Annuncio

Collapse
No announcement yet.

DB - La storia mai raccontata!

Collapse
X
 
  • Filter
  • Ora
  • Show
Clear All
new posts

  • Ottimo capitolo.
    Piano piano stai avendo cura di togliere tutte le possibili soluzioni che sarebbero potute essere tentate nel futuro di Trunks (la navicella che avrebbe potuto permettere ai nostri amici di raggiungere Neo Namek è stata distrutta, e a breve penso che anche il santuario di dio con annessa stanza dello spirito e del tempo farà la stessa fine ).

    Comment


    • Più leggo le gesta di 17 e 18, più mi sembrano simili per certi versi a Majin Bu: malvagi e infantili, tanto che distruggono tutto per puro gioco.
      Mi spiace davvero per Karin (morire soffocati è una morte orribile, vista la sofferenza che la precede), ma ancor di più per Yajirobai, scannato come un maiale (era un pochino antipatico, è vero, ma non si meritava una simile sorte). Infine, penso che Gohan contro i gemelli se la caverà come Piccolo unito a Dio contro Cell imperfetto dopo aver assorbito tanti umani(senza, ovviamente, il buco nello stomaco finale).
      Prossimamente... Dragon Ball R.S., il DB alternativo!

      Comment


      • Commento il cap. 56, che ho letto qualche giorno fa: un grandissimo capitolo, sicuramente tra i miei preferiti. Lo scontro Goku-Vegeta ha reso giustizia ai due grandi personaggi, ho ovviamente amato la scelta del kaiohken (e allo stesso tempo la trovo la strada più logica che il saiyan avrebbe percorso per potenziarsi nell'aldilà) e, tra i tanti collegamenti alla storia canonica, il modo in cui hai fatto parlare ai nostri saiyan della possibilità di superare il limite della trasformazione.

        Buona la "scusa" che dovrebbe togliere Goku dai giochi, interessanti le riflessioni del giovane Gohan e molto toccante l'addio alla madre.

        A breve leggerò il prossimo, dei prossimi capitoli mi incuriosisce oltre al progredire della storia in sè, anche il vedere come gestirai la transizione dal tempo attuale a quello dello special di Trunks
        sigpic

        Comment


        • Grazie per i commenti, è bello essere apprezzato in questo modo!

          Originariamente Scritto da Final Goku II Visualizza Messaggio
          Ottimo capitolo.
          Piano piano stai avendo cura di togliere tutte le possibili soluzioni che sarebbero potute essere tentate nel futuro di Trunks (la navicella che avrebbe potuto permettere ai nostri amici di raggiungere Neo Namek è stata distrutta, e a breve penso che anche il santuario di dio con annessa stanza dello spirito e del tempo farà la stessa fine ).
          Infatti uno dei miei scopi è quello d creare una trama organica nella quale venisse data una risposta a tante domande relative al futuro di Trunks che più o meno tutti ci siamo posti. Più che altro tutti sappiamo che quell'universo è stato creato come pretesto per proseguire la storia del "nostro" universo, quindi in funzione subordinata e senza troppo approfondimento. Quindi sto cercando appunto di spiegare perchè tutte le vie percorribili siano a poco a poco sfumate, cercando di conciliare tutto senza eccessive forzature.

          Originariamente Scritto da Vegeth SSJ3 Full Power Visualizza Messaggio
          Più leggo le gesta di 17 e 18, più mi sembrano simili per certi versi a Majin Bu: malvagi e infantili, tanto che distruggono tutto per puro gioco.
          Certamente c'è una certa quota di "infantilismo" nel modo di comportare dei 17 e 18 del futuro, e questo si nota già nei capitoli del manga (18 infuriata perchè ha perso giocando al pc, 17 infuriato perchè l'attacco gli rovina i vestiti...) La differenza rispetto a Majin Bu è che loro ragionano perfettamente, mentre Majin Bu ha le facoltà intellettive molto limitate (tranne quando assorbe Piccolo, li è persino più maturo!).

          Originariamente Scritto da Ssj 3 Visualizza Messaggio
          A breve leggerò il prossimo, dei prossimi capitoli mi incuriosisce oltre al progredire della storia in sè, anche il vedere come gestirai la transizione dal tempo attuale a quello dello special di Trunks
          Chiaramente il protagonista nell'immediato sarà Gohan, a cui più avanti si affiancherà anche Trunks.

          Comment


          • Cap. 58: Vita Nuova.

            Era ormai impossibile sfuggire al confronto diretto coi due cyborg. Dopo oltre due anni di allenamento, Gohan sapeva di non essere ancora all’altezza dei due nemici. Pur non avendo possibilità di cavarsela, il ragazzino si trasformò subito in Super Saiyan. Il suo metro di paragone era il Vegeta che aveva combattuto contro Cooler, e sentiva che la differenza era ancora notevole.
            «Gohan…!» esclamò d’impulso Mr. Popo. Quest’ultimo avrebbe preferito, in altre circostanze, che l’allievo non affrontasse subito i due nemici; eppure sapeva che non c’erano alternative. Avrebbe voluto avvertirlo che non era pronto, dissuaderlo dal combattere; quei moniti, se pronunciati davanti al nemico, avrebbero giocato a sfavore del ragazzino. La reazione confusa di Popo era sintomo del fatto che l’assistente degli dei non si era mai trovato faccia a faccia con il pericolo in maniera così diretta.
            «Statti zitto, negretto.» lo mise a tacere 17. «Ancora quella strana trasformazione… deve essere una forma di potenziamento…»
            «Anche Vegeta era in grado di trasformarsi in quel modo… ciò non gli ha impedito di finire all’Inferno, poveraccio.» ricordò gelida 18. «Voglio metterti alla prova… L’umiliazione sarà più forte, se viene da una donna: per di più la più debole fra noi due. Forza e coraggio, piccolo Son! Attaccami!» disse 18, ponendosi a braccia conserte davanti a Gohan con un enigmatico sorrisetto.
            Gohan caricò la sua energia al massimo livello, e balzò in avanti contornato dalla sua fiammeggiante aura dorata. Iniziò a bersagliare 18 di pugni, che la cyborg parava difendendosi alternativamente con un braccio e con l’altro; allungò la gamba verso l’alto nel tentativo di calciare al mento il nemico, che tuttavia si ritrasse agilmente tirando la testa all’indietro. Gohan si spostò verso l’alto, mirando a colpire 18 con una martellata alla nuca a mani unite… troppo lento, perché la cyborg si mosse a velocità impercettibile per Gohan, col-pendolo con un calcio alla schiena; il meticcio finì sbattuto a terra strisciando per diversi metri, con il muso sul pavimento.
            «Non ci siamo proprio! Cerca di fare sul serio!» lo stuzzicò allora la nemica, fingendo di non rendersi conto che il ragazzino stava già attingendo alle sue forze migliori. «Lancia il tuo colpo più potente, dai!»
            Rialzandosi e balzando all’indietro, il giovane mezzosangue portò le mani al fianco in uno dei suoi attacchi più potenti: «Kame… hame… HAAAAAA!!» Un’onda energetica azzurra, di entità tale da distruggere tranquillamente Freezer, si mosse implacabile verso 18; questa allungò le braccia in avanti e si oppose a mani nude all’attacco. Gohan riversò molta energia in quell’attacco; stringeva i denti, una vena gli pulsava sulla tempia destra. Al termine dell’attacco, purtroppo il cyborg era perfettamente illeso; senza troppa fatica, non aveva faticato a contrastare l’onda a mani nude.
            «Ne avresti di strada da fare, sai?» commentò 18. «Se questo è il tuo meglio… possiamo porre subito fine alla battaglia… sta’ a vedere!» lo ammonì; prima ancora che il mezzosangue potesse assumere una posa difensiva, 18 era stata tanto repentina da saettare contro di lui e infliggergli un colpo di mano alla fronte. La manata fu dolorosissima; aprì un taglio profondo sulla fronte di Gohan, da cui cominciò ad affluire del sangue. Il sangue non smetteva di pompare e scorrere senza sosta, scorrendogli su un occhio e limitandogli la vista: pessimo effetto perché, se non si può percepire l’aura nemica, la vista acquista importanza capitale. Un pugno colpì il meticcio allo stomaco; con un calcio in rotazione, la cyborg gli fratturò il braccio destro. Infine, gli mise fuori uso anche la gamba sinistra, tanto per riequilibrare il tutto; a quel punto, Gohan si indebolì al punto tale da non riuscire a reggere lo stadio di Super Saiyan, e tornò alle sue normali sembianze. Erano bastati pochissimi colpi per mostrare la superiorità della cyborg sul figlio di Goku, il che era del tutto fuori discussione.
            Popo assisteva attonito, consapevole della propria impotenza. 17, invece, mostrava un certo interesse verso un avversario che, per la prima volta dopo un po’ di tempo, esibiva una forza molto superiore alla media degli esseri umani.
            «Potrei spedirti all’altro mondo in tre secondi…» sembrò annunciare 18. Il ragazzo, ormai in ginocchio, fra-stornato dalla potenza del nemico e dal fatto di avere il braccio destro fuori uso, non riusciva a reagire. Fissava la cyborg con paura.
            “Ma non lo farà, perché questo ragazzino è la nostra migliore fonte di divertimento…” pensò 17. “Abbiamo fatto proprio bene a lasciarlo in vita, anni fa…”
            «Ma non lo farò… » continuò la cyborg, come suo fratello aveva previsto. «Puoi chiamarla generosità, la mia…! Oppure bastardaggine, a seconda dei punti di vista. Per cui… buon viaggio!» gli augurò. Gohan spa-lancò la bocca basito, e non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto di come 18 lo tramortì con un pugno alla testa. Poi la donna emise una grande sfera di energia con la quale spinse via Gohan per molti chilometri lontano dal santuario divino. La sfera si allontanò lasciando una scia dorata che, poco per volta, si dissolse; infine esplose in un sonoro rimbombo, proiettando il mezzosangue a distanze ancora maggiori.
            Alla fine la sfida tra il cyborg e il mezzo Saiyan si era trasformata in un confronto brevissimo, nel quale l’impegno di Gohan non aveva dato alcun risultato. Come Gohan e Mr. Popo temevano, i fatti avevano mostrato che c’era ancora troppa differenza, ben maggiore rispetto a quella che anni prima separava Vegeta dalle due creature di Gero.
            «Non fare quella faccia, sguattero.» disse 18 a Mr. Popo, che aveva assistito con avvilimento ed orrore alla scena del suo allievo spazzato via con estrema facilità. «Il marmocchietto è ancora vivo: è un tipetto robu-sto, lo sai. Non c’è motivo per ucciderlo, quando può ancora offrirci divertimento…»
            «Quanto a te, invece, non c’è motivo di lasciarti in vita…!» aggiunse 17, completando il pensiero di 18 che, ne era certo, era sulla sua stessa lunghezza d’onda. «Per di più, sei tu che gli hai offerto un riparo sicuro e ben nascosto in tutto questo tempo, quindi devi essere punito. È stato un vero affronto.» Detto ciò, distese un braccio in avanti e, senza troppi complimenti (nonché immotivatamente) fece saltare in aria il corpo del servitore di Dio prima ancora che questi potesse rendersene conto.
            17 e 18 erano rimasti soli in quella che era stata la residenza di Dio. Fu 18 ad avanzare una proposta: «Di-struggiamo tutto. Prima o poi quel marmocchietto tornerà qui, e deve capire che non si sfugge e non ci si nasconde dai cyborg 17 e 18.» I due cyborg diedero allora il via ai fuochi d’artificio. La loro potenza era tale da riuscire a distruggere anche un luogo edificato con il sacro marmo degli dei, quindi non c’è da stupirsi che, nel giro di una manciata di minuti, i bombardamenti avessero azzerato l’edificio e trasformato la piattaforma in una congerie di detriti da cui cadeva una pioggerella di polvere e pietrisco bruciato. Quest’ultima sarebbe stata portata chissà dove dalle correnti d’aria che spiravano a quella quota.
            «Semmai dovesse tornare qui, Son Gohan non troverà più niente e nessuno ad accoglierlo!» esclamò 18.
            «Pur essendo un bambino, è già molto forte…» osservò 17. «Questa è la forza dei Saiyan, dunque… tuttavia, il negrone aveva ragione ad avere fifa: come Vegeta prima di lui, nemmeno il figlio di Goku è al nostro livello. E mai lo sarà.» E con questa chiusura, 17 e 18 poterono rimettersi in volo. Con la soddisfazione, peraltro, di sapere che esisteva qualcuno al mondo capace di fronteggiarli; qualcuno che presto o tardi sarebbe tornato a cercarli, se non lo avessero trovato prima loro.
            «Andiamocene, forza… ormai questo posto non vale più nulla!» disse 17 quando erano già in volo. «La prossima volta però ci gioco io con il figlio di Goku. Ah, a proposito di giochi… il gatto parlante l’ho ucciso io, quindi sono cinquecento punti per me…»

