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Torneo di One Shot - Nuova Edizione

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  • #16
    Mi scuso con tutti, ragazzi .

    Non era affatto mia intenzione creare confusione .

    Parafrasiamo .


    "Tolleranza"

    Vantaggio o svantaggio?

    Capacità che permette di maturare e di creare una vita sociale oppure una caratteristica di coloro che non intendono sottolineare a tutti i costi il loro inquadramento mentale?

    Come detto, il lavoro non dovrà obbligatoriamente ricalcare in tutto e per tutto la nostra realtà; è sufficiente che ci sia una ricostruzione concettuale.


    @Gohan96

    Assolutamente sì (l'idea è molto stimolante).

    La diversità è soltanto il punto di partenza; ognuno è libero di analizzarlo secondo la propria chiave di lettura.
    sigpic

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    • #17
      Ricordo a tutti che entro domani vanno postati i lavori. Buon proseguimento.

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      • #18
        Originariamente Scritto da Majin Broly Visualizza Messaggio
        Ricordo a tutti che entro domani vanno postati i lavori. Buon proseguimento.
        Come entro domani? Ma non andrebbero postati entro venerdì?
        sigpic
        ~E' meglio esser odiati per ciò che siamo, che essere amati per la maschera che portiamo~

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        • #19
          Pardon, ero convinto che il 14 fosse giovedì scorso, avevo letto solo la data del post di grifis .
          Giusta correzionie, errore mio. Ancora due giorni.

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          • #20
            Interessante, mi sa che seguirò quest'edizione.
            Windmill windmill for the land Turn forever hand in hand
            Take it all there on your stride It is tickling fallin' down..
            Spoiler:

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            • #21
              Scusate, una domanda per la struttura, deve essere un capitolo solo, ok, ma può essere suddiviso in date?
              Per esempio può esserci una suddivisione:
              - 2000
              - 2001
              - 2002
              O non può esserci alcun tipo di suddivisione?
              Ho quasi ultimato ma mi è venuto questo dubbio (ma al limite non ci vuole niente a modificarla per togliere le suddivisioni)
              sigpic
              ~E' meglio esser odiati per ciò che siamo, che essere amati per la maschera che portiamo~

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              • #22
                Io personalmente non ho problemi. Vediamo cosa dicono gli altri.
                sigpic

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                • #23
                  Ho creato un testo di quasi 9000 caratteri, devo accorciarlo per forza?

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                  • #24
                    Caratteri o parole?
                    Non devi guardare il "Conteggio caratteri", devi guardare il "Conteggio parole" ^^
                    sigpic
                    ~E' meglio esser odiati per ciò che siamo, che essere amati per la maschera che portiamo~

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                    • #25
                      è che per vari motivi ho usato i pm per auto-mandarmi il lavoro e mi ha detto 9000 caratteri, quindi le parole saranno meno?

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                      • #26
                        La pigrizia dei binari

                        Ecco qui la mia storia. Se c'è qualche problema nella struttura dite pure e vedrò di modificare dove opportuno (mi riferisco alla divisione in tre date e in due tempi) ^^






                        La pigrizia dei binari


                        Faut-il réagir contre la paresse des voies ferrées entre deux passages de trains (Marcel Duchamp)
                        [E' necessario reagire contro la pigrizia dei binari tra due passaggi del treno]

