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La nascita della Leggenda: Il primo Super Saiyan

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  • #31
    L’intenzione originale era l’essere il più aggressivo e caustico possibile, in quanto non aveva intenzione di andarsene senza qualcosa in mano, ma la curiosità derivante dal messaggio di Gaiyjìn gli imponeva di riconsiderare parzialmente le sue richieste e i suoi atteggiamenti.
    <<Generale, io chiedo garanzie e nient’altro>> esordì il capitano <<Voglio la garanzia che i miei uomini stiano rischiando le loro vite per una giusta causa. La garanzia che il loro governo li protegga e garantisca la loro sicurezza>>
    Il generale intrecciò le mani all’altezza del petto, appoggiando i gomiti alla scrivania, chiedendo al proprio sottoposto <<Cosa non le è chiaro della nostra spedizione su Veyat capitano? Cosa la turba>> disse con tono rassicurante e rilassato
    <<Non starò qui a chiederle l’ovvia verità oltre la verità>> rispose deciso il capitano Kalùd <<E’ ovvio che oltre all’ufficiale motivazione scientifica di facciata, ci siano motivi mediatici, propagandistici, per i quali non ho la minima ragione di discutere, e che anzi trovo legittimi e utili se perseguiti con lealtà e correttezza nei confronti della popolazione>>
    Jorgàn prese fiato, suggerendo implicitamente al generale d’intervenire se avesse avuto qualcosa da dire, ma una volta tanto non aveva nulla da dire sulle classiche frecciatine del capitano, e proseguì
    <<Credo conosca il mio pensiero riguardo le politiche adottate dal nostro governo durante l’ultimo secolo, certamente non mi va di ripetermi quanto a lei non va d’ascoltarmi. Ma una cosa che ho capito nelle ultime settimane, guardando morire i miei uomini per niente, è che per adottare certe politiche, per perseguire un obiettivo con tanto impegno, un motivo ci deve essere, un qualcosa c’è. O almeno lo spero, generale Jokùn, perché non sopporterò vedere morire altri miei uomini senza una valida ragione.>> il capitano concluse il discorso incalzando il generale, con un’accusa nemmeno tanto velata, e con una domanda secca e precisa per non lasciare spazio all’immaginazione al proprio superiore <<in pratica le chiedo, Signor Generale: cosa stiamo cercando su Veyat?>>
    Il movimento di nuca del generale alla ricerca degli occhi del colonnello Jorwàh fu per lui la risposta più eloquente possibile, tanto da portarlo a suggerire la risposta al generale <<E’ qualcosa che ha a che fare col Ki, giusto generale?>> disse con tono supponente Jorgàn, ben più calmo di prima, con il tono di uno che sa di aver fatto centro; e nel mentre cercava con la coda dell’occhio il colonnello Jorwàh, quasi a voler confermargli definitivamente che si, aveva letto il suo messaggio, e che ne seguiva le istruzioni (1- chiedi del Ki).
    Il generale, con aria quasi rassegnata, rispose <<Ebbene si, capitano Kalùd, non siamo andati su Veyat per un semplice studio generico>> con un atteggiamento del corpo rilassato, per Jorgàn era la prima volta che non gli sembrava d’aver a che fare con un cyborg <<Forse perché sentiamo di aver ormai scoperto tutto, il Ki ci sembra la panacea di tutti i mali>>
    <<Abbiamo già tutto per sconfiggere i mali>> intervenne Jorgàn, facendo il verso a uno degli slogan più noti di Plant, che recitava “Solo Dio oltre la civiltà”
    <<Invece non si arriva mai capitano, lei dovrebbe saperlo meglio di me. Questo Ki sembra avere potenzialità illimitate>> disse con vigore, e proseguì a tono sempre più incalzante <<pensi a qualsiasi cosa voglia capitano, ci pensi, sotto qualsiasi punto di vista, non c’è nessun contesto e nessuna tecnologia che non possa subire significativi miglioramenti grazie all’impiego del Ki. Forse addirittura nessun antròò che non possa giovarne.>>
    <<Strano>> intercalò con tono di sufficienza il capitano Kalùd <<Perché lei ha l’aria di uno che di questo Ki ne sa parecchio>> proseguì <<Eppure io avevo chiesto di essere avvertito ed aggiornato semmai ci fossero state novità a riguardo di questo Ki, ciò nonostante lei sembra saperla lunghissima a riguardo, mentre per me altro non è che la presa per il culo di qualche medium stiligista (*religione planòò) truffatore>>
    Ed eccolo lì il caro vecchio dissacrante capitano Kalùd, che come in precedenza chiuse il discorso con una domanda chiara e precisa <<C’è forse qualcosa che non so o che dovrei sapere a riguardo?>> (2-insisti sul Ki)
    Il generale sospirò; una risposta tardava ad arrivare, allora nuovamente la suggerì il capitano <<La avverto, Signor Generale, che non accetterò una risposta negativa>> (3-ricatta sul Ki)
    Disse il capitano Kalùd, fugando qualsiasi residuo dubbio dalla mente del colonnello Jorwàh.
    Il generale non era assolutamente tipo da farsi mettere i piedi in testa da un sottoposto, ma questa volta fu lui dall’alto del suo rango a far buon viso a cattivo gioco.
    <<Sa, capitano Kalùd, il colonnello Jorwàh m’aveva avvertito su questa eventualità, ed in verità le dico che m’aveva persuaso lui prima che lo facesse lei>> Bingo! Su questo Jorgàn non aveva dubbi. Il silenzioso colonnello era colui che fin lì aveva tirato i fili; pur senza aver proferito parola, la riunione s’era risolta come lui aveva pianificato.
    <<Mi segua>> disse il generale alzandosi dalla poltrona <<Avrà tutte le risposte che cerca nella sezione 73>>
    Un nodo in gola spezzò il fiato al capitano, non immaginava che qualcosa potesse ancora sorprenderlo: la sezione 73 era una leggenda metropolitana che conosceva fin da piccolo, e nonostante fosse ormai Capitano dell’esercito e viaggiasse verso la cinquantina, non ne sapeva molto di più rispetto ad allora. Pur essendo certo dello sviluppo di tecnologie avveniristiche segrete da parte dell’esercito, aveva ormai precluso l’esistenza di questa fantomatica sezione 73.
    A questo punto le tensioni e le apprensioni riguardanti la possibile guerra passarono in secondo piano, da Capitano delle milizie Planòò per qualche momento divenne un bambino in preda ad euforia e curiosità la cui unica preoccupazione era sapere se avrebbe potuto bullarsi col capitano Waltùr perché aveva visto la sezione 73 e lui no.
    Capitano e colonnello si misero a seguito del generale, scortati da una decina di guardie che per il generale si prodigavano senza fiatare, saltando quasi tutti i controlli e le autorizzazioni di rito; il capitano sentiva tangibile la differenza di autorità abissale che li separava, differenza che probabilmente si traduceva anche nelle conoscenze a cui ai due era concesso accedere; nonostante il suo ruolo, se solo ora stava accedendo quasi per caso alla sezione 73, significava senz’ombra di dubbio che ancora non aveva alcuna garanzia sul fatto che non gli stessero nascondendo qualcosa tuttora troppo in alto per lui.
    Arrivarono all’ascensore centrale ed entrarono scortati dalle guardie, una volta lì le luci si spensero e il generale inserì un codice. Iniziarono a muoversi, sempre a luci spente; Jorgàn non arrivava a vedere nemmeno il proprio naso.
    La “corsa” durò qualcosa come 10 minuti, pure una talpa avrebbe perso il senso dell’orientamento, ma il tempo consentì al capitano Kalùd di stemperare l’agitazione e riflettere sulle parole del generale, che continuavano a non convincerlo, o almeno non bastavano a fargli riconsiderare l’opinione negativa che aveva maturato sulle politiche adottate durante l’ultimo secolo, né sulla gestione della spedizione su Veyat.
    Una volta arrivati a destinazione, solo lui e gli altri ufficiali scesero laddove l’ascensore con a bordo la scorta ripartiva; né scorta li accolse una volta arrivati lì, né nient’altro, semplicemente un apparente nulla.
    Un lungo e candido corridoio dava l’impressione di perdersi all’orizzonte, nella sua semplicità esso riusciva a metterlo in soggezione; l’ambiente era quasi surreale, non c’erano ne porte ne finestre, nessun punto di riferimento, aveva quasi la sensazione di camminare sul nulla.
    Dopo un paio di minuti di silenziosissima e solenne processione, del gas iniziò e fuoriuscire dalle pareti: era il gas Tewìjùnur, in lingua planòò letteralmente “fumo nero”, capace di inibire tutti i sensi. Il capitano non si fece prendere dal panico, solamente pensò “Cazzo addirittura!?”
    Dopo pochi secondi, senza avere la minima idea né del perché né del per come, si ritrovò accanto ai due ufficiali in testa ad una lunga scala.
    <<Bello scherzetto>> commentò sarcastico <<Suvvia capitano>> rispose il generale <<non avrà mica creduto che le rivelassi proprio tutto?>> il capitano gli lanciò un’occhiata carica di sufficienza e malcelato disappunto <<Del resto, capitano, lei sa meglio di me che una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta>> <<Già, ma nulla è più frustrante di essere continuamente presi per il culo>> pensò, ma non disse, limitandosi ad un indolente <<Indiscutibile, signor generale>>. Non per nulla il generale gli aveva appena implicitamente confermato che non solo era legittimo avere dubbi su quanto gli venisse detto, ma che era da perfetto imbecille non averne, nonostante il governo si fosse sempre proclamato limpido e sincero, stroncando sempre sul nascere dubbi e critiche.
    Ed il colonnello invece era riuscito nell’impresa di non proferire parola per mezz’ora, la sensazione è che provasse ad evitare lo sguardo del capitano, come un’amante farebbe in pubblico col marito fedigrafo. In effetti, silenzio e sguardo in corrucciato tradivano una certa tensione. Dovuta a cosa?
    Una volta arrivato in fondo alla gradinata gli si parò il motivo davanti agli occhi: un uomo immerso in una gigantesca vasca piena di liquido verde, con indosso solo una mascherina e decine di piccole ventose.
    <<Le presento Kalèn Guluò: l’uomo del Ki>> esclamò il generale.
    Il colonnello si voltò di scatto verso il capitano, il cui sguardo assorto non tradiva alcuna emozione; lo stava forse ascoltando?
    Erano almeno 30 anni che non lo vedeva…