            Comment


            • Si può dormire per tre giorni di fila? Nel rispondere a questa domanda, Gohan lo avrebbe ritenuto altamente improbabile… almeno finché non si ritrovò a vivere sulla sua pelle quell’esperienza, al termine del suo primo scontro con i cyborg. A dire il vero, il poveretto si era risvegliato già diverse ore dopo la caduta; oltre alle fratture e alla ferita sulla testa, aveva escoriazioni sparse su tutto il corpo. Per questa ragione, complice il dolore fisico causato da quei pochi ma potentissimi colpi, preferì scivolare nuovamente in un sonno che sapeva di agonia. A ciò non era estraneo anche lo stato di avvilimento generato dalla sconfitta: pur essendo consapevole in teoria di essere inferiore ai nemici, non poteva non deprimersi all’idea che il duro e severo lavoro compiuto in quegli ultimi anni fosse risultato ancora inutile. Quando sarebbe finita quella guerra? Davvero bisognava arrendersi ai fatti, accettare che i cyborg AVEVANO VINTO? Quando avrebbe potuto rivedere sua madre e suo nonno, e piangere in modo liberatorio fra le loro braccia? Li avrebbe mai rivisti vivi, o anche loro erano…? Impossibile rispondere a tutte queste domande che pure gli vorticavano nel cervello… era preferibile lasciarsi andare, perdere i sensi, svuotare la mente, non pensare più a nulla.
              Dopo tre giorni, si sentì trascinato di peso. Il colpo alla testa, oltre ad avergli lasciato una ferita di sangue ormai rappreso, lo aveva stordito e confuso per benino. Per giunta, il figlio di Goku ricordò che durante uno di quei giorni aveva anche piovuto; non essendo in grado di proteggersi a dovere dall’acqua, finì per infradicirsi tutto; per cui adesso era febbricitante, raffreddato e – di conseguenza – ancora più confuso. Fu con fatica che si accorse di essere stato raccattato da un vecchio in maniche di camicia che, sudando, ora lo trasportava sulla sua carriola traballante; di primo acchito, si sarebbe detto che fosse un contadino o un manovale. Gohan fece per muoversi, facendo ondeggiare la vecchia carriola; da ciò, il soccorritore si accorse che aveva ripreso i sensi. «Non muoverti, giovanotto! Sei uno straccio, quindi ti porterò in un ospedale qua vicino! Sei fortunato che sono forte come un toro, anche se sono vecchio!» Con un certo sforzo, il vecchio lo caricò sulla sua macchina e lo portò all’ospedale.
              A quell’epoca, gli ospedali non erano più in grado di fornire le loro cure in modo globale; capitava che il personale medico ed infermieristico e di altro genere venisse decimato dagli attacchi dei cyborg oppure, a volte, rassegnava le dimissioni e fuggiva verso mete imprecisate; anche medicine ed apparecchiature iniziavano a diminuire. In sostanza, Gohan venne sì ingessato, bendato ed incerottato in modo confacente al suo stato fisico; gli vennero somministrati i farmaci adatti alle sue condizioni; il problema si pose quando gli venne detto che non potevano ricoverarlo e comunque doveva stare a riposo per almeno un mese e mezzo. Doveva ripresentarsi da sua madre Chichi in quelle condizioni? Ma le avrebbe spezzato il cuore, facendole pensare che doveva tornare vincitore e invece si ripresentava tutto scassato! Per non dire dei grattacapi che le avrebbe causato e della costernazione che avrebbe provato per l’incapacità fisica di difenderla ed assisterla. Ai medici mentì, rispondendo solo che non sapeva dove andare, che non aveva una casa (il che a quei tempi non era una cosa del tutto incredibile), per cercare di muoverli a compassione e persuaderli a tenerlo in ospedale.
              «Beh, dov’è il problema??» chiese il vecchio con baldanza, facendo risuonare il suo vocione rauco da fumatore. «Vieni a stare con me! Ho una nipote piccolina, magari siete anche coetanei!» Le sue parole e il suo atteggiamento tradivano una certa bonomia.
              «Ma… io…» iniziò a dire Gohan, ritenendo di non poter accettare una simile offerta generosa. “Come se i tempi non fossero già difficili per tutti… ci manco solo io, a rendere difficile la loro situazione…” pensò Go-han col suo solito altruismo.
              «Non esistono i “ma”, giovanotto! Ahr ahr ahr! Ora fai il bravo, e ce ne andiamo a casa in tutta tranquillità!» concluse il vecchio con fare bonario. Gohan tacque… con la bocca, perché invece il suo stomaco parlò, o meglio brontolò forte e chiaro. A quel brontolio, il vecchio non poté trattenere una grassa risata: «Ahr ahr ahr! Conosco quella lingua! Il tuo stomaco dice: “Andiamo a casa del buon vecchio Belze, e pappiamoci un piatto di spezzatino di puma dei boschi! Ahr ahr!»
              Sulla strada verso casa, Gohan ebbe modo di familiarizzare con l’uomo che lo aveva soccorso. Era un tipo caratteristico e pittoresco: aveva due occhi di un azzurro particolare, intenso, immersi in una cornice di rughe profonde; la cima della testa era lucida e pelata, ma tutt’intorno crescevano folti capelli ricci ingrigiti; aveva un mascellone che accentuava l’effetto ilare della sua risata; indossava comuni abiti da contadino, con una coppola sulla testa lucida. Sotto il naso, folti baffoni grigi che si congiungevano alle basette; la corporatura era robusta ed imponente nonostante l’età. Come accennato sopra, si chiamava Belze; rivelò che sua nipote aveva dodici anni, proprio come Gohan. Parcheggiarono davanti alla residenza del vecchio Belze, che era una cascina da contadino contornata da una cinta di pini silvestri; dietro tali alberi, si intravedeva l’estendersi di campi coltivati. Probabilmente attratta dal rumore della macchina nello spiazzo antistante all’ingresso, una figura femminile sbucò dall’uscio della casa. Gohan notò che era una ragazzina dall’aspetto incantevole: di aspetto minuto, aveva gli stessi grandi occhi azzurri del nonno; lunghi capelli neri le scendevano sulle spalle e un po’ più giù, ed aveva un fisico esile. Le sue sembianze così graziose contrastavano vivacemente, in modo stupefacente, con l’espressione accigliata e il look che esibiva alla sua comparsa: infatti, teneva in mano un coltellaccio da macellaio coperto di sangue, così come era insanguinato il grembiule bianco da cucina che le copriva il petto e l’addome.
              «Videl! Come te lo devo dire che non devi mostrarti agli estranei bardata in quel modo, anche se stai cuci-nando?? Vuoi sembrare l’assassina di un film thriller?? La gente si spaventa…!» esclamò animatamente il vecchio, sceso dalla macchina e puntando il pollice verso l’ospite, fermo in macchina per via delle ingessature. «Guarda cosa ti ha portato nonno Belze? Un amichetto…»
              «Un amichetto?» ripeté la ragazza avvicinandosi all’automobile. «Nonno, ma lo sai o no che in giro è pieno di delinquenti e farabutti? Quello potrebbe benissimo essere un teppista! Basta guardargli i capelli, per rendersene conto!» disse lei puntando l’indice contro Gohan, che da parte sua la fissava con innocenza. Ma chi era, quella? La versione giovane di Chichi?
              «Non esagerare, piccola… guardalo bene, è mezzo ingessato… Non hai idea delle sue condizioni quando l’ho trovato. Che male vuoi che faccia??»
              «Non dovresti concedere subito la tua fiducia alle persone» lo ammonì Videl. Subito, la ragazzina venne illuminata da un sospetto: «Aspetta… se non può muoversi… come hai fatto a metterlo in macchina? Non l’avrai mica sollevato da solo con le tue forze?!» Il vecchio arrossì ed annuì, abbassando la testa imbarazza-to e strusciando una scarpa sul terreno.
              «Nonno, ma allora la testa ce l’hai di legno!» lo rimproverò la ragazza con visibile apprensione. «Hai fatto tutti questi sforzi da solo! Te lo ricordi o no, ogni tanto, che sei malato?»
              «Corbellerie, nipote! Sono tosto e gagliardo come un giovane toro, o un leone della savana, o un dinosauro carnivoro!» esclamò, tenendo i pettorali e i bicipiti in atteggiamento da statua greca. Due secondi dopo, pagò la sua sicurezza di sé avvertendo la sensazione di una puntura in pieno petto. Col volto ancora contratto per il malessere, con una mano si massaggiò leggermente il pettorale all’altezza del cuore, trovando un leggero sollievo.
              «Ecco, lo vedi! Sarai un leone, ma sempre vecchio e un po’ malandato!» gli fece notare la ragazzina con un sorriso di sfida. Poi, abbassando il tono della voce, Videl si fece seria. Avvicinandosi al viso dell’avo, gli chiese: «Sii sincero, nonno… perché l’hai portato qua? Devo già badare alla casa, e non mi serviva un ammalato da accudire…»

