Premessa: visto che ormai penso di trovarmi bene, penso di poter postare la mia fan fiction. Siate clementi, è la prima. E' una long fic. U.u
Sono passati dieci anni da quando Goku, tornato bambino, è partito per chissà dove con il drago Shenron.
Era un giorno d'estate. Non faceva particolarmente caldo: soffiava un fresco venticello che faceva danzare l'erba corta del prato curato, un sole abbagliante si era fatto spazio tra le rade nuvole. Metteva di buon umore tutti, tranne Chichi.
Lei, nella sua stanza, nella stanza che era stata anche di Goku, sedeva sull'ampio letto matrimoniale. Un sospiro, un altro. Era davvero preoccupante. Se ne stava lì per ore e ore, tutti i giorni, poi di notte andava a dormire in un'altra stanza, quella che era appartenuta a Gohan, quando era ancora un cucciolo. Quel giorno stava pensando ancora a lui, al suo Goku, che aveva preferito rimanere bambino e andarsene con il drago Shenron. A lei non aveva mai pensato. La sua vita era fatta solo di combattimenti, morti frequenti, mangiate da barbari e atti d’eroismo. Non aveva mai amato Chichi. Non l'aveva mai amata. Le voleva bene, certo, aveva pensato a lei nei momenti difficili, ma era vero che aveva preferito alla moglie il drago, aveva preferito a lei il fatto di rimanere bambino, quando poteva chiedere a Shenron di restituirgli le sue forme originali. Era lei che lo aveva costretto a sposarlo, quel giorno, quando si batterono e lei perse; lui non aveva nessuna voglia di fondare famiglia. Aveva fatto una promessa, lui, ingenuo bambino. Non sapeva cosa volesse dire amare, cosa fossero i sentimenti di una donna.
Goku era sempre stato così. Nella vita di un terrestre non avrebbe avuto successo. Pensava a combattere, ignorava i rischi e nello stesso tempo manifestava l'amore per la Terra correndo in suo soccorso anche a costo della sua vita. Un "amore", un "tesoro". Solo questo le diceva Goku, e forse non comprendeva nemmeno il significato profondo di quelle parole. Era un padre buono, certo, pensava sempre a far dei figli combattenti eccellenti, e con Gohan c’era riuscito davvero bene. Ma lei, Chichi, in tutti questi cambiamenti faceva solo la parte della premurosa e antipatica madre, che Gohan aveva accontentato tornando agli studi, come lei stessa aveva da sempre desiderato. Lei, nel cuore di Goku, che ruolo aveva? Moglie noiosa, che urlava dietro di far studiare i figli, un’eccellente cuoca? Sicuramente non bastava questo.
Ormai sapeva bene di essere avanti con l'età, esattamente come sapeva che il suo uomo non sarebbe più tornato da lei. MAI più. E lei sarebbe morta vecchia, molto vecchia, ma lui sarebbe rimasto ancora lì, con il drago, spensierato e con la stessa voglia di divertirsi di un bambino. Sinceramente neanche sapeva se era vivo o morto.
Prese sulle ginocchia un vecchio album di fotografie, dove racchiudeva i pochi scatti della sua vita. L'immagine che prese per prima fu quella di una bambina cicciotta vestita con pochi abiti strani. Sorrise. Era lei, la principessa Chichi. Vicino a lei, un basso e paffuto bambino che indossava una tuta rossa, fermata da una cintura di stoffa terminante con un grosso fiocco, e in mano teneva un bastone scarlatto. I capelli probabilmente non avevano mai toccato pettine, ma gli davano un'aria curiosa, come quegli occhioni scuri e profondi. La prima volta che aveva conosciuto Goku era stato tutto davvero splendido. La sua natura simpatica la aveva colpita molto e i viaggetti sulla nuvola d'oro le avevano fatto capire quanto amasse l'avventura. Con gli occhi che stavano per riempirsi di lacrime, passò ad una nuova fotografia. Un ring, migliaia di spettatori, un cronista dalla bocca spalancata, e loro due. Goku imbarazzato, che si grattava la testa, e lei aggrappata al suo braccio. Un risolino le scappò, forse perchè era buffo, forse per scacciare la nostalgia. Era così zuccone, lui, ingenuo e ignorante: non sapeva cosa significasse sposarsi. Ricordò tutti quei momenti magici, le espressioni del suo futuro sposo. Poi fece scorrere le dita sullo scatto fatto nel giorno del loro matrimonio. Fissò intensamente il suo vestito, il vestito che era appartenuto a sua madre, la donna che suo padre aveva amato. Era bianco, come quello di Goku, due lunghi guanti le coprivano gran parte delle braccia, un velo dai fiori candidi gettato dietro le spalle. In quel momento, noncurante della faccia dello sposo, stringeva affettuosamente il suo braccio, come le era capitato di fare molte volte prima delle nozze. Sospirò e passò ad un altro ricordo. Questa volta stava rimproverando Goku perchè non voleva ficcarsi nella testa che il pannolino non si cambiava in quel modo. Una foto scattata tradimento da Crilin, che poi aveva fatto la meritata fine. Un'altra, invece, era l'unica fotografia intima che aveva. (Cioè, capiamoci, non in quel senso.) Stavano nel centro della stanza, in canottiera, abbracciati, lei che si allungava per raggiungere la sua bocca. Strinse la foto e lasciò andare le lacrime.