    ___________________________
    Mi sono come sempre perso in chiacchiere ed alla fine ho deciso di troncare anche questo capitolo, ma il prossimo arriva entro due settimane, non si sfugge.

    Buona lettura


    *p.s. Kalèn Guluò vedi capitolo 2
    Last edited by AJeX-97; 07 August 2014, 20:32.

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    • #32
      Mi sono come sempre perso in chiacchiere ed alla fine ho deciso di troncare anche questo capitolo, ma il prossimo arriva entro due settimane, non si sfugge.
      BUFFONE!!!

      Uffa, non sapete veramente quanto mi da fastidio non rispettare le promesse.
      Quando terminai il precedente capitolo ero molto carico per scrivere il prossimo, ma gli ultimi mesi sono stati un periodo molto denso, in tutti i sensi, non ho avuto il tempo di potermi riconcentrare ed ora devo riprendere il filo.

      Ma vi assicuro, se a qualcuno importa, tornerò! Anche se io stesso non ricordo di cosa parla sta storia xD

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      • #33
        Evviva, evviva.
        Non so se a qualcuno interessi ma arriva, il nuovo capitolo arriva entro oggi, ed io ne sono felicissimo perché per me è come tornare alla vittoria dopo mesi di digiuno.
        Completarlo m'ha dato una sensazione di soddisfazione imparagonabile a quella data dagli altri, ed a prescindere da tutto completarlo e pubblicarlo dopo tanti mesi per me era importante, per il mio modo di essere ninja, poi se voi avrete il piacere di leggerlo ne sarei grato, anche perché constatò a malincuore d'avere poca concorrenza e vediamo se si può dare un po' di vita a tutto.
        Il capitolo è l'ottavo, per chi ha letto e per chi non ha letto, e per chi, tutti, in ogni caso hanno dimenticato, vi propongo un riassunto degli altri 7, che ovviamente però vi consiglio caldamente di leggere nuovamente per intero (ma io non lo farei ma io sono pigro )

        Capitolo 1: Genesi

        Spoiler:
        Viene narrata la formazione del pianeta Vegeta e la formazione del pianeta Plant, l'evoluzione dei Saiyan e la loro lotta per la sopravvivenza in quelle condizioni impervie e della loro lotta evolutiva contro una razza di giganteschi e potentissimi rettiloidi del loro pianeta

        Capitolo II: Ki?

        Spoiler:
        Si racconta da quanto tempo i Planòò (ovvero gli Tsufuru) monitorano Veyat (Vegeta) ed i Seiyah (Saiyan) e cosa sanno loro in vista dello sbarco a scopo scientifico e pacifico. Dalle loro analisi hanno ricavato la certezza che il Ki, la forza spirituale, ritenuta solo superstizione, esiste veramente, e provano a svilupparla pure loro, arrivando pure a compiere atti disumani nei confronti dei loro stessi soldati, alla fine solo un soggetto riesce a sviluppare in sé il Ki: Kalèn Gulùo.