              Comment


              • Il nonno sbuffò alzando gli occhi al cielo. «Possibile che voi giovani siate una generazione talmente cinica e crudele, da non provare piacere nel compiere una buona azione senza doppi fini? È pure tuo coetaneo! Nemmeno un briciolo di compassione?»
                Videl abbassò lo sguardo, quasi vergognandosi: avrebbe voluto essere più altruista e generosa, se l’epoca e il mondo nei quali viveva non fossero stati tanto duri e spietati per le persone buone. «Rimane il fatto che non abbiamo le attrezzature per ospitarlo al meglio… una sedia a rotelle, una stampella per camminare…»
                «Fattele prestare da quella vecchiaccia della vicina! Tempo fa vedevo che suo marito stava sulla sedia a rotelle, quindi dovrebbero averla ancora!» rispose il nonno alla nipote.
                «Puoi andarci tu, se preferisci…» replicò impudentemente la ragazzina.
                «NO!» rispose l’anziano. «Quella vecchiaccia bisbetica mi odia perché ascolto il liscio alle nove di sera… Sai come mi chiama? “Avanzo di balera”! Perché lei va a dormire alle sette e mezza, come le galline! Fra l’altro è mezza sorda…»
                «Sì, lo so…» disse Videl, completando le parole del nonno. «… quindi non ci sente, e si lamenta tanto per dare aria alla bocca e rompere le scatole.»
                «Brava la mia nipotina… Ahr ahr ahr! E poi ti adora… con te non farà storie.»
                Gohan assistette divertito al siparietto tra nonno e nipote, che gli fu utile per farsi un’idea dei due nuovi personaggi che si erano appena introdotti nella sua vita. La ragazzina aiutò il vecchio a portare delicatamente il nuovo arrivato dentro casa; quando lo portarono dentro, Gohan ebbe il sentore che si sarebbe trovato a suo agio. Gli seccava interrompere gli allenamenti, ora che aveva ingranato; d’altra parte, la prospettiva di un riposo coatto aveva un che di allettante, dopo oltre due anni di isolamento con l’unica compagnia del fedele Popo.
                Giusto perché non fosse tutto rose e fiori, la giovane ragazza ci tenne a punzecchiare il coetaneo. Infastidita dalle sue folte ciocche ispide e nere mentre reggeva il corpo di Gohan, lo ammonì con accento canzonatorio: «Un giorno di questi, ti taglierò i capelli… sembri un selvaggio! Ma dove hai vissuto finora, nella giungla?»

                Per la prima volta dopo tanto tempo, Gohan poté assaporare non solo un pasto casereccio preparato come Dio comandava da una amorevole mano femminile, ma anche il piacere di consumarlo attorno ad una semplice tavola di legno apparecchiata, immerso in un’atmosfera familiare. Sì, perché – nel caso ce lo fossimo scordati – Gohan era ancora e pur sempre un ragazzino men che adolescente e di indole tendenzialmente pacifica; i suoi desideri erano confacenti al suo modo di essere. Che poi la vita e le vicissitudini lo avessero costretto a sviluppare e mettere a frutto le sue spiccate doti per il combattimento, quello era un altro paio di maniche. Aveva quasi perso l’abitudine di dialogare con le persone comuni! Inevitabilmente, a tavola la conversazione finì per vertere sull’ospite. Gohan raccontò con timidezza, in modo vago, della sua famiglia e delle sue occupazioni: di come i suoi veri interessi fossero lo studio e la conoscenza, di come sperava ancora di poter concretizzare la sua aspirazione di divenire uno studioso come aveva aspirato fin dalla più tenera infanzia, sperando che il mondo disgraziato in cui vivevano si riappacificasse. Per il momento decise di glissare sul fatto di essere l’unico guerriero dotato delle potenzialità necessarie a battere i cyborg, non sapendo che reazione avrebbero potuto suscitare tali sue rivelazioni. Lasciò credere loro di avere ereditato dal padre una passione solo superficiale ed amatoriale verso il combattimento.
                «Così pratichi le arti marziali, eh?» chiese Belze inzuppando con cura un pezzetto di pane nel sugo dello spezzatino.
                «Sì…» rispose Gohan. «Come vi dicevo, anche mio padre le praticava, ed ha addirittura vinto il Torneo Ten-kaichi.»
                “Interessante…” rifletté Videl fra sé, drizzando le antenne con aria accigliata. “Un vero atleta, dunque, come mio padre…”
                «Ecco spiegato il tuo fisico robusto e ben allenato!» ciancicò il vecchio tra un boccone e l’altro, puntando gli occhi sulla muscolatura di Gohan, ben in vista dato che il giovane meticcio indossava una comoda canottiera. «Comunque io non seguo queste cose… l’ho seguito solo una volta, quando ci ha partecipato mio figlio… avrebbe voluto diventarne il campione mondiale, ma è rimasto solo un bischero! Sconfitto da una ragazzina.»
                «Nonno, non dire così! Papà te l’ha detto che è caduto dal ring per un errore di distrazione, no?» intervenne Videl contro il nonno paterno, a difesa di suo padre.
                «Tuo padre raccontava tante corbellerie… è sempre stato così, fin da quando ha imparato a pronunciare le prime parole! Ti ho raccontato di quando ha pisciato il letto, ed aveva già dodici anni come te?»
                «Sì che me l’hai raccontato!» sbuffò la ragazzina. «E infatti papà mi ha spiegato che quella volta era talmente stanco che si è addormentato mentre aveva in mano un bicchiere di limonata… e io gli credo!»
                «Ahr ahr ahr! Infatti, quando tua nonna ha cambiato le lenzuola, si sentiva un profumino di limone… ma un profumino…! Credici! Ahr ahr ahr!» continuò a ridere di gusto il vecchio. «Ecco, queste sono le solite corbellerie di mio figlio: grande, grosso e bischero… ecco cos’era mio figlio Mark.» rifletté ad alta voce Belze fissando il soffitto, con tono malinconico, finendo di masticare l’ultimo pezzetto di pane che si era portato alla bocca.
                Dopo qualche attimo di silenzio, Belze pose la domanda che appariva altrettanto inevitabile durante quella conversazione, e che stranamente fino ad allora non era stata posta: «E quelle fratture, come te le sei fat-te?»
                Gohan abbassò lo sguardo, perché quella domanda e la sua innata natura sincera lo obbligavano a scoprirsi proprio quando si era proposto di rivelare il meno possibile. Dopo qualche istante di esitazione, rispose: «Sono rimasto ferito combattendo coi cyborg…»
                A quelle parole, di colpo esplosero con fragore l’Incredulità e le risate del vecchio, il cui viso si trasformò da una maschera di stupore all’espressione dell’ilarità più bonaria. «Ahr ahr ahr! Abbiamo il nuovo campione mondiale di corbellerie, Videl… ecco il nuovo Mr. Satan! Hai trovato chi ti darà filo da torcere con i tuoi allenamenti!»
                Ma Videl non sembrò apprezzare quella che il nonno aveva interpretato come una battuta, tanto è vero che si adombrò in viso: «Io non ci trovo nulla da ridere… non accetto spiritosaggini sui cyborg, Gohan.» Si pulì il muso imbronciato con il tovagliolo, poi si alzò in piedi ed uscì dalla stanza, augurando la buona notte solo al nonno. In quel momento, la ragazzina decise che Gohan non gli piaceva nemmeno un po’, come tutte le persone che parlavano in modo inappropriato del suo defunto genitore.
                «Cerca di capirla, ragazzo…» volle giustificarla il nonno. «Ha perso il padre a cui era affezionatissima, e guai a chi glielo tocca! E tutto per colpa di quei due maledetti cyborg… che il diavolo se li porti… per colpa loro, mio figlio resterà per sempre un aspirante campione del mondo. E mia nipote, la sua fan numero uno… chissà se potrà mai dedicarsi al kung fu, come desidera tanto…» rimuginò il vecchio, ormai sopra pensiero, quasi ignorando la presenza del suo giovane commensale.

