LA CAMERA DEL DEMONIO
4° Capitolo – Tra Incubo e Realtà
Tutto appariva agghiacciante. Ossa, ragni e sangue ornavano le pareti e ogni passo che Patrick faceva, sembrava cadere in un oblio, sempre più oscuro, potente, lugubre. Ma tutto a Patrick pareva maledettamente assurdo, così che di tanto in tanto gli scappava qualche sorriso, come per dire <<Ma che scherzo ben elaborato è questo?...>>
Ad un certo punto, Patrick notò, sopra uno dei tanti tornelli che si trovavano accanto ai binari, una strana figura, che ci stava appollaiata sopra, immobile, e Patrick non seppe distinguere la forma e i lineamenti della figura.
<<E’ un’illusione>> pensò. Ma pur pensandola così, non potè far altro che avvicinarsi. Lo fece. A stentoni, allungò la mano verso la figura. Stava per toccarla, quando dalla figura sbucò un occhio di un colore fosforescente e iniettato di sangue. Patrick balzò indietro dallo spavento. Stette in guardia.
<<Chi sei?!?>> esclamò, ma non ricevette risposta.
La figura continuava a guardarlo fisso e in Patrick infondeva un’inquietudine e un terrore che non riusciva a controllare. Era talmente terrorizzato, che fece per andarsene. Ma la figura sembrò scendere dal tornello e si avvicinò a Patrick con un andamento deciso. Ad un tratto capì che si trattava di un gatto.
Era completamente nero, sulla pancia e sugl’arti, e ci mancava un occhio. Aveva solo un particolare inquietante: sul petto, all’altezza del collo, aveva una macchia alquanto strana. Pian piano, guardandola, assunse la forma che fece rabbrividire Patrick: la macchia assomigliava tanto ad un pugnale.
Stette ad osservare con attenzione quel gatto prima di avvicinarsi e toccarlo.
<<Suvvia! E’ solo un gatto!>> pensò. Ma appena allungò la mano per toccarlo, ecco che d’improvviso, il gatto scomparve, lentamente, e si polverizzò. Patrick restò sconcertato ed immobile.
Si alzò barcollante.
<<Ma ho le allucinazioni?>> disse fra se e se.
Tutto lo incuriosiva in quella metropolitana. Si convinse che ormai il suo destino era segnato e che valeva la pena esplorare tutte le stranezze che gli capitavano. Si avviò di nuovo. Camminava a passo lento e calmo e non aveva più fretta e desiderio andarsene da quello strano posto. Aveva sciolto in parte il terrore che lo riempiva.
Ad un certo punto, sentì uno scricchiolìo. Allungò l’orecchio e all’improvviso ecco spuntare, in un tumulto di macerie e ferro, dinnanzi a se, una creatura mostruosa; un verme gigantesco, con due bocche, due occhi pallidi e una miriade di denti avvelenati e insanguinati.
Gli venne incontro, minaccioso, con l’intenzione di ucciderlo.
Il verme aveva l’aria spaventosa ed aveva il corpo di un serpente e la testa di un cane-zombie.
<<Ma che succede?!? Da dove è sbucato quello?!?>>
Ad un tratto, dalla bocca del verme, uscirono due “lingue” che intrappolarono Patrick in una morsa d’acciaio. Era in trappola. In un’occhiata notò in un angolo, vicino ad un cadavere, una lucente pistola dal colore argenteo.
Così, spinto dal desiderio di liberarsi da quella morsa e di cacciare via quel mostro, caricò tutte le sue forze e riuscì a liberarsi. Patrick corse verso l’arma. La prese. Vide che era carica. Mirò contro il mostro e scaricò tutto il caricatore sull’orribile corpo del verme, che subiti i colpi sparì da dove era venuto.
Patrick non sapeva se essere triste o felice. Aveva scacciato il mostro, ma sapeva che era solo l’assaggio di quello che gli sarebbe capitato. E poi c’era un altro particolare: la pistola sbucata dal nulla.
<<Come può essere? Non mi sembra d’averla vista un attimo fa...>> disse stupito. Ma naturalmente quell’oggetto lì l’aveva messo qualcuno o qualcosa di indeterminato e che sarebbe stato lo stesso qualcuno o qualcosa che lo tormentò per giorni, nell’albergo. Partrick non sapeva che pensare. Era confuso e per lui tutto non aveva senso, in quel posto.
