Ad un tratto, senza alcun preavviso, Arier concentrò la propria aura nelle mani. Un attacco a sorpresa? Questo pensarono Bido, Bujin e Gokua, i quali si misero in posizione di guardia, pronti a difendersi. Il colpo tuttavia non venne scagliato dallo zefiriano verso gli avversari, bensì verso il basso. Una sfera di energia azzurra che appena raggiunse il suolo deflagrò. La stranezza tuttavia di quell’esplosione stava nel fatto che questa non sembrò avere alcuna ripercussione sull’ambiente circostante. Non un solo granello di polvere venne sollevato, e tutto sembrava rimasto assolutamente intatto, com’era prima che Arier utilizzasse il proprio colpo. “Che diavoleria è mai questa?” pensò perplesso Borjack che, benché si fosse chiamato fuori dalla lotta, teneva d’occhio lo svolgersi degli eventi. Solo in quel momento il malvagio demone si rese conto di quanto era accaduto “Ehi! Tre di loro non ci sono più!”. Anche Bido, Bujin, Zangya e Gokua se ne erano accorti. Crilin, Tenshinhan e Videl si erano come volatilizzati. Arier sorrise “A quanto pare il nostro piano ha funzionato!” disse rivolgendosi a Elore e Goten. “Quale piano?” chiese Bido, innervosito oltremodo dal fatto di non riuscire a capire nulla di quanto stesse accadendo. Arier si rivolse al nemico e disse “A questo punto posso anche spiegarvelo, tanto, oramai, è tardi perché possiate fare qualcosa. Quella che avete appena visto era una delle mie tecniche speciali… il velo celante. Non è una mossa utile per attaccare, ma serve per l’appunto a nascondere! Il suo funzionamento è semplice… quando il mio colpo impatta contro qualcosa, esso proietta l’immagine di ciò che esso ha colpito nella retina oculare di ogni osservatore diverso da chi ha scagliato il colpo… in questo modo voi, guardando sotto di noi, non avete potuto riscontrare alcun cambiamento, quando in realtà, nascosti dal mio velo, Videl, Crilin e Tenshinhan hanno potuto oltrepassarvi e proseguire alla volta della base del vostro capo”. Borjack sembrò divertito “Quel tipo sembra sapere il fatto suo…” pensò l’ex sovrano di Zard. “E come mai hai fatto andare avanti soltanto loro?” chiese Bujin. “E’ molto semplice…” intervenne Elore “Loro tre non avrebbero avuto nessuna speranza contro di voi, per questo avevamo ogni interesse a far si che non prendessero parte a questo combattimento… il piano tuttavia non avrebbe avuto alcun senso se fossimo passati tutti, dal momento che avreste benissimo potuto inseguirci… mentre se restiamo qui possiamo trattenervi! Del resto siamo noi i vostri avversari!” disse la zefiriana. “Come avete osato prendervi gioco di noi?????” urlò Gokua scagliandosi contro i due zefiriani, ma Goten si trasformò in Super Saiyan di secondo livello frapponendosi tra i propri alleati e il seguace di Borjack, sorprendendo quest’ultimo colpendolo con un violento calcio al lato della testa facendolo schiantare al suolo. “Ehi! Ricordati che non ci sono solo Elore ed Arier! Anche io sono rimasto! Ed è con me che ti dovrai battere!” disse il figlio di Goku. Gokua si rialzò massaggiandosi la guancia, fissando Goten con uno sguardo che non prometteva nulla di buono. “Tu hai commesso un gravissimo sbaglio, biondino! Non avresti dovuto avere l’ardire di sfidarmi così apertamente! Te ne pentirai!” disse minaccioso Gokua. “Sto tremando, non vedi?” disse con sarcasmo Goten. “Bene, Elore… volevi batterti con me? Accetto! Però non pensare che i tuoi modi da pusillanime mi spingeranno ad andarci leggera con te!” disse Zangya. “Vedremo se tra un po’ mi considererai ancora una pusillanime…” replicò Elore, mantenendo la solita quiete, dimostrandosi insensibile anche alle ingiurie dell’avversaria. Due accoppiamenti si erano già delineati: Goten contro Gokua e Elore contro Zangya. “Beh… a quanto pare a me sono rimasti solo il grassone e il nano…” constatò Arier con tono provocatorio. “Come osi insultarci? Sei un povero folle! Se avessi soltanto una minima idea della differenza abissale che c’è tra noi non saresti così arrogante!” fece Bujin. “Già! La tua forza non è assolutamente paragonabile alla nostra! Lo percepiamo chiaramente! Ti sei cacciato in un guaio da cui non uscirai vivo!” gli fece eco Bido. Arier si compiacque del fatto che, allo stesso modo in cui aveva tratto in inganno Goten la volta precedente, anche stavolta i propri avversari si erano lasciati trarre in inganno dalla sua aura. Ancora una volta lo zefiriano avrebbe potuto contare sull’elemento sorpresa, condizione fondamentale perché la propria strategia andasse a buon fine. Bido e Bujin si erano convinti di avere a che fare con un incosciente ignaro di ciò a cui andava incontro, ma non sapevano di essere loro quelli realmente inconsapevoli di chi avessero di fronte. Stavano per cadere in una tranello, in una trappola mortale tesa da Arier apposta per loro. “Non sono loro che voglio… il mio obbiettivo è Borjack! Ma non voglio che egli abbia il tempo di rendersi conto di quanto io sia forte, con il rischio che intervenga nella battaglia… pertanto mi sbarazzerò di questi due con un colpo solo”.
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EPISODIO 111: I GUARDIANI
L’aria era carica di tensione nel limbo. Kaiohshin e la sua compagnia si trovavano innanzi a un ostile schieramento, composto da guerrieri non certo entusiasti all’idea di trovarsi innanzi a colui che, sia pure indirettamente, aveva negato loro il Paradiso, costringendoli a trascorrere l’eternità in quel luogo isolato e dimenticato, non certo sgradevole quanto l’inferno, ma al contempo nemmeno lontanamente paragonabile al meraviglioso luogo a cui i più degni era da Re Enma concesso di accedere. “Non sarò ipocrita… e non mi avvarrò della menzogna per accattivarmi le vostre simpatie! Ribadisco la mia totale fiducia nella capacità di giudizio di Re Enma, dunque non mi sento di scusarmi con nessuno! Se vi trovate qui c’è sicuramente un motivo! Pertanto, se mi fate il favore di non intralciare il mio cammino sarà tanto di guadagnato per entrambi” disse Kaiohshin, con fare serio e determinato. Era molto sicuro di se, e forte di chi è certo di trovarsi dalla parte del giusto. La divinità si era promessa di far ricorso a tutta la propria forza morale e interiore durante quel viaggio. Per troppo tempo le sue azioni erano state inficiate da un’eccessiva incertezza e titubanza… aveva sempre avuto bisogno di qualcuno che lo aiutasse nel prendere le decisioni: Kibith prima e il Sommo poi. Non poteva più permettersi complessi di inferiorità figli del fatto di essere l’unico Kaiohshin superstite, ma al contempo il meno potente tra essi. Le esperienze contro Majin Bu, contro Baby e contro Tzukin lo avevano portato a maturare un’esperienza che era giunto il momento di mettere a frutto. A maggior ragione ora che aveva la possibilità di ricongiungersi con i suoi vecchi compagni, morti millenni prima ma da lui mai dimenticati… Sapeva che la strada da percorrere sarebbe stata lunga e piena di insidie, e che si sarebbe frequentemente trovato in conflitto con le varie entità che avrebbe incontrato… dunque se Levin e gli altri guerrieri del Limbo avessero manifestato l’intenzione di battersi con lui, ebbene lui non si sarebbe di certo lasciato trovare impreparato. Il silenzio fu rotto da un guerriero che stava alla destra di Levin. Aveva fattezze suine, un cinghiale antropomorfo dalla muscolatura pronunciata e la folta peluria violacea. “Te la faccio passare io la voglia di provocarci!” urlò questi per poi sguainare da dietro la schiena una grande ascia bipenne e scagliarsi contro Kaiohshin. Pai Ku Han e Darbula rapidamente si frapposero tra Kaiohshin e l’aggressore, mentre Zeneyu di limitò ad avvicinarsi al proprio signore pronto a coprirgli le spalle. Il loro intervento non fu però necessario, dal momento che, con grande stupore dei presenti, fu lo stesso Levin ad atterrare il proprio compagno portandosi alle sue spalle con la super velocità e colpendolo alla nuca con l’elsa della spada. “La sua rapidità è notevole…” constatò Pai Ku Han. “Ahia! Ma… Levin! Sei impazzito o cosa?” chiese il guerriero del Limbo mentre si rialzava massaggiandosi la testa “Se qui c’è qualcuno che non ragiona quello sei tu, Zarek! A che scopo aggredire Kaiohshin? Tutto quello che otterresti sarebbe confermare il nostro essere indegni del Paradiso! Di certo li non aggrediscono chi non ha cattive intenzioni! Vuoi forse che ci mandino tutti all’inferno?” chiese con tono duro Levin. Zarek, rimase in silenzio, assumendo un’espressione mortificata, limitandosi a tornare al proprio posto. “Ammetto di non avervi particolarmente in simpatia, Kaiohshin… tuttavia il compito di testare la legittimità delle vostre pretese di raggiungere la dimensione demoniaca non spetta a noi… bensì ai guardiani, e non si aspetti che loro non opporranno resistenza! Il permettere a chicchessia di passare è unicamente a loro discrezione, pertanto per voi lo scontro è solo rimandato… in quanto sarete obbligati a sconfiggere quei cinque, potentissimi guerrieri se vorrete giungere a destinazione” spiegò Levin. Kaiohshin annuì “Ne ero consapevole sin da prima di giungere qui! Comunque lodo la tua saggezza Levin… sei una persona di buon senso”. Levin non rispose, e si limitò con un cenno a far aprire la folla in modo che Kaiohshin, Pai Ku Han, Darbula e Zeneyu potessero passare. I quattro passarono lasciandosi alle spalle quella zona del Limbo trovandosi ad attraversare un canyon. “Beh… è andata meglio di quanto pensassimo!” constatò Pai Ku Han. “Io davo per scontato che avremmo dovuto combattere!” aggiunse Darbula. “Ragazzi… dovete capire che la gente che abita questo luogo non è cattiva… hanno solamente commesso degli errori gravi… ma se fossero stati malvagi li avrebbero mandati all’inferno” spiegò Kaiohshin.