                Nei giorni che seguirono, Gohan si adattò a vivere con le sue due nuove conoscenze. Tuttavia, Videl conti-nuò a mantenere verso di lui una certa freddezza, assistendo con distacco l’ospite. Come si permetteva, quel perfetto sconosciuto, di venire in casa sua e fare dell’umorismo sui due mostri che le avevano portato via suo padre? Quella che le era sembrata una battuta fuori luogo l’aveva resa furibonda nell’immediato, e scostante nei giorni immediatamente successivi. La ragazzina pareva intenzionata a non dargli ulteriori confidenze; del resto, oltre a prendersi cura della casa, ella doveva già aiutare il nonno nei campi per evitargli eccessivi affaticamenti: la bambina era eccezionalmente forte, per la sua età e per la sua costituzione fisica! Curava di migliorare la propria forza con allenamenti fisici, e in futuro avrebbe voluto seguire le orme di suo padre, Mr. Satan, nel combattimento; la presenza di Gohan, che necessitava di un minimo di attenzioni, aveva già iniziato a sottrarle il tempo dedicato agli esercizi. La situazione si aggravava per il fatto che Videl, intenzionata a tenere sotto controllo con giudizio la salute del nonno, lo seguiva in ogni attività e spesso lo obbligava a lasciarsi sostituire da lei. Tutto tempo sottratto agli allenamenti, che stress!

                Comment


                • Ovviamente Gohan non immaginava nulla di tutto ciò, anche perché lei gli rivolgeva la parola il minimo indispensabile; ad ogni modo, il figlio di Goku sperava di riuscire ad addolcire la situazione. Del resto, era abituato a trattare con sua madre, le cui sfuriate ricordavano a tratti l’atteggiamento di Videl.
                  Il tempo passava lento; erano giornate noiose, che Gohan trascorreva sulla sedia a rotelle presa in prestito dalla vicina; non faceva troppo caldo né troppo freddo, ma l’unico svago per sfuggire dalla noia era qualcu-no dei libri di scuola usati in precedenza da Videl, prima che l’istituto venisse chiuso e che la bambina si trasferisse a vivere con il nonno. Non erano volumi particolarmente impegnativi, per l’istruzione avanzata che Gohan aveva raggiunto per volontà di sua madre… ma era sempre meglio che starsene imbambolati a fissare l’aria. Sotto sotto scalpitava d’impazienza a causa dell’inattività coatta; sapeva che, non appena si fosse ripreso, avrebbe dovuto rimettersi all’opera quanto e più di prima.
                  Un giorno, rimuginando, fu colto da un’improvvisa paura: e se le sue ossa si fossero saldate male? Se la guarigione non gli avesse permesso di tornare alla piena forma fisica, inabilitandolo alla lotta? Sarebbe stato un disastro. Si sforzò di convincersi che i medici avevano operato bene e, allo scadere del periodo di convalescenza, sarebbe stato nuovamente in piedi, in piena forma; malgrado ciò, l’inerzia e la noia gli rendevano impossibile scacciare quelle idee. Si risolse allora a compiere un tentativo che gli avrebbe potuto agevolare la guarigione. Una delle tante mattine in cui era rimasto solo, uscì fuori casa a bordo della sedia a rotelle; poi lanciò un grido che altre volte, in passato, era fuoriuscito dalle labbra di Goku: «NUVOLA D’OOOROOOOOOOO!!!!!» Regnò il silenzio per qualche attimo, e ciò spinse Gohan a domandarsi se la nuvola avrebbe risposto al richiamo; subito, però, si sentì il classico sibilo gorgogliante della nuvoletta che, tagliando l’aria, rilasciando una scia di un’accesa sfumatura dorata, ricomparve dopo tanti anni alla vista del figlio del suo ultimo padrone.
                  «Che bello rivederti, nuvoletta! Che nostalgia! Ti ricordi di me??» esclamò Gohan commosso, rievocando i momenti dell’infanzia in cui lui e suo padre avevano viaggiato a bordo di quel singolare mezzo. Sollevandosi delicatamente, galleggiò a mezz’aria per poi lasciar ricadere il posteriore sulla nuvola. Si sistemò come meglio poteva, nonostante fosse scomodo muoversi con quell’ingombro che gli avvolgeva il braccio e la gamba. «… e adesso devi portarmi in un certo posto… ma tu, che mi leggi nella mente, sai già dove voglio andare.» Come di consueto, la nuvola d’oro prese il volo, solcando l’aria; il vento scompigliava i capelli del giovane mezzosangue.

                  Gohan inorridì davanti allo spettacolo che si parava davanti ai suoi occhi. Il fabbricato tondeggiante che era stato l’abitazione di Karin e di Yajirobei era stato disintegrato. Rimanevano solo spezzoni del pavimento dalla superficie ormai nera e ruvida, come una colata lavica solidificata; il soffitto e le colonne erano stati disintegrati; dei cadaveri del gatto e del samurai, nessuna traccia; per finire, ciò che gli premeva maggiormente… niente più senzu. L’unica sicurezza di recuperare la perfetta forma fisica era sfumata. In preda all’avvilimento, il giovane decise di farsi ancora del male; ossia, di spingersi ancora più su e vedere cosa era rimasto del santuario divino. L’angoscia e la rabbia si fecero ancora più forti: il palazzo di Dio e la piattaforma su cui poggiava erano, nei punti meno danneggiati, un cumulo di detriti bruciati, briciole pietosamente sopravvissute alla cattiveria delle creature di Gero. In una scenografia simile, non poter rintracciare il cadavere di Mr. Popo fu un misto di lutto funereo e sollievo: se non altro, non avrebbe subito l’ennesimo trauma, non avrebbe visto un altro caro, affettuoso, benevolo amico brutalmente massacrato dai cyborg.
                  Dopo aver toccato con mano che gli ultimi due anni e mezzo rappresentavano un ciclo ormai concluso, Go-han si mise a sedere sul bordo di un’area del pavimento superstite, che sorprendentemente resse il suo peso nonostante le cattive condizioni. Alcune mattonelle tendevano a sbriciolarsi, ormai rese friabili dai colpi energetici dei distruttori. E cosa restava delle palme, delle piante da fiore su cui Popo aveva riversato la sua perizia da premuroso giardiniere? Ben poco… solo qualche tronco abbrustolito.
                  “Questo santuario è un luogo sacro, e come tale è costruito con materiali adatti a sopravvivere nei seco-li.»”gli aveva rivelato un giorno Mr. Popo. “Non è mai stato ristrutturato, sai? È rimasto intatto, dalle origini ad ora…” E quella era la bella fine che aveva fatto: distrutto da due creature artificiali senz’anima; la mac-china che uccide il suo creatore e poi calpesta Dio.
                  «Ok, basta con questi pensieri…» si disse Gohan, tuffandosi dal santuario. Era giunta l’ora di immergersi davvero in una nuova vita. «È meglio che me ne torni a casa… non mi preoccupo tanto per il signor Belze, ma perché non oso pensare a come potrebbe reagire Videl se viene a conoscenza di questa mia fuga… NUVOLAAAAAAA!»
                  Rincasò; mentre si rimetteva sulla sedia a rotelle, fu visto a distanza – ma non se ne accorse – da Videl. “Cos’è quel trucco usato da Gohan?” La ragazza, accigliata, si frenò a stento dall’impulso di porre domande; quel ragazzo non gliela raccontava giusta e di certo nascondeva fin troppe cose, ma era ancora presto per costringerlo a confessare i suoi segreti.

