PEUGEOT 206: TRE MILIONI DI SUCCESSI
Il leone Peugeot ha tirato fuori gli artigli. Ma lo ha fatto con grazia e furbizia, senza l’aggressività che il suo simbolo dovrebbe far prevedere.
Tre milioni di esemplari in circa 4 anni. Il tremilionesimo esemplare di Peugeot “206” è una tre porte grigio alluminio, motore 1.4 a benzina destinata ad un automobilista tedesco. E’ uscita dalle linee di produzione di Mulhouse questo novembre giusto per umiliare gli altri produttori europei. Leader in Europa e un successo travolgente nei 121 Paesi del Mondo in cui è diffusa, la “206” è la dimostrazione concreta che tutti i teoremi sulle mode, i marchi, la tradizione, la presunta incapacità di scelta dei consumatori sono destinati a crollare davanti a un fatto banalissimo. E cioè la presenza sul mercato di un ottimo prodotto. Innovativo, simpatico, facile da capire. Ricordate le vecchie Peugeot del passato? Senz’anima, senza appeal, senza speranza al confronto con le idee geniali di altri costruttori francesi. Come Citroën, per esempio. Poi Citroën ha, inaspettatamente, segnato il passo e il leone Peugeot ha, inaspettatamente, tirato fuori gli artigli. Ma lo ha fatto con grazia e furbizia, senza l’aggressività che il suo simbolo dovrebbe far prevedere. Ha scatenato il suo centro stile, ha inventato gli occhi allungati, la forma compatta, i fianchi sinuosi delle sue ultime creature. Ha inventato la geniale “CC” la mitica coupé-cabrio che ogni ragazzino sogna. E in Italia, ex patria del design automobilistico, è stata premiata come la “Più bella auto del mondo”. Perfino i compassati lettori di un vecchio giornale tradizionalista e antico come Quattroruote le hanno dato un premio (magari poi senza osare comprarla). Perfino i tedeschi, più campanilisti degli stessi francesi, l’hanno premiata. Lo stesso han fatto i giapponesi, ed è tutto dire. Insomma mentre l’Italia dell’automobile se ne stava immobile seduti sui vecchi allori l’ “Enfant terrible” spopolava ovunque e sottraeva, meritatamente, al mercato interno uno sfogo fino a ieri rigorosamente, doverosamente, tradizionalmente autarchico.
Insomma, c’è stato qualcuno che addirittura ha preferito la Peugeot “206” alla solita “Punto”, magari per la prima volta nella sua vita. Con i risultati che si sono visti. Il successo dell’Enfant terrible è stato travolgente anche in Italia, dove dalla data del lancio sono immatricolate 300mila unità (il 10% della produzione complessiva). Nei primi dieci mesi di quest’anno (70mila le immatricolazioni), oltre a leader tra tutte le coupé cabriolet, la 206 è stata la vettura estera più venduta e la seconda diesel più richiesta del segmento B. Tra gennaio ed ottobre 2002 e fino al lancio della SW, il 44% delle immatricolazioni ha riguardato la versione tre porte, il 42% la cinque porte ed il 10,3% la CC.
I tre milioni di “206” insegnano che la tradizione, le consuetudini, la tradizione non conta più nulla. Vende chi se lo merita, il mercato premia i buoni prodotti e non la storia di un marchio. Magari un po’ conta anche la strategia di comunicazione. Slogan divertenti, approcci mirati possono far miracoli, ma il resto, la qualità, contano di più. Insomma, davanti a prodotti come questo (e come molti altri pescando, per esempio, tra le sorprendenti coreane) è crollato quel che si pensava fosse incrollabile. Cioè la rocciosa determinazione a comprare italiano nonostante tutto. Nonostante la notoria bassa qualità del prodotto italiano che da fonte di battute popolari (chi ha mai pronunciato quasi con affetto la frase: “cosa pretendi, è una Fiat”?) è diventata una consapevolezza diffusa. Si è scoperto che una francese poteva essere meglio di un’italiana. Perchè la “206” oltre ad essere un’auto normale ha vinto 3 Mondiali Rally con 20 vittorie in tre anni e vari titoli europei. E questo poteva anche essere. Ma poi si è scoperto che una francese si poteva anche comprare. Perchè l’innovazione della “206” e le invenzioni targate “206” sono state continue. E qui è crollato tutto.
