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Essere Digichiari

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  • Essere Digichiari

    In questi giorni ho ricevuto da un gruppo di amici un interessante regalo di compleanno, un libro di Nicholas Negroponte dal titolo “Essere Digitali”. In questo libro Negroponte, direttore del Media Lab al MIT (*) ma soprattutto ‘uno dei maggiori esperti mondiali di comunicazione digitale’, come si legge in quarta di copertina, illustra il passaggio ‘dagli atomi ai bit’ analizzando un po’ tutti gli aspetti della comunicazione digitale. Il risultato è interessante, nonostante il tutto risulti forse un po’ troppo frammentario e generico…e proprio questa generalizzazione stà alla base di questo mio intervento.
    Il problema che affronterò è racchiuso in una piccola sezione che Negroponte dedica, nel suddetto libro, ai videogiochi. Si tratta di due paginette raggruppate sotto il titolo ‘Giocare per imparare’, nelle quali il Guru, alla fine, scrive:

    “La maggior parte degli adulti non riesce a capire come i bambini possano imparare mediante i giochi elettronici. E’ opinione comune che questi giochi ipnotizzanti provochino una forte dipendenza e che siano ancora meno utili della televisione. Invece è fuori discussione che molti giochi elettronici insegnano ai bambini delle strategie e delle abilità che torneranno loro utili nella vita. Quando voi eravate piccoli, quante volte avete discusso di strategie o vi siete precipitati ad imparare qualcosa più in fretta di chiunque altro?”

    Fermiamoci un attimo ad analizzare questo periodo. Da esso si capisce che Negroponte vede nei videogiochi un utile mezzo di istruzione, in quanto essi:
    1) “accendono” il cervello delle persone mettondole nella condizione di dover trovare la strategia migliore per riuscire, il che risulta essenziale nella vita di tutti i giorni,
    2) accelerano le facoltà istruttive, ponendo i giocatori l’uno in competizione con l’altro.
    Proseguiamo:

    “Oggi un gioco come Tetris si impara estremamente in fretta. L’unica differenza rispetto a prima è la velocità. E’ probabile che una generazione che ha giocato con Tetris sia molto più veloce nel riempire il bagagliaio di una macchina familiare, ma niente di più. Man mano che i giochi utilizzano personal computer più potenti, vedremo sempre più strumenti di simulazione (come il popolare Sim City) e giochi sempre più ricchi di informazione. Giochi faticosi.”

    E qui termina l’argomento videogiochi del libro. Il punto, dunque, è: cosa vuole dire Negroponte in queste ultime righe? Quale è il succo del discorso? Cosa intende per ‘giochi faticosi’?
    Vorrei capire se si tratta di un ragionamento logico e sensato oppure di concetti campati per aria..




    * Massachussets Institute of Technology: celebre a noi videogiocatori in quanto si tratta del posto in cui, nel 1962, il venticinquenne esperto di Intelligenza Artificiale Steve Russel insieme ad altri ricercatori programmò Spacewar, il primo vero videogioco della Storia dopo l’esperimento ‘Tennis for Two’ di William A. Higinbotham.
    http://bozan.interfree.it/firme/ozboz2.jpg

  • #2
    Originariamente Scritto da BoZ
    [...]
    “Oggi un gioco come Tetris si impara estremamente in fretta. L’unica differenza rispetto a prima è la velocità. E’ probabile che una generazione che ha giocato con Tetris sia molto più veloce nel riempire il bagagliaio di una macchina familiare, ma niente di più. [...]"
    Onestamente quel niente di piu` mi lascia parecchio perplesso, mi sembra vada a cozzare con tutto quello che si da ormai per scontato in psicologia e nelle neuroscienze.
    Mi sembra che sia come dire che il cervello lavori a compartimenti stagni, ipotesi che si e` ormai abbandonata da tempo.
    Anzi si percorrono ormai da anni vie del tutto diverse, quali quelle che cercano interazioni tra tipi diversi di attivita` e sinergie che ne possono derivare(suonare il piano e capire la matematica).

    Il discorso per il resto mi sembra chiaro ma relativamente poco fondato...o comunque un po` "tirato via" , mi pare abbasta visibile che sia piu` ovvio capire come giocare a Tetris che a SimCity e mi sembra abbastanza ovvio che ci si aspetti che impari prima uno che ha gia` avuto esperienza con videogiochi anche molto diversi....ma tenendo in conto il discorso fatto sul Tetris e il bagagliaio Simcity dovrebbe servire solo nella remota ipotesi ci si trovi a dover costruire un citta`....come secondo la stessa logica giocare a scacchi sarebbe fine a se stesso.
    http://vmarra.interfree.it/picture/firma_13070.gif

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    • #3
      Il 'gioco', qualunque esso sia, e' un utile strumento didattico per un bambino. Tramite un gioco infatti si impara la convivenza con delle regole, e la costruzione di strategie che ottimizzino i risultati poste le regole stesse. Tutto questo in un ambiente di divertimento, in cui poter sperimentare insieme a coetanei, cercare di spingere al limite (ed oltre) le regole stesse, spesso infrangendole. A volte esiste anche il processo di adattamento delle regole alle esigenze del gruppo: ad esempio si decide che a nascondino ci giocano solo i maschi, per tagliar fuori le femmine, oppure il contrario a seconda degli scopi del gruppo.

      Un videogioco e' una versione molto distorta del gioco. Innanzi tutto le regole sono fisse, non e' possibile uscire da queste e non c'e' adattamento. Nello stesso tempo, essendo il videogioco fatto apposta, le regole sono spesso molto lasche, lasciando comunque un margine di elaborazione al bambino.
      Il videogioco e' una esperienza non interattiva: nella maggioranza dei casi non c'e' scambio o condivisione dell'esperienza con i coetanei; questo e' un aspetto molto negativo.
      Il videogioco permette uno sviluppo solo visivo dell'intelligenza: infatti il bambino vede l'oggetto del gioco e non deve inventare niente, non c'e' sforzo immaginativo e quindi inibisce una importante funzione umana che e' l'astrazione.
      Il videogioco permette di limitare la responsabilita' delle proprie azioni: se uno sbaglia, il gioco puo' ricominciare, c'e' il salvataggio, si permette di agire in un senso e se e' sbagliato, di cambiare la linea temporale e rifare da capo l'azione. Il bambino impara una distorsione della realta', ovvero che a ogni azione c'e' una reazione, ma che se la reazione non e' gradita si puo' tornare indietro e correggere. Questo inserisce una certa insensibilita' nel processo decisionale del bambino stesso.

      Negroponte mi e' sempre stato sulle palle. Ha una visione delle cose molto tecnocratica, ma dimentica che noi siamo esseri umani; il gioco è il primo veicolo con cui il cucciolo d'uomo costruisce il concetto di societa', di collaborazione, di interazione costruttiva. Deve svolgersi obbligatoriamente tra altre persone, con le quali instaurare un confronto, spesso un conflitto con cui imparare il difficile equilibrio fra volere e subire.

      Io credo che quando uno cresce si trova a convivere con i pc in abbondanza. Quando si e' piccoli se ne puo' fare a meno.

      Imho ovviamente

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