4° Capitolo – Tra Incubo e Realtà
Tutto appariva agghiacciante. Ossa, ragni e sangue ornavano le pareti e ogni passo che Patrick faceva, sembrava cadere in un oblio, sempre più oscuro, potente, lugubre. Ma tutto a Patrick pareva maledettamente assurdo, così che di tanto in tanto gli scappava qualche sorriso, come per dire <<Ma che scherzo ben elaborato è questo?...>>
Ad un certo punto, Patrick notò, sopra uno dei tanti tornelli che si trovavano accanto ai binari, una strana figura, che ci stava appollaiata sopra, immobile, e Patrick non seppe distinguere la forma e i lineamenti della figura.
<<E’ un’illusione>> pensò. Ma pur pensandola così, non potè far altro che avvicinarsi. Lo fece. A stentoni, allungò la mano verso la figura. Stava per toccarla, quando dalla figura sbucò un occhio di un colore fosforescente e iniettato di sangue. Patrick balzò indietro dallo spavento. Stette in guardia.
<<Chi sei?!?>> esclamò, ma non ricevette risposta.
La figura continuava a guardarlo fisso e in Patrick infondeva un’inquietudine e un terrore che non riusciva a controllare. Era talmente terrorizzato, che fece per andarsene. Ma la figura sembrò scendere dal tornello e si avvicinò a Patrick con un andamento deciso. Ad un tratto capì che si trattava di un gatto.
Era completamente nero, sulla pancia e sugl’arti, e ci mancava un occhio. Aveva solo un particolare inquietante: sul petto, all’altezza del collo, aveva una macchia alquanto strana. Pian piano, guardandola, assunse la forma che fece rabbrividire Patrick: la macchia assomigliava tanto ad un pugnale.
Stette ad osservare con attenzione quel gatto prima di avvicinarsi e toccarlo.
<<Suvvia! E’ solo un gatto!>> pensò. Ma appena allungò la mano per toccarlo, ecco che d’improvviso, il gatto scomparve, lentamente, e si polverizzò. Patrick restò sconcertato ed immobile.
Si alzò barcollante.
<<Ma ho le allucinazioni?>> disse fra se e se.
Tutto lo incuriosiva in quella metropolitana. Si convinse che ormai il suo destino era segnato e che valeva la pena esplorare tutte le stranezze che gli capitavano. Si avviò di nuovo. Camminava a passo lento e calmo e non aveva più fretta e desiderio andarsene da quello strano posto. Aveva sciolto in parte il terrore che lo riempiva.
Ad un certo punto, sentì uno scricchiolìo. Allungò l’orecchio e all’improvviso ecco spuntare, in un tumulto di macerie e ferro, dinnanzi a se, una creatura mostruosa; un verme gigantesco, con due bocche, due occhi pallidi e una miriade di denti avvelenati e insanguinati.
Gli venne incontro, minaccioso, con l’intenzione di ucciderlo.
Il verme aveva l’aria spaventosa ed aveva il corpo di un serpente e la testa di un cane-zombie.
<<Ma che succede?!? Da dove è sbucato quello?!?>>
Ad un tratto, dalla bocca del verme, uscirono due “lingue” che intrappolarono Patrick in una morsa d’acciaio. Era in trappola. In un’occhiata notò in un angolo, vicino ad un cadavere, una lucente pistola dal colore argenteo.
Così, spinto dal desiderio di liberarsi da quella morsa e di cacciare via quel mostro, caricò tutte le sue forze e riuscì a liberarsi. Patrick corse verso l’arma. La prese. Vide che era carica. Mirò contro il mostro e scaricò tutto il caricatore sull’orribile corpo del verme, che subiti i colpi sparì da dove era venuto.
Patrick non sapeva se essere triste o felice. Aveva scacciato il mostro, ma sapeva che era solo l’assaggio di quello che gli sarebbe capitato. E poi c’era un altro particolare: la pistola sbucata dal nulla.
<<Come può essere? Non mi sembra d’averla vista un attimo fa...>> disse stupito. Ma naturalmente quell’oggetto lì l’aveva messo qualcuno o qualcosa di indeterminato e che sarebbe stato lo stesso qualcuno o qualcosa che lo tormentò per giorni, nell’albergo. Partrick non sapeva che pensare. Era confuso e per lui tutto non aveva senso, in quel posto.
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