Nel frattempo, in una piccola roccaforte ubicata tra il quarto e il quinto portale, ad alcuni dei guardiani non era sfuggito il fatto che Kaiohshin e gli altri si fossero mossi in direzione dei portali, e che, pertanto, si profilasse per loro l’eventualità di combattere. Al centro della sala principale, stava seduto su un trono di pietra colui che probabilmente era a capo dei guardiani medesimi. Il fatto che il Limbo non fosse illuminato da dei veri e propri astri faceva si che all’interno dell’edificio tutto fosse in penombra, e di tutti coloro che si trovavano a parlare non sarebbe stato possibile scorgere altro che l’ombra. La figura più difficile da distinguere era proprio quella seduta sul trono, in quanto, oltre a essere in penombra, era anche avvolto da una fitta coltre di fumo, generata dal grosso sigaro che esso stava fumando. Malgrado avesse quel vizio, aveva un fisico visibilmente ben curato e perfettamente sano, che lasciava chiaramente intendere come si trattasse certamente di un guerriero. Era completamente vestito di nero, e nell’oscurità della stanza si vedevano di lui solo le proprie pupille di un lucente giallo oro e il rosso bruciante del sigaro. “Ananke…” lo chiamò una donna, anch’essa avvolta nella penombra, probabilmente una guardiana come lui. Ananke volse lo sguardo verso di lei senza proferire parola, limitandosi ad ascoltare quanto essa aveva da dire. “Mi sono informata in merito all’identità di coloro che si stanno recando qui… e sembra che si tratti di Kaiohshin con alcuni dei suoi uomini” disse la donna. Ananke si accigliò leggermente, limitandosi a soffiare fuori dalla bocca una densa nuvola di fumo, dunque si voltò lentamente dall’altra parte. “Kaiohshin eh? Mi domando cosa ci voglia andare a fare un simile damerino nella dimensione demoniaca! Probabilmente pensa si tratti di qualcosa di divertente… gli dei… sono sempre convinti di poter fare quello che vogliono senza pagarne le conseguenze! La loro spocchia boriosa è irritante… ma se pensa di trovare il tappeto rosso, beh si prepari a ben altra accoglienza!” disse Ananke con tono che sembrava infastidito. In realtà Ananke aveva un carattere non propriamente mansueto, dunque sembrava che, in realtà, ogni cosa al mondo gli desse fastidio. Seguirono alcuni istanti di silenzio, poi disse “ Beh… in ogni caso ci penserà Daimasko a sistemarli tutti… e come al solito non dovrò combattere nemmeno stavolta”. “Non dirlo come se ti dispiacesse, vecchiaccio! Alla tua età è meglio che ti riposi!” disse la voce di un altro guerriero con tono volutamente provocatorio. Ananke si voltò di scatto verso colui che aveva parlato “Sei il solito maledetto insolente! Secondo me il fatto che io ti abbia nominato guardiano del quarto portale malgrado tu sia giunto qui da pochissimo tempo rispetto agli altri ti ha portato un po’ a montarti la testa! Maledetta scimmia!” imprecò Ananke. La figura chiamata in causa assunse un’espressione divertita, o almeno questo si poteva intuire dal taglio che avevano preso i suoi occhi. Non c’era che dire: gli piaceva troppo stuzzicarlo! Al fianco di questi apparve un’altra ombra. Sembrava essere in rapporto molto intimo con colui a cui Ananke si era rivolto. Il suo modo di appoggiarsi a lui, quasi strusciandosi non faceva nulla per celare la loro natura di amanti. “Beh, Ananke… se lo hai fatto è unicamente perché Bardack è il migliore! Noi saiyan siamo molto rapidi nel progredire, e non si può certo dire che, a dispetto del fatto che fosse ritenuto un guerriero di livello inferiore, avesse un potenziale non da poco… del resto la forza di nostro figlio Kakaroth e sotto gli occhi di tutti, per non parlare di Tzukin… Radish purtroppo è stato penalizzato dal fatto di aver vissuto sotto il giogo di Freezer per gran parte della sua esistenza, e questo ha finito col penalizzarlo, poverino!” disse la donna, il cui nome era Mellon, la compagnia di Bardack. Ebbene si, il guardiano del quarto portale altri non era che Bardack, il padre di Goku. Era stata proprio la sua ultima azione in vita a salvarlo dall’inferno, in quanto, essendo venuto a conoscenza del destino del pianeta, avrebbe benissimo potuto fuggire da Vegeta prima che questi venisse distrutto da Freezer. A quel punto sarebbe stato uno scherzo per lui far perdere le proprie tracce nella sterminata galassia. Eppure non lo aveva fatto.
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Il desiderio di salvare il suo popolo aveva prevalso, e la sua morte era dovuta unicamente ad un atto di eroismo. Ovviamente però, avendo ucciso molte persone (ma mai dei civili innocenti, il che lo aveva messo in una posizione di privilegio rispetto, ad esempio, a Vegeta) non poteva andare essere mandato in Paradiso, pertanto era stato mandato nel Limbo, dove era riuscito a mettere a frutto le proprie doti guerriere al punto da divenire presto il più forte guerriero del luogo dopo Ananke. “Comunque non credo che dovremmo combattere nemmeno noi… del resto nessuno è mai riuscito ad arrivare al quarto portale… colpa della nostra cara Anja che ha sempre battuto i pochi che sono riusciti a raggiungere sino al terzo.” Commentò Bardack. Anja, ovvero la donna che per prima si era rivolta ad Ananke, si rivolse al saiyan e disse “Non capisco come voi saiyan possiate trovare piacere nella lotta… io se fosse possibile eviterei di farlo, ma non posso sfuggire alle mie responsabilità, dunque… se proprio dovessero riuscire a battere Dai-chan e Shadow, beh, li fermerò, come ho sempre fatto” disse la donna. Bardack ridacchiò, più che altro per l’appellativo con cui Anja parlava di Daimasko, di cui era molto amica. Del resto… chiamare Dai-chan un energumeno di quattro metri era quantomeno singolare!
Nel frattempo Kaiohshin e gli altri erano giunti in un ampio spazio circolare, una vera e propria arena naturale circondata da pareti di roccia. Di fronte a loro stava il primo portale. I quattro non ebbero nemmeno il tempo di chiedersi dove si trovasse il guardiano che la terra sotto di loro cominciò a tremare leggermente. Da una caverna al lato destro del portale uscì un individuo enorme, alto almeno quattro metri e completamente ricoperto di pelo. Era vestito con pelle di animale e si reggeva in piedi come un uomo, sorretto da delle gambe forti e grosse come tronchi d’albero. Era massiccio e imponente, e stringeva nella mano destra un martello di dimensioni colossali, che però reggeva senza alcuno sforzo. Il suo viso era quello di una bestia, con gli occhi neri dall’espressione minacciosa, con delle corte zanne nella parte inferiore della dentatura, simili a quelle di un cinghiale. “Sei tu il guardiano di questo portale?” chiese Kaiohshin. “Si! Sono io!” rispose “Il mio nome è Daimasko! E vi voglio dare un consiglio… voltatevi e andate via!”. “Modera il linguaggio, bestione! Stai parlando con…” abbozzò Darbula. “So benissimo di chi si tratta! Lei è Kaiohshin il Superiore… ma questo non cambia le cose! Non le permetterò di passare… a costo di arrestare il vostro incedere attraverso la rottura delle vostre gambe!” tuonò Daimasko con tono minaccioso. Kaiohshin non si fece intimidire e mosse un passo in avanti “Questa suona come una sfida… bene! In questo caso ti batterai con me!” asserì la divinità. “Posso aiutarla se vuole” si offrì Pai Ku Han. Kaiohshin scosse la testa “Non sarebbe giusto… lui è da solo… pertanto preferisco affrontarlo uno contro uno! E per favore, finiscila di essere così apprensivo! Non è che non me la sappia cavare proprio per niente, eh!” disse con un sorriso Kaiohshin. Quindi si voltò nuovamente verso Daimasko mettendosi in posizione di guardia. “Molto bene! Possiamo cominciare!”.