                        Gennaio 2015

                        Fumo passivo.
                        I polmoni di Edera ringraziarono amorevolmente per quell'enorme massa di aria sporca e satura di polveri assassine che lentamente si stava spostando verso di loro, saturandoli. Tra un colpo di tosse e l'altro, la ragazza aveva il tempo di riflettere, mentre l'amica impassibile continuava a danneggiare le sue care fonti di respiro, incurante del danno che stava arrecando.
                        Che cosa simpatica, il fumo passivo! Paragonabile solo a quello schifo di società nella quale chiunque è costretto a vivere: non l'hai prodotta tu, non la vuoi, ma ti danneggia lo stesso. Davvero fantastico. Edera sbuffò, sistemandosi meglio contro al muretto della piazza, osservando, per almeno la ventesima volta nell'arco di un solo minuto, l'orologio che portava al polso. Era troppo presto. Quella dannata lancetta correva troppo lentamente, sembrava farlo apposta a non muoversi mai. In quei maledetti giorni Edera non si era preoccupata del tempo che scorreva. Lei e Miranda dovevano lavorare duramente; le ore, i minuti, i secondi, niente di tutto questo contava. Solo il guadagno, quel guadagno che avrebbe loro permesso di realizzare un sogno. Avevano faticato senza mai lamentarsi, si erano rovinate la mente ed il fisico, ma alla fine avevano comprato quel vecchio edificio, l'avevano ristrutturato e ammobiliato. Era tutto pronto. Quel sogno che Edera coltivava fin da quando aveva tredici anni stava per diventare realtà. Anzi, l'Accademia d'Élite era già una realtà, ora restava da fare il passo più grande e difficile. Cambiare quella società che la disgustava così tanto. Ma ce l'avrebbe fatta, lei e Miranda ce l'avrebbero fatta. Osservò la sua amica, chiedendosi se sarebbe stata abbastanza risoluta da mandare avanti il progetto. Alla fine sorrise, convincendosi che non esisteva il minimo problema. Miranda era una brava ragazza, ed in più aveva un grande carisma, sarebbe stata lei a tenere il discorso inaugurale. Anche se la maglietta rosa con la stampa di Hello Kitty un po' la sconcertava, sperava che nessuno degli ascoltatori ci facesse caso.
                        Un rumore di passi le fece voltare la testa ed un sorriso si allargò sul suo volto: Sara, con una maglietta rosa su cui capeggiava l'immagine di uno dei sette nani.
                        Bene, piano piano stavano arrivando tutti, per l'apertura dell'Accademia. Era un progetto ambizioso, ma forse fattibile. Bastava un po' di carisma e sarebbero riusciti a scovare i giusti. Dovevano esserci. In quello schifo di società dovevano esserci comunque dei ragazzi onesti. Anche pochi, se occorreva. Intanto loro erano in cinque. Non tantissimi, ma abbastanza per cominciare a diffondere il messaggio. Mattia arrivò poco dopo, in sella al suo inseparabile skateboard, e per ultimo anche Shutz si fece vedere, con addosso una felpa grigia più grande di almeno due taglie e l'I-pod a tutto volume. Adesso c'erano tutti, finalmente. Restava da aspettare che qualcuno rispondesse al loro invito. Tutti e cinque avevano fatto girare la notizia nelle loro scuole, erano sicuri che qualcuno sarebbe arrivato. Le loro speranze non furono deluse perché di lì a poco una piccola folla di ragazzi di età compresa tra i tredici e i vent'anni arrivò.
                        Tutti entrarono nell'Accademia e solo allora Miranda si decise a spegnere quella dannata sigaretta. Fece uscire uno sbuffo di fumo con un lungo sospiro. Ancora non riusciva a capire perché avessero voluto chiamarla “Accademia”. Quella non era una scuola, era solo un circolo. Un circolo esclusivo di cui facevano parte solo i migliori e da cui la feccia era esclusa. Ma, come al solito, Edera non era stata abbastanza risoluta e aveva voluto adottare un nome più “morbido”. Con rabbia Miranda si sistemò davanti alla folla di ascoltatori, sbuffando per la seconda volta. Nonostante Edera fosse la sua migliore amica, a volte davvero non riusciva a capirla. Che bisogno c'era di ammorbidire il concetto? Insomma, il loro scopo era cambiare la società e quale altro mezzo se non l'abbattimento di tutta la feccia che la riempiva?
                        Un terzo sbuffò diede inizio al suo discorso. Non era stato un problema prepararlo, era bastato occuparsi di stilare una breve scaletta, e per il resto si stava facendo guidare dall'ispirazione del momento. Il suo carisma faceva il resto, obbligando quasi ipnoticamente gli astanti ad ascoltarla. Non era difficile convincere quella pleblaglia, bastava infarcire i concetti di qualche bel giro di parole. Comunque nessuno avrebbe potuto dire che i loro ideali non fossero giusti. Che cosa volevano loro, in fondo? Che i valori tornassero ad occupare uno spazio importante nella società. Che l'onesta tornasse a far sentire la sua voce. Che le persone smettessero di pensare solo ai loro egoistici interessi per pensare di più al bene di tutti. Che tutti, giovani e vecchi, imparassero a prendersi le loro responsabilità, a fare il loro dovere senza scansare ogni problema, ogni colpa. Non le sembrava di chiedere qualcosa di difficile e di impossibile. Bastava eliminare la feccia.

