Quest'ultimo capitolo secondo me è il migliore finora
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DB - La storia mai raccontata!
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Grazie Calò. Direi di proseguire la storia. Il titolo del prossimo capitolo è:
Cap. 8 - Alle soglie della percezione.
Vegeta parlò ancora ai suoi nemici. «Vi ringrazio, comunque. Era da diverso tempo che non combattevo... anche se, essendo voi molto più scarsi di me, non siete dei nemici che possano darmi dei grattacapi! Siete stati sfortunati, però! Fino a meno di un anno fa sarei stato un avversario alla vostra portata, mentre adesso...»
«“Molto più scarsi?”» ripeté Peyote. «Bastardo! Come ti permetti...!»
«Dobbiamo essere onesti, capo Peyote... anche perché lui è un Saiyan; per questo la sua potenza è molto elevata e non potrà fare altro che accrescersi, in futuro...» commentò demoralizzato Zabov.
«Puttanate! Stronzate! Dammi il tempo di procurargli una bella allucinazione, amico mio, e vedremo un po' chi è che comanda qua...»
«Forse non è un'idea sbagliata. Tutto dipende dal contenuto della visione che allucinerà la mente del Saiyan: lei può innescarla, ma dopo non può più controllarla.»
«Chi se ne frega... l'importante è che i suoi sensi alterati gli impediscano di combattere! A quel punto, non sarà mica un'impresa stenderlo!»
«Sarà... io ho ancora qualche dubbio» commentò scettico ma, davanti broncio nervoso del suo boss, dovette rassegnarsi. «…ad ogni modo è lei che comanda e non ho intenzione di contrastarla.»
“Questo è un guerriero contro cui non possiamo competere, altroché! Se non avessi il coraggio di riconoscerlo davanti a me stesso, andrei incontro ad una fine pessima!” pensò fra sé il capo del Peyote Team.
«Rimane il fatto che quella scimmia è più veloce di noi: ora come ora, non potrei mettergli le mani addosso. Ad ogni modo, credo che Kapirinha stia per arrivare. Attenderemo il suo arrivo e poi sperimenteremo un po' i nostri nuovi poteri. Hai qualche idea a riguardo?»
«Sissignore. Credo che la soluzione migliore sia quella di...» ed iniziò ad esporre il piano al capo avvicinandosi e abbassando il volume della voce.
Vegeta intervenne, vedendoli mormorare. «State complottando contro di me, vero? Vi lascerò fare, perché credo che questo scontro a senso unico possa diventare più interessante!»
Di punto in bianco, videro avvicinarsi da lontano Kapirinha. «Dobbiamo agire in fretta! Adesso tu e Zabov dovrete cedermi la vostra energia! Sbrigati!» comandò nervosamente il leader.
«Sissignore!» rispose la ragazza portandosi alle spalle del suo boss insieme al suo compagno di squadra. I due subordinati poggiarono le mani sulle spalle del loro capo e gli cedettero gran parte della loro energia. Un alone di energia trasparente, che rendeva l'aria ondulata, avvolgeva le loro braccia e penetrava nelle spalle del destinatario.
«Allora ci avevo visto giusto! Anche voi sapete gestire la vostra aura! I soldati di Freezer non ne erano capaci, e io stesso inizialmente ero come gli altri! Sono piacevolmente sorpreso, bravi!» li schernì Vegeta, non senza un'ombra di sincera meraviglia.
Mentre l'energia veniva trasferita, Peyote spiegò: «Non è da molto che ne siamo capaci... Hai mai sentito dire che tutti noi usiamo solo una piccola percentuale delle nostre facoltà mentali? La vecchietta con il suo potere non ci ha regalato solo una grande forza, ma anche delle abilità che prima non conoscevamo completamente... quindi ti conviene stare in campana, babbeo!»
«Pensala come vuoi... tanto questo trucchetto non ti cambia la faccia da scemo che hai...»
L'operazione fu rapidamente conclusa e Peyote era divenuto nettamente più potente; i muscoli erano più possenti e gonfi, solcati da vene pulsanti in evidenza; aveva riacquistato la sua espressione spavalda in viso. Si passò all'indietro una mano fra i capelli, riavviandoseli. «Sono pronto a combattere alla massima potenza. Ora ti farò passare questa dannata spiritosaggine della minchia che ti ritrovi!» Detto ciò, si tolse il guanto destro, lasciando scoperta la mano, e fece scattare dei lunghi artigli neri dalla forma uncinata.
Kapirinha si mise a saltellare tifando in maniera totalmente esaltata: «Sì, capo! Metta K.O. quell'antipatico testa a carciofo!» Mentre era in visibilio per la forza del suo leader, la componente femminile del Peyote Team si sentì picchiettare sulla spalla. Si voltò e rivide Kodinya, totalmente sana anche se impolverata, graffiata e un po' ammaccata, ma linguacciuta come sempre: «Ehi, fatina buona del cazzo... tu te la stavi facendo con me! Non è stato carino da parte tua lasciarmi sola sul campo di battaglia!». Come chiosa finale, le mollò un pugno poderoso di quelli che si ricordavano a vita, sbalzandola indietro di centinaia di metri.
«Non usare questi doppi sensi con me, nasona spilungona! Non mi interessi! E poi non eri morta? Come hai potuto salvarti dal mio attacco??»
«Non ci arrivi da sola? Avresti potuto almeno accertare che fossi morta... invece ho fatto solo finta, deficiente! Magari non ti interesso (e ciò vuol dire che non hai buon gusto sessuale), ma anche sul piano combattivo sei poco in gamba... manchi di accortezza. Con il mio Garrick Cannon sono riuscita ad arginare e ridurre l'effetto di quel tuo colpo sgargiante! Non l'ho preso in pieno, per fortuna!»
«Oddio, che errore dozzinale... che scema che sono...»
«L'importante è ammetterlo! È un peccato massacrare una bella fighetta come te... però hai detto che non ti interesso, e siccome non posso costringerti a farci le coccole...» concluse ironicamente. «Non so che ti sia successo adesso, però non sei più al livello di prima, lo leggo dallo scouter... E, poiché la situazione sembra si sia capovolta a tuo sfavore, preparati a ricevere tutto quello che ti devo, con tanto di interessi!» concluse con un inquietante sorriso compiaciuto. Dopodiché, iniziò subito a picchiarla.