Nessuno aveva mai pensato che potesse soffrire così. Be...forse era stata troppo dura e distaccata, non aveva dimostrato il suo amore come avrebbe dovuto fare, forse non era troppo severa. Tutto cioè non era colpa sua. Il compito di mantenere in ordine la famiglia era sempre stato suo, perché Goku non ne era capace, perché a lui non importava, perché...Ci sarebbero stati oltre mille perché. Solo lei si occupava della loro istruzione, del cibo che lui divorava come un morto di fame; lei lavava, stirava, sistemava, puliva. Ma non si prendeva cura di se stessa. Toccò le rughe sul viso. Ormai, ormai era vecchia e non avrebbe trovato un compagno. Sempre che avesse avuto il coraggio di mettere da parte Goku.
Serrò le labbra per non farsi scappare altri lamenti, che avrebbero dato via ad altre lacrime, lacrime di poco conto, lacrime con non sarebbero mai state asciugate. Non da Goku. Nell'istante stesso in cui deponeva l'album carico di ricordi, la porta fu scossa da battiti incessanti.
- Chichi!!! Sono cinque minuti che busso alla porta. Sei sicura di sentirti bene? -.
Le venne un tuffo al cuore. Era così immersa nei pensieri che non se ne era accorta. Agitata, le gridò di entrare, mentre cercava di sistemarsi e cancellare dal volto le lacrime.
Bulma entrò, splendida, con un vestito rosso lungo e scollato, i tacchi a spillo che battevano sonori sul pavimento. Un tatuaggio nuovo fiammante si esibiva sulla sua spalla: era un cuore trafitto da due frecce, una spessa alle punte delle quali erano incisi il suo nome e quello di suo marito, l'altra invece simboleggiava Trunks e Bra. Le scintillanti perle della collana riflettevano la luce penetrante dalla finestra. Che gusto c'era di farsi un tatuaggio, all'età di settant’anni?, si chiese Chichi. Poi, con suo sommo dispiacere, tornò a guardare il viso di Bulma. Zero rughe. Le ricerche che conduceva la avevano portata a produrre una prestigiosa crema dalle proprietà sorprendenti. Lei sì che poteva permettersi di spassarsela come una ragazzina: con quel viso adorabile e il corpo sensuale che faceva gola a non pochi uomini... Un taglio di capelli a dir poco stupendo la rendeva ancora più affascinante. Mentre lei, Chichi, non poteva permettersi certi lussi, e, sopratutto, non aveva un uomo a cui mostrare le sue bellezze.
Una leggera risatina -che a parere della padrona di casa era di scherno- e Bulma si sedette sul letto.
- Ah, Chichi. Ti piace il mio vestito? Veggie mi trova così affascinante, anche se non vuole ammetterlo. Con l'orgoglio che ha, quello si tiene tutto dentro. Però gli si leggeva dagli occhi -. Un'altra risatina. - Sono irresistibile, lui lo sa, e non può fare a meno di sbirciare proprio qui - indicò la scollatura. - Questi scimmioni: cosa vogliono capire loro delle donne?-.
