Qual'è il vostro stile di Dialettica?
Socratico. Cercare di trovare le contraddizioni interne nelle tesi dell'interlocutore, scomponendone le enunciazioni e raffrontandole con livelli più elevati del sapere.
Sofista. Vincere nelle discussioni, confutando le affermazioni dell'avversario, ma senza riguardo alla loro intrinseca verità o falsità.
Platonico. Consiste nell'opera maieutica di un conduttore che pilota la discussione, e concede dapprima spazio alla tesi meno probabile per farla poi confutare, lasciando emergere a poco a poco quella giusta e portatrice di verità.
Aristotelico. La dialettica è una logica dell'apparenza, in quanto la conclusione, pur derivando logicamente dalle premesse, non è necessaria, perché non sono necessarie le premesse in sé da cui prende le mosse.
Neoplatonico. La dialettica per è uno strumento che ha una valenza esclusivamente negativa, nel senso che permette di risalire alla verità unicamente tramite la consapevolezza del suo contrario, cioè del suo negativo: il falso. Fu il metodo proprio della teologia negativa.
Kantiano. La dialettica è la logica dell'apparenza, che ha lo scopo di mettere in luce il carattere illusorio dei giudizi trascendenti, mettendoci in guardia contro l'inganno della ragione, che è l'inganno della totalità, l'illusione con la quale l'uomo tende a superare sul piano della conoscenza il mondo dei fenomeni.
Fichtiano e Schellinghiano. La dialettica diventa così lo strumento trascendentale in cui si articola l'attività dell'io, con cui il soggetto da un lato si auto-limita inconsciamente, ma dall'altro si accorge dell'errore insito nel senso comune, che lo portava a scambiare l'apparenza dei fenomeni per la vera realtà.
Hegeliano. L'Essere (tesi) non è più concepito come statico e autonomo ma trapassa nel divenire, diventando non-essere (antitesi): la contraddizione tra essere e non-essere viene però superata dal momento della sintesi, che è a sua volta la negazione della negazione (il divenire). Il non-essere, così, non è la negazione dell'Essere, ma paradossalmente la sua affermazione.
Marxista. Le contrapposizioni della realtà non trovano conciliazione in un principio superiore (come ad esempio Dio), ma nella storia stessa, il cui esito finale, secondo Marx, non trascende le umane vicende, ma è immanente al raffronto dialettico tra le classi sociali, e in particolare tra la "struttura" economica (costituita dai rapporti materiali di produzione) e la "sovrastuttura" (gli apparati culturali che ne occulterebbero la vera natura).
Schopenhaueriano. E' più importante vincere la battaglia verbale, specie davanti ad un pubblico, piuttosto che dimostrare di aver ragione. Questo perché il pubblico potrebbe non essere interessato alla verità dell'argomento, ma solo allo scontro verbale, e quindi non avere la pazienza o la preparazione necessaria a seguire la dimostrazione.
Adornatico. La dialettica assume un significato prettamente negativo poiché è utilizzata per rendere manifeste le disarmonie che permeano il reale, e non deve cercare di auto-fondarsi.
Altro. Argomentate.
Socratico. Cercare di trovare le contraddizioni interne nelle tesi dell'interlocutore, scomponendone le enunciazioni e raffrontandole con livelli più elevati del sapere.
Sofista. Vincere nelle discussioni, confutando le affermazioni dell'avversario, ma senza riguardo alla loro intrinseca verità o falsità.
Platonico. Consiste nell'opera maieutica di un conduttore che pilota la discussione, e concede dapprima spazio alla tesi meno probabile per farla poi confutare, lasciando emergere a poco a poco quella giusta e portatrice di verità.
Aristotelico. La dialettica è una logica dell'apparenza, in quanto la conclusione, pur derivando logicamente dalle premesse, non è necessaria, perché non sono necessarie le premesse in sé da cui prende le mosse.
Neoplatonico. La dialettica per è uno strumento che ha una valenza esclusivamente negativa, nel senso che permette di risalire alla verità unicamente tramite la consapevolezza del suo contrario, cioè del suo negativo: il falso. Fu il metodo proprio della teologia negativa.
Kantiano. La dialettica è la logica dell'apparenza, che ha lo scopo di mettere in luce il carattere illusorio dei giudizi trascendenti, mettendoci in guardia contro l'inganno della ragione, che è l'inganno della totalità, l'illusione con la quale l'uomo tende a superare sul piano della conoscenza il mondo dei fenomeni.
Fichtiano e Schellinghiano. La dialettica diventa così lo strumento trascendentale in cui si articola l'attività dell'io, con cui il soggetto da un lato si auto-limita inconsciamente, ma dall'altro si accorge dell'errore insito nel senso comune, che lo portava a scambiare l'apparenza dei fenomeni per la vera realtà.
Hegeliano. L'Essere (tesi) non è più concepito come statico e autonomo ma trapassa nel divenire, diventando non-essere (antitesi): la contraddizione tra essere e non-essere viene però superata dal momento della sintesi, che è a sua volta la negazione della negazione (il divenire). Il non-essere, così, non è la negazione dell'Essere, ma paradossalmente la sua affermazione.
Marxista. Le contrapposizioni della realtà non trovano conciliazione in un principio superiore (come ad esempio Dio), ma nella storia stessa, il cui esito finale, secondo Marx, non trascende le umane vicende, ma è immanente al raffronto dialettico tra le classi sociali, e in particolare tra la "struttura" economica (costituita dai rapporti materiali di produzione) e la "sovrastuttura" (gli apparati culturali che ne occulterebbero la vera natura).
Schopenhaueriano. E' più importante vincere la battaglia verbale, specie davanti ad un pubblico, piuttosto che dimostrare di aver ragione. Questo perché il pubblico potrebbe non essere interessato alla verità dell'argomento, ma solo allo scontro verbale, e quindi non avere la pazienza o la preparazione necessaria a seguire la dimostrazione.
Adornatico. La dialettica assume un significato prettamente negativo poiché è utilizzata per rendere manifeste le disarmonie che permeano il reale, e non deve cercare di auto-fondarsi.
Altro. Argomentate.
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