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Ponyo, le anime di Hayao
"Sono i bambini a darmi la forza", confessa Miyazaki. Dalla rivalsa su Andersen, ecco la sua Sirenetta
John “Pixar” Lasseter, per molti l’unico erede di Walt Disney, dice che “è il più grande maestro dell’animazione, anzi il più grande regista vivente”. Il connazionale Akira Kurosawa affermava che “non si può sminuire l’importanza della sua opera paragonandola alla mia”. Capelli e barba bianchi, sigaretta perennemente accesa, il regista non si dice d’accordo con gli illustri colleghi, ma non è questo un altro sintomo della grandezza di Hayao Miyazaki, 68 anni, Leone d’Oro alla carriera nel 2005, professione creatore di anime?
Al Lido e da venerdì in sala (200 copie per Lucky Red), Miyazaki è tornato con Ponyo sulla scogliera, portando in dote l’inno dell’ultima Mostra: "Ponyo Ponyo Ponyo…” e commuovendo con la consueta ricetta, la semplicità: semplicità grafica, artigianalità di tratto, fattura e lavorazione distante anni luce dai byte della CGI di Pixar e DreamWorks, e semplicità di caratteri, che nascono per i bambini e crescono fino a regalare un insegnamento morale agli adulti.
Oltre 17.000 i quadri disegnati a matita, perché “con la computer grafica - spiega il co-creatore di Heidi e Lupin - s’indebolisce la vera forza dell’immagine. La tecnologia può aiutare a realizzare un film, ma credo che l’animazione abbia bisogno della mano dell’uomo: spero di usare la matita il più a lungo possibile”. Ma sbaglia chi crede in una concorrenza, pur leale, all’universo hi-tech della Pixar: “Quando è finita la guerra, avevo 4 anni, molti film arrivavano dall'America, ma nessuno mi ha influenzato. L'animazione è un mondo vasto, non siamo in competizione, ma in amicizia: nella Pixar ci sono tante persone a me care”. Invidia e competizione non abitano nemmeno nella casa sospesa sul mare, dove vivono il piccolo Sosuke, la madre Lisa e, più raramente, il padre marinaio. Un giorno, Sosuske incontra una pesciolina rossa scappata dagli abissi, che ribattezza Ponyo: i due si innamorano.
Infanzia, ecologia, tolleranza, diversità, anzianità e femminismo affiorano sul mare animato di Miyazaki depurati di qualsiasi scoria stilistica, poetica e pedagogica, creando ondate di tenerezza: “Nel mio staff, molti hanno avuto dei figli di recente, e questo mi ha dato la motivazione per realizzare Ponyo: d’altronde, sono i bambini che mi danno la forza per andare avanti”.
Ecco, dunque, Ponyo, che corre sui cavalloni, adora il prosciutto e porta sulla terra la luce degli abissi, e Sosuke, che regala l'infanzia alle vecchiette e piange per la madre che non trova, protagonisti di "una fiaba avventurosa sull'amore infantile e una risposta alle afflizioni dei nostri tempi", un romanzo di formazione "al contrario", letto dai bambini ai genitori.
Negando di aver ricreato "il mio maremoto" sulla scorta dello tsunami di Phuket e Krabi del 2004, Miyazaki canta le lodi dell’oceano: "Il mare va, il mare viene: l'uomo non può farci niente, solo accettarlo. C’è una ciclicità negli eventi a cui non ci si può opporre: così per me è la vita".
Vita da cittadino del mondo, che artisticamente ingloba tradizioni europee e nipponiche: “In Giappone, crediamo gli opposti si attraggano, creando metamorfosi e sodalizi: ho fatto in modo che il film potesse interessare tutti”, confessa Miyazaki. E sulla tavolozza trova anche i colori per evocare La valchiria di Wagner: “Quando Ponyo ritorna al mare cavalca le onde, esattamente come le valchirie: Brunilde mi sembrava il nome più adatto per lei…” e La sirenetta: “A nove anni ho letto la favola di Andersen, ma non mi è mai andato giù che le sirene non potessero avere un’anima come gli umani: da questo desiderio di rivalsa è nata Ponyo”.