                        Il tempo passò rapidamente, anche se purtroppo la maggior parte delle persone presenti se ne andarono non convinte. Solo circa una decina rimasero, affascinate dai discorsi di Miranda, conquistate dall'ideologia dell'Accademia. Era l'inizio di qualcosa di grande. Tutti se lo sentivano.
                        Nel giro di poco si tracciarono le linee guida dell'Accademia, sorretta gerarchicamente da cinque persone: Edera, Miranda, Sara, Mattia e Shutz. Gli altri erano comuni partecipanti, che si avviavano verso il percorso della moralità. Erano sicuri che avrebbero portato il loro messaggio a tutto il Mondo: l'onesta era l'unica vera base su cui costruire dei buoni rapporti umani, il mondo doveva cambiare, doveva imparare ad essere leale e onesto. Loro gliel'avrebbero insegnato.


                        Gennaio 2016

                        Ormai il movimento ha compiuto il suo primo anno di vita. Immagino che in quanto fondatrice dovrei esserne fiera. Eppure non riesco, intuisco che c'è qualcosa che non va, ma ancora non riesco a capire cosa. Eppure c'è qualcosa di strano che si muove nell'aria, qualcosa che ancora non percepisco con chiarezza, ma che gli altri sentono. Riesco a leggerlo nei loro volti: hanno in mente qualcosa. Miranda per prima. E' un po' di tempo che la vedo cambiata, più decisa, più diretta. Più padrona. Mi stupisco di aver usato quel termine, “padrona”...eppure probabilmente è quello che meglio si addice alla situazione. L' Accademia non è più un circolo privato che racchiude gente interessata a riportare i valori della morale nella nostra società, ormai è praticamente diventata una setta, Miranda l'ha resa tale. Non me ne sono accorta in questi dodici mesi, ma me ne rendo drasticamente conto adesso. I nostri membri hanno smesso di agire con la loro testa, completamente soggiogati dal carisma di quella che un tempo era la mia migliore amica e che adesso a malapena si accorge della mia esistenza. Ormai la seguono fedelmente, come dei cagnolini addestrati, senza mai staccarsi da ciò che dice. Le sue parole sono legge, e mi accorgo che anche gli altri tre membri della gerarchia si stanno facendo lentamente schiacciare dal peso del suo ego. Credo che questo in linguaggio tecnico si chiami “delirio di onnipotenza”. In ogni caso oggi Miranda ha richiesto una riunione, durante la quale avrò la possibilità di esprimere le mie perplessità. Ed infatti mi trovo proprio qui, adesso, in una delle stanze dell'Accademia, mentre aspetto pazientemente che Miranda cominci a parlare. Nel frattempo osservo distaccata il suo abbigliamento, anch'esso mutato nel tempo. Stivali alti di pelle con tacco vertiginoso, maglietta nera aderente, giubbotto, anch'esso in pelle, nero e molto ampio. Questa è la mia amica? Quella che fino ad un anno fa vestiva in jeans e maglietta rosa con la stampa di Hello Kitty? La gente cambia col tempo, ne sono consapevole, ma non avrei mai pensato ad un cambiamento così rapido e così drastico da parte sua.
                        Richiede la parola e decido di ascoltarla attentamente, voglio capire cos'ha in mente.
                        “Ragazzi, come sapete l'Accademia ha superato senza problemi il suo primo anno di età!”
                        Un mormorio di approvazione si fa udire vicino a me, probabilmente è Mattia. Non me ne curo, impegnata ad ascoltare.
                        “E adesso, è giunto il momento di raggiungere lo scopo per cui essa è stata aperta!”
                        Inarco un sopracciglio, perplessa. Non capisco cosa vuol dire Miranda. Abbiamo già raggiunto lo scopo: abbiamo creato un luogo dove la gente onesta può riunirsi, confrontarsi, rendersi conto che tra gli ingiusti si nascondono molti giusti, far rinascere la speranza, raccogliere le idee per riuscire piano piano a cambiare lo stato di cose...
                        Cosa vuole di più?
                        Last edited by Shira; 20 May 2010, 23:35.
                        sigpic
                        ~E' meglio esser odiati per ciò che siamo, che essere amati per la maschera che portiamo~