I tre maschi guardavano incuriositi le prime battute dello scontro, restando senza parole. Poi si ricordarono che erano interessati da altri pensieri.
«Sappi» precisò Zabov, rinfrancato dall'ottimo stato fisico in cui si trovava il suo capo «che credo di aver intuito il tuo trucchetto di prima. Modificavi la tua aura repentinamente al momento opportuno, concentrando la tua energia in un unico colpo; in questo modo, gli scouter non evidenziavano alcun cambiamento. Ma purtroppo non potevo avere la certezza di tutto ciò, visto che non siamo ancora così esperti nell'uso di queste tecniche. È così, o sbaglio?»
«Bravo... non sei stupido come il tuo Capo!»
Peyote, chiamato in causa, rimbrottò: «Morditi la lingua, stronzo! Zabov, per stavolta sorvolerò sul fatto che hai parlato senza chiedermi il permesso! Sono troppo contento perché adesso le suonerò a questo pirla!»
Zabov si portò davanti a Vegeta, per distrarlo, pur senza sapere cosa fare di preciso, visto che ormai era quasi a corto di energia.
«Cosa vorresti fare, grugno blu? Se già non riuscivi prima ad attaccarmi, figuriamoci adesso...!» rise Vegeta.
«Come mi hai chiamato?» ribatté Zabov con viso stupito e insieme ferito.
«Grugno Blu! Ti piace essere chiamato grugno blu?» ripeté provocatoriamente Vegeta, compiacendosi per la propria creatività. Aveva appena inventato quell'ingiuria.
«Dannato bastardo... come fai a conoscere questo dannato insulto? Porco!» chiosò con sdegno l'alieno dalla pelle blu.
«Eh? Ma se l'ho appena inventato...!»
«Quei porci del tuo pianeta l'hanno usato mille volte contro i miei connazionali... ma tu all'epoca non eri neanche nato...» spiegò Zabov sempre più furioso, rievocando nella propria mente quegli sgradevoli ricordi d'infanzia.
«Allora, devo averlo reinventato inconsapevolmente!»
«Siete bravi voi Saiyan a dileggiare le altre razze...» proseguì con calma l'alieno più maturo. Zabov lo fissava, illividito dal rancore; lo avrebbe pugnalato con lo sguardo, se avesse potuto. «Ma a me piacerebbe vedere come reagiresti, Vegeta, se un alieno di un'altra razza o – peggio ancora - un Saiyan più forte, uno della tua stessa razza, ti trattasse come tu tratti noi... mi piacerebbe vederti in preda al rammarico, alla costernazione, alla disperazione.»Last edited by VirusImpazzito; 18 May 2013, 19:15.
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Vegeta era stato punto nel vivo; Zabov aveva toccato un tasto pericolosamente doloroso: il pensiero delle umiliazioni infertegli da Freezer e da Kakaroth lo fece oscurare. «Sei solo un poveraccio, grugno blu. Hai avuto una vita di merda, e ti ritrovi a ubbidire a questo presuntuoso.» constatò Vegeta con arrogante commiserazione. Vegeta ebbe l'impressione che quell'alieno dall'aspetto semplice ed anonimo avrebbe desiderato avere una vita molto più umile, un'esistenza che probabilmente per lui sarebbe stata molto più felice di quei lunghi anni di vita militare che per un guerriero Saiyan era tutto. Avere molto meno per vivere molto meglio... che sciocco modo di pensare.
Ad un tratto, Vegeta fu attraversato da un lacerante dolore al braccio che spezzò brutalmente il filo dei suoi pensieri. La deconcentrazione a cui Zabov lo aveva indotto, aveva avvantaggiato Peyote, che aveva infilzato Vegeta all'altezza dell'avambraccio, infilando gli artigli ben in profondità e provocando la fuoriuscita di abbondanti rivoli di sangue. «Ti ho acchiappato, bello!» esclamò trionfante. «Ben fatto, Zabov... con le chiacchiere, sei riuscito a mettere a segno un risultato che, combattendo, non avresti ottenuto!»
«Grazie, capo! Lei però è stato più veloce di un fulmine... direi che il miglioramento della sua velocità è ben visibile!» si congratulò il subalterno, tralasciando il fatto che tutta quella velocità sarebbe stata sprecata se il diversivo rappresentato da Zabov stesso non avesse distolto l'attenzione di Vegeta.
«E adesso a noi due, Saiyan... Ah, ti avverto: non commettere la sciocchezza di dare strattoni al tuo braccio per sfilare i miei artigli...» minacciò Peyote con tono beffardo. «...Ricurvi come sono, ti lascerebbero delle profonde lacerazioni, e perderesti insanabilmente parte del muscolo del tuo braccio... non vuoi correre questo rischio, vero? Senza indugiare, iniziamo: MESCAL EFFECT!» Si vide un flusso continuo di aura gialla che avvolgeva l'avambraccio di Peyote e penetrava nell'avambraccio di Vegeta.
Tutti erano in trepidante attesa. Kodinya, dopo aver pestato agevolmente l'avversaria e aver messo al sicuro il suo corpo ormai sfinito e privo di sensi, si era portata sul luogo dell'altro combattimento. Fremeva e sudava freddo. Sperava in cuor suo che Vegeta si salvasse, e non aveva ben compreso le potenzialità di quell'attacco; tuttavia era conscia della differenza di potenza e di non poter essere d'aiuto a Vegeta.
«Devo aspettare... aspettare e--- resto sveglio...» iniziò ad accennare il Principe dei Saiyan, in uno stato di leggera confusione e in un disperato tentativo di resistenza mentale. «Resto sveglio... finché si può... si può tornare indietro...» Ormai iniziava a vaneggiare insensatamente: la lingua era disconnessa dal cervello, anche se la coscienza era ancora ben presente.
