In concomitanza con l'arrivo di Django e dopo le più volte che ho letto di un film sottovalutato e per certi versi ritenuto superiore alle due prima opera magna di Quent, non c'ho pensato due volte a recuperare una delle poche pellicole che mi mancavano di uno dei miei autori preferiti.
E il film sin dall'inizio trasuda tarantinità da tutti i pori, a partire dalla prima sequenza. Dialoghi concitati e spinti, ironici e divertenti, solita maestria dietro la macchina da presa, soundtrack da antologia, sceneggiatura dalle tinte pulp e black come Le Iene e Pulp Fiction. Insomma wow. Poi addirittura c'è Samuel L.Jackson. Tutto questo per la prima ora, tre quarti d'ora.
Poi il film comincia a perdere di ritmo, i dialoghi diventano meno tarantiniani, la trama si svolge lineare e lenta, si comincia ad avvertire la lunghezza (ben oltre le due ore e venti): manca l'inventiva e l'originalità tipiche di un racconto di Tarantino, i personaggi sono più ovattati e decisamente meno carismatici (nonostante tutti gli attori siano bravissimi) alcune scene sono decisamente di troppo. Così la pellicola si trascina fino al suo epilogo, senza scene memorabili, senza flashback tipici o passaggi di trama illuminanti.
Così si conclude un buon film, ottimo sotto certi aspetti (musiche e fotografie da sbav, ma è un marchio di fabbrica), ma che non estasia come prima aveva abituato il buon Quentin.
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