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                        • #27
                          La risposta mi giunge subito ed in maniera sconvolgente.
                          “E' giunto il momento di eliminare la feccia!”
                          Eliminare? La feccia? Ma di cosa diamine sta parlando?! Il suo discorso continua ed io ormai sono rapita dalla sua voce. Mi ritrovo con la testa vuota, come in un sogno. Sta scherzando. Sì, sta sicuramente scherzando; oppure io sto sognando.
                          No, non sto sognando. Miranda fa sul serio e me ne rendo conto quando la vedo estrarre delle armi da un cassetto. Ok, è completamente impazzita.
                          “Sei impazzita?!”
                          Forse ho usato un tono troppo alto, perché la mia voce rimbomba per tutta la stanza. Lei mi guarda sbattendo le palpebre, perplessa, sembra accorgersi per la prima volta che sono lì con lei. Ma non dice niente, aspetta che io abbia terminato ciò che voglio dire.
                          “Non vorrai davvero uccidere qualcuno?”
                          Non so se in questo momento nella mia voce c'è più rabbia o più incredulità. Incredulità perché non posso credere che quella persona che ho davanti sia davvero Miranda, la mia Miranda. Rabbia perché inizio a vedere i miei sogni cadere come un castello di carte esposto al vento.
                          Lei mi risponde, con calma e leggerezza, quasi con eleganza.
                          “Gli ingiusti devono essere eliminati, solo così possiamo ricreare la società”
                          La guardo con sempre maggior stupore, ancora non riesco a crederci. Vuole uccidere gli ingiusti, eliminarli, spazzarli via. Non ha capito niente. Credevo avessimo fondato l'Accademia d'Élite sulla base dei nostri ideali comuni, ma invece a quanto pare non è così. Io ho teorizzato una società onesta, sì, ma anche una società libera. Una società in cui ognuno può esprimersi liberamente, non un campo di concentramento su larga scala. E, poi, cosa intende per “ingiusti”?
                          “E chi vorresti eliminare? Sentiamo”
                          Replico, sprezzante. Curiosa di sentire ciò che ha da dire. La sua risposta fa così male che quasi avverto fisicamente il dolore.
                          “Prima di tutto, tutti coloro che considerano la nostra Accademia una perdita di tempo. Potrebbero bloccare la crescita del movimento”
                          Questo ha in mente? Non solo vuole uccidere, ma addirittura non vuole colpire assassini, ladri, stupratori, truffatori. No, lei vuole colpire indistintamente chi non la pensa come lei. Stringo i pugni, cercando di dominare la mia rabbia.
                          Apro la bocca a vuoto un paio di volte, senza sapere cosa dire né come dirlo. Poi poche semplici parole escono dalla mia bocca.
                          “Io me ne vado. Ho chiuso con l'Accademia”
                          Miranda alza le spalle noncurante e nessuno dice niente, dandomi la consapevolezza di aver agito come una vigliacca. Sto scappando. Invece di cercare di fermare questa follia, sto scappando.