                  *******************************
                  L’ANGOLO DELL’AUTORE
                  E così, anche in questo universo Gohan ha fatto conoscenza con Videl… come evolveranno i loro rapporti? :-D In questa dimensione l’incontro è avvenuto prima della saga di Majin Bu (lì avevano sedici anni, qui ne hanno dodici), ed inoltre hanno vissuto esperienze diverse rispetto alla storia “canonica”. Ricapitolando, sappiamo che Videl è rimasta orfana di padre presto, suo padre non è mai diventato un eroe agli occhi dell’umanità, lei non ha mai praticato con costanza le arti marziali (nel manga viene detto che invece a sedici anni era la campionessa in carica del precedente torneo dei bambini) e non si è resa celebre come collaboratrice della polizia. Qui, come dice il nonno, è solo un’aspirante atleta, figlia di un aspirante campione del mondo, del quale è la fan numero uno! :-)
                  Curiosità sui nomi. Il vecchio Belze si riferisce a suo figlio – che tutti conosciamo come Mr. Satan – chiamandolo Mark. In un’intervista, Toriyama ha dichiarato che il vero nome di Satan è proprio Mark, che scritto alla giapponese sarebbe Maaku, anagramma di Akuma (= demone); Mr. Satan, invece, è il nome d’arte che usa in qualità di wrestler. Sia Satan, sia Mark, sia Videl (= anagramma di devil) sono tutti nomi collegati al diavolo; ragion per cui ho scelto di battezzare il padre di Mark/Satan e nonno di Videl con il nome di Belze ( da Belzebù). :-D

                  E in allegato con questo capitolo, un disegno dedicato al nostro Son Gohan!

                  [/IMG]

                  Comment


                  • Splendido capitolo.
                    E così anche tu hai optato di far incontrare Gohan e Videl in questo tragico futuro.
                    Sono curioso di vedere quali sviluppi prenderà la storia.

                    P.S: Bello anche il disegno.

                    Comment


                    • Mi accodo ai complimenti per il capitolo, non vedo l'ora di leggere l'evoluzione del rapporto tra i protagonisti.
                      E' angosciante la nonchalance con cui continui a far fuori pg secolari xD

                      Mi hai lasciato con un dubbio però: hai detto che anche l'obelisco di Balzar è stato messo a ferro e fuoco dai 2 mostri, e che di senzu non ne sono rimasti. Tuttavia Gohan ne fa uso da adulto, nel futuro. Mi chiedo come farà a ottenerli, o se hai deciso di toglierli di mezzo prima che nella versione canonica.
                      sigpic

                      Comment


                      • Grazie dei commenti, gente: prestissimo il prossimo capitolo!!

                        Originariamente Scritto da Ssj 3 Visualizza Messaggio
                        E' angosciante la nonchalance con cui continui a far fuori pg secolari xD
                        E' la nonchalance di 17 e 18, non la mia! XD

                        Originariamente Scritto da Ssj 3 Visualizza Messaggio
                        Mi hai lasciato con un dubbio però: hai detto che anche l'obelisco di Balzar è stato messo a ferro e fuoco dai 2 mostri, e che di senzu non ne sono rimasti. Tuttavia Gohan ne fa uso da adulto, nel futuro. Mi chiedo come farà a ottenerli, o se hai deciso di toglierli di mezzo prima che nella versione canonica.
                        Questa è una delle licenze poetiche che mi sono preso rispetto allo special.
                        Nello special, Gohan possiede un ultimo senzu che dona a Trunks perchè si riprenda subito dopo un combattimento contro 17 e 18. Io ho chiuso in occhio ed eliminato questo riferimento per eliminare brutalmente due degli elementi di salvezza dei Saiyan (i senzu e il fattore Zenkai, anche se non si capisce bene come quest'ultimo funzioni XD). Più passa il tempo e più svaniscono i vari "aiutanti" storici di Goku e soci, e si delinea quel mondo senza vie d'uscita che Trunks del futuro ci ha sempre raccontato.
                        Nel seguito della storia compariranno altre licenze poetiche. Un'altra, ad esempio, me la sono preso rispetto alla scena in cui si vede che a 13 anni dalla comparsa di 17 e 18 si vedono persone andare allegramente al luna park... una scena fuori luogo, secondo me. XD

                        @ Ssj 3: non ho potuto mandarti la comunicazione di servizio perchè avevi la casella dei messaggi privati intasata... svuotala, altrimenti non potrai ricevere altri mp.

                        Comment


                        • Proseguiamo con la lettura! Il titolo del capitolo ci dà la chiave di lettura del prosieguo della storia!

                          Cap. 59: Gohan + Videl = ?

                          Nel giro di quelle poche settimane, Gohan divenne per Belze uno di famiglia, quasi un nipote adottivo; fondamentali in ciò furono da una parte l’indole espansiva del vecchio, dall’altra le condizioni pietose in cui versava il mezzosangue, e che certamente suscitavano compassione nel cuore del padre di Satan. Un cuore che era malato: dalle frequenti chiacchierate con Belze, Gohan aveva appreso che i suoi guai di salute erano cominciati quello stramaledetto giorno in cui suo figlio Mark, che per i fans era Mr. Satan, aveva avuto l’assurda idea di affrontare quei due mostri a viso aperto. “E dire che suo padre lo aveva pure messo in guardia, mortacci sua…” La cruenta uccisione del campione di lotta, in diretta mondiale, aveva pugnalato senza pietà il cuore del povero genitore, che all’epoca viveva solo e che era stramazzato al suolo, colto da un infarto. Da allora, Videl – rimasta orfana di entrambi i genitori – era andata a vivere sotto lo stesso tetto di quel nonno che aveva rischiato di perdere in contemporanea con suo padre. “Ma fortunatamente sono solido come una quercia e forte come un orso!” amava ripetere di sé il vecchio, e anche i medici erano rimasti piacevolmente colpiti dalla sua solida fibra, grazie alla quale aveva resistito all’attacco cardiaco.
                          Da parte sua, invece, Videl si era abituata ad accettare la presenza di Gohan, anche se era ben lontana dal definirlo suo amico. Il periodo di riposo prescritto dai medici trascorse in fretta, e Gohan, liberato dalle ingessature, constatò con soddisfazione di essere perfettamente guarito: mostrò con entusiasmo a Belze di essere in ottime condizioni, mettendosi a scorrazzare a tutta birra per i campi. L’unico segno visibile del-la precedente battaglia coi cyborg era una cicatrice che ora gli attraversava la fronte al di sopra dell’occhio sinistro, e che probabilmente non sarebbe mai andata via. Beh, non aveva nulla di cui lamentarsi, se l’unico residuo di quella grave sconfitta era una cicatrice. In qualche modo, poi, la compagnia di Belze e Videl lo aveva risollevato dalla malinconia dell’insuccesso subito, cosicché si può dire che anche le ferite dell’anima si erano rimarginate, anche quelle non senza cicatrici.
                          La guarigione di Gohan giocò un ruolo fondamentale nella vita domestica dell’anziano e della ragazzina: per sdebitarsi della loro gentilezza e generosità, Gohan cominciò ad aiutare nel lavoro dei campi, con un’energia che a nonno e nipotina sembrava inesauribile. Dai bordi dei campi, i due lo osservavano percorrere in avanti e indietro il campo con l’aratro attaccato alla vita quasi fosse egli stesso una bestia da fatica, ma molto più veloce ed efficiente. Nel giro di qualche ora, anche il lavoro più faticoso veniva eseguito.
                          «Bontà divina!» esclamò una volta Belze, al colmo dello stupore. «Ma che razza di creatura è, quel ragazzo?! Non sta versando nemmeno una goccia di sudore, guardalo! Potrebbe svolgere il lavoro di mille buoi!»
                          «G-già… mai vista una roba simile…» replicò Videl. “Che sia più forte di mio padre? Non penso che lui sa-rebbe mai arrivato a tanto…” rifletté la ragazzina confrontando mentalmente il ragazzo con il defunto Mr. Satan. Oltre a ciò, riusciva con estrema semplicità a compiere mille e uno lavori più o meno pesanti sfrut-tando la propria forza, tenendo anche nascosta la sua origine extraterrestre, senza nemmeno aver bisogno di far ricorso alle tecniche speciali apprese fin dall’infanzia. Cominciò una vita più riposante per il nonno, e anche Videl fu contenta di poter dedicare del tempo ai suoi esercizi.
                          Il figlio di Goku prese l’abitudine di andare ad allenarsi in qualche posto isolato, non appena riceveva con-ferma da Belze che, per quel giorno, non vi erano altri lavori da svolgere. Nei confronti del vecchio Belze, egli provava ormai lo stesso affetto, la stessa tenerezza che provava per suo nonno lo Stregone del Toro: anzi, i due si somigliavano per qualche tratto caratteriale. Il buon vecchio Belze era davvero un brav’uomo: consapevole di essere quasi al capolinea della sua vita, univa la serenità rassegnata di chi non può più la-sciarsi turbare da nulla, ad una insopprimibile bonarietà e persino allegria. Il sorriso era il suo punto forte, il suo atteggiamento costante davanti ad una vita quotidiana vissuta in un mondo infelice dove l’insicurezza regnava sovrana. Se da lui si poteva imparare una lezione di vita, era che in un modo o nell’altro si trova sempre un motivo per ridere. Viceversa, Gohan aveva tracciato un ritratto psicologico anche della sua coetanea Videl: al di là dell’atteggiamento distaccato mantenuto verso Gohan, era tanto premurosa con il nonno; inoltre era una ragazzina grintosa, dotata di un’ostinazione infantile che forse solo la maturazione avrebbe potuto smorzare. Questa sua testardaggine non avrebbe tardato a generare conseguenze nei rapporti tra Gohan e Videl.