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EPISODIO 112: IL MALE CHE E’ IN ME
“Dove mi trovo?” pensò Piccolo “E soprattutto… perché?”. Tutto quello che il namekiano ricordava era di essere stato colpito da Arier allo scopo di rompere la stasi tra i propri due ki all’interno del proprio corpo, e ora si ritrovava in tutto altro posto. Lo smarrimento era tale da impedirgli di riconoscere un luogo a lui sin troppo familiare, ma la cui vista lo sconcertò ulteriormente. Era il Palazzo di Dio. “Non può essere! Questo edificio non dovrebbe più esistere! E’ stato distrutto durante la battaglia contro gli uomini di Cooler! Eppure sembra in condizioni perfette!” pensò Piccolo. Il namekiano sollevò lo sguardo al cielo… e ulteriore confusione iniziò ad aleggiare nella sua mente. Era un cielo verde chiaro, del tutto diverso da quello azzurro tipico della Terra. Allo stesso modo del palazzo, anche quel cielo risultava sin troppo familiare a Piccolo. L’alieno corse ad affacciarsi ai bordi della reggia e vide come i sui sospetti fossero fondati. Malgrado questo, la cosa non poté che lasciarlo incredulo. Quelle case, quegli isolotti e quegli sconfinati specchi d’acqua erano assolutamente inconfondibili. “Namek? Che significa?” si chiese Piccolo scuotendo la testa come a volersi liberare da un’illusione. Quanto aveva di fronte agli occhi era del tutto privo di senso. Un rinato Palazzo di Dio che si affacciava su quello che aveva tutta l’aria di essere Namek. “Il tuo smarrimento è comprensibile!” disse una voce che fece sussultare Piccolo. Allo scandire di quelle parole il cielo venne seduta stante ricoperto da nuvole blu scuro, che lo oscurarono completamente. “Questa è la tua mente, Piccolo! E’ dunque ovvio che essa assuma la fisionomia dei luoghi maggiormente radicati nella tua memoria!” spiegò la voce misteriosa. “Tu sei… padre!” esclamò Piccolo. “Vedo che almeno la mia voce te la ricordi… indegno figlio! In compenso ti sei totalmente scordato quanto questa voce ti disse il giorno stesso in cui sei nato!” rispose la voce. In quell’istante, sospeso in aria, con le braccia incrociate apparve la figura di Piccolo Daimao (per distinguerlo da Piccolo da questo momento lo chiameremo solamente “Daimao” NdAutore), il padre di Piccolo ucciso da un giovanissimo Goku decenni prima. Aveva, tuttavia, qualcosa di diverso: sia il vestiario che la pelle erano di un uniforme colore nero… era come avere di fronte un’ombra. “Cosa significa? Che ci fai tu qui?” chiese Piccolo. “Non me ne sono mai andato… anche se, effettivamente, avrei preferito sparire per sempre, piuttosto che rendermi conto dell’aborto che ti sei rivelato! Tu sei il contrario di tutto quello che io speravo che fossi! Avresti dovuto uccidere Goku e sottomettere il pianeta! E invece… Guarda cosa sei diventato! Sei un errore!” spiegò con disprezzo Daimao. Piccolo non si fece toccare dalle parole del padre, tali frasi non potevano certo sorprenderlo “E ne sono felice! A differenza tua io ho saputo riconoscere i miei sbagli, e ho avuto l’umiltà di tornare sui miei passi! Comunque è totalmente inutile che tu te la prenda con me! Non te l’ho chiesto io di generarmi! L’errore è stato tuo! La colpa è unicamente tua! Pertanto, ti sarei grato se mi lasciassi in pace, per sempre!” rispose il namekiano. “E’ vero… l’errore è stato mio! Un errore a cui finalmente, dopo anni in cui sono stato relegato nei meandri più remoti della tua persona, succube impotente della tua volontà, mi trovo nelle condizioni di poter correggere!” disse Daimao. “Spiegati!” lo esortò irritato Piccolo. “Quello che tu ti trovi ad essere in questo momento è la quintessenza del Ki che, a tuo modo di vedere, è quello positivo… mentre il ki demoniaco è concentrato in me! Attraverso la condensazione della tua originaria essenza di demone ho potuto assumere forma concreta al tuo interno! Questa è una battaglia tra l’essenza del dio della Terra radicata in te, e quella di demone che io rappresento! Sarà questo scontro a stabilire quale delle due nature avrà il sopravvento! Quindi, eliminandoti, tornerò finalmente a nuova vita con una potenza illimitata, e potrò riprendere da dove avevo interrotto il piano che, scioccamente, mi ero illuso potessi perseguire tu! Sto parlando della sottomissione non solo della Terra, ma dell’intera galassia! Io e la mia schiera di demoni assoggetteremo le quattro galassie trasformandole in un universo di oscurità! Nessuno potrà fermarci stavolta! Nemmeno Goku!” esclamò Daimao lasciando chiaramente trasparire il proprio entusiasmo con gesti enfatici e con un tono di voce esaltato. Piccolo rimase sorpreso: quando era stato messo in guardia da Arier sul fatto che sarebbe stato chiamato ad una lotta interiore per far prevalere il bene in lui non pensava certo che avrebbe dovuto combattere concretamente contro la propria parte malvagia, che aveva le diaboliche sembianze di suo padre. Piccolo ridacchiò. “Cos’hai da ridere? Sei impazzito forse?” chiese, sorpreso, Daimao. “Hehehe! Sai… mi sento sollevato! Il mio timore più grande era quello di non poter essere arbitro del mio destino! Di dover attendere gli esiti dell’operato di Arier senza poter fare nulla per favorirne un epilogo piuttosto che un altro! E invece è tutto fondamentalmente semplice! Io ti elimino, e fine dei giochi!” disse Piccolo. Daimao scosse la testa con aria divertita, a quanto pare il proprio figlio stava sottovalutando la portata dell’impresa a cui era chiamato. “Tra dire e il fare… c’è di mezzo il mare! Un mare di sangue! Del tuo sangue! “ urlò Daimao espandendo la propria aura di un intenso colore porpora. Piccolo rimase basito “ Che cosa? E’ pazzesco! Mio padre non dovrebbe assolutamente essere così potente! Quando Goku lo uccise la sua forza era molto inferiore a quella di Radish! Adesso invece…” pensò l’alieno, che tutto si aspettava meno che il proprio avversario manifestasse un potere di tale entità. Daimao si lasciò andare ad un ghigno malefico “ Non te lo aspettavi, vero? In questi anni, accrescendo la tua potenza, hai nutrito anche me, che vivevo in te! Io possiedo tutto il potere del tuo Ki demoniaco! A ciò è dovuto il mio colore d’ebano! Alla concentrazione di potere oscuro che ho assimilato in tutti questi anni, e che ora posso utilizzare contro di te! Pertanto dimenticati che battermi possa essere una passeggiata! I nostri poteri sono identici! Tutto dipenderà dall’abilità di chi, tra noi, saprà mettere meglio a frutto le proprie risorse!” disse il diabolico padre di Piccolo, portando indice e medio della mano destra all’altezza della fronte. Piccolo rimase in silenzio. A quanto pare lo scontro assumeva una piega inaspettata, e avere la meglio su suo padre non sarebbe stato affatto semplice come pensava. Daimao iniziò a catalizzare il proprio potere nelle due dita, pronto ad eseguire un colpo che Piccolo riconobbe subito. Oltre alla sua potenza, Daimao era dunque riuscito ad acquisire anche le sue tecniche? “Makankosappo!!!!” urlo Diamao scagliando il proprio attacco perforante contro il figlio. Con grande stupore di Daimao, però, Piccolo si limitò a protendere il palmo della mano innanzi a se, fermando il colpo senza particolari difficoltà. “CHE COSA?” urlò Daimao indietreggiando sconvolto dalla facilità con cui Piccolo si era difeso. “Mi dispiace deluderti, padre… ma il bene e il male dentro di noi non sono affatto in equilibrio! Questo perché, prima di ricongiungermi a Dio, ho assimilato un altro namekiano di nome Nail… e lui era un guerriero di valoroso, e che condivideva con me gli ideali che la mia forma attuale rappresenta! Ed è proprio la sua presenza a far pendere l’ago della bilancia in mio favore! Tu sarai anche forte! Ma io lo sono molto di più!” disse il namekiano per poi sparire con la super velocità per poi riapparire dinanzi al padre e colpirlo con un potente diretto allo stomaco che lo fece piegare in due dal dolore.