                          Maggio 2016

                          Sono passati circa cinque mesi.
                          Cinque mesi d'inferno. Adesso inizio ad avere un'idea di cosa Dante debba aver visto nel suo viaggio. O, forse, l'Inferno dei suoi Canti era preferibile a ciò che sto provando io ora. Lui, almeno, poteva gloriarsi di essere un semplice spettatore. Io sono colei che ha dato il via a tutto, che non ha nemmeno provato a fermarlo.
                          Inutile dire che in questi cinque mesi Miranda ha attuato il suo progetto. Per la verità non sono sicura che tutto ciò che sta succedendo sia colpa dell'Accademia, ma il numero in crescente aumento delle vittime di colpi di arma da fuoco non può essere un caso, se messo in relazione alle pistole che ho visto in mano alla mia ex-amica quel giorno.
                          Devo parlarle, devo fermarla prima che sia davvero troppo tardi per tornare indietro.
                          Fortunatamente non hanno cambiato luogo d'incontro, pertanto so dove trovare colei che cerco: l'Accademia è ancora dove l'ho lasciata.
                          Miranda si trova davanti all'edificio, appoggiata contro il portone con l'eterna sigaretta in bocca. Alza lo sguardo per un secondo e sembra stupita di vedermi, ma non interessata. Non le interesso più, ora che sta attuando il suo piano.
                          Mi avvicino a lei con aria decisa, per una volta nella mia vita.
                          “Miranda, dobbiamo parlare!”
                          Lei annuisce e sembra già capire quello che devo dirle, ma non commenta. Semplicemente inizia a camminare, girandosi di tanto in tanto per vedere se la sto seguendo. Ovviamente la seguo, cosa altro potrei fare?
                          Arriviamo in quello che sembra essere un grande magazzino, intravedo gli scatoloni pieni di armi. A quanto pare i miei ex-amici sono ben equipaggiati.
                          Miranda mi guarda, senza dire niente, aspettando che io prenda la parola, che spieghi il motivo della mia visita. La guardo, fissando i miei occhi nei suoi, forse alla ricerca di qualcosa che mi permetta di riconoscere la mia migliore amica in questa persona fredda e cinica.
                          “Devi smetterla!”
                          Lei mi guarda, ancora in silenzio. Un silenzio che mi irrita più di mille parole.
                          “No”
                          Una sillaba semplice, che però mi spezza il cuore. Non parlo, solo aspetto, convinta che la frase non sia finita lì.
                          “No, non mi fermerò. Devo eliminare coloro che si oppongono al movimento”
                          Da quando l'Accademia è diventata un “movimento”? Non serve chiederlo. Non voglio chiederlo. Forse io stessa ho paura della sua risposta, di scoprire la mia ingenuità. Ovviamente l'Accademia è sempre stata un movimento. Ed io sono sempre stata una stupida.
                          Abbasso lo sguardo, sconfitta.
                          “Eppure tra i nostri valori c'era la tolleranza”
                          Lei annuisce, ma non perde la sua aria fredda, ed io mi sento lentamente morire dentro. Perchè sono qui? Cosa credevo di fare?
                          “Ma il mondo non è stato tollerante con noi. Gli onesti sono stati lentamente schiacciati, i virtuosi oppressi. La società non ha avuto tolleranza per noi, e ora non la merita da noi”
                          Alzo la testa, guardandola di nuovo negli occhi
                          “Allora dimmi, cosa ti rende migliore di loro? Se sei intollerante come loro cosa ti da il diritto di giudicare?”
                          Lei ghigna. Il mio discorso in linea di massima è giusto, ma probabilmente troppo astratto. Forse manca di concretezza, forse non c'è una base solida su cui farlo adagiare. Ma che razza di base solida posso trovare in questa società?
                          Lei mi risponde, sempre con un sorriso di scherno.
                          “Il mondo ha bisogno di valori. Valori che noi dell'Accademia possiamo portare al loro antico splendore. Ma per farlo dobbiamo eliminare chi non è come noi”
