Svuotato di ogni apparente senso, ogni passo è uno sforzo improbo. L'altro, privato dell'ieraticità mitologica tramandataci dai grandi classici, è un'ombra fatua, insensata, sicuramente fastidiosa. Ogni solido, ogni oggetto esiste: ogni esistenza è una nota stonata, senza alcun significato particolare che non sia dovuto al solo ed unico esserci. Non si capisce perché, come e se quello possa muoversi e interagire; la logica, miserrima Cassandra violentata da un vociferare bovino e inelegante, si percepisce troppo nitidamente, diventando quasi aliena nella sua consequenziale invicibilità (superando, per bellezza e per potenza, il modello della realtà a cui si applica); i fonemi sono in disordine e le parole, composte da lettere immotivate, non hanno ragione di esistere, non hanno inizio né fine. Cominciare una azione è come fare un tuffo nella fatiscente vuotezza e sbattere violentemente la testa.
Partendo dal presupposto che nulla serve a nulla, consci dell'inanità universale, come si fa ad avere...rapporti umani? Cosa significa, che vuol dire? Perché mi sembra una impresa erculea, una conquista tanto difficile quanto instabile? Perché, nonostante il mio inconscio lavori molto di fantasia per legittimare le relazioni intersoggettive, queste mi provocano un nauseante senso di rifiuto? Come fate?
Partendo dal presupposto che nulla serve a nulla, consci dell'inanità universale, come si fa ad avere...rapporti umani? Cosa significa, che vuol dire? Perché mi sembra una impresa erculea, una conquista tanto difficile quanto instabile? Perché, nonostante il mio inconscio lavori molto di fantasia per legittimare le relazioni intersoggettive, queste mi provocano un nauseante senso di rifiuto? Come fate?
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