«Questo figlio di puttana è più ostinato che mai... fortunatamente ho energie in abbondanza per potenziare la mia tecnica speciale. Mescal effect, quintupla potenza... e non voglio sentire altre cazzate!!»
L'alone di energia gialla si fece adesso più intenso e rapido, così come il flusso divenne più rapido e frenetico. In un batter d'occhio, Vegeta si ritrovò chiaramente proiettato in un'esperienza allucinogena, come chiunque avrebbe compreso guardando le sue pupille dilatate. Adesso era in un ampio spazio morfeico e multiforme, che si trasformava in continuazione sotto i suoi occhi attoniti. Il Principe non aveva mai visto una cosa del genere: le superfici sembravano vastissime, infinite, curve che più curve di così non se ne potevano trovare, talmente curve da essere... dritte? E che colori accesi, sgargianti... mai visto un pianeta così variopinto! Quel giallo, quel fucsia, quel verde brillante...! Provò a muovere un passo avanti ma ebbe la sensazione di star attraversando di colpo una distanza ampia come un baratro, e fu assalito da un senso di nausea improvvisa. Anche la sua stessa mano non era mai stata così grande, il suo guanto mai così bianco. Si voltò a destra e a sinistra: non vide nessuno e, anche se non riusciva a riflettere coerentemente, aveva la sensazione di essersi perso in quei bizzarri luoghi. Era solo: si girò su sé stesso, e vide suo padre Re Vegeta e il suo nemico Kakaroth appena comparsi, ma fisicamente presenti come se fossero sempre stati lì. Erano di dimensioni spaventosamente enormi, e si ergevano in tutta la loro maestosa elevazione davanti a lui. Parlavano di lui, e le loro voci erano possenti come il tuono e rimbombavano da tutti i lati di quell'ambiente.
Re Vegeta domandò: «E ora, capo? Come procediamo?»
Kakaroth rispose: «Ora lo sistemo io...» Goku gli diede un pugno nello stomaco; Vegeta si accorse che aveva la sua stessa altezza, quindi anche lui doveva essere un gigante adesso.
Vegeta, sofferente, si piegò tenendosi il ventre: «P-padre... siete davvero voi? Padre mio?» domandò balbettante, allungando la mano verso la figura del Re dei Saiyan, che si ritrasse con una smorfia di disgusto. «Perché chiamate capo quel... Saiyan di... i-i-infimo livello? Non vi dovete sottomettere... al S-super Saiyan...» Le parole gli uscivano a fatica, per la difficoltà di reggere il filo dei pensieri e formulare le frasi. Alla fine con la voce quasi strozzata aggiunse: «Padre...»
«Bene, Capo Peyote!» commentò il Re. «Sembra che le visioni abbiano sortito l'effetto di indebolirlo... può tramortirlo con pochi colpi!»
«Ma certo...» Goku lo afferrò per i capelli e iniziò a prenderlo a pugni al viso e allo stomaco con la massima violenza possibile. Vegeta sentiva un dolore abnorme, tuttavia i colpi gli causavano solo alcuni lividi, ma nessuna ferita grave. Goku se lo portò all'altezza del viso e annunciò a gran voce: «Non è ancora finita!» Senza che fosse possibile capirne il come e il perché, Goku aveva assunto le fattezze di Freezer, quelle sembianze che Vegeta aveva visto per tanti anni di servizio, quando il tiranno era solito muoversi a bordo della sua poltrona levitante. Il tutto, con quei colori accesi e luminescenti che quasi offendevano la sua vista.
«T-ti odio... F-freezer, ti odio....» mormorò con voce sommessa ma angosciata, mentre il suo livello di combattimento iniziò ad aumentare. Il suo viso era teso, una tensione espressa anche dalle sue mani contratte. Quel Freezer non ci fece caso, e proseguì il pestaggio; mentre cercava di massacrare il nemico, il tiranno attraversò rapidamente tutti i suoi stadi di metamorfosi; il primo, il secondo, fino a raggiungere quello finale, che già in passato aveva causato la morte di Vegeta. «Testone di un Vegeta! Quando ti deciderai a rassegnarti e a cedere?» chiese con tono irritato e con un sorriso orribilmente largo sulle sue labbra nere. Quando Vegeta lo guardò negli occhi, vide che i suoi occhi erano diventati neri e la sua pelle del normale colore della carnagione Saiyan, aveva anche folti capelli neri: trasecolò, quando si accorse che colui che lo stava picchiando in maniera così cruenta era Kakaroth. Ormai il livello di potenza di Vegeta era fuori controllo. Sotto gli occhi attoniti di Peyote e Zabov, che erano a pochi metri di distanza da lui, e di Kodinya, che si teneva prudentemente a debita distanza per non subire qualche contraccolpo, i capelli di Vegeta stavano lampeggiando ad intermittenza, passando alternativamente dal nero al biondo dorato e viceversa; mentre digrignava i denti furibondo, i suoi occhi assumevano una tonalità verde acqua, e a momenti alterni lo avvolgevano delle scosse elettriche. Istintivamente portò le mani aperte in avanti e, con voce sovrumana frantumò l'aria del pianetino. Urlò «KAKAROOOOTH!» ed emise un'onda di energia ad amplissimo raggio che investì e polverizzò per sempre Peyote e il suo subordinato Zabov.
«Ops!» commentò semplicemente Kodinya, chiudendo un occhio impressionata dalla scena a cui aveva assistito. «Per fortuna che me ne stavo alla larga!»
Vegeta perse i sensi e precipitò al suolo.
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Si svegliò più tardi: la prima cosa che si manifestò alla sua vista fu Kodinya, intenta a concedersi uno spuntino, affondando i denti nel cibo con assai poca eleganza.
«Ehi, ti sei svegliato finalmente! Mi era venuta fame e ho arrostito un lucertolone... anche se forse è una blatta gigante... comunque non è male, è saporito... ne vuoi un po'? Di solito apprezzi queste specialità...» lo invitò. Parlava masticando, come le si addiceva.
«Questo coso ha lo scheletro esterno, deve essere una blatta... io preferisco gli animali con lo scheletro interno, lo sai...» accennò Vegeta con tono infastidito e leggermente lamentoso per l'emicrania. «Ho un po' di mal di testa... dimmi che mi è successo, ma possibilmente evita di alzare la voce, perché mi rimbomba tutto...»