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Quindi eseguì una torsione del corpo centrando in pieno il genitore con un calcio rotante in pieno volto scagliandolo all’indietro. Non pago, Piccolo allungò il braccio di molti metri afferrando Daimao per la caviglia, quindi si lasciò cadere dal palazzo di Dio approfittando dello slancio per sbattere il genitore al suolo da un altezza siderale. L’impatto fu violentissimo e Daimao emise un conato di sangue. La sua spina dorsale fu devastata dalla violenza della collisione con il suolo. Piccolo sapeva che il genitore avrebbe potuto ricorrere all’abilità rigenerativa, ma era anche consapevole che gli ci sarebbe voluto qualche istante, un tempo che Piccolo non sarebbe stato disposto a concedergli. Il namekiano concentrò la propria aura nel palmo della mano, pronto a scagliare un colpo dalla potenza micidiale contro il genitore. Daimao sembrava del tutto inerme, e in quelle condizioni subire un colpo di tale potenza gli sarebbe certamente stato fatale. Malgrado la potenza di Daimao, lo scontro tra lui e Piccolo si stava avviando ad un rapido epilogo in favore del figlio. “Non sono ancora finito!” urlò Daimao per poi scagliare un potente raggio di energia dalla bocca contro Piccolo, il quale però non se ne preoccupò, scagliando la propria Barukimaha contro il padre. Le due onde di energia si scontrarono, e subito risultò palese come non ci fosse confronto tra le due potenze: il colpo di Piccolo si dimostrò decisamente più potente e, inesorabilmente, si avvicinava al Daimao, pronto a travolgerlo. “Arrenditi, padre! Ti sono superiore sotto ogni aspetto! Questo scontro non ha senso!” disse Piccolo mentre il suo colpo si apprestava ad abbattersi su Daimao. Ad un tratto però, Piccolo fu colto da un mancamento… sentì le forze abbandonarlo inspiegabilmente per alcuni istanti, sufficienti però per permettere al colpo di Daimao di ribaltare la situazione di svantaggio nei confronti della Barukimaha di Piccolo e sfrecciare contro il namekiano, centrandolo in pieno alla spalla. Piccolo stramazzò al suolo, tenendosi la spalla destra con la mano sinistra. “Ma… cosa è successo?” si domandò Piccolo. Solo in quel momento si accorse come la mano destra stesse assumendo una tinta più scura rispetto al resto del corpo, e lo stesso stava accadendo alla spalla colpita. Era come se Daimao lo avesse avvelenato… ma come? “Hahaha! Stavi dicendo, figliolo?” fece con sarcasmo Daimao rialzandosi. “Che cosa mi hai fatto?” chiese Piccolo furibondo. Daimao sorrise perfidamente “Non ci arrivi? L’essenza che rappresenti è pura luce! E l’oscurità del mio Ki la contamina… la corrompe, inficiandone l’intensità! Hai commesso un grave errore parando il mio Makankosappo prima! Perché sei riuscito si a impedirgli di ferirti, ma non hai potuto evitare ad esso di penetrare attraverso i pori della tua pelle!”. “Devo dunque stare attento a non farmi colpire dai suoi attacchi di energia…” pensò Piccolo, che si rese conto come ciò rappresentasse un’ulteriore complicazione nel proseguo dello scontro. “Oramai sei spacciato! La negatività del mio Ki ti consumerà come un morbo, fino a quando la tua forza non sarà del tutto convertita in essenza demoniaca, che a quel punto potrò far mia assimilandoti completamente! E’ solo questione di tempo! Siccome, però, detesto aspettare… darò un’accelerata alla cosa continuando a colpirti!” disse Daimao per poi scagliarsi contro Piccolo, che nel frattempo si era rialzato. Il namekiano si mise in posizione di guardia, ma si rese subito conto di non riuscire a muoversi come voleva. Come se non bastasse la sua vista era sfuocata, e tutti i suoi sensi si erano notevolmente indeboliti. Si sentiva davvero male… e contrastare suo padre in quelle condizioni sarebbe stato un impresa impossibile. L’attacco di Daimao, infatti, non trovò alcuna opposizione degna di tal nome e i suoi artigli affondarono sul braccio sano di Piccolo, preposto ad una disperata difesa, mentre con l’altra mano affondò le unghie sull’addome del figlio. Dai punti in cui le dita di Daimao erano affondate fuoriusciva un sinistro fumo nero, segno di come, attraverso le ferite, il demone stesse ulteriormente contaminando il corpo del figlio, oramai impossibilitato a difendersi. Era dunque giunto lo scontro all’inevitabile epilogo di un ritorno di Piccolo, alla propria natura demoniaca?
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EPISODIO 113: CONTRO GOKUA E ZANGYA
Quando due titani si affrontano diventa inevitabile che essi finiscano, consapevolmente o meno, con il designare l’intero pianeta come campo di battaglia. Non c’era dunque da stupirsi se i guerrieri Z, impegnati nella lotta contro gli scagnozzi di Borjack, avevano finito con l’allontanarsi anche di diversi chilometri dal luogo dove aveva avuto inizio la battaglia. Gli spostamenti di Goten e Gokua risultavano particolarmente facili da ricostruire in quanto i letali fendenti del malvagio luogotenente di Borjack avevano fatto scempio di tutto ciò su cui si era abbattuta la propria mortifera spada. Fortunatamente, Goten non faceva parte della corposa lista di ciò che l’arma di Gokua aveva reciso, e la lama del diabolico guerriero si era dovuta accontentare di tagliare in due rocce, aprire profonde falde nel terreno e persino mozzare corpi nuvolosi, tanto era affilato quel maledetto strumento di morte. La consapevolezza di quanto avrebbe potuto rischiare se fosse stato colpito da quella spada sembrava, tuttavia, non inquietare particolarmente Goten, il quale ostentava tutta la propria tranquillità tenendo le mani inforcate nelle tasche dei pantaloni della tuta da combattimento arancione che indossava. Una quiete sorniona, non canzonatoria, più che altro un voler palesare all’avversario come lo scontro fosse completamente nelle mani del figlio di Goku. A rendere chiaro chi dei due fosse in vantaggio era il vistoso affaticamento palesato da Gokua. Quel guerriero dorato era sfuggito a ogni attacco sferrato dall’alieno dai capelli arancione, e lo aveva fatto senza mai dare l’impressione di fare sul serio, senza degnarlo nemmeno di un contrattacco. “Del resto… in ogni gruppo c’è una mela marcia!” commentò Goten. “Cosa dici? Ti prendi gioco di me?” rispose Gokua palesemente adirato. “So cosa ciò significhi meglio di quanto tu creda…dal momento che mi sono sentito nella medesima situazione per moltissimo tempo! Tu non sei allo stesso livello dei tuoi compagni!” lo accusò il secondogenito di Goku. “Non dire assurdità!” sbraitò Gokua attaccando Goten, tentando di colpirlo ancora una volta con la propria spada, con l’intenzione di tagliarlo a metà all’altezza della vita, ma al saiyan bastò fare un salto per evitare il colpo, per poi atterrare provocatoriamente sulla punta dell’arma, restando in equilibrio su di essa, sotto lo sguardo attonito del rivale. “Non puoi esserne realmente inconsapevole! Per me la tua è solo paura! Paura di metterti in discussione, e di riconoscere che, dopotutto, non sei nulla di speciale come guerriero!” disse ancora Goten. Gokua non rispose, si limitò a ritrarre bruscamente la spada obbligando Goten a scendere da essa, quindi cercò di colpire nuovamente il Super saiyan di secondo livello con la propria spada, ma stavolta il colpo non venne evitato da Goten, bensì bloccato. La lama della spada era stata bloccata tra l’indice e il medio del guerriero dorato. “Bastardo! Lascia la mia arma!” urlò Gokua, senza però riuscire a smuovere di un millimetro la propria spada. Con una semplice torsione del polso Goten spezzò in due la spada di Gokua, per poi contrattaccare colpendo l’alieno con un violento pugno all’addome, facendolo piegare in due dal dolore. Goten rimase ad osservarlo accasciarsi per terra, il colpo era stato violentissimo, e il seguace di Borjack non riusciva nemmeno più a respirare. Il figlio di Goku scrutava il proprio avversario con i suoi occhi smeraldini, in totale controllo della situazione. L’espressione del guerriero di secondo livello era tuttavia seria, per nulla rilassata. Qualcosa non tornava nella piega che la situazione stava assumendo, e l’esperienza aveva insegnato a Goten come, in certe circostanze, fosse consigliabile non abbassare la guardia. “No, non ci credo! Per quanto sia accettabile l’idea che in un gruppo vi sia un membro più debole rispetto agli altri, non mi spiegherei come Borjack possa aver mantenuto al proprio fianco uno come te se questo fosse realmente il massimo che sei in grado di fare! Ho percepito la forza dei tuoi compagni e, per quanto mi costi ammetterlo, penso che difficilmente avrei la meglio anche contro uno solo di loro! Pertanto credo che nemmeno tu stia facendo sul serio! Non aspettare dunque che si presenti un’occasione propizia per sfoderare il tuo asso nella manica! Perderesti solo tempo dal momento che non sto aspettando altro!” disse il saiyan. Gokua ridacchiò mentre lentamente si rialzava “Bravo! Sei un tipo perspicace! Hai indovinato su tutta la linea! Fossi in te però non avrei così tanta voglia di scoprire la reale entità dei miei poteri, dal momento che ciò coinciderà con la tua dipartita! Se però hai tanta fretta di morire… io non ho alcun interesse a dissuaderti da tale proposito!” disse l’alieno. Il medaglione che Gokua portava al collo iniziò a brillare intensamente di una luce verde abbagliante. “Sta attingendo a un potere particolare…” constatò tra se e se Goten. La pelle di Gokua assunse una tinta più chiara, e la sua muscolatura crebbe esponenzialmente, al punto da ridurre a brandelli la parte superiore del proprio vestiario, e la sua capigliatura color arancione assunse una tinta scarlatta. “Molto bene! Ora possiamo fare sul serio!” affermò Gokua. Goten lo fissò in passibile, poi sorrise sornione “Pensavo peggio…” pensò tra se e se.