        Capitolo 3: Incontri ravvicinati del terzo tipo

        Spoiler:
        Viene narrata un aggressione dei Seiyah a delle navicelle Planòò, che vengono descritte

        Capitolo IV: Meeting

        Spoiler:
        Le aggressioni portano a riconsiderare i piani e le conoscenze riguardo ai Seiyah ed a prendere provvedimenti all'esercito

        Capitolo 5: Guardando il Mondo da un oblò

        Spoiler:
        Dato che i provvedimenti sono risultati inefficaci le alte sfere Planòò divengono sempre più aggressivi e si parla di una campagna propagandistica per legittimare un attacco su Veyat, contravvenendo ai piani originari. Si parla del comandante in capo Jorgàn Kalùd che vuole avere delucidazioni e vederci chiaro ed ha chiesto un colloquio su Plant, di cui viene un po' narrata la storia e la situazione geopolitica ed economica

        Capitolo VI: La verità nella disperazione

        Spoiler:
        Viene narrata l'infanzia Jorgàn e del suo fratellino Schlùn, vissuti nell'odio e del terrore dell'esercito e ma in realtà nella menzogna. L'esercito li salverà dalla povertà nella figura del sergente Jorwàh. Jorgàn intraprenderà la carriera militare, Schlùn verrà adottato, si sentiranno tramite cellulare, tecnologia obsoleta regalata dal sergente, perché la carriera militare costringe a chiudere i contatti con l'esterno in tal periodo; cellulare che vibra a Jorgàn dopo anni di silenzio.

        Capitolo 7: La sezione 73

        Spoiler:
        Cogliendo il piano del colonnello Jorwàh, Jorgàn riesce a convincere il Generale a rivelargli le ultime informazioni sul Ki, come richiesto in precedenza; informazioni che troverà nella fantomatica sezione 73, dov'è rinchiuso Kalèn Gulùo.

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        • #34
          Capitolo 8: Nobili fini

