I giorni del processo stette in carcere, dove pianse, pianse a lungo ripensando a come si era potuto fidare di quella donna, la donna dei suoi sogni, di come lei lo avesse tradito, o almeno, di come avesse trovato il coraggio di fare quello che aveva fatto, di come poteva sentirsi suo figlio, al momento, anzi, da sempre la cosa più importante della sua vita, che, gia affranto dalla scomparsa del padre, si sarebbe sentito dire di dimenticarselo per sempre, che si trattava del cattivo delle storie che gli raccontava la sera prima di dormire e che tale ne sarebbe rimasta l'immagine. Per tutto il resto della vita.
No. Non poteva permetterselo, tanto che si giurò che comunque fosse andato il processo, non lo avrebbe mai abbandonato. Qualunque cosa quella donna avesse fatto contro di lui, non avrebbe abbandonato suo figlio e mai gli avrebbe fatto vivere una brutta vita, anche se lo avesse visto una volta all'anno, anche se non gli avrebbe rivolto più una parola, anche se lui stesso si sarebbe rifiutato di vederlo, lo avrebbe protetto, lo avrebbe curato e preparato ad un mondo che colpisce le spalle e che non si accontenta finchè non ti porta alla pazzia, un mondo che lo aveva tradito, dopo avergli dato la sicurezza di essere invincibile, potente, felice.
Come la natura ci da la vita, la stessa natura ce la toglie e a lui avevano appena tolto la sua vita.
Pensò a questo e ad altro per tutto il processo, fino al verdetto. Le accuse erano state accolte e lui costretto a versare un quantitativo di soldi al mese per la (ex) moglie e per il figlio, più altre procedure per spillargli più denaro.
Se lo aspettava, le persone chiedevano una giusta punizione, e una ingiusta punizione gli era stata data. Gli vennero dati i domiciliari per 6 mesi, poi sarebbe stato costretto a trovare una nuova abitazione, con un minimo di 800 metri di distanza da ex-moglie e figlio e col dovere di versarli almeno 1500 euro al mese più altri 500 per il figlio e un debito di 10000 per le altre accuse. Ben presto fu senza soldi e si trovò costretto a trovarsi un lavoro.
Iniziò a lavorare nei bar come cameriere la mattina, di pomeriggio poi andava ad attaccare manifesti e volantini, di sera infine a pulire i servizi pubblici. Una vita dura che non gli dava del tempo neanche per se stesso, tanto che per fortuna un suo amico lo ospitava, altrimenti avrebbe vissuto per strada.
La sua mente cominciò a vacillare e ben presto pensò al suicidio, visto che neanche riusciva a vedere suo figlio, o almeno, sua madre non si presentava con lui quella volta al mese che era stata prefissata dal giudice, ma poco importava ormai; voleva farla finita. Ma solo dopo l'incontro che era stato prefissato il giorno seguente. Dentro di se infatti, nutriva ancora la speranza di poter vedere suo figlio, prima di andarsene, un'ultima volta. Doveva provarci, altrimenti la morte non sarebbe stata nulla in confronto al dolore che avrebbe provato altrimenti.
Andò all'incontro e, stupito, vide che il figlio c'era, accompagnato da un'assistente sociale. Il ragazzo era insensibile, il suo saluto, il suo abbraccio, il suo bacio erano svogliati e irreali. Cerco di parlarci, di fargli dire qualcosa ma niente.
Scosso all'improvviso da un colpo di rabbbia, lo abbracciò forte e gli disse di non avere paura, che qualunque cosa gli avessero detto, non era vera e che lui gli voleva bene. Ci fu un attimo di silenzio, spezzato poi da un lamento: il bambino stava piangendo, e ripeteva che gli mancava, che voleva tornare a stare vicino a lui, che la madre gli aveva detto delle brutte cose; Maurizio stupito, lo strinse ancora pià forte e con un leggero sorriso lo tranquillizò dicendogli che non lo avrebbe mai abbandonato e che lo avrebbe sempre protetto, con le lacrime calde che gli infiammavano le guance.
Così Maurizio capì chi era la vera vittima: suo figlio.
La cosa a cui teneva di più, era stata ferita da quella orribile storia. Sarebbe stato il genitore che la ex-moglie non sarebbe mai stata, nel suo silenzioso tollerare egli avrebbe mostrato più amore al figlio di quanto ne avrebbe mai ricevuto, così che il figlio stesso fosse il testimone inconsapevole del suo amore e della sua dannazione.