Chichi stava per ribattere che lei di uno scimmione si sarebbe pure accontentata, ma decise di tenersi le cose per sè. Quella Bulma si montava troppo la testa, per i suoi gusti. Dall'altro canto non la biasimava. Aveva tutto quello che poteva desiderare: un uomo, ricchezza, fama e bellezza.
Si limitò a dire: - Sei proprio carina oggi, sai? Sono contenta che Vegeta non ti ignori più di tanto -.
- Ma come potrebbe, con una donna come me! - Rise, rise, rise portandosi la mano sotto il mento, come per esibire le unghie scarlatte. - Tu, piuttosto, perché non ti dai una mossa a sistemarti?-. Si alzò e le pizzicò la schiena. - Hai addosso i soliti vestiti, Chichi, il solito taglio di capelli. Sempre questa faccia triste. Sei...sei...-.
Era cosa? Cosa era Chichi?
- Oh, Chichi. Fatti carina, dai, sei una bella donna. Forse devi trovarti un uomo, insomma, lo sai che Goku non tornerà più -.
Le parole dell'amica le risuonarono in testa, fino a comparire, lentamente, come un eco. Non tornerà più, non tornerà, più, più, più... Fiumi di lacrime attraversarono il suo viso, si fermarono nelle rughe, poi scivolarono lungo il mento, da dove iniziarono a gocciolare, piano piano, scandendo il ritmo del suo cuore che ormai, morsa stretta del dolore, faticava a battere. Quella era la verità, solo che non avrebbe mai voluto sentirselo dire. Non ci fu bisogno di parole per fare capire alla proprietaria della Capsule Corporation che le sue parole avevano fatto traboccare un vaso colmo di dolore mescolato a vane speranze. Prevenne una possibile rovinosa caduta di Chichi e la abbracciò forte, mormorandole scuse alle orecchie. Servivano a gran poco, il danno ormai era fatto.
Quando la situazione stava diventando imbarazzante e le sole cose che si sentivano erano i singhiozzi della signora Son, in soccorso venne Pan.
La ragazza entrò saltellando e facendo sussultare un piccolo coniglietto pigro aggrappato al suo braccio, nella speranza di non venir catapultato dall'altra parte della stanza. Non era per niente cambiata, osservò Chichi, ritrovando il sorriso.
Sono passati dieci anni da quando Goku, tornato bambino, è partito per chissà dove con il drago Shenron.
Nostalgia, ricordi , invidia e rivoluzioni.
Era un giorno d'estate. Non faceva particolarmente caldo: soffiava un fresco venticello che faceva danzare l'erba corta del prato curato, un sole abbagliante si era fatto spazio tra le rade nuvole. Metteva di buon umore tutti, tranne Chichi.
Lei, nella sua stanza, nella stanza che era stata anche di Goku, sedeva sull'ampio letto matrimoniale. Un sospiro, un altro. Era davvero preoccupante. Se ne stava lì per ore e ore, tutti i giorni, poi di notte andava a dormire in un'altra stanza, quella che era appartenuta a Gohan, quando era ancora un cucciolo. Quel giorno stava pensando ancora a lui, al suo Goku, che aveva preferito rimanere bambino e andarsene con il drago Shenron. A lei non aveva mai pensato. La sua vita era fatta solo di combattimenti, morti frequenti, mangiate da barbari e atti d’eroismo. Non aveva mai amato Chichi. Non l'aveva mai amata. Le voleva bene, certo, aveva pensato a lei nei momenti difficili, ma era vero che aveva preferito alla moglie il drago, aveva preferito a lei il fatto di rimanere bambino, quando poteva chiedere a Shenron di restituirgli le sue forme originali. Era lei che lo aveva costretto a sposarlo, quel giorno, quando si batterono e lei perse; lui non aveva nessuna voglia di fondare famiglia. Aveva fatto una promessa, lui, ingenuo bambino. Non sapeva cosa volesse dire amare, cosa fossero i sentimenti di una donna.