                          Ecco, l'ha detto. Ha espresso in maniera chiara il concetto. Eliminare chi non è come noi. La stessa cosa che la società sembra ripetere ogni giorno. Eliminare chi non si adegua alle sue regole. Allora è così che funziona, ora l'ho capito. Il più forte detta le regole, gli altri si adeguano o vengono schiacciati. La tolleranza esiste solo nelle favole lette ai bambini prima di farli addormentare.
                          Ho osservato la sua bocca mentre parlava, incapace di alzare lo sguardo fino a perdermi nei suoi occhi azzurri e profondi. Il mio era terrore, allo stato puro. Paura di leggere solo odio negli occhi di qualcuno che per me era stato importante. Ma adesso li alzo, la guardo. Non so perchè, ma trovo il coraggio di farlo.
                          “E se io raccontassi quello che so, se dicessi che siete stati voi la causa di tutti questi delitti?”
                          La mia voce esprime una sicurezza che in realtà non esiste, ma non importa. Quello che conta è riuscire a fermare la mia amica, anche mostrando una spavalderia che non ho, se necessario.
                          Una luce.
                          Ecco quello che vedo nei suoi occhi: una luce.
                          E non è una luce rassicurante.
                          Lei annuisce ancora, poi sorride, mentre io inizio ad avvertire un brivido freddo lungo la schiena.
                          “Non posso concedertelo”
                          La sua voce è fredda e tagliente, ormai la ragazza davanti a me non ha più nulla della Miranda che conoscevo.
                          La vedo estrarre qualcosa di tasca, e riesco a capire cos'è prima che un raggio di sole illumini il freddo metallo. Allora è questo il mio destino? Morire per mano di quella che consideravo la mia migliore amica?
                          Che morte stupida e inutile! Non era così che desideravo morire. Nei miei pensieri la mia morte era molto più eroica. Morire per la società, per dare un messaggio, per infondere una speranza. Invece il mio destino sembra essere quello di spirare in uno squallido magazzino, colpita al cuore da una pistola, solo perchè ancora credo nella tolleranza, in quella bella favola che forse continueranno a raccontare.
                          La pistola fa fuoco su di me e a me viene quasi da ridere, nonostante il momento non sia per niente comico. Ho voglia di ridere perchè la società ancora una volta mi ha sconfitto, ancora una volta mi ha fatto capire che le sue regole sono come un esercito ben strutturato: implacabili nella distruzione di tutto ciò che incontrano. Fisse e immutabili nel tempo. Più passa il tempo più la società si fossilizza, più l'immobilità delle sue regole ci sorprende. La tolleranza non è che una chimera, dunque. Qualcosa che la società non apprezza, non vuole, qualcosa per i deboli, non per i forti. I forti schiacciano, solo i deboli tollerano.
                          Allora funziona così? Dobbiamo farci schiacciare dall'immobilità dell'intolleranza e dell'ipocrisia?
                          Cado a terra, mentre il mio sguardo si ferma sul mio sangue, scarlatto e sicuramente amaro.
                          Inizio ad avvertire un gelo che mai avevo provato, dunque è questa la morte. Niente di particolarmente eroico o romantico. Un colpo e via, la società si è liberata di un peso, di un oggetto scomodo. Forse è giusto così.
                          Mentre chiudo gli occhi una frase mi ritorna in mente, sentita chissà dove: “Faut-il réagir contre la paresse des voies ferrées entre deux passages de trains”.
                          La pigrizia dei binari, la loro immobilità.
                          Occorre reagire anche contro l'immobilità della società che ci circonda.
                          I miei occhi sono ormai chiusi ed io inizio a sentirmi sempre più debole, sempre più fredda.
                          Ma un leggero guizzo anima ancora il mio cuore. C'è ancora speranza, per la società.
                          Io ho fallito, ma qualcuno prima o poi porterà a termine la battaglia contro l'immobilità.