«Almeno ti ricordi che Peyote aveva deciso di utilizzare la sua tecnica speciale con quegli artigli?»
«Sì, questo lo ricordo. Poi ricordo solo buio... c'è stata una vampata di luce, e poi di nuovo buio.»
«Che strana roba! Comunque hai cominciato a cambiare colori, quasi... lampeggiando... e hai sprigionato un'energia inaspettatamente potente...»
«S-Super... Saiyan??» balbettò Vegeta senza riuscire a credere al racconto dell'amica. «M-ma allora anche io... avevo ragione a pensare che posso diventarlo anche io!!» esclamò trionfante di soddisfazione. Subito si calmò, rendendosi conto che purtroppo aveva rimosso tutte le sensazioni di quella che sembrava essere una semi-trasformazione. «E quei due? Peyote e il suo compare?»
«Li hai disintegrati... ma forse non l'hai fatto di proposito...»
«Non li sopportavo, erano troppo scemi. Ma forse non li avrei ammazzati senza motivo... erano solo due poveri deficienti e non avevano nemmeno rinforzi da chiamare...». Gettò l'occhio di lato, e notò il corpo di Kapirinha, che sembrava dormire profondamente. «E ora cosa vuoi farne di quella bambolina?»
«Quasi quasi, me la porterei via...» rispose Kodinya leccandosi le labbra. «Però c'è un problema... la mia navicella è monoposto, non c'è spazio per due passeggeri...»
«Bah... sempre le tue solite scemenze... sei fortunata che adesso sono di buonumore.»
«Dai, fammi questa gentilezza...! Accompagnami alla prossima base di Freezer, e poi me la lasci... vediamo... la più vicina dovrebbe essere...»
«Va bene...» rispose Vegeta, caricandosela in spalla. «Purché non mi rompa i coglioni: in tal caso, la polverizzerò.» E fu così che si misero d'accordo, mentre le spoglie cartilaginee dell'enorme animale erano state ormai svuotate della loro polpa carnosa.
Alla fine, Vegeta scortò Kodinya come avevano convenuto, e scambiò con lei due parole prima di salutarla.
«Sei sicuro che non vuoi venire con me? Scommetto che Cooler ti accetterebbe fra i suoi; fra l'altro mi risulta che lui e Freezer non fossero in buoni rapporti... magari i Saiyan gli stanno simpatici.»
«…Oppure magari decide di completare l'opera di suo fratello, e togliermi di mezzo! Ma per favore... temerario sì, ma suicida no! Non voglio saperne nulla di quei figli di puttana interstellari.»
«Capisco la tua posizione. Allora dobbiamo salutarci... peccato. Mi piacevi... forse eri tu l'uomo adatto a me.» rivelò con un sorriso sincero. «Non te l'ho mai detto, ma l'ho sempre pensato, anche se apparteniamo a due razze diverse. Però, visto che ci siamo ritrovati, l'ho voluto interpretare come un segno del destino e ho voluto dirtelo.» Vegeta apparve stupito dalla natura di tali affermazioni. «Ad ogni modo ho sempre pensato che tu e la monogamia non andreste molto d'accordo...» sorrise maliziosa.
«E poi... io con una donna di una razza inferiore? Non sia mai...! Purtroppo il tuo caro destino ha voluto che tutte le donne del mio pianeta siano state sterminate in un colpo solo...»
«Immaginavo questa risposta. Eppure chissà... magari un giorno cambierai idea, o accetterai l'idea di avere una donna al tuo fianco!»
«Ahah, sì... credici! Non succederà mai! Se può farti piacere, sappi che finora sei la migliore esponente di una razza inferiore che mi sia capitato di conoscere...»
«“Migliore esponente di una razza inferiore”... e cosa dovrei farci con questo titolo, una fascia colorata di Miss Universo? Basta puttanate, Signor Principe dei Saiyan!» sdrammatizzò ironicamente. «E ora che hai intenzione di fare?»
«Ho deciso di tornare sulla Terra. L'unico dal quale posso apprendere il segreto del Super Saiyan è l'altro Saiyan. La mia idea di rintracciarlo in questa galassia immensa è completamente fuori di testa, ma lui prima o poi tornerà dalla sua famiglia. Sempre ammesso che non sia già tornato a casa, mentre io ero in viaggio.»
«Allora, magari un giorno ti farò una visitina... spero che mi offrirai da mangiare qualche bestione locale! Anzi ne sono sicura... e so di non doverti nemmeno strappare la promessa» disse strizzandogli l'occhio. Vegeta, con un sorriso accigliato, girò i tacchi e salì sulla sua astronave.
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Le frasi che Vegeta pronuncia sotto effetto stono sono una libera citazione della canzone Diverso del gruppo reggae toscano Michelangelo Buonarroti.
Il titolo del capitolo “Alle soglie della percezione” riprende quello di “The doors of perception”, un saggio sul tema degli effetti delle droghe sulle facoltà mentali umani, scritto da Aldous Huxley; saggio da cui prendono nome i The Doors, il gruppo musicale di Jim Morrison.Last edited by VirusImpazzito; 19 May 2013, 15:37.
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In questo capitolo mi è piaciuta la parte i cui Vegeta è sotto controllo mentale e poi disintegra i nemici
Degli altri mi è piaciuto il miscuglio che hai fatto tra riflessioni, discussioni e azione allo stato puro
Poi nel capitolo 5 ci sono due tipi di azione hihihihi
EDIT: avevo scritto Begeta xDLast edited by calogero99; 23 May 2013, 13:33.
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Capito. Tra parentesi, alla tua età non ero ancora così "maliziusu" (per quanto riguarda il corpo a corpo del cap. 5): mi sono guastato successivamente.