Goku era sempre stato così. Nella vita di un terrestre non avrebbe avuto successo. Pensava a combattere, ignorava i rischi e nello stesso tempo manifestava l'amore per la Terra correndo in suo soccorso anche a costo della sua vita. Un "amore", un "tesoro". Solo questo le diceva Goku, e forse non comprendeva nemmeno il significato profondo di quelle parole. Era un padre buono, certo, pensava sempre a far dei figli combattenti eccellenti, e con Gohan c’era riuscito davvero bene. Ma lei, Chichi, in tutti questi cambiamenti faceva solo la parte della premurosa e antipatica madre, che Gohan aveva accontentato tornando agli studi, come lei stessa aveva da sempre desiderato. Lei, nel cuore di Goku, che ruolo aveva? Moglie noiosa, che urlava dietro di far studiare i figli, un’eccellente cuoca? Sicuramente non bastava questo.
Ormai sapeva bene di essere avanti con l'età, esattamente come sapeva che il suo uomo non sarebbe più tornato da lei. MAI più. E lei sarebbe morta vecchia, molto vecchia, ma lui sarebbe rimasto ancora lì, con il drago, spensierato e con la stessa voglia di divertirsi di un bambino. Sinceramente neanche sapeva se era vivo o morto.
Prese sulle ginocchia un vecchio album di fotografie, dove racchiudeva i pochi scatti della sua vita. L'immagine che prese per prima fu quella di una bambina cicciotta vestita con pochi abiti strani. Sorrise. Era lei, la principessa Chichi. Vicino a lei, un basso e paffuto bambino che indossava una tuta rossa, fermata da una cintura di stoffa terminante con un grosso fiocco, e in mano teneva un bastone scarlatto. I capelli probabilmente non avevano mai toccato pettine, ma gli davano un'aria curiosa, come quegli occhioni scuri e profondi. La prima volta che aveva conosciuto Goku era stato tutto davvero splendido. La sua natura simpatica la aveva colpita molto e i viaggetti sulla nuvola d'oro le avevano fatto capire quanto amasse l'avventura. Con gli occhi che stavano per riempirsi di lacrime, passò ad una nuova fotografia. Un ring, migliaia di spettatori, un cronista dalla bocca spalancata, e loro due. Goku imbarazzato, che si grattava la testa, e lei aggrappata al suo braccio. Un risolino le scappò, forse perchè era buffo, forse per scacciare la nostalgia. Era così zuccone, lui, ingenuo e ignorante: non sapeva cosa significasse sposarsi. Ricordò tutti quei momenti magici, le espressioni del suo futuro sposo. Poi fece scorrere le dita sullo scatto fatto nel giorno del loro matrimonio. Fissò intensamente il suo vestito, il vestito che era appartenuto a sua madre, la donna che suo padre aveva amato. Era bianco, come quello di Goku, due lunghi guanti le coprivano gran parte delle braccia, un velo dai fiori candidi gettato dietro le spalle. In quel momento, noncurante della faccia dello sposo, stringeva affettuosamente il suo braccio, come le era capitato di fare molte volte prima delle nozze. Sospirò e passò ad un altro ricordo. Questa volta stava rimproverando Goku perchè non voleva ficcarsi nella testa che il pannolino non si cambiava in quel modo. Una foto scattata tradimento da Crilin, che poi aveva fatto la meritata fine. Un'altra, invece, era l'unica fotografia intima che aveva. (Cioè, capiamoci, non in quel senso.) Stavano nel centro della stanza, in canottiera, abbracciati, lei che si allungava per raggiungere la sua bocca. Strinse la foto e lasciò andare le lacrime.
Nessuno aveva mai pensato che potesse soffrire così. Be...forse era stata troppo dura e distaccata, non aveva dimostrato il suo amore come avrebbe dovuto fare, forse non era troppo severa. Tutto cioè non era colpa sua. Il compito di mantenere in ordine la famiglia era sempre stato suo, perché Goku non ne era capace, perché a lui non importava, perché...Ci sarebbero stati oltre mille perché. Solo lei si occupava della loro istruzione, del cibo che lui divorava come un morto di fame; lei lavava, stirava, sistemava, puliva. Ma non si prendeva cura di se stessa. Toccò le rughe sul viso. Ormai, ormai era vecchia e non avrebbe trovato un compagno. Sempre che avesse avuto il coraggio di mettere da parte Goku.
Serrò le labbra per non farsi scappare altri lamenti, che avrebbero dato via ad altre lacrime, lacrime di poco conto, lacrime con non sarebbero mai state asciugate. Non da Goku. Nell'istante stesso in cui deponeva l'album carico di ricordi, la porta fu scossa da battiti incessanti.