          <<Volete vedere veramente qualcosa di interessante?>> chiese Kalèn Gulùo mentre subiva l’ennesima inumana tortura, rompendo un silenzio lungo settimane <<Volete riprovare quella sensazione di imbarazzante piccolezza? Volete risentirvi minuscoli, inutili, insignificanti?>> tutte sensazioni che i medici che lo “operavano” in qualche modo provarono, nel mentre che ascoltavano tali parole proferite da quella che avrebbe dovuto essere una loro vittima straziata dal dolore <<Allora smettetela di giocare a chi mi fa il solletico più fastidioso, e fateli uscire fuori, fateli uscire fuori! I vostri merdosi burattinai! Fate uscire fuori il motivo di quest’odio, vi prego! Fateli uscire fuori! Fate uscire fuori il mio odio!>> proferì con un non so ché di sadico, raggelante per chi lo ascoltava <<Lo so! Lo so che mi state ascoltando! Ora come allora, sempre ignobili stronzi! Uscite fuori! Voi sporchi burattinai, sapete benissimo a che genere di merda mi riferisco! Lo so! Che è da anni che mi osservate, privi di morale, privi di dignità, di cuore di e di palle e di tutto quello che rende un Plàn un vero Plàn distinguendolo dalla feccia! Lo so, ma io merito di vedervi, merito di potervi ringraziare per tutto quest’inesplicabile odio!>> i dottori facevano finta di non sentire le urla sempre più violente dell’uomo del Ki, nel mentre che timorosi e tremanti continuavano a tranciare e fendere la pelle e la carne del degente <<Ancora insistete!??>> divampò il Ki della cavia all’ennesimo taglio <<Vi offro più Ki di quanto voi riusciate a immaginare ed è questa la vostra risposta? Non è questo che volete?? Non è forse…QUEST’ODIOOOO>> BIUUUUWSH!! Esplose l’energia del Plàn, sbalzando via con un’onda d’urto i dottori.
          <<440!! Incredibile, è il risultato più alto mai registrato!! Continuiamo così!>> <<No>> intervenne il colonnello Jorwàh <<Diamogli quello che vuole>>
          <<Ma Signore è pericoloso, non possiamo cedere alle sue richieste!>> rispose sorpreso ed allarmato uno degli scienziati che costantemente monitorava le operazioni <<Lo stiamo frustrando, continuando così riusciremo sicuramente a raccogliere dati prezios->>
          <<Invece non otterremo nulla>> interruppe il colonnello, eccezionalmente lì in laboratorio a supervisionare le ricerche <<Mostrerà solo quello che vorrà mostrarci>> ribattè<<Credete sul serio sia quest’irrazionale bestia mossa da cieche emozioni?>> arringò il colonnello <<No, vi sbagliate, cadete sempre nell’errore di credere che tutto ciò a noi sconosciuto ed incompreso sia irrazionale, ci sentiamo sempre più furbi, più bravi, più intelligenti, ma la verità è che quel barbaro lì sta prendendo in giro tutti noi>> <<Cosa intende dire?>> replicò uno degli scienziati <<Quella bestia sta bluffando, non ha la minima idea di quello che fa, signor colonn->> <<Invece può fare molto di meglio>> interruppe Jorwàh <<ed intendo mostrarvelo>> rispose varcando la soglia della porta del laboratorio <<E poi>> proseguì <<in fondo ha ragione, no? E’ giusto che qualcuno si mostri e renda conto della sua condizione>> lasciando la sala interdetta.
          Probabilmente nessun altro delle alte sfere avrebbe partorito ed esplicato un simile, giusto, ragionamento: troppo altezzosi, troppo superbi, troppo in alto per dare conto delle conseguenze delle proprie azioni. Un po’ per timore, soprattutto per sprezzo e superbia, nessun altro ufficiale sarebbe sceso a patti con un barbaro, nessun altro sarebbe andato lì a quattr’occhi a disquisire con lui.
          Non volle sentire ragioni, il colonnello riuscì a far valere la sua autorità, nonostante gli sforzi degli scienziati per convincerlo a tornare sui suoi, folli, passi; teoricamente una cosa eccezionale comportava permessi e discussioni eccezionali, ma per lui si trattava semplicemente di scendere una scala e parlare con un uomo incatenato e malridotto, aveva abbastanza autorità per autorizzarsi a fare una cosa simile.
          Certamente questo poteva contribuire a procedere nella stagnante ricerca, ma non si sa fino a che punto, teoricamente, il gioco valesse la candela, cedere alle richieste di un prigioniero, un’ufficiale di simile rango abbassarsi a quel livello, orrore. Era veramente già necessario? E per dimostrare poi cosa? Che quella bestia fosse razionale? Follia.
          Trattenere rabbia e frustrazione, altro non gli competeva, schiavo del suo Ki più di quanto lo fosse dell’esercito.
          Era forse questa la sfida del colonnello? No, a prescindere da tutto, la sensazione è che non fosse certo questa, la ricerca, la ragione per cui il colonnello Jorwàh si fosse deciso tanto in fretta; ma, più che altro, semplicemente, perché era la cosa giusta, perché lo meritava; avrebbe provato a restituire dignità ad un’ospite che, certamente, data la sua importanza per l'esercito, per la scienza, per la cultura e per il popolo Plàn, la meritava.
          Varcata la soglia del laboratorio, si incamminò lungo la lunga e candida scala che l’avrebbe portato dinanzi all’uomo del Ki, che da par suo non avrebbe visto nient’altro che un paio di stivaletti neri all’improvviso stagliarsi su quei bianchi gradini, oltre i quali, precluso alla sua vista, c’era un portone rinforzato il quale si apprestava ad esser varcato dal colonnello Jorwàh una volta immessi i codici di sicurezza.
          Grande e spaziosa, candida ed asettica, quasi impalpabile, era questa la sensazione che restituiva la camera di prigionia di Kalèn Gulùo, spezzata da alcuni avveniristici strumenti che arredavano la stanza, oltre che da lui, naturalmente, il prigioniero, fissato su di un semovente lettino, per l’occasione posto perpendicolare al pavimento, le cui evidenti ferite e cicatrici erano in qualche modo nascoste dalle poderose manette in titanio che cinturavano torace ed arti: collo, spalle, mani, braccia, bacino, gambe, piedi e busto, non c’era parte del suo corpo che non avesse addosso almeno cento chili di metallo; e se questi non fossero bastati eventualmente a scoraggiarlo, le potenti scosse elettriche scatenate da queste e dai chip sottocutanei avrebbero fatto il resto.
          Erano mesi che il prigioniero era collocato lì, alcune manette venivano sovente ritratte per permettere le operazioni, o meglio le torture, necessarie per studiare le reazioni del Ki al dolore, o se esso reagisse a particolari stimoli; qualche leggero progresso s’era fatto, per merito dei chip sottocutanei ora era possibile valutare le variazioni elettromagnetiche nelle trasmissioni sinaptiche del prigioniero, che provocavano un incremento della velocità del battito cardiaco e della circolazione del flusso sanguigno; l’energia di Kalèn stazionava circa sui 150-200 klòwl, era possibile registrare numerose variazioni per merito dello scouter del laboratorio dipendentemente dal dolore e dalle reazioni emotive provocategli: il suo Ki era una sorta di burattino in mano a dei cinici marionettisti. I suoi sentimenti e le sue emozioni? Utili solo per la telemetria.
          Carnagione bianca, lunghi capelli e grandi occhi neri, la testa per l’occasione eccezionalmente svincolata diede modo al colonnello di constatare che il soggetto appartenesse quasi certamente all’etnia Kiryìan, ergo con tutta probabilità non aveva avuto un’infanzia facile, e certamente l’esercito non era stata quell’ancora di salvezza capace di garantirgli un futuro sereno, almeno a giudicare da dove si trovasse ora.
          <<Mi senti?>> furono queste le prime parole che l’uomo del Ki rivolse a uno dei diretti responsabili della sua condizione, una volta che questi entrò nel locale dove soggiornava il soldato <<Certo che la sento, soldato Gulùo, forte e chiaro>> rispose il colonnello
          <<No dico>> insistette <<mi senti?>>
          <<Per quello che sono le mie facoltà, soldato Gulùo, certamente inferiori alle sue, sì>> replicò pacato l’ufficiale
          <<Lei mi rende le cose parecchio difficili, sergente Jorwàh>>
          <<Noto con piacere che la mia fama mi precede>> replicò <<ma già all’epoca della sua dipartita io ero colonnello, mi spiace>> mosse il busto mettendo in evidenza le spille sul petto <<Le mie insigne sono dello stesso avviso, vede?>> <<Del resto, è questo quello che voleva, giusto?>> proseguì.
          <<Anche il suo fetore la precede, caro Colonnello>> replicò ironico il prigioniero <<Del resto un tanfo tanto fetido non poteva provenire ché da uno di quei signorotti di Tèwston>> <<Ma sa cosa trovo ancor più penoso?>> proseguì ancor più sprezzante <<Che va così fiero dei suoi gradi che la certificano come sterco inumano. Fossi in lei, sinceramente, non so se riuscirei a convivere con una tale onta>>
          Franco e diretto, superbo e soprattutto offensivo, una tale provocazione non poteva rimanere certo impunita per coloro che avevano incrociato a doppio filo la propria vita e la propria etica con quella del Governo, ovvero per gli scienziati che comodi dalla sala di controllo monitoravano il colloquio, non certo per il colonnello Jorwàh, che nonostante tutto non aveva dimenticato cosa significasse essere umani, ed ascoltava con fare fermo ed autorevole tali provocazioni, fissando dritto negli occhi il proprio interlocutore, la propria vittima, lui, a pochi metri.
          <<Posso comprendere il suo biasimo, soldato Gulùo, ma sbagliò o di simili insigne lei si è fregiato per più di 10 anni?>> la replica, intelligente e pacata, del colonnello, saggia, anche se forse alcuni avrebbero preferito qualcosa di meno verbale <<Sbaglio o pure lei aveva scelto di far parte di quest’organizzazione?>>
          <<Non sbaglia, colonnello>> rispose prontamente <<e me ne vergogno, non sapevo che mi stessi rendendo complice di tali criminali, ce lo faceste sapere magari, luride carogne, spero per questo popolo, nessuno mai si arruolerebbe. Quindi gradirei la smettesse di chiamarmi soldato e di tenersi la sua merda per sé>>
          <<Mi spiace ma non posso, soldato Gulùo>> replicò deciso il colonnello <<Lei fa parte di quest’organizzazione, ed ha scelto di servire il suo popolo a costo della sua stessa vita, e questo è un privilegio che non posso permettermi di levargli>>
          Last edited by AJeX-97; 26 November 2015, 14:57.