Che poi il potere di Peyote non è di controllo mentale, è più che altro un potere allucinogeno (come quello del mescal, il cactus da cui prende in nome la droga mescalina e latecnica del Mescal Effect). Infatti se Peyote avesse potuto controllare la mente di Vegeta, avrebbe manipolato le visioni. Il suo piano era di indebolirlo allucinandolo, e per un po' ha anche funzionato... peccato che poi abbiano preso il sopravvento i due peggiori incubi dell'inconscio Vegeta, Freezer prima e Goku poi! Quindi, arrabbiatosi, Vegeta si è mezzo trasformato e la strategia si è rivelata un fallimento.
Praticamente Vegeta finisce per essere come drogato.
Presto comunque sarà pronto un disegnino fatto da me con i tre componenti del Peyote Team.Last edited by VirusImpazzito; 24 May 2013, 11:09.
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Capito.
Per quanto riguarda la malizia: beh è dovuto a compagnie scolastiche (e extrascolastiche) che diciamo hanno appreso un po' troppo, come dire, precocemente, ecco, certe cose.
In pratica compagni di classe e cugini (anzi cugino) un po' troppo maliziosi
Ok, adesso basta raccontare la storia della mia vita, devo stare a cuccia *momento di pazzia, tipico da me xD
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Beh, attualmente ne ho già pronti 29, e il numero 30 è in preparazione. Non so dirti a quanti capitoli arriverò, probabilmente supererò i quaranta: ho già in mente la trama per linee generali, ma molti dettagli li "improvviso" capitolo dopo capitolo, o addirittura frase dopo frase.
Come ti accennavo in privato, mi trovo in una situazione particolare per cui al momento ho tempo da dedicare a queste cose frivole... Quindi non ho un tempo preciso di "stesura del capitolo". Non sono abituato a passare ore ed ore davanti a Word a scrivere pagine su pagine, quindi non potrei fare la somma. Poi considera che, prima di scrivere ogni capitolo, molte idee mi vengono mentre sono dedito ad altri pensieri. Mi dico "Ah, questa cosa ce la devo mettere perchè è bella, o ci sta bene, o fa ridere", per cui mi annoto i suggerimenti che mi vengono in mente (semplici spunti, o intere battute, dialoghi o scene), per poi riutilizzarli un po' di tempo dopo, quando mi servono, al momento opportuno. Diciamo che, se mi impegno, riesco a fare due capitoli a settimana.
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Beh, allora lo metto ora stesso. Con questo capitolo, recuperiamo un po' di personaggi che avevamo perso di vista per seguire Vegeta nello spazio profondo.
Cap. 9 – Intermezzo II: In attesa dell'eroe.
Erano passati ormai diversi mesi, ed era inevitabile che Gohan si chiedesse quando avrebbe rivisto suo padre. Frequentemente il piccolo mezzo Saiyan si trovava a ripensare agli ultimi momenti trascorsi insieme al genitore; la speranza non lo abbandonava, anche se lo spazio nascondeva chissà quanti pericoli. Goku se la sarebbe cavata, sarebbe riuscito a ritornare... lui ci riusciva sempre, e forse era quello il più grande dei suoi poteri. “Conosco troppo bene papà; tornerà di sicuro.” Certo! Però quell'assenza non gli faceva piacere.
Il giorno in cui Gohan aveva fatto ritorno a casa e aveva raccontato tutto alla mamma, lei aveva pianto tanto, e Gohan non capiva se quelle fossero lacrime di gioia per aver riavuto finalmente il figlio a casa tutto per sé, o di tristezza perché il papà era sperduto chissà dove nello spazio infinito. Ripensandoci, poteva benissimo essere che piangesse per entrambi i motivi. Eh, le mamme... non è mica facile capirle.
Chichi non aveva impiegato molto tempo a chiudere il rubinetto delle lacrime e a riacquistare la determinazione di sempre. Era una donna forte e testarda, forse l'unico tipo di donna disposta ad accettare un marito che, genuinamente buono quanto si vuole, dava tanta importanza alla lotta da aver seguito uno stile di vita... alternativo, se vogliamo. A pensarci bene, dal punto di vista di Chichi, Goku era una strana ed eccezionale miscela di altruismo ed egoismo: come interpretare la personalità di uno che prima salva la galassia e poi si prende un periodo sabbatico senza farsi più sentire dalla famiglia?
Su una cosa Chichi non voleva sentire ragioni: la carriera studentesca di Gohan. Chichi non aveva nemmeno dovuto insistere su questo punto. Infatti Gohan si era subito sottomesso con la coda fra le gambe alla volontà della madre, complice anche il senso di colpa, a causa dei compiti che avrebbe dovuto fare durante la spedizione su Namecc, e che aveva colpevolmente trascurato. Poco tempo dopo, però, aveva deciso di rilanciare: non accettava più di essere passivo. Il desiderio vibrante di libertà traspariva dal suo look. Da quando i capelli gli erano ricresciuti, quella ridicola capigliatura da funghetto damerino era stata soppiantata da tante ciocche selvagge e disordinate, come era già capitato in quell'anno di vita selvatica trascorso con Piccolo. Gohan si preferiva nettamente così, e non aveva voglia di farsi portare nuovamente dal barbiere per ripetere lo scempio dell'ultima volta. Sua mamma non poteva pretendere che un bambino rinunciasse agli aspetti divertenti della vita, così alla fine era riuscito a strapparle un compromesso, concedendogli il permesso di godersi alcune ore al giorno di riposo, e qualche giorno di svago ogni tanto. Gohan trascorreva i suoi momenti liberi in maniera del tutto innocente: gli piaceva leggere libri di narrativa, giocare e fare esplorazioni per i boschi: quegli stessi boschi dove ogni tanto si perdeva da piccolo, gli ricordavano come Goku andasse ogni volta a cercarlo. In quei mesi, aveva passato molto tempo con il nonno, l'enorme Stregone del Toro, e con Crilin, che in qualche modo era diventato il suo secondo miglior amico; era spesso andato a visitare Dende e la sua gente, almeno finché questi erano rimasti sulla Terra. Chichi confidava che un po' di libertà lo aiutasse a