- Chichi!!! Sono cinque minuti che busso alla porta. Sei sicura di sentirti bene? -.
Le venne un tuffo al cuore. Era così immersa nei pensieri che non se ne era accorta. Agitata, le gridò di entrare, mentre cercava di sistemarsi e cancellare dal volto le lacrime.
Bulma entrò, splendida, con un vestito rosso lungo e scollato, i tacchi a spillo che battevano sonori sul pavimento. Un tatuaggio nuovo fiammante si esibiva sulla sua spalla: era un cuore trafitto da due frecce, una spessa alle punte delle quali erano incisi il suo nome e quello di suo marito, l'altra invece simboleggiava Trunks e Bra. Le scintillanti perle della collana riflettevano la luce penetrante dalla finestra. Che gusto c'era di farsi un tatuaggio, all'età di settant’anni?, si chiese Chichi. Poi, con suo sommo dispiacere, tornò a guardare il viso di Bulma. Zero rughe. Le ricerche che conduceva la avevano portata a produrre una prestigiosa crema dalle proprietà sorprendenti. Lei sì che poteva permettersi di spassarsela come una ragazzina: con quel viso adorabile e il corpo sensuale che faceva gola a non pochi uomini... Un taglio di capelli a dir poco stupendo la rendeva ancora più affascinante. Mentre lei, Chichi, non poteva permettersi certi lussi, e, sopratutto, non aveva un uomo a cui mostrare le sue bellezze.
Una leggera risatina -che a parere della padrona di casa era di scherno- e Bulma si sedette sul letto.
- Ah, Chichi. Ti piace il mio vestito? Veggie mi trova così affascinante, anche se non vuole ammetterlo. Con l'orgoglio che ha, quello si tiene tutto dentro. Però gli si leggeva dagli occhi -. Un'altra risatina. - Sono irresistibile, lui lo sa, e non può fare a meno di sbirciare proprio qui - indicò la scollatura. - Questi scimmioni: cosa vogliono capire loro delle donne?-.
Chichi stava per ribattere che lei di uno scimmione si sarebbe pure accontentata, ma decise di tenersi le cose per sè. Quella Bulma si montava troppo la testa, per i suoi gusti. Dall'altro canto non la biasimava. Aveva tutto quello che poteva desiderare: un uomo, ricchezza, fama e bellezza.
Si limitò a dire: - Sei proprio carina oggi, sai? Sono contenta che Vegeta non ti ignori più di tanto -.
- Ma come potrebbe, con una donna come me! - Rise, rise, rise portandosi la mano sotto il mento, come per esibire le unghie scarlatte. - Tu, piuttosto, perché non ti dai una mossa a sistemarti?-. Si alzò e le pizzicò la schiena. - Hai addosso i soliti vestiti, Chichi, il solito taglio di capelli. Sempre questa faccia triste. Sei...sei...-.
Era cosa? Cosa era Chichi?
- Oh, Chichi. Fatti carina, dai, sei una bella donna. Forse devi trovarti un uomo, insomma, lo sai che Goku non tornerà più -.
Le parole dell'amica le risuonarono in testa, fino a comparire, lentamente, come un eco. Non tornerà più, non tornerà, più, più, più... Fiumi di lacrime attraversarono il suo viso, si fermarono nelle rughe, poi scivolarono lungo il mento, da dove iniziarono a gocciolare, piano piano, scandendo il ritmo del suo cuore che ormai, morsa stretta del dolore, faticava a battere. Quella era la verità, solo che non avrebbe mai voluto sentirselo dire. Non ci fu bisogno di parole per fare capire alla proprietaria della Capsule Corporation che le sue parole avevano fatto traboccare un vaso colmo di dolore mescolato a vane speranze. Prevenne una possibile rovinosa caduta di Chichi e la abbracciò forte, mormorandole scuse alle orecchie. Servivano a gran poco, il danno ormai era fatto.
Quando la situazione stava diventando imbarazzante e le sole cose che si sentivano erano i singhiozzi della signora Son, in soccorso venne Pan.
La ragazza entrò saltellando e facendo sussultare un piccolo coniglietto pigro aggrappato al suo braccio, nella speranza di non venir catapultato dall'altra parte della stanza. Non era per niente cambiata, osservò Chichi, ritrovando il sorriso.
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