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          • #35
            <<PRIVILEGIO??>> urlò furiosamente Kalèn, facendo sobbalzare gli animi di coloro che assistevano alla scena, oltre che l’asticella del rilevatore <<Preferirei morire piuttosto che star qui a convivere con quest’onta!>> tuonò <<Uccidimi, brutto stronzo! Ti prego uccidimi!>> urlò al colonnello <<Quando ripenso a tutti quei soldati che per questo governo avevano dato la vita, gettati lì in mezzo al nulla, lasciati soli al loro destino, a convivere soli, con la morte, ogni giorno, guardandola faccia a faccia!>> <<Quando ripenso a quelle navicelle, a quelle telecamere, a voi figli di troia che ci guardavate ogni giorno lottare per non morire, senza cuore, disumani, i vostri stessi soldati osservati morire! I vostri stessi soldati, colonnello...i vostri stessi soldati! Che per voi avevano dato tutto! Come può? Colonnello, come può?>>……<<E se ripenso…se ripenso…a quanto fossero stupidi, tutti coloro che…ci credevano…l’odio…il mio odio…Quant’ero stupido…>>
            Con aria rassegnata, quasi pacifica, in un certo senso, esausto e sconsolato, dopo gli iniziali e chiarissimi nervi, l’ex-soldato Kalèn Gulùo concluse lo sfogo, durante il quale la sua aura era salita e rimasta costante sulle 400 unità, calando poi man mano fino ad arrivare sotto ai 100, confermando che le variazioni del suo Ki questo fossero dettate solamente dalla condizione del suo stato d’animo: su questo, egli non poteva mentire.
            Ma era il lato umano che più interessava al colonnello, che chinò il capo, ed iniziò a guardarsi intorno, a camminare lungo la stanza, gettando un occhio sulle avveniristiche strumentazioni che la arredavano, osservandole, toccandole, la perfetta meccanica in antitesi con la debolezza umana, la quale non poteva resettare, la quale non poteva fare back-up, la quale non poteva solo guardare avanti, la quale aveva bisogno di tempo per riprendersi, al limite uno stand-by, una trentina di secondi, quelli che il colonnello diede ad un Kalèn visibilmente fiaccato, chinato, probabilmente assorto nei suoi pensieri, per poi scrutarlo, e spezzare il silenzio con una domanda “Che persona crede di essere?” che lasciò interdetto il prigioniero.
            Kalèn sollevò lentamente il capo, incrociando lo sguardo del colonnello, sperduto, sorpreso, flebili parole uscirono adagio dalla sua bocca <<Io…che persona sono…>> sembrò chiedersi da solo.
            Il suo sguardo cadde nel vuoto, quasi alla ricerca di una risposta.
            <<Che persona sono sergente?>> reiterò accennando un sorriso <<Una persona di cui vado fiero>>
            Un ghigno gli fu restituito pure dall’ufficiale che poté rivolgergli un’ulteriore domanda <<Eppure lei è stato un soldato per buona parte della sua vita, o mi sbaglio? La considera forse un’onta?>>
            Fatal Error. Kalèn Gulùo riflettè, assorto, quasi rilassato, per ricercare una risposta, come qualunque interessata controparte dialettica che si rispetti, quasi come avesse perso qualsivoglia astio nei confronti del proprio interlocutore; riflettè, a fronte di una domanda che come forse nessun’altra avrebbe potuto farlo riflettere, ed alla luce di tale riflessione la risposta a questa domanda non poteva essere più scontata come forse per Kalèn sarebbe stata prima: “Bè…no” rispose flebilmente, evitando lo sguardo del colonnello.
            <<Ascolti, Signor Gulùo>> riconquistò gli occhi di un sorpreso Kalèn, appellato ora “Signore” <<Non dobbiamo>> proseguì <<e non possiamo, affidare le nostre scelte, la nostra morale, la nostra etica a nessun altro oltre che noi, che sia una persona, un genitore, una cultura, un’organizzazione, un’ideologia>> il colonnello gli si avvicinò poggiandogli una mano sulla spalla rinserrata <<Sa Kalèn>> gli sorrise amichevolmente <<in effetti, potrei chiamarla pure signore, non mi farebbe alcuna differenza>> proseguì, dando le spalle al prigioniero <<Non è la qualifica di soldato , di medico, di ingegnere, a qualificare lei come persona>> proseguì <<Ma sappia>> riguardandolo negli occhi <<signor Gulùo, che qualificarla col titolo di Soldato per me altro non è che un complimento, perché non so con certezza cosa l’abbia spinta ad entrare nell’Esercito, ma credo proprio siano stati gli stessi sentimenti nobili che propagandiamo e che quest’organizzazione dovrebbe rappresentare, è questo quello che spinge la maggior parte di coloro che entrano, sentimenti che lei ha sentito traditi, che noi spesso tradiamo, ed il fatto che lei sia qui per parlarne credo ne sia la dimostrazione>>.
            Concluso il discorso, il colonnello stette a pochi metri dinanzi all’uomo del Ki, a braccia conserte, informale, ricercando lo sguardo di un perplesso Kalèn, mentre ché nuovamente qualche secondo di riflessione silenziosa dominava la stanza, riflessione che certo però non toccava gli scienziati, più simili alle macchine presenti in sala piuttosto che ai due Plàn, a loro le parole del colonnello risultavano vuote e prive di senso, irrilevanti, non interessavano; loro guardavano una scena in attesa di sviluppi, eppure quell’arringa serviva molto più a loro che all’ex-soldato.
            <Un favore, cari miei amici, vi prego un favore>> disse il prigioniero, rompendo nuovamente il silenzio <<Potreste un secondo liberarmi le braccia?>> chiese sarcastico <<Per favore ragazzi, per favore. Muoio dalla voglia di battere le mani a sto coglione di un colonnello!>> … <<Ma lei cosa cazzo si crede?? Che con un discorso simile possa giustificare e perdonare tutto? >> tornò di colpo serio ed aggressivo << Cosa cazzo vorrebbe dirmi? Crede che basti la sua penosa retorica per intortarmi? Ma dove cazzo è stato abituato? Da quei signorotti di Tèwstòn immagino, dove fra merde vi capite, parlate la stessa lingua, ma qui funziona in maniera differente, caro colonnello, qui dei paroloni e delle formalità fotte un cazzo a nessuno, colonnello! Non sarà il suo titolo a qualificarla come merda ma le sue azioni invece sì! A lei ed al suo prezioso e schifoso Governo! Tu, colonnello o non colonnello, sei vomitevole feccia che più che ad odio e disprezzo non dovrebbe poter aspirare, perché questo è quanto s’è meritato, ma sa benissimo che molti di coloro che la odiano e la disprezzano sono morti, colonnello! Morti a causa delle sue scelte, colonnello! E non mi fraintenda verme, so benissimo che a lei dell’odio e del disprezzo altrui non frega assolutamente un cazzo come perfettamente inutile sperare che si renda conto di cosa sia una vita spezzata.>> <<Tsk, invidio, voi schifezze prive di morale: non avete dubbi, non avete remore, niente vi offende perché non avete nulla da difendere, perché voi nulla siete>> continuò <<Ahahahah ma colonnello, io, quell’odio, l’ho vissuto sulla mia pelle! L'ho condiviso coi miei compagni morti accanto a me, e non saranno i suoi complimenti a lenirlo, signor colonnello, complimenti che da lei non accetto, sporchi e falsi come i valori che dici di rappresentare! Vergognati colonnello, perché sei una schifezza plan, colpevole e complice di innumerevoli crimini contro lo stesso popolo che dice di difendere, contro quegli stessi soldati che dice di stimare, ma chi cazzo vuole prendere per il culo signor colonnello, criminale bugiardo, lei fa sch->> Stop. Di scatto. I suoi occhi non avrebbero potuto credere a loro stessi, la sua mente mai avrebbe potuto immaginare; esterrefatto tanto quanto gli inorriditi scienziati: silenzio repentino tanto quanto il movimento dell’ufficiale: inginocchiatosi in posizione di dolgo, strappando le insigne dalla giacca, a capo chino come cultura planòò esigeva da chi implorasse perdono <<Non vado fiero di tutto quel che ho fatto in vita mia>> disse <<So che mi odierà ancor di più, ma le dico semplicemente la verità se le dico che pure io ho sofferto molto a vedere tutti quei soldati cadere. Mi piacerebbe dirle di essere stato coerente con tutto quel che ho pensato in vita mia, con quel che è stata la mia formazione, la mia etica, la mia filosofia, la mia mente, con me, ma le mentirei. Mi piacerebbe poterle dire di non esser mai sceso a compromessi, con me stesso e con gli altri, ma sarebbe falso. Ma, mi creda, Signor Gulùo, niente più vorrei che un giorno la gente lo potesse dire, come se non fosse un vanto, e, mi creda, veramente, se non credessi che quest’orribile colpa di cui mi sono macchiato, quest’orribile, imperdonabile, aberrante colpa, non servisse a questo, mi creda, signor Gulùo, non me ne sarei mai macchiato, avrei rifiutato tutto e rinnegato il mio ruolo. Ma per quanto sia stato orribile, per quanto sia stato imperdonabile, per quanto io sia orribile ed imperdonabile, io credo pure che sia stato giusto, necessario, signor Gulùo>> voce rotta, quasi singhiozzante, non riusciva a sopportare di dirgli che avergli rovinato la vita fosse stata una scelta doverosa, necessaria, ma per quanto ignobile e schifosa, la considerava la verità <<Non mi giustifica, signor Gulùo, nessuno dovrebbe essere tradito come siete stati traditi voi, nessuno! E spero il suo sacrificio serva a far sì che nessuno un giorno debba esserlo! A far sì che le belle parole non restino solo belle parole, vuota propaganda, sporche menzogne! Se così non sarà, Signor Gulùo, spero di subire la mia punizione, che sia in questa o nella prossima vita, lo spero con tutto il cuore, perché sarei io il primo, mi creda signor Gulùo, sarei io il primo a non riuscire a perdonarmi!>>
            Last edited by AJeX-97; 26 November 2015, 14:58.