                          Gohan era convinto che nessuno sospettasse alcunché di tutti i suoi segreti, ma aveva fatto i conti senza l’oste, ossia Videl. Questa, sospettosa per natura, si era rifiutata di allenarsi con il mezzosangue che pure l’aveva gentilmente invitata per cercare di allentare la tensione tra loro due. La figlia di Mr. Satan, però, aveva addotto come motivazione del rifiuto il classico “Non ho bisogno di te, mi alleno benissimo da sola!”; Gohan – pur costernato dal modo di fare così scontroso della ragazza – aveva ritenuto di voler lasciare perdere, dal momento che aveva una sola impellenza, più che pressante: non c’è bisogno di precisare che il suo pensiero era costantemente focalizzato sui cyborg gemelli. Eppure era strano… la ragazza era così dolce e premurosa verso il nonno, mentre con lui diventava fredda, quando non intrattabile. Poco male: Gohan era risoluto ad allenarsi senza sosta, con un ritmo forsennato, come se non ci fosse un doma… ehm, no, questo è meglio non dirlo, visto che il rischio che un domani non ci fosse, era un’eventualità altamente probabile.
                          Un giorno come tanti, Gohan uscì di casa, annunciando agli altri che sarebbe andato ad allenarsi. Ogni volta, dunque, lo vedevano uscire di casa, e potevano dare per scontato che non si sarebbe rifatto vivo prima dell’ora di mangiare: Chichi aveva educato il figlio a non farsi mai attendere all’appuntamento con il desco. Per diversi giorni, Videl gli diede la caccia, senza mai arrendersi, seguendolo senza posa. Scrutava in quale direzione si dirigesse, poi cominciava a inseguirlo, attraversando le superfici irregolari dei campi e qualche ruscello, inerpicandosi su sentieri collinari… quello che la poveretta non sapeva, era che spesso e volentieri il giovane Saiyan meticcio prendeva il volo, o con un salto si spostava qualche chilometro più in là; per cui la figlia di Mr. Satan a volte rimaneva con un palmo di naso nel constatare quanto le riuscisse arduo seguire le sue tracce. A volte si sentiva un’allocca a lasciarsi seminare in quella maniera; ciononostante, non si arrese mai. Com’è vero che la fortuna aiuta gli audaci, finalmente lo trovò, dopo qualche settimana di tentativi che – poco male – almeno le erano serviti da allenamento fisico. Dopo il solito giro nei campi, svoltò per un sentiero che attraversava un boschetto su un’altura; calpestando l’erbetta del sottobosco, arrivò sul bordo dell’altura e, dall’alto, poté vedere sulla sommità di una collina uno spettacolo che mai si sarebbe aspettata. Un gigantesco dinosauro erbivoro a becco d’anatra dalla squamosa pelle verde scuro se ne stava docilmente accovacciato; a ben vedere, però, quel bestione - alto quanto una palazzina – si sollevava su e giù, su e giù… Videl ridiscese il colle sul quale si trovava e si avviò fra l’erba e il terriccio, non senza incespicare in qualche sasso, dato che non scollava un attimo gli occhi di dosso da quella mirabolante scena. Solo quando giunse ad una distanza modesta, ebbe una visuale tanto più chiara quanto più sorprendente. Il dinosauro continuava a sollevarsi perché sotto di esso c’era una persona che lo usava come peso da sollevare, e quella persona era nientemeno che Gohan!
                          «Gohan!!» lo richiamò Videl ad occhi spalancati. «E q-questo… che cavolo significa?!» Che Gohan fosse forte si era capito, pensava la ragazzina, ma a quei livelli… era una cosa che non aveva mai immaginato. Il ragazzo, sentendosi chiamato in modo così inatteso, si distrasse; era di dimensioni così minuscole rispetto alla bestia, che bastò quel minimo di deconcentrazione per fargli perdere la presa; così finì schiacciato dal dinosauro che gli piombò sopra con un tonfo sonoro. Videl si coprì gli occhi, atterrita: quel poveraccio si era appena ripreso da settimane di ingessatura, e ora si era sicuramente fracassato tutte le ossa. Senonché vide la bestia scoppiare a ridere e sollevare la zampa sotto cui era finito Gohan: si vide allora il ragazzino che solleticava la pianta del piede dell’animale. «Ghiri ghiri ghiri… eheheh!» ridacchiò Gohan. «Tranquilla, non mi sono fatto nulla!» la rassicurò.

                          Comment


                          • Videl non reagì bene: digrignò i denti, si mise a correre furiosamente verso il mezzosangue ed, estraendo dai pantaloni un grosso coltello (coi tempi che correvano, Videl preferiva girare armata) gli balzò addosso. Con un’espressione agguerrita da tigre, Videl puntava la lama al collo del ragazzo. «Ascoltami bene…!» sibilò la ragazza con un tono carico di minaccia. «Chi diavolo sei?! Dimmi tutta la verità, delinquente! Cosa vuoi da me e da mio nonno?! Io non ho mai ammazzato nessuno ma giuro che, se non esci allo scoperto, ti taglio la gola! Rispondi, Gohan: chi sei davvero?!?»
                            Gohan ebbe un sussulto: era stato colto di sorpresa. «M-ma… io-»
                            «Niente ma! Le domande le faccio io!» disse Videl in collera, anche se quelle parole erano fuori contesto.
                            «Anche l’altra volta ti ho visto a bordo di una nuvola gialla sospetta! Che trucco era?? Parla!»
                            Gohan avrebbe potuto liberarsi dalla presa e dal coltello come e quando voleva, ma preferì stare al gioco: aveva capito che tutta quell’aggressività era figlia della paura e della diffidenza che, in quei tempi così difficili, avevano trasformato una ragazza d’indole vivace in una felina pronta a difendersi con ogni mezzo necessario. Per questo il ragazzo assunse un’espressione seria, sollecitandola a voce bassa e lenta: «Prova a tagliarmi la gola.»
                            «Cosa?!» replicò la figlia di Satan, senza togliergli la lama di dosso.
                            «Provaci.» la sfidò ancora, guardandola da sotto, mantenendo l’espressione convinta.
                            «Sei matto?? Guarda che lo faccio sul serio! Il tuo cadavere resterà qua, abbandonato a sé stesso, e il nonno penserà che te ne sei andato all’improvviso, così come sei venuto… e che ti sei approfittato per due mesi della sua gentilezza, da bravo ingrato!»
                            «Dai… basta parlare… prova a farmi un taglio… anche leggero.» Videl era titubante: perché la sfidava in quel modo?
                            «Eppure fino a un minuto fa sembravi così coraggiosa…» sogghignò provocatoriamente Gohan, in un mo-do che ricordava il Piccolo dei momenti migliori. «Se sei così esitante, come pensi di proteggere il signor Belze?»
                            L’agitazione si impadronì di Videl. Serrò gli occhi e con un colpo netto abbassò il coltello sul collo di Gohan; le mani compirono un gesto avventato senza chiedere il permesso al cervello – perché sapevano che il cervello non glielo avrebbe accordato. Riaprì gli occhi, ed ebbe la seconda sorpresa del giorno. Dopo aver visto Gohan sollevare un dinosauro con la sola forza dei propri muscoli, adesso lo aveva visto resistere ad un tentativo di omicidio; la pelle chiara del suo collo era illesa, anzi: era il coltello ad aver fatto una brutta fine, dato che la lama adesso era piegata da un lato, quasi accartocciata. Gohan le sorrideva benevolo. Videl era troppo sconvolta per reagire. Gohan se la tolse di dosso facendola sedere di lato, poi buttò via il coltello in mezzo all’erba, dicendo: «Questo non ci serve, per parlare.» Poi si rivolse al dinosauro, che aveva assistito a tutta la scena, ben conscio delle capacità sovrumane di Gohan e sapendo che questi non correva alcun pericolo: «Tu per oggi puoi andare via… domani mi aiuterai di nuovo con gli allenamenti. Va bene, amico mio?»
                            Rimasti soli, seduti sull’erba della collina, Gohan iniziò a parlare a Videl. «Io e te abbiamo bisogno di farci una chiacchierata e chiarirci le idee.» asserì tranquillo. «Voglio che i nostri rapporti siano sinceri e leali, e voglio che la smetti di vedermi come un nemico… so che non sono un tipo normale e tutto di me ti induce a sospettare, e questo non mi piace.» Videl tacque, con le sopracciglia leggermente aggrottate che le conferivano un’espressione del tutto indecifrabile. «Finora non ti ho mai parlato di me per una questione di quieto vivere… anche perché QUALCUNA non me ne dava mai occasione. Ti risulta?» concluse Gohan, sorridendo sempre.
                            “In effetti…” pensò tra sé la ragazza, tacendo. Ricordava l’ultima volta che il nonno le aveva rimproverato di essere troppo cinica, come tutti i giovani della sua generazione.
                            «Ascoltami bene, Videl. Quello che ti racconterò ti sembrerà incredibile, ma è la verità…»