Nel frattempo, molto distante dal luogo in cui Goten e Gokua si stavano scontrando, anche Zangya ed Elore si stavano cimentando in un violento corpo a corpo. I colpi si susseguivano con una ferocia che sarebbe stata insospettabile basandosi solamente sul fisico delle due guerriere. I loro colpi risuonavano come tuoni nei cieli della vallata che sorvolavano. Elore stavolta aveva deciso di non ricorrere alle proprie facoltà evasive, aggredendo invece Zangya sin dalle prime battute dello scontro con violenti pugni e calci, sferrati a piena potenza concentrando le molecole d’aria di cui la zefiriana era composta in modo di renderli il più efficaci e letali possibili. Non senza provare un senso di sorpresa, Elore si rese conto di come la seguace di Borjack riuscisse a difendersi con disinvoltura e a contrattaccare con una prontezza tale da mettere in difficoltà la compagna di Arier. Lo scontro, tuttavia, era da considerarsi praticamente alla pari, e nessuna delle due guerriere riusciva a mettere a segno un colpo. Nemmeno Zangya, infatti, riusciva a superare le difese dell’avversaria, cosa che la stupiva in misura ancor maggiore rispetto a quanto era rimasta sorpresa Elore, in quanto una tale resistenza era qualcosa che andava totalmente contro ogni previsione che Zangya avesse potuto prendere in considerazione dopo aver percepito l’aura della zefiriana, decisamente inferiore alla sua. “Devo ammettere che sei riuscita a sorprendermi! A quanto pare sei molto più forte di quanto immaginassi! Sei un’avversaria temibile… lo devo riconoscere” disse Zangya, sorpresa ma non spaventata. “Hehe! Anche tu picchi duro, dolcezza! Non ho mai incontrato una donna tanto forte in tutta la mia vita terrena e postuma!” rispose Elore. “Ah… quindi anche tu sei una defunta! Come me!” osservò Zangya. “Si… però io sono una brava ragazza! Vengo dal Paradiso!” rispose Elore con un sorriso irridente e provocatorio. Zangya ghignò “Non ho mai sopportato i bravi ragazzi…”. Elore a quel punto si fece seria “Stai mentendo”. La sicurezza con cui la zefiriana aveva pronunciato quelle parole aveva lasciato Zangya interdetta, aveva tutta l’aria di qualcuno che parlava con cognizione di causa. Zangya si scosse. Che sciocchezze andava a pensare? In che modo Elore avrebbe potuto conoscerla? Era semplicemente una ficcanaso restia a farsi i fatti suoi e che si atteggiava a saputella. “Tu non sai nulla di me!!!” urlò Zangya protendendo le dita verso Elore, avvinghiandola nei suoi filamenti. “Presa!” esclamò Zangya con tono trionfale.
I fili di energia della donna avevano completamente immobilizzato la zefiriana, che non riusciva più a muovere un muscolo. “Sei spacciata! Nessuno può sfuggire alla mia morsa! Dovresti essere molto più forte di così per riuscirci! Anche fossi potente quanto me non avresti nessuna possibilità di cavartela! Dimenati finché vuoi, ma non riuscirai a spezzare questi fili!” esclamò compiaciuta Zangya. Elore era rimasta per un attimo sorpresa dalla tecnica dell’avversaria, ma non sembrava affatto in preda al panico, anzi, fissava i fili di Zangya con aria incuriosita, con i suoi grandi occhi azzurri dall’aria ingenua, come una bambina sopra la quale fossero cadute delle stelle filanti. “Davvero una bella tecnica! Raffinata ed efficace! Hai stile, Zangya!” disse Elore con tono tranquillo, per poi fissare negli occhi Zangya “Sei la seconda persona che incontro che la utilizza”.
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“Ah si?” chiese sorpresa Zangya. Era la seconda affermazione strana di Elore nel giro di pochi istanti. Quella dei filamenti di energia era una tecnica tipica di Borjack, era stato proprio lui ad insegnargliela. Come era dunque possibile che Elore la conoscesse? Zangya si irritò, con Elore ma principalmente con se stessa “Si sta divertendo a confondermi! E io mi sto facendo suggestionare come una cretina! Provo biasimo per me stessa! Che cosa mi succede? Da quando sono diventata così credulona?”. In preda all’ira, Zangya strinse la morsa dei filamenti su Elore la quale assunse un’espressione sofferente “Ahia! Stronza! Mi fai male!” si lamentò la zefiriana con tono indispettito. Zangya ringhiò “Sono stufa del tuo atteggiamento! Sei l’avversaria più irritante che abbia mai incontrato! Possibile che non riesca nemmeno a patire seriamente ne a provare paura per una fine oramai inevitabile? Sei stupida fino a questo punto?”. “Ehi piano con le offese tu! Io non ti ho fatto niente!” rispose Elore “E poi io non sono affatto spacciata! E ora te lo dimostro!”. Zangya scoppiò a ridere “Hahaha!!!! Ma come te lo devo dire che i miei fili non possono essere distrutti? Più ti agiti e più la morsa si stringe! Essi traggono forza dalla stessa energia che tu vorresti usare per forzarli!”. “Ma chi ha parlato di romperli?” chiese Elore con un sorriso furbetto, per poi ridurre la densità delle proprie molecole rendendosi eterea. Diventata praticamente aria, per la zefiriana non fu difficile divincolarsi dalla morsa dei filamenti di Zangya. “Cosa? Che succede? Come mai i miei fili non riescono a fare presa su di lei?” pensò la zardiana incredula. Lo stupore di lei fu ancora maggiore quando Elore svanì completamente. “E adesso??? Dove è andata?” pensò Zangya mentre si guardava intorno. La zefiriana, dopo una fase di studio, aveva dunque deciso di ricorrere ai propri poteri più caratteristici, quelli che contro i guerrieri Z l’avevano fatta sembrare imbattibile, prima che Pan e Bra ricorressero alla fusion. “Visto che prima mi hai insultata senza motivo…” disse Elore, materializzatasi sopra Zangya, che nel sentire la voce della zefiriana si era voltata nella direzione da cui essa proveniva “…ora mi tocca farti molto male! Così almeno avrai una motivazione valida per avercela con me? Capisci, no?” disse Elore gettandosi in picchiata contro Zangya, mantenendo le punte dei piedi protese in avanti, quindi prese a girare vorticosamente centrando la zardiana in pieno addome. Elore si era trasformata in una vera e propria trivella d’aria che spingeva Zangya verso il basso mentre le infliggeva a ripetizione ferite da taglio alla pancia. L’impatto col suolo fu violentissimo e sollevò un’immensa coltre di polvere e frammenti di roccia. Elore si alzò in volo e rimase ad osservare il punto dell’impatto. “Se devo essere sincera pensavo di ottenere dei risultati migliori… invece Zangya ha incassato questo attacco riportando danni relativamente lievi… è davvero molto potente” pensò tra se e se Elore. Come la zefiriana aveva preventivato, Zangya riemerse rapidamente dalla polvere pronta a ricominciare la lotta. “Usa pure tutti i trucchetti che vuoi! Ma io sono più forte! E la vittoria spetta a me! E’ solo questione di tempo!” affermò Zangya con somma sicurezza. Elore da parte sua non disse nulla. Era molto meglio concentrare le proprie attenzione al come contrastare la controffensiva della guerriera dai capelli arancione, che si preannunciava più che mai violenta.
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EPISODIO 114: INCONTRO COL DOTTOR GERO
“Quando un leone pregusta di affondare le proprie zanne sulle carni di una gazzella, di certo non si cura dei topolini che fuggono…” commentò Babidy osservando nella propria sfera di cristallo come Videl, Crilin e Tenshinhan fossero ormai giunti nelle vicinanze della base. “Ce ne sbarazzeremo in fretta… dopotutto sono solo degli esseri umani! Non si tratta del genere di avversario da cui dobbiamo temere qualcosa!” disse il Dr.Gero affiancandosi al proprio alleato per osservare i tre intrusi che, atterrati nella vallata, cercavano l’ingresso della base. “Te ne occupi tu?” chiese Babidy ruotando gli occhi in direzione dell’ex scienziato del Red Ribbon. “Perché? Tu che fai?” domandò Gero. Babidy iniziò a camminare in direzione dell’uscita della stanza dove si trovavano mentre parlava “Mi ritiro nelle mie stanze a guardare come se la cava Borjack! Di fronte ai miei poteri quei tre esseri umani non sono che insetti! Me ne libererei in un istante, e ti toglierei tutto il divertimento! In ogni caso, se le cose dovessero prendere una piega imprevista, vedrò di darvi una mano! Ma spero proprio che tu non ne abbia bisogno!”. “Molto bene… in ogni caso ci penseranno C-24 e C-25 ad aiutarmi! Anche se penso che potrei batterli anche da solo quei tre bambocci!” annuì Gero. Babidy sogghignò “Bene… in ogni caso assieme a loro c’è anche Yamcha… io lo avrei anche risparmiato per altre evenienze, ma mi sembrava così ansioso di rivedere i suoi vecchi amici che non me la sono sentita di dirgli di no! Hehehe!”.