Federico Pontiggia 18/03/2009
Ponyo, le anime di Hayao
"Sono i bambini a darmi la forza", confessa Miyazaki. Dalla rivalsa su Andersen, ecco la sua Sirenetta
John “Pixar” Lasseter, per molti l’unico erede di Walt Disney, dice che “è il più grande maestro dell’animazione, anzi il più grande regista vivente”. Il connazionale Akira Kurosawa affermava che “non si può sminuire l’importanza della sua opera paragonandola alla mia”. Capelli e barba bianchi, sigaretta perennemente accesa, il regista non si dice d’accordo con gli illustri colleghi, ma non è questo un altro sintomo della grandezza di Hayao Miyazaki, 68 anni, Leone d’Oro alla carriera nel 2005, professione creatore di anime?
Al Lido e da venerdì in sala (200 copie per Lucky Red), Miyazaki è tornato con Ponyo sulla scogliera, portando in dote l’inno dell’ultima Mostra: "Ponyo Ponyo Ponyo…” e commuovendo con la consueta ricetta, la semplicità: semplicità grafica, artigianalità di tratto, fattura e lavorazione distante anni luce dai byte della CGI di Pixar e DreamWorks, e semplicità di caratteri, che nascono per i bambini e crescono fino a regalare un insegnamento morale agli adulti.
Oltre 17.000 i quadri disegnati a matita, perché “con la computer grafica - spiega il co-creatore di Heidi e Lupin - s’indebolisce la vera forza dell’immagine. La tecnologia può aiutare a realizzare un film, ma credo che l’animazione abbia bisogno della mano dell’uomo: spero di usare la matita il più a lungo possibile”. Ma sbaglia chi crede in una concorrenza, pur leale, all’universo hi-tech della Pixar: “Quando è finita la guerra, avevo 4 anni, molti film arrivavano dall'America, ma nessuno mi ha influenzato. L'animazione è un mondo vasto, non siamo in competizione, ma in amicizia: nella Pixar ci sono tante persone a me care”. Invidia e competizione non abitano nemmeno nella casa sospesa sul mare, dove vivono il piccolo Sosuke, la madre Lisa e, più raramente, il padre marinaio. Un giorno, Sosuske incontra una pesciolina rossa scappata dagli abissi, che ribattezza Ponyo: i due si innamorano.
Infanzia, ecologia, tolleranza, diversità, anzianità e femminismo affiorano sul mare animato di Miyazaki depurati di qualsiasi scoria stilistica, poetica e pedagogica, creando ondate di tenerezza: “Nel mio staff, molti hanno avuto dei figli di recente, e questo mi ha dato la motivazione per realizzare Ponyo: d’altronde, sono i bambini che mi danno la forza per andare avanti”.
Ecco, dunque, Ponyo, che corre sui cavalloni, adora il prosciutto e porta sulla terra la luce degli abissi, e Sosuke, che regala l'infanzia alle vecchiette e piange per la madre che non trova, protagonisti di "una fiaba avventurosa sull'amore infantile e una risposta alle afflizioni dei nostri tempi", un romanzo di formazione "al contrario", letto dai bambini ai genitori.
Negando di aver ricreato "il mio maremoto" sulla scorta dello tsunami di Phuket e Krabi del 2004, Miyazaki canta le lodi dell’oceano: "Il mare va, il mare viene: l'uomo non può farci niente, solo accettarlo. C’è una ciclicità negli eventi a cui non ci si può opporre: così per me è la vita".
Vita da cittadino del mondo, che artisticamente ingloba tradizioni europee e nipponiche: “In Giappone, crediamo gli opposti si attraggano, creando metamorfosi e sodalizi: ho fatto in modo che il film potesse interessare tutti”, confessa Miyazaki. E sulla tavolozza trova anche i colori per evocare La valchiria di Wagner: “Quando Ponyo ritorna al mare cavalca le onde, esattamente come le valchirie: Brunilde mi sembrava il nome più adatto per lei…” e La sirenetta: “A nove anni ho letto la favola di Andersen, ma non mi è mai andato giù che le sirene non potessero avere un’anima come gli umani: da questo desiderio di rivalsa è nata Ponyo”.
Federico Pontiggia 18/03/2009
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