                          Il mio cuore si ferma per sempre, con la sola speranza che un altro batta per gli stessi ideali.
                          sigpic
                          ~E' meglio esser odiati per ciò che siamo, che essere amati per la maschera che portiamo~

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                          • #28
                            Con tutto il cuore

                            “Hai mai amato?”
                            Me lo chiedevi spesso, quando eravamo soli.
                            “Hai mai detto a qualcuno che l’amavi?”
                            Te l’avrei detto, Yelena, l’avrei fatto.
                            Ma non ho potuto.
                            Oltre le reti, le sbarre, al di là di tutto ciò che c’era tra noi, ti ho amata.
                            E non te l’ho mai detto.
                            Vigliacco, ecco cosa sono. Avrei potuto salvarti, persino fuggire con te. Ma non ero disposto, allora, a pagarne il prezzo.
                            “Come puoi amare e fare ciò che fai?”
                            Pensavi fosse facile? Ti odiavo, la prima volta che ti ho vista. Dovevo odiarti. Tu, osceno e perverso frutto nato da quella stirpe che produce solo il male. Serpe, meschina ingannatrice, quanti altri avevi tentato di sedurre per un pezzo di pane in più, per un sorso d’acqua?
                            Questo pensai di te, quel giorno, quando ti avvicinasti.
                            Il mio signore, nei suoi palazzi, parla di quanto sia malvagia la tua gente, di quanto terribili siano stati e siano tuttora i vostri atti.
                            Ma come posso io, oggi, credere ancora a tutto questo?
                            Aveva ragione chi disse che non apprezziamo davvero qualcosa finché questa non ci viene tolta. Almeno aveva colto nel segno con me.
                            Ma tu… sono certo che tu hai sempre apprezzato la libertà, anche prima che venissero a portartela via. Per cosa poi? Odio? Ignoranza? Paura della sorte che sarebbe loro toccata, se non avessero preso parte all’orrore?
                            Amare è morire, nel mio mondo, Yelena. Non puoi amare e continuare a vivere con ciò che hai fatto sulle spalle. E’ pericoloso con chi è stato designato essere come noi, pensa cosa accade a chi ama voi. Veniamo educati all’odio, ci viene insegnato che accettare voi significa essere deboli, significa “infettare” tutti. Anche oggi, non posso negare del tutto quella lezione. Non sono forse più debole? Non ho versato lacrime per la tua morte? Non ho forse urlato nella notte il tuo nome, Yelena?
                            Mai prima avevo sofferto così.
                            Eppure c’è una cosa che nessuno ci aveva mai detto. Ogni singolo istante trascorso ad amare ben vale la debolezza e il dolore.
                            “Mi ami?”
                            L’ho letto sulle tua labbra. L’ultima domanda che mi hai posto, lì, in piedi, di fronte ai fucili. Ho guardato, ho compreso, ma non ho risposto. E ti ho perduta.
                            Folli, ecco cosa siamo. Se è questo il prezzo della forza, che venga pure a prenderci la fragilità delle membra e dello spirito. L’odio ci ha reso potenti, invincibili, eppure vuoti. Ci fissiamo tra noi, pronti a chiederci se l’altro ci somigli abbastanza, se anche lui sia, in fondo, degno di starci accanto. Ho odiato, ho passato la vita ad odiare, e sei dovuta morire per farmi capire quanto ciò fosse sbagliato. Se solo l’avessi capito prima, mi sarei lanciato senza esitare fra te e l’oblio del piombo.
                            Vi gettano tutti in una fossa fuori dal campo, lo sapevi? L’ho scoperto solo ora, per cercarti. Non ero mai stato qui. Pile di cadaveri in una buca, ecco cosa genera quest’odio ignorante. Le tue labbra non si muovono più, ormai, e non potranno più chiedermi cosa provassi per te o per chiunque altro a questo mondo. Accanto a te giacciono uomini, donne, persino bambini, e solo adesso mi rendo conto di aver visto ognuno di loro, dietro quella rete. Perché mi hai fatto questo? Prima erano gli “altri”, erano numeri. La loro vita non contava, quando ero certo che non fossero come me. Ma tu lo eri, anzi, eri migliore, ed eri una di loro. Cosa ho fatto, Yelena? A cosa ho dedicato la mia vita?
                            Mi hai messo di fronte al mondo.
                            Io non so cosa divida gli uomini, cosa li spinga a uccidersi l’un l’altro. Ho vissuto quest’orrore per anni, eppure ora non ne comprendo i motivi.
                            Non lo trovi assurdo? Era logico odiarvi, sembrava la cosa più naturale da fare. E non ha più alcun senso. Passare dall’altra parte rende vana ogni spiegazione. Quando giungi a pensare che non c’è alcuna differenza tra te e i corpi congelati ai tuoi piedi, comprendi che ogni motivo ti avessero fornito, qualsiasi idea con cui ti avessero cresciuto non basta a spiegare tutto questo.
                            Accarezzo il tuo volto gelido. Non basta la morte ad intaccarne la bellezza. Quale nemico può nascondersi dietro qualcosa di così puro? Ti ho detto di tacere, ho minacciato di ucciderti, ti ho più volte respinta. Cosa hai visto in me? Speravi che ti avrei salvata? No, te l’ho letto negli occhi. Sapevi sin dall’inizio che saresti finita qui. Non hai mai tentato di salvare te stessa.
                            Hai salvato me.
                            “Mi ami?”
                            Con tutto il cuore, Yelena.
                            Con tutto il cuore.
                            Last edited by Majin Broly; 21 May 2010, 00:40.

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                            • #29
                              A malincuore devo dichiarare il mio ritiro dal torneo. E' una decisione ponderata frutto del fatto che ultimamente ho molto poco tempo sia per restare al pc che per pensare allo scrivere.

                              Non voglio alcun genere di proroga anche perchè non posso in alcun modo prevedere quando tornerò ad avere tempo.

                              Mi scuso con tutti. Seguirò comunque il torneo con interesse.