Fonte: Tiscali Motori
Il leone Peugeot ha tirato fuori gli artigli. Ma lo ha fatto con grazia e furbizia, senza l’aggressività che il suo simbolo dovrebbe far prevedere.
Tre milioni di esemplari in circa 4 anni. Il tremilionesimo esemplare di Peugeot “206” è una tre porte grigio alluminio, motore 1.4 a benzina destinata ad un automobilista tedesco. E’ uscita dalle linee di produzione di Mulhouse questo novembre giusto per umiliare gli altri produttori europei. Leader in Europa e un successo travolgente nei 121 Paesi del Mondo in cui è diffusa, la “206” è la dimostrazione concreta che tutti i teoremi sulle mode, i marchi, la tradizione, la presunta incapacità di scelta dei consumatori sono destinati a crollare davanti a un fatto banalissimo. E cioè la presenza sul mercato di un ottimo prodotto. Innovativo, simpatico, facile da capire. Ricordate le vecchie Peugeot del passato? Senz’anima, senza appeal, senza speranza al confronto con le idee geniali di altri costruttori francesi. Come Citroën, per esempio. Poi Citroën ha, inaspettatamente, segnato il passo e il leone Peugeot ha, inaspettatamente, tirato fuori gli artigli. Ma lo ha fatto con grazia e furbizia, senza l’aggressività che il suo simbolo dovrebbe far prevedere. Ha scatenato il suo centro stile, ha inventato gli occhi allungati, la forma compatta, i fianchi sinuosi delle sue ultime creature. Ha inventato la geniale “CC” la mitica coupé-cabrio che ogni ragazzino sogna. E in Italia, ex patria del design automobilistico, è stata premiata come la “Più bella auto del mondo”. Perfino i compassati lettori di un vecchio giornale tradizionalista e antico come Quattroruote le hanno dato un premio (magari poi senza osare comprarla). Perfino i tedeschi, più campanilisti degli stessi francesi, l’hanno premiata. Lo stesso han fatto i giapponesi, ed è tutto dire. Insomma mentre l’Italia dell’automobile se ne stava immobile seduti sui vecchi allori l’ “Enfant terrible” spopolava ovunque e sottraeva, meritatamente, al mercato interno uno sfogo fino a ieri rigorosamente, doverosamente, tradizionalmente autarchico.
Insomma, c’è stato qualcuno che addirittura ha preferito la Peugeot “206” alla solita “Punto”, magari per la prima volta nella sua vita. Con i risultati che si sono visti. Il successo dell’Enfant terrible è stato travolgente anche in Italia, dove dalla data del lancio sono immatricolate 300mila unità (il 10% della produzione complessiva). Nei primi dieci mesi di quest’anno (70mila le immatricolazioni), oltre a leader tra tutte le coupé cabriolet, la 206 è stata la vettura estera più venduta e la seconda diesel più richiesta del segmento B. Tra gennaio ed ottobre 2002 e fino al lancio della SW, il 44% delle immatricolazioni ha riguardato la versione tre porte, il 42% la cinque porte ed il 10,3% la CC.
I tre milioni di “206” insegnano che la tradizione, le consuetudini, la tradizione non conta più nulla. Vende chi se lo merita, il mercato premia i buoni prodotti e non la storia di un marchio. Magari un po’ conta anche la strategia di comunicazione. Slogan divertenti, approcci mirati possono far miracoli, ma il resto, la qualità, contano di più. Insomma, davanti a prodotti come questo (e come molti altri pescando, per esempio, tra le sorprendenti coreane) è crollato quel che si pensava fosse incrollabile. Cioè la rocciosa determinazione a comprare italiano nonostante tutto. Nonostante la notoria bassa qualità del prodotto italiano che da fonte di battute popolari (chi ha mai pronunciato quasi con affetto la frase: “cosa pretendi, è una Fiat”?) è diventata una consapevolezza diffusa. Si è scoperto che una francese poteva essere meglio di un’italiana. Perchè la “206” oltre ad essere un’auto normale ha vinto 3 Mondiali Rally con 20 vittorie in tre anni e vari titoli europei. E questo poteva anche essere. Ma poi si è scoperto che una francese si poteva anche comprare. Perchè l’innovazione della “206” e le invenzioni targate “206” sono state continue. E qui è crollato tutto.
Fonte: Tiscali Motori
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