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            • #36
              Esterrefatto dir poco, interdetto, il prostrarsi di un’ufficiale era un atto che mai aveva lontanamente immaginato di vedere, assolutamente mai, nemmeno da soldato, figuriamoci da prigioniero; ma questo fu solo l’antipasto rispetto alla sorpresa che lo attendeva dipinta sul volto del colonnello una volta che questi sollevò il capo <<Odio queste lacrime signor Gulùo, le odio!>> disse stringendo i denti il colonnello Jorwàh <<Con quale coraggio escono fuori dinanzi a tanta sofferenza vissuta a causa mia? Ipocrita, ma almeno esse uscissero per empatia, signor Gulùo, invece no; questo è l’intimo timore, signor Gulùo, l'intimo timore che lo scopo nobile che millanto non serva a giustificare una vita ingiustificabile>> <<Povero illuso! Egoista>> disse frustrato, sghignazzando <<egoista, anche dinanzi alla sua sofferenza>>…<<che schifezza…>>
              Gaiyjìn Jorwàh s’era sciolto; la sua maschera di indifferenza, necessaria, e tutto sommato giustificata, e giustificabile, per un militare, era caduta. Era esploso, come dinanzi gli esplose 30 anni prima l’ira e la frustrazione del capitano Kalùd, adesso anche lui, che per quasi 50 anni aveva più volte vissuto e causato la sofferenza altrui in silenzio, stavolta non poté trattenersi, non di fronte ad un Kirìyan come tanti che aveva salvato, come tanti altri che non avendo altro avevano intrapreso questa strada, come tanti altri traditi, come Jorgàn; forse proprio questa frustrazione repressa stava dietro la ferma intenzione di parlare con l’uomo che simboleggiava più di ogni altro la crudeltà del governo planòò, il doverne dare conto a qualcuno, il poter chiedere scusa mettendoci la faccia e la dignità di un vero Plàn e non tramite un asettico ed ipocrita messaggio alla famiglia come fatto troppo spesso.
              Gaiyjìn aveva sempre creduto in quanto pensava e diceva ed in quanto faceva, per quanto le due cose potessero spesso sembrare in contraddizione, ed in effetti era ben conscio lui stesso che in qualche modo l’ambiente che aveva vissuto durante quasi tutta la vita l’avesse condizionato e l’avesse fatto scendere a compromessi. Per questo stimava ancor più di quanto dava a vedere il capitano Kalùd, e questi, che a simili condizionamenti sembrava immune, era per tali ragioni per certi versi il suo idolo, quello che avrebbe voluto diventare da grande.
              Ma lui era entrato nell’esercito per poter migliorare il mondo per quanto gli fosse possibile, e maggiori fossero stati i suoi mezzi maggiormente gli sarebbe stato possibile, ma tanti erano i compromessi a cui era dovuto scendere con gli altri e con sé stesso per raggiungere tali apici, che nemmeno lui più sapeva cos’era rimasto dell’intenzione e della filosofia che in origine aveva mosso e che teoricamente continuava a muovere le sue azioni.
              “E’ necessario”, era questa la motivazione, o era questa la giustificazione? Un dubbio che faceva presto a nascondere sotto ad una tonnellata di coscienza, ignorato ma non estinto, pronto ad emergere in qualsiasi momento, specie dinanzi alle atrocità commesse impersonate da un prigioniero, un prigioniero la cui unica colpa è essere stato un suo sottoposto, colpa condivisa con migliaia di altri soldati, morti.
              Man mano che le ingiustizie e le atrocità gli si erano consumate dinanzi, in lui nacque la convinzione, questa sì, necessaria, che l’unico modo per dare senso a vite che non sarebbero state restituite era appunto quello di renderle utili, di averle sacrificate per la pace e per la libertà, per l’eguaglianza, per il futuro, e per realizzare tutto questo era necessario l’ordine, il Ki, e Veyat, ad ogni costo: tutto quanto fatto era in funzione di quei nobili fini; ma era veramente necessario sacrificarne tanti per realizzarli? Qui stava la differenza incommensurabile fra Gaiyjìn Jorwah e Jorgàn Kalùd: uno riusciva ad andare oltre le intenzioni ed i piani del Governo, l’altro no; la differenza fra diventare filantropi per formazione e filantropi per necessità.
              Ogni “mi creda” rivolto a Kalèn, era un “mi creda” rivolto pure a sé stesso, soprattutto a sé stesso.
              Ma c’era molto di cui andare fieri nella carriera di Gaiyjìn, anche se in quel momento non poteva capirlo. Gli scienziati che assistevano alla scena non vedevano l’ora che qualcosa, qualsiasi cosa, rompesse l’imbarazzo; in realtà quelle lacrime facevano molto più male a loro che al colonnello, loro che non potevano spiegarsele ed a cui non potevano dare una ragione, che non potevano comprenderle.
              Last edited by AJeX-97; 26 November 2015, 15:07.

