa solo che non lo voglio. Oppure la paura di sbagliare un’altra scelta influisce sulla scelta stessa? Non c’è qualcuno che mi possa dare una mano ascoltandomi. Tutti mi sembrano racchiusi nei loro futili estremismi, nelle loro assurde paranoie, che non mi spingono a raccontare. A raccontarmi. Io ascolto. Ma sembra quasi che a qualcuno non interessi la mia opinione, il mio consiglio, perché troppo presi dal loro incazzarsi perché il supermercato è pieno di gente, perché una persona ha camminato in strada troppo vicini a loro, perché non li riesce di mettersi a posto i capelli esattamente come vogliono, oppure solo perché esiste il mondo cosi com’è. Fatto di gente, che incredibilmente ha il coraggio ed osa camminare nella tua stessa strada.
No, questa non è la mia vita, fortunatamente. Voglio vivere, stressarmi e incazzarmi per cose vere, per cose importanti e lasciare che il resto mi scorra dentro lasciandomi qualcosa di buono o lasciandomi totalmente indifferente. Non voglio impazzire per cose inutili. La mia vita è cosi. Basta con le continue lamentele per tutto e tutti, basta coi musi incazzati, basta con le voci alte e i loro “No, non è come dici tu”.
Ne ho le palle piene.
Qualche autore di libri dice che, banalmente, la vita è un appuntamento e un viaggio. Ma allora mi devo esser persa qualche appuntamento in viaggio..
Penso anche alla visibilità. Alla visibilità nella società e mi chiedo chi siano le persone che non riescono a farsi vedere: gli sfigati, gli inutili, gli stupidi? Chi non ha voglia di farsi vedere? Chi ritiene che la visibilità non sia da furbi? Io non sono visibile fisicamente come non lo sono i miei pensieri. Ingabbiati all’interno di una scatola cranica e di un ammasso di capelli ricci. E la gente, “che ironia!”, si accorge di quanto siano belli i miei ricci. Forse non si sono mai chiesti il motivo. Ecco le radici che assorbono il buono dalla terra e danno agli uomini la fortuna di contemplarne la chioma dall’albero… Ma è certo che la maggior parte non si chiederà quello che di buono c’è in terra, ma ammirerà sterilmente la chioma e i suoi frutti. Ecco. Ciò che gli occhi li permettono di vedere.
Io sono quella chioma vista da occhi sterili e da una curiosità poco interessante.
Sarebbe bello che i miei pensieri, la voglia di raccontarli, diventassero il mio mestiere. Sarei un artigiano. Si. Creerei qualcosa, qualcosa di mio. Non so perché, l’idea mi alletta. Essere un artigiano, come l’orefice che crea i suoi gioielli usando la sua immaginazione, la sua costanza e le sue mani. Così vorrei essere. Una creatrice. Ma la mia costanza è paragonabile a quella di un bimbo di 4 anni ad un’assemblea di partito…
Se avessi avuto pazienza, costanza e coerenza forse sarei diventata un’artigiana della scrittura. Magari nessuno o pochi avrebbero letto i miei libri, ma sarebbe stato un mestiere. Il mio.
Già domani, o forse fra qualche minuto, non avrò più nulla da dire e sarò tornata al mio normale vivacchiare.
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