“Da questa parte!” urlò Tenshinhan, rivolgendosi a Crilin e Videl. I tre terrestri si erano sparpagliati in quella vasta vallata alla ricerca dell’entrata della base del Dottor Gero e di Babidy, e a quanto pare l’ex discepolo della scuola della gru era riuscito a trovarla. “Spostandoci così velocemente non è stato difficile metterla a setaccio…” commentò Videl. Tenshinhan batté con il piede sul terreno sottostante sentendo un rimbombo, che tradiva come sotto di esso vi fosse scavato un tunnel. Quindi protese il palmo della mano verso il basso, scagliando un ki blast e aprendo un varco nel suolo. Il terrestre sorrise, non si era sbagliato. Una profonda galleria artificiale che si estendeva in profondità, verso il basso, si presentava dinanzi ai suoi occhi. “Ottimo! Andiamo!” disse Crilin, calandosi nel tunnel, seguito dai suoi due compagni.
Dopo essere scesi in profondità per diverse decine di metri essi giunsero alla pavimentazione della base, e innanzi a loro si presentava un lungo corridoio che conduceva ad una grande porta in metallo argentato. I tre terrestri si scambiarono un cenno di intesa ed iniziarono ad avanzare giungendo sino alla porta per poi varcarla. Il terzetto si ritrovò in una grande stanza al centro della quale era ubicata una scalinata, la quale sembrava condurre ad altre stanze sopraelevate. Prima ancora però che i terrestri potessero considerare l’eventualità di salire, una voce catturò la loro attenzione. “E così ci incontriamo di nuovo… cari Crilin e Tenshinhan…”. Sulla sommità dalla scalinata era apparso il Dottor Gero. “Tu!” ringhiò Crilin fissando Gero con aria minacciosa. “Per quanto riguarda la ragazza… non mi sembra di conoscerla! Molto carina devo dire…” constatò il malvagio scienziato leccandosi le labbra manifestando come la sua mente fosse in quel momento attraversata da chissà quali sordidi pensieri. “Fatti una doccia fredda, vecchiaccio! Vediamo se dopo che ti avrò ammazzato avrai ancora voglia di provocare!” urlò indignata Videl. Tenshinhan si voltò verso la propria compagna di battaglie, preoccupato da come essa si stesse lasciando provocare dal malvagio scienziato “Cerca di stare calma Videl”. Il Dottor Gero sorrise malvagiamente “Ah… vorresti ammazzarmi eh? Allora sei qui per combattere… sarà, ma con quella faccia mi sembri brava a fare ben altro…” sibilò lo scienziato passando allusivamente la propria mano a pochi centimetri dalla sua zona inguinale. “Ma come osi??? Iper flash!!!” urlò Videl scagliando il proprio colpo di energia contro lo scienziato malvagio. “No! Videl!” urlò Crilin, consapevole della mossa azzardata compiuta dalla figlia di Satan. Gero fissò con aria compiaciuta l’attacco di Videl avvicinarsi, quindi protese i palmi delle mani aperte innanzi a se. Il colpo della donna venne totalmente assorbito dal dispositivo del vecchio, lasciando completamente di stucco colei che lo aveva lanciato”. “Ma… cosa diavolo è successo?” esclamò Videl. “Devi stare attenta, Videl! Il Dottor Gero è capace di assorbire gli attacchi di energia dai palmi delle mani! E ciò lo rende ancora più forte!” spiegò Tenshinhan. “Dannato… mi ha provocata di proposito! Sono stata una sciocca!” pensò Videl tra se e se. “Grazie per la tua energia, cocca…anche se non era un granché! Non penso di essere diventato molto più forte con un attacco così debole!” commentò beffardamente il Dottor Gero. A quel punto Crilin fece un passo in avanti e disse “Lasciatelo a me! Per favore!”. “Vorresti affrontarmi da solo? Hahaha! Sei un povero pazzo!” lo derise Gero. Crilin strinse i pugni e fissò lo scienziato con un sorriso malvagio, come di colui che pregusta di consumare una vendetta attesa per molto tempo “Devo ringraziare il destino che mi ha dato l’opportunità di incontrarti! Finalmente potrò fartela pagare per tutto il male che hai fatto a C-18! E quando avrò finito con te toccherà anche a quell’altro pazzoide di Ghiller! Sempre che sia in giro anche lui…”. Il Dottor Gero rimase interdetto da una tale dimostrazione di sicurezza, e in parte intimorito dalla feroce determinazione del terrestre. Poi si ricompose… era assolutamente certo di non avere nulla da temere da lui. “Patetico… faresti molto meglio ad evitare di addossarti i panni del vendicatore da quattro soldi! Non sei in grado di sconfiggermi! E non solo… dovrai dimostrarmi di essere all’altezza di batterti con un cyborg quale io sono! Se vorrai misurarti con il sottoscritto dovrai prima sconfiggere i miei Saibarangers*!”. “Saibarangers?” chiese Crilin perplesso. Al comando del Dottore, cinque esseri minuti comparvero attorno a lui. Avevano l’aspetto dei saibaimen, ma si differenziavano da essi per la colorazione particolare. Solo uno di essi era del consueto colore verde, mentre gli altri erano rispettivamente: rosso, giallo, rosa e azzurro. “Sembrano dei Saibaimen…” constatò Tenshinhan. “Già… ma ho l’impressione che questi siano più forti…” ipotizzò Crilin. Il marito di C-18 non ebbe nemmeno il tempo di terminare la frase che il Saibaranger rosso si scagliò contro di lui ad una velocità sorprendente, colpendolo con una violenta testata allo stomaco, e schiantandolo contro una parete. “Crilin!” urlò Videl voltandosi verso l’amico, ma così facendo finì col distrarsi venendo a sua volta atterrata da un calcio volante del Saibaranger rosa. Tenshinhan, diversamente dalla donna, mantenne la concentrazione, preparandosi a fronteggiare l’attacco dei mostriciattoli. Quello azzurro tentò di colpire un terrestre con un’artigliata, ma il guerriero riuscì a bloccargliela, venendo però colpito dai lati dagli altri due Saibarangers rimasti. Ten viene così costretto ad abbandonare la presa, venendo colpito a sua volta dal Saibaranger azzurro. I tre cominciarono a picchiarlo dai vari lati, con il terrestre impossibilitato a difendersi da tutti contemporaneamente. Il Dottor Gero osservò lo spettacolo con aria tranquilla e rilassata “Come immaginavo… non valgono niente…” pensò tra se e se. In quel momento però, Tenshinhan venne circondato da un bagliore di luce, e lo stesso accadde per gli altri due terrestri. “Ma… che succede?” si chiese il Dotto Gero. Non appena il bagliore si diradò, i terrestri riapparvero con addosso i rispettivi Cyber Cloth. “Bene, ora comincia il secondo round…” disse Tenshinhan per poi spostarsi con la super velocità alle spalle del Saibaranger azzurro colpendolo con una Rock Dodompa da distanza zero, disintegrandolo, e lasciando di stucco il Dottor Gero. “Sembrano diventati improvvisamente più forti… dunque anche Yamcha doveva la sua forza in parte a quelle strane tute da combattimento…” pensò lo scienziato, per poi voltarsi, attirato dagli strilli di dolore del Saibaranger rosso. Quando lo scienziato ebbe posato lo sguardo sulla sua creatura, essa era però già stata tagliata in mille pezzi dalle lame di vento di Crilin. E dopo di questo, un rumore sordo… un rumore di ghiaccio che si spacca. Il Saibaranger rosa non aveva avuto nemmeno il tempo di emettere un fiato prima di essere congelato da Videl, e conseguentemente ridotto in frantumi. “Devo ammettere che li ho giudicati troppo precipitosamente… non sono troppo sicuro che riuscirei a sconfiggerli se li affronto insieme ora che utilizzano quelle armature” pensò Gero preoccupato.
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Oramai erano rimasti solo i Saibarangers verde e giallo, che indietreggiavano spaventati innanzi ai tre terrestri. Ad un tratto però un raggio di luce emerse dal pavimento avvolgendo Tenshinhan e Videl. “Cos’è questa luce?” chiese Vide guardandosi attorno. Crilin volse lo sguardo verso Gero per constatarne eventuali responsabilità, e trovò conferma di questa ipotesi nel vedere lo scienziato azionare un meccanismo nella parete di destra che delimitava le scale. Troppo impegnati a combattere, Tenshinhan e Videl non avevano potuto evitare di essere travolti dalla luce. Non appena la luce si diradò, i due terrestri erano scomparsi, e con loro i due Saibarangers superstiti. “Che cosa gli hai fatto???” urlò Crilin a Gero, il quale rispose “Li ho solo trasferiti in un’altra zona della base! Sai, cominciava a diventare troppo affollato qui!”. “Come ci sei riuscito?” chiese Crilin. “Diciamo che è una trappola che ho congeniato con l’aiuto di Babidy per i casi di emergenza! Comunque non preoccuparti, i tuoi amici sono in buona compagnia! Huhuhu!” ridacchiò lo scienziato. Crilin sorrise e avanzò verso Gero “Allora non hai capito…” disse il terrestre con tono flemmatico e tranquillo “…loro non sarebbero intervenuti! Perché il tuo solo e unico avversario sono io!”. Gero, si mise in posizione di guardia “Non montarti la testa, terrestre… con me non sarà facile come coi Saibarangers… e per C-18, anziché un vendicatore, sarai solo un caduto da rimpiangere”.