rilassarsi, specialmente in assenza di Goku; sicuramente anche la concentrazione e la produttività ne avrebbero tratto giovamento. Comunque si consolava tra sé: “I namecciani sembrano essere delle brave persone, anche se presto se ne andranno. E poi almeno Crilin è una persona più o meno normale, non un mostro che ha cercato di uccidere mio marito! Come faccia Gohan a trovare simpatico quel maledetto Piccolo, io non lo so! Oh cielo, che fatica crescere mio figlio in questo mondo!” Già, Piccolo... Gohan non aveva mai smesso di volergli bene nonostante sua madre disapprovasse questa amicizia. Piccolo era involontariamente diventato il cruccio di Chichi, nonché frequente oggetto di discussione tra madre e figlio. Del resto, per un bambino di 5-6 anni, un anno è un periodo abbastanza lungo da trascorrere assieme alla stessa persona, ed era inevitabile che lasciasse il segno, visti anche gli eventi che ne erano seguiti. Chichi non poteva far finta che Gohan non fosse affezionato al demone dalla pelle verde, né poteva impedirgli con la forza di scappare a salutarlo e a fargli visita. Gli unici mezzi di cui la povera mamma disperata poteva disporre erano la persuasione e il dialogo, sperando che il figlio accettasse di ragionare. Comunque Gohan, in condizioni normali, continuava ad essere un ragazzino sereno e pacifico; odiava le liti e ripudiava gli atteggiamenti impertinenti nei confronti dei suoi genitori... e di Piccolo, verso il quale era passato da uno stato di iniziale soggezione ad un convinto sentimento di rispetto e devozione. Chichi, però, non era a conoscenza del legame instaurato tra il suo bambino e colui che lei considerava un mostro senza cuore; e se anche ne fosse stata a conoscenza, non lo avrebbe compreso. Qualche volta le sorgeva spontaneo pensare che, una volta tornato Goku, tutto sarebbe tornato alla normalità e avrebbero ripreso a vivere come una famiglia normale: mamma, papà e bambino, niente intrusi, specialmente se assassini. Ma... che affidamento si poteva fare su Goku? Insomma... se il custode di quella sua idea di serenità familiare doveva essere il Son Goku che conosceva lei, chi poteva garantire che Piccolo se ne sarebbe stato alla larga? Era probabile che, in una eventuale disputa, Goku avrebbe indossato i panni dell'avvocato del diavolo... pardon, del demone. E poi c'era quell'altra questione, quella solita mancanza di Goku, quel punto su cui Chichi non era mai riuscita a ottenere soddisfazione da lui...
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Ogni volta che si guardava allo specchio, Crilin si rendeva conto che, suo malgrado, non era cambiato quasi per niente in tutti quegli anni. Manteneva quell'aspetto adolescenziale, nonostante il volume della sua muscolatura fosse cresciuto. Eppure, il suo viso era rimasto praticamente identico, e nessuno gli avrebbe mai dato l'età anagrafica che aveva; su Namecc tutti i nemici continuavano a dargli l'epiteto di “moccioso”. Il suo animo era in sintonia col suo aspetto: anche dentro era rimasto il ragazzino un po' smaliziato che si era fatto accogliere alla Kame House corrompendo il maestro Muten con un fagotto di pornazzi; ma restava una persona di animo nobile e premuroso, generoso e volenteroso come pochi al mondo. Lui e Goku avevano stretto un legame indissolubile; Crilin non lo sapeva ma, quando Freezer lo aveva ucciso brutalmente, Goku lo aveva definito “una persona eccezionale”.
Per alterne vicende, aveva accettato di affrontare mostri terribili e completamente fuori dalla sua portata e, anche se la grinta a volte gli mancava, non gli si poteva rimproverare di essere un codardo, al massimo un prudente. Dopo l'esperienza su Namecc, era tornato alla pace, alla serenità e alla spensieratezza. Il guerriero era tornato a sonnecchiare, lasciando che il suo ragazzino interiore potesse di nuovo godere dei momenti di serenità. Forse era questa sua immaturità ad impedirgli di trovarsi una fidanzata. Questa era stata la sua massima aspirazione da quando aveva iniziato a praticare le arti marziali... anche se, fortunatamente, nel corso degli anni era passato da “voler far colpo sulle ragazze” a “voler stare con una ragazza”; il fatto di non esserci riuscito era il suo più grande cruccio.
Crilin e Gohan, con la benedizione di Chichi, avevano preso l'abitudine di andare a pesca insieme. Tutto era iniziato il giorno in cui Crilin era venuto a prenderlo per una delle loro uscite domenicali, portandosi dietro una bella canna da pesca sportiva nuova.
«Cos'è quella, Crilin? A che serve?» chiese con aria curiosa e candida il bambino.
«Ma come? Hai quasi sei anni, vivi in mezzo alla natura e nessuno ti ha mai fatto vedere una canna da pesca?» rimase stupefatto Crilin.
«Non ho mai visto un oggetto simile... ma quindi possiamo andare a pesca con quella?» Il volto del bambino si illuminò di un sorriso entusiasta.
«Certo! Saluta la mamma, che ti porto al lago qua vicino.»
«Sì! Subitissimo!»
Arrivati al lago, Crilin preparò l'amo, infilò l'esca e con un colpo deciso gettò la lenza a una certa distanza dal bordo del lago. Poi invitò il bambino a sedersi, ed egli stesso fece altrettanto.
«E ora che si fa?»
«Beh... ora si aspetta che il pesce abbocchi all'amo... no?» rispose il giovane uomo in leggero imbarazzo, dato che considerava la pesca come un'attività quasi naturale.
«E come ti accorgi se ha abboccato o meno?»
«Perché il pesce che abbocca inizia a strattonare l'amo per portarsi via l'esca... e più gli strattoni sono forti, più il pesce è grosso.»
«Ho capito... Mi sembra un po' noioso...» commentò deluso Gohan.
«Scusa eh... prima di iniziare a scontrarsi con Vegeta, tuo padre ti aveva promesso che, una volta finiti i guai, ti avrebbe portato a pesca... non ti ci aveva mai portato prima?»
«Certo che mi ci ha portato! Però lui utilizzava un sistema diverso.» lo informò Gohan.
«Ah sì?» Crilin si incuriosì. «E come pescava?»
