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Scusatemi, anche a me piace questo topic, è che mi passa di mente assai spesso. Quanto alla classifica, mi occupa un paio di minuti ogni volta aggiornarla, non vedo come potrebbe essere un problema.
Chiudendo quindi le opinioni su Perdition City, abbiamo a malapena due ascolti, troppop pochi perché entri in classifica. In tutta onestà mi aspettavo che avrebbe riscosso più consenso, ma forse neppure questi Ulver sono molto nelle corde dell'utenza. Lost in Moments è comunque segnalato come migliore da entrambi i partecipanti. Nel mio caso, durante la mia assenza, ho ascoltato altri dischi (sebbene quasi tutti elettronici). Venendo al prossimo ascolto
Titolo: Dead Heart in a Dead World
Artista: Nevermore
Anno di pubblicazione: 2000
Termine ultimo per l'ascolto: venerdì 7 settembre
Album successivo: l'omonimo dei cLOUDDEAD
Gran disco thrash metal.
La tecnica c'è tutta, ma i Nevermore hanno anche la capacità di emozionare, passando da sezioni veloci puramente thrash a interludi più tranquilli, con arpeggi di chitarra e voce pulita.
Gli assoli di chitarra sono mozzafiato con utilizzo esteso di vibrati e bending.
Dane Warrel ottimo anche quando il suo cantato deve farsi più sporco.
Le tracce migliori sono per me Narcosynthesis, The Heart Collector (dove la chitarra dà probabilmente il meglio in quanto ad assolo) e Dead Heart in a Dead World, la title track.
Voto: 8.
Non c'entra nulla, però oggi mi è arrivato Leviathan .
Dead Heart in a Dead World è uno dei più grandi dischi metal del nuovo millennio, nonché il capolavoro dei Nevermore.
Distaccatosi ormai dallo stile thrash violento e cerebrale degli esordi (e in particolare del grandissimo The Politics of Ecstasy), i Nevermore trovano la loro dimensione musicale in un metal melodico che unisce la sofisticatezza tecnica del progressive metal, le progressioni di accordi profondi e groovy del post-thrash (anche per l'adozione delle chitarre a sette corde) e un'atmosfera oscura e decadente, in una versione aggiornata alle nuove tendenze metal dei Psychotic Waltz di A Social Grace.
Il disco è composto quasi interamente da pezzi eccellenti, spiccano in particolare l'invettiva politica di Inside Four Walls, l'epica The River Dragon Has Come e la conclusiva title-track.
Menzione d'onore anche per il personalissimo rifacimento della classica The Sound of Silence di Simon & Garfunkel, rivista in chiave deviata e disturbante.
Voto: 8/10.
Non mi dilungo, è per far andare avanti il topic.
Grande disco, difficile definirlo thrash in senso stretto visto le molteplici contaminazioni che creano un efficace binomio tra violenza e melodia, che rende la band una degli alfieri del rinnovamento musicale del genere. La playlist è piuttosto varia, si dirama senza difficoltà tra brani travolgenti come Engines Of Hate a vere e proprie ballad come Heart Collector.
Brano migliore? Insignificant, apice della maturità stilistica del complesso.
I Nevermore sono stati per un certo periodo tra i miei gruppi thrash preferiti, ma all'epoca non avevo l'abitudine di ascoltare album interi. Dead Heart in a Dead World l'ho provato un paio di mesi fa, quindi il giudizio non sarà particolarmente dettagliato: mi piace moltissimo l'atmosfera futuribile (mi viene da dire "cibernetica" ma non mi sembra così corretto) che i Nevermore riescono a creare e che a volte mi ricorda i Fear Factory (vedi Narcosynthesis). A questo aggiungiamo uno stile sì thrash ma che è palesemente influenzato dagli Psychotic Waltz nelle venature progressive (personalmente prefrisco comunque A Social Grace) e il disco vale davvero tanto. In generale tutto il disco è su un ottimo livello, se proprio devo scegliere dei brani preferiti, voterei The River Dragon Has Come e Narcosynthesis. Anche la title-track, che un tempo non mi piaceva particolarmente, l'ho rivalutata.
La valutazione è un 8. Per quel che mi riguarda è un disco che andrebbe ascoltato ad inizio serata, con qualche amico che si lascia trascinare da roba di questo tipo.
Last edited by Il Nicco; 12 September 2012, 16:02.
Ghiudendo il discorso, Dead Heart in a Dead World ha raccolto solo buoni voti, ottenendo un 8 pieno. Quinta posizione quindi per lui. Quanto ai brani preferiti (giacché nessuno ha proposto pezzi mediocri), la palma se l'aggiudica Dead Heart in a Dead World con ben tre nomine.
Nuovo ascolto, quindi
Titolo: cLOUDDEAD
Artista: cLOUDDEAD
Anno di pubblicazione: 2001
Termine ultimo per l'ascolto: mercoledì 19 settembre
Album successivo: Endless Summer di Fennesz
Arriviamo al secondo capolavoro assoluto del topic.
cLOUDDEAD è uno dei dischi più visionari del decennio, e in assoluto l'apice dell'hip-hop di ogni tempo. Ciò che i cLOUDDEAD fanno in questo album (che in realtà sarebbe un EP) è un'opera di attenta destrutturazione degli stilemi dell'hip-hop, di cui rifiutano totalmente gli elementi tradizionali. cLOUDDEAD si svolge infatti in sei lunghe suite, tutte divise in due parti distinte (spesso anche molto differenti l'una dall'altra), ognuna delle quali assalta continuamente gli stereotipi del genere su più fronti: il formato canzone di strofe e chorus viene stravolto da lunghe composizioni free-form, mentre le texture musicali astratte e dilatate (memori della lezione dell'elettronica cosmica dei Faust e di Klaus Schulze, dell'avanguardia new wave dei Residents, dell'industrial dei primi Throbbing Gristle, del post-rock e degli esperimenti avant-hip-hop di dälek in Negro Necro Nekros) strappano il ruolo di protagonista alla voce (che, ben lungi dal seguire il flow di mc storici del rap, pare di contro un'applicazione all'hip-hop, a seconda dei casi, dello spoken-word post-rock e degli esperimenti vocali dei Residents) e affogano l'enfasi ritmica tipica del genere in un un vuoto cosmico tra l'inquietante e il sognante.
Tutto l'album è una sequela di capolavori e di esperimenti senza pari, ma tra tutti si distinguono, oltre che tutta la suite cosmica e soffusa di (Cloud Dead Number Five), la seconda parte di And All You Can Do Is Laugh (dominata da atmosfere retrò, notturne e noir, in una versione post-industriale del trip-hop, sormontata dai rintocchi funebri dei campionamenti di violoncello) e la seconda parte di Jimmybreeze, a cavallo tra l'hip-hop sperimentale dei Company Flow, il post-rock tribale e i campionamenti elettronici. Pietra miliare.
Voto: 9/10.
Beh dopo Cloud c'è poco da aggiungere... E' un ottimo album solo che non si presta ad un ascolto leggero... Molto vario e visionario.
Tra i migliori ci metto le 2 I Promise Never To Get Paint On My Glasses Again.
Come peggiore dovessi sceglierne una direi Number Five.
Ascoltandolo l'ho accostato a un lungo viaggio in macchina con come sottofondo proprio l'intero disco.
Sul voto skippo. Non lo reputo migliore di White Pony o di Third, ma dal punto di vista tecnico è indiscutibile e non voglio abbassargli la media.
Originariamente Scritto da Phantasmagoria detto "Milf Hunter"
è chiaro che la descrizione "milf hunter" è puramente goliardica, serve solo non essere handicappati per capirlo
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