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                              • #30
                                Al di la delle apparenze


                                La giustizia è spesso un concetto complicato da capire, date le sue multiple interpretazioni, con l'impressione che a volte siano fatte quasi contro di noi, come se ci fosse qualcuno che ci odia da sempre e trae profitto dal nostro dolore; uno scorpione pronto a pungersi da solo pur di non farsi avvolgere dalle fiamme della verità ed ammettere che l'unico veleno è presente soltanto in lui.
                                Avvenimenti di questo genere prendono varie forme nella nostra società: pirati della strada che scappano dopo uno scontro; processi farsa che coprono un senatore che ha esagerato con la droga e che si è ritrovato una ragazza morta nel bagagliaio; testimonianze di violenza coniugale, che, nella maggior parte dei casi, comprendono mogli picchiate e maltrattate dai mariti.
                                Ma se questi casi, invece di essere visti dal punto di vista dei giornali, della televisione, o dalle parole di un vicino che non sa distinguere i pareri soggettivi con quelli oggettivi, fossero visti direttamente dal punto di vista personale? Forse, in questi casi il male avviene proprio al contrario, col carnefice che in realtà è la vittima di quella che può sembrare un'innocente preda; forse, si tratta di una lurida macchinazione per trarre vantaggi da un più conveniente divorzio piuttosto che da un complicato matrimonio, giocando sull'amore che la controparte prova per i figli e, forse, sull'amore che ancora sente su quel rapporto che li ha uniti per tutti quegli anni, perchè tanto, quando è una donna a piangere, tutti quanti ne prendono considerazione e guai ad ascoltare quell'orco, violento e bastardo che è il marito.
                                Maurizio ha, come si può dire, avuto sempre tutto quello che voleva, con il padre che possedeva una famosa fabbrica di vino pregiato, che, quando va in pensione, gliela cede, avendo la consapevolezza che il figlio non lo avrebbe mai deluso.
                                Dopo 5 anni di ottima gestione, Maurizio incontra quella che probabilmente è la sua anima gemella; una bellissima ragazza da poco al lavoro come segretaria, anch'essa, sembrava, attratta da lui.
                                Così inizia una romantica storia d'amore con fiori e occhiate passionali, finchè Maurizio le si offre, dicendole che se si fosse sposata con lui, le avrebbe dato tutto cio che voleva. Naturalmente lei ha detto di si.
                                Così la felice coppia diventa realtà e nasce subito un bambino, un maschio di ottima salute.
                                Passano altri 5 anni e intanto la coppia ha attraversato varie crisi, con lui che sospetta di tradimento lei, che tanto per rinfacciare, gli diceva lo stesso, ma spingendosi oltre, senza avere problemi ad insultarlo in pubblico, dandogli del pessimo marito che fa paura al figlio e che trascura la moglie.
                                Arriva poi il giorno, quel giorno, che poi ha cambiato la vita di Maurizio, in cui tornato a casa dal lavoro, trova la moglie con un braccio insanguinato e le labbra rotte. La porta subito all'ospedale, dove vengono separati.
                                Solo 2 ore dopo vengono 2 poliziotti che prelevano Maurizio e lo portano in centrale. Qui viene accusato di tentato omicidio nei confronti della moglie, lui si oppone, dicendo che non poteva essere possibile, che era appena tornato a casa, ma a quanto pare la moglie aveva detto di tutto e di più, in quello che sembrava uno stato di forte shock.
                                Ci fu un processo, ci furono testimonianze di persone che non aveva mai visto, persone che affermavano con convinzione che era un marito scortese e, spesso, ubriaco e violento anche di fronte a loro.
                                Del resto Maurizio poteva permettersi degli ottimi avvocati, fino a che, visto che la notizia si era sparsa nei giornali che avidamente ne avevano ampliato la gravità, perse il lavoro, con l'attenuante della "disciplina". Era scoinvolto: non poteva più permettersi un avvocato privato; i giornali avevano creato un antagonismo nei suoi confonti e ogni volta che andava al processo, veniva letteralmente insultato e schiaffeggiato dalle persone per strada, tanto che neanche i poliziotti si impegnavano a proteggerlo.Il vero colpo fu quando li vennero riferite tutte le accuse a suo carico, ed erano più di quanto si potesse immaginare. Solo una però, gli saltava all'occhio, ovvero quella di molestie sul figlio. Quando lo lesse la prima volta, si trovò sul punto di impazzire, con un formicolio denso dal più profondo del suo stomaco, un senso di nausea e odio, che si mischiava con l'assoluta sorpresa di quello che stava succedendo: "Perchè sta succeddendo a me? Perchè sta succedendo a me? Perchè sta succedendo a me?" si ripeteva, in uno stato di semi-pazzia in cui si trovava l'animo a pezzi.

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