«Con le mani!» affermò Gohan, come se fosse la cosa più semplice del mondo.
«Con le mani?» Crilin pensò che quella fosse un'altra delle bizzarrie del suo migliore amico.
«Sì! Se vuoi ti posso mostrare io come si fa! È come un gioco! Da quando Piccolo mi ha insegnato come usare la mia forza, so farlo anche io!»
«Ok, sono proprio curioso... anche se immagino che questo giochetto farà scappare tutti i pesci del lago!»
«Non preoccuparti! Ne prenderò uno talmente grosso che il filo della tua canna si sarebbe spezzato per via del peso!»
Gohan si spogliò completamente; piegò per bene i suoi vestitini casual sull'erba e, completamente nudo, si tuffò in acqua. Riemerse dopo pochi secondi, sotto lo sguardo attonito di Crilin.
«Brrrrr! Scusami, l'acqua è fredda!»
Crilin scoppiò a ridere: «Ma bravo! E il grosso pesce che ti vantavi tanto di poter catturare con le mani?»
«Te l'ho promesso, e te lo porterò! Sta' a vedere!»
Detto ciò, il piccolo si immerse. Per alcuni lunghi istanti il suo amico non lo vide emergere, ma non si preoccupò perché riusciva a seguirne la traiettoria sotto la superficie dell'acqua, indice del fatto che il piccolo mezzo Saiyan stesse nuotando a gran velocità. A un certo punto si fermò; subito dopo, riemerse sollevando una grossa cupola d'acqua; teneva per la pinna caudale un pesce enorme, molto più grosso di lui. Crilin restò allibito: «Non ci credo... ma come hai fatto?»
«Non è difficile, sono sicuro che ci riusciresti anche tu! Ne insegui uno, lo colpisci alla testa e lo acchiappi! Tutto sta nell'essere più veloci di loro nel nuotare! Ma di questo non dobbiamo preoccuparci!»
«Giusto... non ci avevo pensato».
Gohan depose la preda sul suolo. Crilin gli diede una tovaglia con la quale il bambino si asciugò; poi sedettero sull'erba.
«Quindi è così che Goku pesca?»
«Sì! Prima che sulla Terra arrivasse mio zio Radish, ogni tanto venivamo qui anche con la mamma. Lei però era contraria al fatto che papà si spogliasse completamente in un luogo del genere...»
«In effetti, questo comportamento è degno di Goku!» rise Crilin.
«Però non è stato lui a insegnarmi a pescare... ho imparato da solo quando Piccolo mi allenava. Nel posto dove mi ha lasciato per diversi mesi, dovevo procurarmi da mangiare da solo.»
«Anche fare una cosa simile ad un bambino è degno di Piccolo» osservò Crilin con tono di disapprovazione.
«Non dire così: io lo conosco bene ed è una persona molto gentile, anche se è stato un maestro severo... si aspettava molto da me...»
«Piccolo sarebbe “molto gentile”?» chiese dubbioso il pelato. Non perché considerasse Piccolo un essere malvagio... non più, ora. In più occasioni, aveva dato prova di affidabilità... ma quanto a garbo e cortesia, gli sembrava che lasciasse ancora a desiderare.
«Sì...» rispose Gohan sorridendo; probabilmente, ripensava a qualche scena vissuta all'epoca degli insegnamenti del namecciano. «Crilin... ma secondo te...»
«...mhm?»
« …secondo te, quando tornerà il mio papà?»
«E-ehm.. non saprei...» rispose imbarazzato Crilin che, conoscendo l'imprevedibilità del suo amico, non sapeva sinceramente cosa rispondere per non intristire il bambino. «Anche io spero che torni presto, comunque... saperlo nello spazio non è molto confortante... però può anche darsi che sia in viaggio o che stia per partire a breve!»
«Sì, forse hai ragione tu!» esclamò Gohan risollevato; Crilin era riuscito ad incoraggiarlo.
Gohan era apparentemente così simile a Goku, nella sua natura infantile e sincera, spontanea in tutte le sue manifestazioni. Ciononostante, fin dalla tenera età aveva dimostrato un’indole più calma e, sotto certi aspetti, matura; per non parlare dell'intelligenza di certe sue considerazioni, e della precisione e accuratezza di certi suoi gesti. Chissà – pensò Crilin – forse da grande sarebbe davvero diventato uno studioso, come lui stesso desiderava e come sua madre caldeggiava: era dotato di un intelligenza che a suo padre mancava, al di fuori del combattimento. Fin quando fosse rimasto un bambino, Gohan sarebbe stato quasi uguale al suo genitore che era un adulto, con ben poche speranze di crescere. Il giovane pelato sorrise, pensando a quel tipo di considerazione che nutriva per la maturità del suo migliore amico. Era strano pensare che il bambinone di tutti i giorni era l'eroe delle grandi battaglie, colui su cui tante volte il mondo aveva potuto fare affidamento a buon diritto, colui che per due volte aveva riportato il suo amico Crilin nel mondo dei mortali.
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Vegeta era rientrato alla Capsule Corporation, dopo mesi di assenza. La possibilità che Goku fosse tornato sulla Terra si era rivelata un'aspettativa infondata; e così anche l'eventualità di incontrarlo nello spazio profondo.
Il viaggio di ritorno era stato tranquillo. Era durato forse un po' meno dell’andata, con la differenza che questa volta aveva dovuto fermarsi alcune volte per fare provviste alimentari: gli esercizi fisici erano giunti a un livello tale di fatica da richiedergli più calorie, quindi più cibo. Per questo ogni tanto atterrava su qualche pianeta e dava la caccia a qualche animale del luogo, sempre evitando di fare qualche seccante incontro con gli indigeni. L'allenamento proseguiva senza novità; in quel periodo, Vegeta aveva avuto modo di riflettere sull'esperienza di quel viaggio, a cui aveva ormai deciso di porre fine. L’allenamento si era comunque rivelato proficuo, ma – a quanto sembrava - non era stato sufficiente a farlo arrivare al Super Saiyan. Gli mancava ancora qualcosa... sì, ma cosa? Il problema era tutto lì. Davanti al Peyote Team, era riuscito ad attingere per qualche momento al potere di Super Saiyan, e su questo non c'era dubbio. “Maledizione!” pensava fra sé, pestando energicamente un piede sul pavimento dell'astronave. “Quella volta c'ero quasi! O almeno, così pare! Solo che non ricordo proprio nulla di quelle allucinazioni... come avrò fatto ad arrivare alle porte della trasformazione?” Vegeta aveva così scoperto che in lui covava un Super Saiyan; bisognava adesso farlo uscire allo scoperto. Kakaroth aveva confermato che la leggenda era vera, e il Super Saiyan esisteva; adesso Vegeta era pronto a tutto dimostrare che la leggenda era falsa: non uno ogni mille anni; questa volta, ce ne sarebbero stati due. Altro lato positivo della gita: aveva rivisto Kodinya, dopo tanto tempo. Zucchero non guasta bevanda, come dicono i terrestri.