                            Poco dopo, Videl sapeva tutto. Sapeva che Gohan era un Saiyan, anche se solo per metà; lui le aveva mo-strato la nuvola d’oro, la trasformazione in Super Saiyan, il punto del suo didietro da cui una volta fuoriusciva una coda da scimmia; non aveva mentito, Gohan, quando aveva detto che le ferite e fratture erano opera dei cyborg: solo una persona con la sua forza poteva sperare di affrontare i due esseri e sperare di cavarsela a così buon mercato. Ora Videl si sentiva in colpa… per l’eccessivo amore verso la memoria di suo padre, aveva odiato quel ragazzo che invece meritava solo stima, rispetto ed ammi-razione. Per la prima volta in vita sua, le capitava di parlare con una persona e sentire di potersi fidare cie-camente di lui: glielo leggeva negli occhi, specchio del suo animo puro. La nuvola d’oro non sbagliava quando giudicava Gohan degno di cavalcarla, mentre negava a Videl tale possibilità.
                            «E questo è tutto…» concluse il figlio di Goku, mentre erano nei pressi della cascina di Belze. «Mi potresti fare un favore? Evita di parlarne a chiunque, pure a tuo nonno. Meno persone sanno di me, meglio è… perché quei due cyborg mi odiano. Se non volessi sdebitarmi con tuo nonno aiutandolo con i lavori, vi saluterei subito. Mi spiace avertelo dovuto rivelare…»
                            «Non scusarti… sono stata io a spingerti a farlo.» rispose ella costernata.
                            «Beh, cosa c’è? Tutte queste scoperte ti hanno rattristato?» sorrise allora Gohan, fermandosi di colpo coi pugni sui fianchi.
                            «Ho sbagliato a comportarmi in quel modo con te… ti ho reso la vita difficile per nulla… però…» spiegò Vi-del.
                            «… però so che non sei una persona cattiva.» affermò Gohan, senza perdere il sorriso rassicurante. «Lo vedo dall’affetto che mostri per tuo nonno. Negli ultimi tempi mi sono accorto di quanto siano cambiate le persone. Non ho mai visto tutto questo egoismo gratuito… o forse ho solo aperto gli occhi rispetto a qualche anno fa.»
                            «Già… è uno schifo.» assentì Videl. I due si fermarono a qualche centinaio di metri da casa: Gohan sentiva il bisogno di pensare al suo futuro immediato, ora che era guarito – dato che in un mondo così “schifoso” non si poteva certo programmare un futuro che non fosse prossimo. “Cosa devo fare? Mi piacerebbe tornare al monte Paoz… dalla mamma. Probabilmente quel posto è relativamente sicuro: se i cyborg cercavano papà, sarebbero andati direttamente lì, se solo avessero avuto in memoria il nostro indirizzo. Vuol dire che non sapevano dove cercarlo… spero proprio che la mamma stia bene…” Poi gli venne in mente la situazione di Belze. “Mi spiace dirlo, ma al signor Belze ormai non resta molto da vivere: me ne accorgo subito da tanti piccoli segni, come il respiro e la difficoltà a sollevare grossi pesi… anche se lui cerca sempre di nascondercelo. Se non fosse stato per la sua generosità, per un mese e mezzo avrei avuto una vita molto difficile… dunque devo sdebitarmi… stando con loro, regalerò a tutti e due qualche altro momento di maggiore serenità; resterò finché c’è lui, e poi si vedrà.” Queste considerazioni silenziose vennero interrotte da Videl; le sue labbra si sollevarono in un mesto sorriso: «Poi c’è un altro motivo per cui sono triste… facendomi vedere quanto sei forte, mi hai distrutto ogni speranza di miglioramento. Non diventerò mai forte quanto te…»
                            I due tacquero. «E se ti insegnassi qualcosa io? Potresti imparare qualche tecnica interessante ed allenarti… ti va?»
                            Fu in quel momento, specchiandosi negli occhi sorridenti di Videl, che Gohan sentì a tutti gli effetti di essere parte della loro famiglia.

                            Comment


                            • Da allora, il terzetto riuscì a ritagliarsi un’isola di relativa serenità. Si lavorava nei campi e ci si allenava, e così le giornate si susseguivano, tutte piene e tutte uguali, in fondo. Gohan e Videl divennero inseparabili; adesso avevano tredici anni, e andavano per i quattordici. Avevano maturato un rapporto fraterno; come fratello e sorella si aiutavano in tutto, per la soddisfazione del vecchio Belze, che aveva auspicato ciò fin dal primo giorno. Persino quando Videl sbottava a causa di qualcuna delle uscite ingenue di Gohan, non riusciva a tenergli il broncio. Il ragazzo scoprì così che, sciolta la gelida corazza, esisteva in lei una ragazzina energica e vivace, degna nipote di suo nonno e figlia di suo padre; anzi, era lei la più positiva tra i due, mentre Gohan era il più cupo. Ad entrambi fu chiara l’origine delle loro differenze caratteriali, man mano che si raccontarono le rispettive storie: tralasciando ciò che avevano passato dalla comparsa dei cyborg in poi, lei aveva trascorso un’infanzia da tifosa sfegatata perennemente in tournée al seguito del padre wrestler, mentre Gohan aveva dovuto lottare – controvoglia – per sopravvivere e per permettere alla Terra di sfuggire agli attacchi malvagi di diversi mostri. Ad ogni modo, adesso Gohan e Videl erano uniti, e trascorrevano le loro giornate tirandosi su il morale a vicenda. Tuttavia la loro serenità, si è detto, era solo relativa, perché non c’era nulla di più precario del mondo di terrore dominato dai cyborg 17 e 18; un mondo in cui le stragi aumentavano giorno dopo giorno, i milioni di morti ammazzati non si contavano più, e sopravvivere spesso diventava un’impresa desolante e disperata.
                              Senonché una sera il nonno andò a dormire, e l’indomani mattina non si svegliò più: era durato più di un anno da quando Gohan aveva formulato la sua infausta ma realistica previsione. Lo trovarono già freddo: allora Videl corse a cercare conforto tra le braccia dell’amico; dopo un più che comprensibile sfogo di pianto e singhiozzi abbracciata al petto di Gohan, decise che doveva farsi forza. Dal canto suo Gohan, invece, si ritrovò a pensare che – da quando il mondo era stato stravolto dai cyborg - nonno Belze era l’unico fra i suoi cari che aveva potuto godere del privilegio di una morte naturale, non cruenta… beato lui.
                              Videl non era certo il tipo da piangersi addosso davanti ad un evento che, pur essendo triste, poteva rite-nersi prevedibile, quasi atteso; in ciò, Videl mostrava una maturità ed una forza d’animo notevolmente superiore alla media delle coetanee.
                              «E adesso cosa hai intenzione di fare, Gohan?» chiese Videl. La ragazza aveva vissuto in quel luogo più che altro in funzione del nonno; ma ora che non aveva più parenti, era rimasta sola. Quindi con un sorrisetto di sfida aggiunse: «Ora che mio nonno non c’è più, puoi considerarti libero da tutti i debiti nei suoi confronti, no?»
                              «Dovrei chiedertelo io…» sorrise Gohan. «Io non ho problemi a difendermi contro i pessimi incontri che girano di questi tempi: il mio unico problema sono i due cyborg… ma tu?»
                              «Quanto sei scemo!» esclamò Videl di rimando. «Ho passato l’ultimo anno ad allenarmi in compagnia di un Super Saiyan, non so se te lo ricordi… certo, a differenza tua sono solo una comune mortale… ma con la forza e velocità che ho adesso, posso tramortire qualunque malvivente prima ancora che possa dire “cip”! Perciò ho preso la mia decisione…»
                              «Sentiamola.» disse Gohan, sorridendo serio a braccia conserte.
                              «Ho deciso di andarmene in giro per il mondo. Con i cyborg corriamo tutti un grave pericolo, a prescindere dal posto in cui viviamo… lo diceva pure mio nonno. Quindi, finché non sarai in grado di sconfiggerli, stare qua nascosta a fare la muffa di sicuro non gioverà a nessuno… quindi voglio viaggiare per il mondo, e com-battere tutti quei malvagi che approfittano del caos che c’è in giro per rovinare la vita alle brave persone. Questo è ciò che posso dare al mondo, e lo farò…»
                              «Mi sembra un ottimo proposito, da parte tua!» approvò Gohan.
                              Videl abbassò lo sguardo; la pelle chiara del suo viso si colorò di rosso, mentre soggiungeva: «Però… mi piacerebbe…»
                              «Cosa…?» le domandò il figlio di Goku.
                              «Dai… Non ci arrivi da solo?»
                              «Veramente no.» ribatté serio il meticcio. «Non ho mica poteri telepatici per leggerti nella mente.»
                              Videl cascò a terra con tutta la sedia, con un tonfo pesante. «Sempre il solito scemo… fosse per te, a volte potremmo stare tre ore a guardarci negli occhi prima di capirci…!»
                              «Sei tu quella che ama fare tanto la misteriosa! Non tergiversare e torniamo alla tua idea…» la sollecitò Gohan aggrottando le sopracciglia.
                              Con quel battibecco, l’imbarazzo di Videl era sfumato. Senza altre esitazioni, chiese a Gohan: «Ti andrebbe di unirti a me? Potresti allenarti quanto vuoi, poi raggiungermi di volta in volta e aiutarmi nel caso in cui ce ne sia bisogno…» Se Videl aveva provato imbarazzo fino a poco prima, era solo perché non era sicura che Gohan accettasse; trepidava perché temeva non tanto di restare sola, quanto piuttosto di perdere quel fratello acquisito, che ormai da più di un anno era entrato nella sua vita.
                              Gohan ci pensò un po’; poi rispose: «Lasciami il tempo per riflettere… Ho una cosa importante da fare, e non posso più rimandarla.»