Nel frattempo, da tutta altra parte, all’interno della grande base, Tenshinhan e Videl si erano appena sbarazzati dei Saibarangers rimanenti, e cercavano di capire dove si trovavano. “Dove siamo finiti?” chiese Videl “Non ne ho idea… deve essere uno dei trucchi di quel maledetto dottore…” rispose Tenshinhan. Ad un tratto una voce li fece sussultare. “Videl! Tenshinhan!”. “Questa voce… Yamcha! Sei tu?” chiese Tenshinhan volgendo il proprio sguardo ad un angolo buio, dal quale, dopo pochi attimi, emerse parzialmente, ancora avvolta dalla penombra, la figura dell’amico. “Yamcha! Sei vivo!!!” esultò Videl. Yamcha sorrise sarcasticamente, e il sorriso di trasformò presto in una sonora risata “HAHAHAHA!!!”. Tenshinhan e Videl rimasero interdetti “Ma… Yamcha! Che hai?” chiese la donna, perplessa. Yamcha cessò di ridere e riprese a parlare “Ma certo… Yamcha! Il perdente… colui che non sa fare nulla! Che deve essere salvato dalla propria inettitudine! Questo avete sempre pensato di me! Confessatelo!” disse il terrestre con tono colmo di rancore. La figura di Yamcha emerse dall’ombra, e solo allora Tenshinhan e Videl poterono vedere la “M” sulla sua fronte, chiaro segnale di come oramai fosse diventato un seguace di Babidy. “Oh… no!” esclamò Videl, mentre Tenshinhan non disse nulla, ma si limitò a ringhiare la propria rabbia. Il treocchi non poteva però immaginare come per lui le sorprese non fossero ancora finite. Per la seconda volta nell’arco di pochi minuti, udì una voce familiare. “Perché fai così, Tenshinhan? Dovresti essere contento che il tuo amico sia diventato tanto potente! O hai rinnegato i miei insegnamenti al punto da farti scrupoli anche sul modo di conseguire il potere?”. “Non è possibile… ma…maestro!” balbettò Tenshinhan. Dall’ombra infatti emerse, nella classica tuta da combattimento di colore verde e giallo della scuola della Gru, l’omonimo eremita, il maestro di Tenshinhan. “Dunque anche lei è tornato dagli inferi? Allora perché non percepisco nessuna forza spirituale in lei?” chiese Ten. La risposta arrivò, ma non fu l’eremita della gru a rispondere, ma la voce di qualcuno che apparve dall’altra parte della stanza. Ancora una volta era una voce familiare. “Perché siamo cyborg… “ disse il nuovo arrivato. “Tao Bai Bai!” esclamò Tenshinhan riconoscendolo. Non era più il Tao Bai Bai parzialmente ricostruito che aveva incontrato al Tenkaichi di molti anni prima… aveva riacquisito le proprie sembianze originarie, chiaro segnale di come fosse stato trasformato in un cyborg con una tecnologia molto più avanzata di quella utilizzata dal Red Ribbon la prima volta. “Non rivolgerti mai più a me chiamandomi così… io ora sono il cyborg numero 25! E finalmente ho il potere di lavare col sangue l’onta del tuo tradimento!”
* I Saibarangers sono dei nemici tratti dal videogioco Dragon Ball Z Budokai 2 per Play Station 2.
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EPISODIO 115: KAIOHSHIN CONTRO DAIMASKO
“A prima vista sembra un bestione che basa il proprio stile di combattimento unicamente sull’uso della forza bruta! Ciò lo renderebbe un avversario non particolarmente difficile da affrontare per me! In ogni caso è meglio stare in guardia, ed evitare che lo scontro si trasformi in un combattimento ravvicinato! Non ci vuole un genio per capire che un mio pugno arrechi, rispetto ad uno suo, un danno alquanto differente” pensò tra se e se Kaiohshin fissando Daimasko. “Non nutro il desiderio di battermi contro di lei, Kaiohshin! Pertanto mi permetta di insistere! Desista dal suo proposito di varcare questa porta!” disse il guardiano. “Per essere un bestione sembra piuttosto ragionevole, e per nulla assetato di sangue! Chissà cosa avrà combinato in vita per finire nel Limbo! Ha tutta l’aria di essere un guerriero valoroso e leale… perché dunque l’accesso in Paradiso gli sarà stato precluso? Forse è solo apparenza?” pensò Pai Ku Han osservando la scena che gli si presentava innanzi. “Se il motivo che mi spinge a tentare questa impresa fosse futile me ne sarei già andato, credimi Daimasko! Tuttavia così non è, pertanto mi dispiace, ma a meno che tu non ti faccia da parte temo che lo scontro sia inevitabile…” rispose Kaiohshin. “E sia! Nulla di personale…” disse Daimasko per poi scagliare il suo possente martello da guerra contro la divinità. L’arma roteava ad altissima velocità contro Kaiohshin che si spostò rapidamente per evitarla. Non appena però l’arma lo ebbe sopravanzato, e la divinità ebbe tentato di localizzare nuovamente Daimasko, questi vide come il guardiano si fosse come volatilizzato. “Ma dove è andato? Si è spostato? Da non credere! E’ rapidissimo per la sua mole! Eppure l’ho perso di vista solo per un istante!” pensò Kaiohshin. Ad un tratto udì una presenza alle sue spalle. L’acuta divinità si rese conto della situazione in una frazione di secondo, e ciò risultò la sua salvezza. L’iniziale lancio del martello da parte di Daimasko era stato solo un diversivo. In realtà l’enorme guerriero aveva già previsto che Kaiohshin avrebbe evitato il colpo, e si era spostato dietro di lui, afferrando al volo la sua stessa arma, pronto a colpire alla schiena l’avversario con tutta la sua forza. Kaiohshin eseguì una rapidissima torsione del busto in modo da volgere le braccia in direzione dell’avversario, dunque con la sola forza del Ki si diede una spinta all’indietro, allontanandosi da Daimasko e, al contempo, allontanando quest’ultimo da se. Malgrado questo il martello del guardiano riuscì a colpire, sia pure di striscio, l’avversario. Il dolore che Kaiohshin provò gli rese chiara l’idea di quanto devastante sarebbe stato l’impatto se Daimasko lo avesse centrato in pieno “Ha una forza mostruosa! Ed è anche furbo e veloce! Non c’è che dire… il mio ritorno a combattere in prima linea è stato consacrato dall’incontro con un avversario degno di un Kaiohshin!” pensò la divinità, scagliata comunque a Terra dal colpo. Daimasko invece non cadde, riuscì con una piroetta a cadere in piedi, e la sua mole fece il resto, permettendogli di fare presa sul terreno in maniera salda. Il guardiano non era disposto a lasciarsi sfuggire la ghiotta occasione che gli si presentava di colpire l’avversario in un tale momento di vulnerabilità. “Kaiohshin! Signore! Stia attento!” urlò Pai Ku Han vedendo in pericolo la divinità, ma Darbula gli mise una mano sulla spalla allo scopo di tranquillizzarlo “Non preoccuparti! Quella vecchia canaglia non si lascia di certo battere con così poco !” disse con un sorriso divertito l’ex re dei demoni, mentre gli tornavano alla mente gli scontri avuti in passato con quello che in un certo senso era il suo rivale di sempre. Non era un caso se, quando aveva accettato di mettersi al servizio di Babidy allo scopo di aumentare la propria potenza, lo aveva fatto soprattutto in ottica di uno scontro con lui. Daimasko era pronto ad abbattere il proprio martello sull’avversario, il quale però sorrise con astuzia e protese la mano in direzione del guardiano. “Ma… cosa succede? Il mio… il mio braccio! Non riesco a muoverlo!” biascicò incredulo il guerriero, rendendosi conto di come ogni mobilità del suo arto anteriore destro fosse stata totalmente interdetta. “Ecco… finalmente comincia a fare sul serio…” commentò Darbula con compiacimento. Kaiohshin, senza variare la postura del braccio eseguì un leggero movimento di polso, indice e pollice, e così facendo ruppe in due il martello di Daimasko, con somma incredulità da parte di quest’ultimo. “Questa è dunque la formidabile abilità psicocinetica di Kaiohshin di cui mi avevi parlato, Darbula? Non c’è che dire! Non hai esagerato nel tuo tesserne le lodi” commentò Zeneyu. Pai Ku Han da parte sua, essendo l’unico a non essere al corrente delle facoltà della divinità, si limitò a tenere lo sguardo colmo di stupore, fisso sul duello. Kaiohshin si alzò in piedi e protese anche l’altra mano verso Daimasko, quindi allargò lentamente le braccia facendo in modo che Daimasko compisse lo stesso movimento. In quel modo aveva posto l’avversario in una condizione di estrema vulnerabilità, portando le sorti dello scontro palesemente a favore della divinità. Kaiohshin mosse lenti passi in direzione dell’inerme avversario, per poi colpire con un violento calcio la gamba di Daimasko facendo cadere in ginocchio il guardiano. Solo in quella situazione di totale sicurezza Kaiohshin ruppe il blocco psicocinetico allo scopo di poter attaccare a piena potenza l’avversario. La divinità colpì ripetutamente l’avversario sferrando degli attacchi a mani aperte che non toccavano direttamente il corpo del malcapitato, ma lo colpivano tramite l’incanalamento della potenza dell’aura. Dunque con una spinta più decisa Kaiohshin scagliò lontano da se