In conclusione, dal punto di vista di Vegeta il viaggio si era rivelato un mezzo fallimento. Non aveva trovato Kakaroth, come del resto sarebbe stato prevedibile: la pianificazione del viaggio era fondata su semplici congetture, nulla gli assicurava il successo delle sue intenzioni e il tragitto si era svolto in maniera totalmente casuale, senza alcuna traccia da seguire. Ma che ci vogliamo fare? Questo è il Principe dei Saiyan: un testone che decide d'impulso, molte volte senza valutare i pro e i contro, e si butta a capofitto anche se sa che il comportamento seguito è quello meno razionale. Spesso bisogna aspettare che un lampo di illuminazione gli faccia capire che sta sbagliando, e quando ciò accade si inalbera e preferisce ritirarsi nella sua solitudine a rimasticare la propria rabbia.
Vegeta, tornato alla solita vita di solitudine alla Capsule Corporation, continuava ad usare l'astronave come sala di allenamento, col permesso del dr. Brief. Del resto, considerava ormai naturale la gravità cento volte superiore a quella terrestre.
Adesso aveva allentato di poco il ritmo: era consapevole che torturare il corpo fino allo sfinimento non lo avrebbe aiutato. Aveva iniziato ad indossare comodi abiti terrestri, nei momenti di relax.
Ovviamente i suoi sentimenti verso i residenti della casa non erano cambiati: lo infastidiva l'idea di frequentarli; provava indifferenza per lo scienziato, mentre gli davano fastidio le chiacchiere delle due donne, del terrestre con le cicatrici, del gattino svolazzante e del porcellino depravato. Meno male che la comunità dei musi verdi se ne era andata via. A Bulma era sorto l'istinto tipicamente femminile di cambiare il carattere di uno degli uomini con cui divideva la casa. Lei e sua madre avevano chiesto a Yamcha, l'altro guerriero di casa, di provare un approccio amichevole col Saiyan, giusto per avvicinarlo; Yamcha accettò, anche se l'idea non lo elettrizzava. Aveva percepito l'aura di Vegeta che si avviava ad uscire dalla dimora e l'aveva raggiunto. «Salve, Vegeta!» salutò affabilmente. «Posso parlarti?»
«Dimmi, ma fai in fretta. Ho da fare.» rispose seccamente.
«Perché non ci alleniamo insieme? Credo che potrei imparare molto da te» propose Yamcha.
«Non mi interessa perdere tempo con te, sei troppo debole e c'è troppa differenza» chiuse rapidamente, e si innalzò in volo. Yamcha lo inseguì, in uno scatto di determinazione. Per Vegeta sarebbe stato facile seminarlo, eppure non lo fece, e lasciò che il terrestre gli si parasse davanti: «Guarda che parlavo sul serio! Perché ti comporti in questo modo?»
«Perché non vai fuori dalle palle? Anche io parlo sul serio» lo parodiò Vegeta, con un ghigno antipatico. Quindi stese il braccio in avanti e sparò una semplice deflagrazione di energia spirituale che, dopo essere passata di striscio accanto al viso sconvolto di Yamcha, andò a schiantarsi ed esplodere oltre la loro vista. «Credo che stavolta tu abbia afferrato il messaggio, seccatore». Da quel giorno, Yamcha desistette da ogni tentativo di instaurare un rapporto col Saiyan.
Vegeta aveva preso anche l'abitudine di uscire per molte ore al giorno per andare ad allenarsi fuori negli strati più elevati dell'atmosfera, dove l'aria era più rarefatta. Riteneva che allenarsi in modo da risparmiare il fiato e regolarizzare il respiro potesse risultargli fruttuoso. Un giorno, mentre levitava negli strati alti dell'atmosfera, sentì a una certa distanza una familiare aura molto potente in movimento, e decise di raggiungerla, per curiosità. Conosceva l'individuo a cui apparteneva l'aura: del resto, aveva già conosciuto tutti gli individui dalla forza decente o almeno appariscente sulla Terra. In particolare, in quel caso di trattava di Piccolo, che in quel momento stava dritto in piedi dandogli le spalle, anche non aveva potuto fare a meno di percepirne la presenza. «Dimmi cosa diavolo vuoi, o sparisci» affermò Piccolo con freddezza, sempre dandogli le spalle.
«Quindi anche tu ti alleni, eh?» chiese Vegeta con un sorriso sarcastico.
«Mi tocca farlo, fino a quando in questo mondo ci sarà un delinquente a piede libero come te».
«Oh, invece immagino che tu sia un santerellino... o sei forse un giustiziere?» ribatté con accento di evidente derisione.
«Non sono un santo, lo so... ma quello che conta di più è che mi basterebbe poco per umiliarti, caro Principe. Lo sai a cosa mi riferisco... Ma sarebbe infantile da parte mia» ghignò Piccolo, consapevole che quella insinuazione gli avrebbe fatto abbassare la cresta.
«Non temere, manca poco... prima o poi lo supererò!» ringhiò Vegeta. Poi, giusto per avere l'ultima parola, chiuse: «Stammi bene, dannato muso verde! E continua così con gli allenamenti... stai andando forte!» e volò via, adirato ma sorridente. Piccolo commentò soddisfatto: «Che immaturo.»
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