                              Era l’inizio della primavera. Il monte Paoz aveva il pregio di trovarsi in una regione del mondo temperata, per cui il clima si manteneva fresco per gran parte dell’anno, senza mai diventare realmente glaciale. Adesso i fianchi del monte azzurrino dalla cima imbiancata erano tappezzati, così come la vallata sottostante, da erbe selvatiche di un intenso verde brillante; miriadi di fiorellini gialli punteggiavano quella spettacolare visione della natura. Spiccavano, ora più numerosi ora più radi, alberi ad alto fusto dalle chiome di un verde cupo; sotto un sole lucente ma non aggressivo, la superficie del fiume dai grandi pesci scintillava di pagliuzze bianche.
                              Era la regione dove Gohan era nato, dove era cresciuto per la maggior parte della sua vita, e dove suo padre Goku e il nonno Gohan avevano vissuto per molti anni prima di lui. Obiettivamente era un luogo molto ameno, ma non era solo per quello che Gohan, rivedendolo ora dopo quattro anni e oltre di assenza, era emozionato. Sceso a terra, si incamminò lungo il familiare sentiero che conduceva a casa sua. Bussò; non apriva nessuno. Forse sua madre era impegnata in qualche lavoro… “O potrebbe anche essere uscita, chissà… oppure… no, dai, io entro! È ancora casa mia, questa, o no?” pensò Gohan, e si decise a varcare la soglia senza aspettare oltre.
                              «C’è qualcuno?» chiamò Gohan, lanciando lo sguardo a destra e a sinistra e muovendo qualche passo. «Mam-» stava per chiamare sua madre, che saltò fuori dalla porta della cucina brandendo una padella con atteggiamento minaccioso.
                              «Altolà, teppista! Sappi che sono una campionessa di arti marziali… e, per di più, armata!» gridò Chichi fis-sando in cagnesco il nuovo arrivato.
                              «Ma… mamma! Non mi riconosci?» Che domande! Come avrebbe potuto riconoscerlo ora che era ricom-parso in modo così improvviso, con quell’inedita camicia turchese, più alto di diversi centimetri e con quella voce, che in quegli anni si era fatta leggermente più profonda? Comparve però alle spalle di Chichi, con passo dondolante, la massiccia figura dello Stregone del Toro che – stupefatto, ma più calmo della figlia – esclamò, con le braccia tremanti: «Ma tu sei Gohan! Nipotino mio!!» Evitiamo di raccontare la scena di lacrime e commozione che seguì, che voi lettori potete facilmente immaginare; diciamo solo che i tre si ritrovarono stretti in un abbraccio collettivo che durò a lungo. Erano felicissimi.
                              Poi, quando Chichi sollevò il ciuffo sulla fronte per accarezzare il figlio, trovò la cicatrice che percorreva la fronte giù, fino al sopracciglio. Gohan iniziò a raccontare ai suoi familiari le sue avventure a cominciare dagli allenamenti sotto la guida di Mr. Popo; arrivato alla parte in cui doveva raccontare di Belze, dovette raccogliere una grossa porzione di coraggio per spiegare come mai, nonostante le pessime condizioni fisiche, avesse preferito non tornare a casa per tutto quel tempo.
                              Sorprendentemente, quasi miracolosamente, Chichi capì: per una volta non fece sfuriate, né pianti tragici, né reazioni isteriche di altro tipo. Benché fisicamente non fosse molto invecchiata, la solitudine degli ultimi anni l’aveva resa una donna più remissiva e rassegnata: aveva accettato l’antico adagio in base al quale “tale padre, tale figlio”; la storia si ripeteva, e Gohan – come suo padre in tempi ormai lontani – avrebbe dovuto dedicare altri anni ad allenarsi per la salvezza del pianeta, dato che il ragazzo era ancora ben lontano dal raggiungimento del suo obiettivo finale, ossia la sconfitta dei numeri 17 e 18. Per il momento Gohan non le apparteneva più, e la sua ambita carriera accademica non la riguardava più, in quanto era momentaneamente rinviata a data da destinarsi. Dunque, nel chiacchierare col figlio, nel sentirlo parlare esaminando con gli occhi le nuove posture e la gestualità più matura che aveva assunto, Chichi cercava di mostrargli un atteggiamento equilibrato tra l’affetto materno e l’accettazione del distacco, nascondendo completamente il desiderio divorante che lui restasse lì. L’aveva capito persino una donna ostinata come Chichi: Gohan non poteva restare lì; non più, nei tempi convulsi ed instabili in cui vivevano. Fu Gohan a rimanere stupito quando Chichi, al proposito del figlio di continuare ad allenarsi in giro per il mondo con Videl, rispose semplicemente con un sorriso mesto: «Per me va bene.»

                              Comment


                              • «D-davvero?» ribatterono all’unisono Gohan e suo nonno.
                                «Io e tuo padre ci siamo fidanzati ufficialmente quando avevamo dodici anni, e da allora ho aspettato per sette anni per sposarlo… poi venne quel Radish, e ho dovuto aspettare più di due anni per riavere mio marito accanto a me… e malgrado tutto, poi è morto. Pensi che io non abbia sviluppato una pazienza da record con voialtri?» concluse Chichi con una vaga espressione che aveva un che di provocatorio, e che lasciò interdetto Gohan. «Continuerò ad aspettare altri sette anni, e poi altri due anni, e così via… come ho fatto in passato. Promettimi almeno che tornerai a farmi visita, ogni tanto. Non mi sembra di chiedere tanto, no?»
                                «Va bene… lo prometto! Magari ti farò conoscere Videl… magari andrete d’accordo…» Pensò Gohan, ricordando quanto potessero essere simili sua madre e la sua amica… O forse no, avrebbero finito di starsi reciprocamente antipatiche proprio per la loro somiglianza.
                                Dopo aver ascoltato il lungo racconto del figlio insieme a suo padre, Chichi cominciò a spignattare per offrire al figlio un degno pasto, di quelli che il giovanotto non si sbafava da tempo. Trascorsero così alcune ore in tutta serenità, come se la cruda realtà fosse temporaneamente sospesa. Infine, quando giunse l’ora della partenza di Gohan, Chichi domandò con tono inquisitorio: «Dove hai preso quella camicia, Gohan? Hai dei vestiti puliti? O devo forse credere che MIO FIGLIO viva di accattonaggio??»
                                «E-ehm…» balbettò Gohan abbassando lo sguardo. Chichi scosse la testa sconsolata: «Più passa il tempo e più diventi uguale a tuo padre… Aspetta un attimo, che ti do delle cose.» La madre si allontanò nell’altra stanza, poi chiamò Gohan. «Puoi portarti via questo baule…» disse, indicando un vecchio contenitore di legno amaranto. «Ci ho messo un po’ di roba appartenuta a papà… biancheria, tute da combattimento di varie taglie, anche perché da quando ci siamo conosciuti non ha mai smesso di crescere e di diventare più muscoloso…»
                                «Devo prenderle io?» chiese il mezzosangue, stranito che la madre rinunciasse a quei vestiti, consapevole del fatto che essi avrebbero finito per fare una brutta fine, tra un combattimento e l’altro.
                                «Certo! Mi sembra la cosa più naturale… in questo modo, lo spirito di tuo padre ti sarà vicino e, in qualche modo, ti aiuterà in battaglia.» soggiunse la donna con un sorriso mite d’incoraggiamento.


                                Da qualche ora, Videl era in trepidante attesa. Gohan se n’era andato senza dare altre spiegazioni, promettendo che sarebbe tornato. Era certa che sarebbe tornato, perché il suo grande amico era la persona più limpida ed onesta che conosceva… tuttavia, finché egli non fosse stato lì presente, non si sarebbe sentita tranquilla. Ad un certo momento, avvertì l’avvicinarsi di una grande presenza spirituale, sfruttando le abilità percettive che il giovane mezzosangue le aveva insegnato. Si precipitò nel cortiletto giusto in tempo per vedere la figura familiare avvicinarsi sempre più fino ad atterrare; indossava una divisa rossa fermata da una cintura nera, e sotto la canottiera una maglia nera. «Eccomi qua. Possiamo partire quando vuoi, Videl!»

                                *******************************
                                L’ANGOLO DELL’AUTORE.
                                In questo capitolo non ci sono precisazioni, e questa è l’unica precisazione che mi sembra il caso di fare. Alla prossima!!

                                Comment

                                Working...
                                X