Daimasko, il quale, stordito dai colpi, non riuscì a frenare l’inerzia dello spostamento andando a collidere contro una parete di roccia, che crollò seppellendolo. “Ora capisci perché, pur essendo sempre stato più forte di lui, ho sempre ritenuto Kaiohshin un avversario temibile?” chiese Darbula rivolgendosi a Pai Ku Han. “Che potere tremendo!” commentò in risposta il guerriero della galassia dell’ovest. “Basta così! Lo scontro non ha più ragione per continuare! Ho volutamente evitato i tuoi punti vitali, Daimasko! Se dovessi morire nuovamente trovandoti già nell’aldilà spariresti per sempre!” disse Kaiohshin. Per tutta risposta Daimasko espanse la propria aura scagliando lontane le rocce che in precedenza lo seppellivano. “Non sembra proprio una dichiarazione di resa…” commentò Zeneyu. “Ciò che dice mi è fin troppo chiaro, Kaiohshin! Ed è proprio per evitare che ciò possa accadere che non posso lasciarvi passare!” disse il guerriero. “Spiegati!” lo esortò Kaiohshin, incuriosito da quanto Daimasko aveva appena detto. “Il custode del secondo portale si chiama Shadow… ed è un assassino efferato e sadico! Che prova piacere nel torturare e uccidere chiunque gli capiti a tiro! Non mi capacito di come un simile individuo non bruci tra le fiamme dell’inferno! Ma questo è quanto! E concedervi di passare vorrebbe dire farvi finire tra le sue grinfie! Per questo sono deciso ad impedirlo con tutte le mie forze!” spiegò il guardiano. “Il tuo proposito ti fa onore, Daimasko! E io stesso non mi spiego, se la tua descrizione di questo Shadow corrisponde al vero, come mai si trovi qui e non negli inferi! Rivelandomi questo tuttavia non mi hai fermato! Anzi, in quanto divinità è mio dovere verificare se e come Enma possa aver commesso un errore tanto grossolano!” rispose Kaiohshin. Daimasko imprecò rabbiosamente quasi ruggendo, tradendo la propria natura di ibrido tra uomo e bestia “Lei non capisce! Se lei si batte con Shadow, morirà! Lui è molto più forte di me!” ruggì il guardiano. Kaiohshin sorrise “Beh… mi pare di averti dimostrato di essere pure io più forte di te! Questo dovrebbe tranquillizzarti!” disse la divinità. “Se mi convincerà della veridicità di quanto afferma la lascerò andare più serenamente! Ma quanto fatto finora non lo considero come una dimostrazione sufficiente! Sappia che non ha ancora visto tutto di me!” ribatté Daimasko per poi scagliarsi contro Kaiohshin. “Il suo senso del dovere gli fa onore, ma quanta testardaggine!” pensò la divinità preparandosi a riprendere il combattimento. Il guardiano si muoveva a zig zag, spostandosi rapidamente a destra e a sinistra mentre avanzava. “Fa così per impedirmi di inquadrarlo nel mio blocco psicocinetico! Non è certo un bisonte! Testardo si, ma abbastanza acuto dall’imparare una lezione quando la subisce!” pensò Kaiohshin. Oramai Daimasko era arrivato molto vicino a Kaiohshin e sferrò un pugno contro di esso, che però venne facilmente evitato dalla divinità spostando la testa “Questo modo di fare però ha delle controindicazioni! Allungare la traiettoria del proprio movimento rende l’azione più lenta, e da modo all’avversario di prevederla!” commentò tra se e se la divinità, che ora aveva l’addome di Daimasko ben esposto al suo contrattacco. “Ti ho in pu… ehi ma… cosa succede!?” sussultò Kaiohshin, che già pregustava la possibilità di sferrare il colpo risolutore, ma si rese conto che qualcosa non andava. Il proprio braccio era completamente ricoperto di una folta peluria, e penzolava inerte privo di forza. “Deve essere un potere particolare! Forse lo abbiamo sottovalutato!” commentò Darbula, per la prima volta preoccupato.
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“Dannazione!” imprecò Pai Ku Han. Zeneyu da par suo assisteva impassibile, come se la cosa non lo turbasse affatto. “Mi spiace Kaiohshin! Ma lei non è l’unico a possedere delle abilità particolari! Il mio pugno era una finta, uno specchietto per le allodole! Quello che realmente volevo era far cadere anche solo una ciocca della mia peluria su di lei!” affermò Daimasko, mentre i peli, dopo il braccio, cominciarono a coprire completamente il corpo della divinità, che sentiva tutte le proprie forze abbandonarla. “E’ un potere tipico delle creature della mia razza! Non appena il nostro pelo morto entra in contatto con il corpo di un essere diverso da noi, esso agisce come fosse vivo, attaccandosi ad esso e assorbendone l’energia spirituale! Questa lo alimenta, fino a che non ricopre tutto il corpo della vittima, svuotandolo completamente di ogni forza! Non c’è modo di invertire il processo! Mi limiterò a svuotarla del potere combattivo! Non voglio ucciderla, come ho già detto!” spiegò Daimasko, mentre Kaiohshin si era oramai trasformato in un ammasso di pelo. “Accidenti! Ha perso…” commentò Darbula mentre Pai Ku Han stringeva i denti colmo di disappunto. “Non ne sono convinto! Non scordatevi dell’altro potere che possiede Kaiohshin da quando si è unito con quel Kibith di cui mi hai parlato te, Darbula!”, l’ex demone fissò sbigottito colui che era stato il suo allievo, quindi volse di nuovo lo sguardo alla divinità dell’Est. “Ma sicuro! Non avevo considerato a cosa l’unione tra quei due potesse comportare! Non c’è che dire, sei uno che ascolta davvero bene, Zeneyu, se arrivi a ipotizzare cose che sfuggono persino a coloro che te le hanno raccontate in origine!”. Esattamente come aveva previsto Zeneyu, ad un certo punto la peluria cadde, come se si trovasse sospesa nel vuoto, e sotto di essa, Kaiohshin non c’era più. La divinità aveva utilizzato il teletrasporto! Daimasko non conosceva questa abilità e non si trovò preparato al contrattacco della divinità. Il guardiano si voltò ma non vide altro che Kaiohshin congiungere le braccia innanzi a se per poi scagliare una poderosa onda di energia azzurra contro di lui. Privo di ogni difesa Daimasko ne fu travolto in pieno e stramazzò al suolo, definitivamente sconfitto. “Sei… forte Kaiohshin! Hai vinto! E riconosco che potresti avere concrete possibilità contro Shadow! “ disse debolmente Daimasko. “Hai combattuto bene, Daimasko! E ti prometto che non mi farò ammazzare!” sorrise Kaiohshin. Daimasko sorrise di rimando. “Posso farti una domanda?” chiese la divinità. Daimasko annuì. “Come mai un guerriero valoroso come te non è stato ammesso al Paradiso?” domandò Kaiohshin. Daimasko rise debolmente “Veramente Re Enma mi aveva effettivamente mandato in Paradiso! Ma sono stato io a chiedere di venire qui!” spiegò il guardiano. “Che cosa???” domandò incredulo Kaiohshin “ E come mai??? “. Daimasko sorrise “Perché sono innamorato… e colei che amo trascorre l’eternità qui! E per me il vero Paradiso è stare dove c’è lei!”. A Kaiohshin luccicarono gli occhi “ Ma che bella storia! Devi amarla davvero moltissimo!”, “Puah… quante smancerie!” brontolò Darbula, buono si, ma sempre ex signore degli inferi, e molto poco avvezzo a certe storie sentimentali (almeno quando era nel pieno delle proprie facoltà. “Beh, che dire? Spero di poterla incontrare un giorno!” disse Kaiohshin. “Hehe! Lo auguro anche a voi! Anche perché la guardiana del terzo portale!” disse Daimasko. Il quartetto sussultò. “ Accidenti! Deve essere bella forte la tua donna!” commentò Kaiohshin che già si immaginava una specie di Daimasko truccato e vestito in abiti femminili, a prendere brutalmente il posto della leggiadra donzella che aveva fatto capolino nella propria mente in origine. “Beh perdonaci se non ci tratteniamo ulteriormente ad ascoltare tutte le qualità della tua ragazza ma abbiamo un po’ di fretta!” tagliò corto Pai Ku Han, anche lui poco avvezzo a faccende sentimentali. Il quartetto di guerrieri varcò quindi il primo portale, che conduceva alla seconda area di combattimento, dove avrebbero incontrato il famigerato Shadow.
KAIOHSHIN CONTRO DAIMASKO
Kaiohshin 350.000.000
Daimasko 400.000.000
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Originariamente Scritto da Uomo Tigre Visualizza MessaggioGrande!
Io mi ero fermato a leggere proprio al capitolo 103 perchè poi non ne trovai più su DBA!
Sono contento che il più grande scrittore di questo sito sia tornato a postare
Ti ringrazio! Sono lusingato!
Buon prosseguimento allora!
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Gaudio e tripudio!
Eh!? (n.d. tutti...)
Ehm..sono lieto ke abbia preso questa decisione! Ho molto apprezzato questa sua ff (ke tra l'altro mi ha dato il coraggio di provare a realizzare la mia)!
La trovo 1 opera suberba! 1 sublime capolavoro!
I miei migliori complimenti!sigpic
La mia FF (con riassunto) http://gamesurf.tiscali.it/forum/showthread.php?t=75487
Altre mie FF http://gamesurf.tiscali.it/forum/sho...42#post1433042
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