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              • #37
                E Kalèn? Come avrebbe preso quelle lacrime?
                Il volto incredulo ed assorto, indecifrabile, ma lo scouter, cominciando gradualmente a salire, fece le veci del suo sentimento: <<E quindi tu…piangi?>> lo esplicitò <<Tu…PIANGI!?!?>> reiterò con forza, facendo schizzare lo scouter oltre quota 400 <<MA CON QUALE CORAGGIO PIANGI? MUORI PIUTTOSTO, MUORI, MUORI, COME NOI...MUORIIIII>> il rivelatore schizzò oltre quota 500 ma non accennava ad allentare l’ascesa, l’uomo del Ki agitava il capo, sull’orlo di un’implacabile crisi di nervi <<Muori, MUORI! MUORIIIIIIIIIIIIIII>> 893, la quota che lo scouter raggiunse prima di saltare in aria, e con lui circuiti, macchinari, sistemi di sicurezza e le manette ora tranciate che incatenavano il braccio destro di Kalèn Gulùo; impietrito, era un autentico mostro quello che si parava davanti al colonnello; una sensazione indescrivibile, capace di togliere qualsivoglia speranza e velleità; non sapevi cos’era, ma ti schiacciava: questo era il Ki.
                In pochi centesimi di secondi di pura ed irrazionale paura il colonnello si rassegnò a morire per mano del mostro da lui creato, se solo avesse avuto il tempo e la lucidità di pensare avrebbe potuto comprendere se oltre a rassegnazione e paura quella che stesse provando fosse rassenerazione, come se la mano che l’avesse ucciso potesse confortarlo dalle sue colpe e redimerlo dai suoi peccati.
                <<Sono Schlùn sergente Jorwàh sono Schlùn!>> tutte le sensazioni, tutto il timore, la paura, proliferarono e morirono, nel giro di meno di mezzo secondo, stroncate dalle parole di Schlùn, ovvero Kalèn Gulùo, che ora fissava incredulo senza poter credere ai suoi occhi: una persona normalissima, lucida, tranquilla, che avresti potuto incontrare ovunque, in strada, al bar, magari a teatro; una mortificante forza della natura un secondo prima. <<Mi spiace ma era necessario per lasciarci soli dato che non sentiva>> la freddezza e la tranquillità, oltreché la trasparenze delle sue lucide e ponderate intenzioni se possibile intimorivano il colonnello ancor più dello spaventoso impeto precedente: che razza di mostro era Kalèn Gulùo?
                Ora, quei due ragazzini da lui salvati ed avviati alla carriera militare 30 anni fa a Kutiryàn, Jorgàn Kalùd e Kalèn Gulùo, all’epoca “Schlùn”, erano le due persone che il colonnello Jorwàh stimava ed invidiava più al mondo, ma il tempo per concepire il tutto al momento scarseggiava ed il colonnello capì che la cosa migliore che poteva e doveva fare era ascoltare attentamente le parole che di fretta l’uomo del Ki gli rivolgeva <<Ascolti>> riprese Schlùn <<la prego, colonnello, mi metti in contatto con Jorgàn, la prego! Lo faccia venire qui!>>.
                Era veramente incredibile, inconcepibile, un’imponderabile turbinio di emozioni; faticava a credere che l’uomo con cui aveva tenuto fino ad un minuto fa un dialogo pingue di astio ed invettive ora “per favore” gli desse una consegna tanto importante; ma allora cosa c’era di vero in quanto detto fin lì? <<La prego colonnello>> chiese protraendo il braccio destro <<Sa, nessuna persona più di lei meritava di essere idealizzata da me e Jorg->> 5000 volt interromperono l’indifeso Kalèn, svenuto, con un amichevole sorriso dipinto sul volto, il quale aveva abbassato la sua aura per mettere Gaiyjìn a suo agio <<Peccato abbiano tradito pure te>> arrivò solo a pensarlo, ma al colonnello sarebbe comunque stato necessario altro tempo, oltre i pochi interminabili ed imponderabili secondi del black-out, per comprendere queste parole: il tempo che l’adrenalina si esaurisse e potesse sentire quel fastidioso dolore al molare.
                Tutto era stato monitorato, tutto tranne quei 5 secondi di black-out, prima che il generatore di riserva avesse il tempo di attivarsi e riattivare il sistema elettrico. Cosa fare? Il colonnello tenne per sé tutto, gli scienziati crederono che il picco massimo registrato fosse frutto di un impeto emotivo, ma il colonnello era la prova vivente, letteralmente vivente, che così non fosse.
                Per quanto concerne il vero e proprio impeto emotivo, ovvero quello dell’ufficiale Jorwàh, che, apparentemente, aveva messo in pericolo la sua stessa incolumità e quella degli scienziati appresso, scatenando Kalèn, esso certo lenì la stima solitamente acritica degli orgogliosi scienziati, che serbarono per sé un certo biasimo nei confronti del “debole” colonnello Jorwàh, ma a tali registrazioni, oltre agli scienziati addetti, fortunatamente poté accedere solamente il generale Jokùn, che ben conosceva il colonnello e che nonostante non avesse nell’empatia una delle proprie qualità di spicco, comprese, e rispettò, lo sfogo, sembrando acconsentire ad una richiesta di maggiore onestà e trasparenza del colonnello; fu questa una delle ragioni se ora Jorgàn Kalùd si trovava dinanzi al fratellino.
                A riguardo, non ci pensò su più di tanto il colonnello ad accontentare Schlùn, nonostante fosse intimorito dalla forza e disconosceva le sue intenzioni, tendenzialmente si fidava ma questo era irrilevante: in ogni caso glielo doveva, lo doveva ad entrambi, e lo doveva pure a sé stesso, ed alla luce di quanto compreso e riflettuto, forse aveva più considerazione e rispetto per Jorgàn Kalùd e Kalèn Gulùo che per il Governo; e del resto, poco importava se quelle lacrime gli avessero fatto perdere la stima di alcuni sottoposti, in sé risedeva l’intima convinzione che quelle lacrime tanto vergognose ed imbarazzanti avessero convinto Kalèn ad affidarsi a lui.
                Ed ora i due si ritrovavano faccia a faccia, e Gaiyjìn vedeva che non aveva sbagliato tutto in vita sua.