Perchè l'uomo sa mostrare veramente cosa vale quando si trova in difficoltà, di come sa reagire alle evenienze e di come, per amor di qualcuno che dipende da lui, mette in gioco se stesso, sapendo accettare la fatalità e sapendo sopportarla. Perchè quel poco spazio che gli è rimasto, quel poco amore che gli viene concesso, gli danno la forza di poter sopportare tutto il peso del mondo, di potersi redimere e, chissà forse, far tornare tutto alla normalità.
No. Non poteva permetterselo, tanto che si giurò che comunque fosse andato il processo, non lo avrebbe mai abbandonato. Qualunque cosa quella donna avesse fatto contro di lui, non avrebbe abbandonato suo figlio e mai gli avrebbe fatto vivere una brutta vita, anche se lo avesse visto una volta all'anno, anche se non gli avrebbe rivolto più una parola, anche se lui stesso si sarebbe rifiutato di vederlo, lo avrebbe protetto, lo avrebbe curato e preparato ad un mondo che colpisce le spalle e che non si accontenta finchè non ti porta alla pazzia, un mondo che lo aveva tradito, dopo avergli dato la sicurezza di essere invincibile, potente, felice.
Come la natura ci da la vita, la stessa natura ce la toglie e a lui avevano appena tolto la sua vita.
Pensò a questo e ad altro per tutto il processo, fino al verdetto. Le accuse erano state accolte e lui costretto a versare un quantitativo di soldi al mese per la (ex) moglie e per il figlio, più altre procedure per spillargli più denaro.
Se lo aspettava, le persone chiedevano una giusta punizione, e una ingiusta punizione gli era stata data. Gli vennero dati i domiciliari per 6 mesi, poi sarebbe stato costretto a trovare una nuova abitazione, con un minimo di 800 metri di distanza da ex-moglie e figlio e col dovere di versarli almeno 1500 euro al mese più altri 500 per il figlio e un debito di 10000 per le altre accuse. Ben presto fu senza soldi e si trovò costretto a trovarsi un lavoro.
Iniziò a lavorare nei bar come cameriere la mattina, di pomeriggio poi andava ad attaccare manifesti e volantini, di sera infine a pulire i servizi pubblici. Una vita dura che non gli dava del tempo neanche per se stesso, tanto che per fortuna un suo amico lo ospitava, altrimenti avrebbe vissuto per strada.
La sua mente cominciò a vacillare e ben presto pensò al suicidio, visto che neanche riusciva a vedere suo figlio, o almeno, sua madre non si presentava con lui quella volta al mese che era stata prefissata dal giudice, ma poco importava ormai; voleva farla finita. Ma solo dopo l'incontro che era stato prefissato il giorno seguente. Dentro di se infatti, nutriva ancora la speranza di poter vedere suo figlio, prima di andarsene, un'ultima volta. Doveva provarci, altrimenti la morte non sarebbe stata nulla in confronto al dolore che avrebbe provato altrimenti.
Andò all'incontro e, stupito, vide che il figlio c'era, accompagnato da un'assistente sociale. Il ragazzo era insensibile, il suo saluto, il suo abbraccio, il suo bacio erano svogliati e irreali. Cerco di parlarci, di fargli dire qualcosa ma niente.
Scosso all'improvviso da un colpo di rabbbia, lo abbracciò forte e gli disse di non avere paura, che qualunque cosa gli avessero detto, non era vera e che lui gli voleva bene. Ci fu un attimo di silenzio, spezzato poi da un lamento: il bambino stava piangendo, e ripeteva che gli mancava, che voleva tornare a stare vicino a lui, che la madre gli aveva detto delle brutte cose; Maurizio stupito, lo strinse ancora pià forte e con un leggero sorriso lo tranquillizò dicendogli che non lo avrebbe mai abbandonato e che lo avrebbe sempre protetto, con le lacrime calde che gli infiammavano le guance.
Così Maurizio capì chi era la vera vittima: suo figlio.
La cosa a cui teneva di più, era stata ferita da quella orribile storia. Sarebbe stato il genitore che la ex-moglie non sarebbe mai stata, nel suo silenzioso tollerare egli avrebbe mostrato più amore al figlio di quanto ne avrebbe mai ricevuto, così che il figlio stesso fosse il testimone inconsapevole del suo amore e della sua dannazione.
Perchè l'uomo sa mostrare veramente cosa vale quando si trova in difficoltà, di come sa reagire alle evenienze e di come, per amor di qualcuno che dipende da lui, mette in gioco se stesso, sapendo accettare la fatalità e sapendo sopportarla. Perchè quel poco spazio che gli è rimasto, quel poco amore che gli viene concesso, gli danno la forza di poter sopportare tutto il peso del mondo, di potersi redimere e, chissà forse, far tornare tutto alla normalità.
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