                _____________________

                Angolo dell'autore: finalmente!
                Una bella sensazione pubblicare questo capitolo, dopo così tanto tempo, meriterei una press conference stile Formula 1
                Comunque credo di stare facendo progressi e di aver smussato qualcosa ed infatti a rileggere vecchi capitoli mi verrebbe voglia un po' di riscriverli
                Questo certamente è quello che più mi ha dato soddisfazioni, spero che a qualche malcapitato piacerà.

                Per il prossimo se ne parla fra altri 8 mesi
                Last edited by AJeX-97; 26 November 2015, 15:21.

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                • #38
                  Buonasera gentile utenza di Dragon Ball Arena, o per lo meno, quello che ne rimane

                  Se qualche derelitto sarà passato da queste parti in questi anni ed avrà dato un occhiata alla mia fan-fiction (bé in effetti le visualizzazioni sono quintuplicate dai tempi in cui aggiornavo ma suppongo che meno di una decina di persone corrisponderanno all'identikit ) avrà pensato che questa sia la solita storia nata da un isolato impeto creativo per avere qualche feedback positivo e poi lasciata morire. In parte vero, nei fatti assolutamente errato.

                  In verità, sono passati più di due anni dall'ultimo aggiornamento di questa storia, 3 anni e mezzo dall'inizio di questa, e posso dire che io in questi 3 anni e mezzo non ho MAI pensato di abbandonarla.
                  La verità è che questa storia ha assunto proporzioni che personalmente non potrei confinare all'interno di una fan-fiction, non potrei strutturarla come una fan-fiction, ho bisogno di tempi e di spazi; magari avessi creato una community fedele che mi seguisse bramosa delle mie storie, forse sarei stato vincolato all'aggiornare periodicamente questa storia, ma forse sarebbe stato peggio così.

                  E' che la storia che ho intenzione di raccontare sarà sì la storia del Super Saiyan della Leggenda ispiratami da Dragon Ball e dal suo Universo, ma sarà la mia storia, in cui vorrò mettere "tutto me stesso", diciamo. Ho sempre avuto la passione di scrivere ed ho sempre pensato di scrivere qualcosa un giorno, e tendenzialmente in questi anni non sono riuscito a pensare a qualcosa che vorrei scrivere che non fosse questa storia.

                  Penserete ma non ci sono già abbastanza libri? Abbastanza fan-fiction? Bé, in verità io non ho secondi fini, se un giorno ne avrò, ben vengano, ma io voglio scrivere questa storia per scrivere questa storia, al momento come ho già detto non riuscirei a pensarne un'altra
                  E' vero che in questo sito non c'è una community che "pungola", però allo stesso tempo io scrissi inizialmente la mia fan-fiction perché essa voleva essere una fan-fiction come tante altre che c'erano in questo sito, che se non m'avessero fatto balenare in testa l'idea di questa storia, non avrei mai pensato di scriverla, ora non sarei qui a scrivere.

                  La mia storia sarà ambientata nell'universo di Dragon Ball ma avrà uno stile ed un tenore differente, non è uno shonen ecco, ed allo stesso tempo anche i poteri e le dinamiche dei combattimenti saranno diverse di quello Dragon Ball, che però egli stesso accennando ad una grande varietà di tecniche che esulano dalla mera potenza, legittima alcune "licenze", in ogni caso anche per quanto riguarda la mia storia penso che il suo media privilegiato potenzialmente sarebbe il fumetto cosa che vale per la maggior parte delle FF ispirate a Dragon Ball.

                  E la storia a che punto è quindi? Bé, finora tutto quel che c'è scritto di lei e su questo topic, che però piuttosto ormai definirei una sorta di sceneggiatura. La storia la riscriverò, e la devo ancora riscrivere, ripartendo da zero, tendenzialmente credo che quanto successo in questi otto capitoli scritti qui sopra ci sarà, la definirei una sorta di piccola sceneggiatura dei primi capitoli anche se qui dentro ci sono alcuni spoiler. Per esempio diciamo che i contenuti del primo capitolo si paleseranno col tempo, i primi capitoli che ho intenzione di mettere giù si riferiscono ad eventi accennati nel secondo capitolo, e poi vediamo, devo dire che tendenzialmente dalle prime idee che ebbi 2-3 anni fa ad ora tendenzialmente non ho stravolto niente, ho solamente arricchito e sviluppato, naturalmente modificando qualcosa.

                  M'ero ripromesso di raggiungere altri traguardi ed arricchire il mio bagaglio di vita prima di cominciare a scriverla, penso che quest'estate potrebbe essere il momento giusto per iniziare a buttare giù qualcosa. Sarà una bella sfida, ora come allora i dialoghi mi spaventano parecchio, sfortunatamente in vita mia ho letto un po' pochino ed ora un po' me ne pento, leggendo alcune FF su questo sito mi sono accorto che esse avevano qualità notevoli e le invidiavo per la scorrevolezza e la capacità di sceneggiare i combattimenti.

                  Non ho idea di quanto lunga sarà la Storia, di quanto ci metterò per scriverla, di quanto mi impegnerò, mentirei se dicessi d'avere già tutto in mente, solamente parecchi spunti che vanno totalmente sviluppati. Non sarà proprio uno shonen però mi piacerebbe che leggendola la gente potesse fare lo stesso genere di sogni e provare le stesse sensazioni ed emozioni che prova con uno shonen, o che perlomeno provo io
                  Diciamo che orientativamente in questi primi 8 abbozzati capitoli qui sul sito penso si sviluppi tipo 1/15 sulla storia o giù di lì, non saprei.

                  In ogni caso sono qui a scrivere che io quando inizio una storia vado fino in fondo, è questo il mio modo di essere autore, sono qui per ringraziarvi ed assicurare quell'unica persona al mondo che ci teneva che no, non è finita, ed un giorno il SSJ verrà alla luce, è una promessa, e quando succederà, fra qualche anno almeno, se qualcuno si mostrerà interessato io sarò felicissimo di condividere la mia storia con lui, con voi, col forum, o quel che ne rimane o ne rimarrà ammesso che ne rimarrà.

                  Grazie dell'ispirazione, anche se questo fosse un soliloquio, giuro che mi impegnerò per non deludervi
                  Last edited by AJeX-97; 17 July 2017, 23:14.

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