vi prego di perdonare i miei continui ritardi, cari lettori, ma in questo periodo faccio un po' di confusione...scusate
allora, per quanto riguarda il quesito su Radish, vedrete che al mio ritorno arriverò con una spiegazione esauriente e ben esposta sul perchè mi piace tanto, ma torniamo all'argomento principale: la mia Fanfiction.
ora, purtroppo venerdì mattina partirò, e mi serono questi ultimi due giorni per scrivere qualcosa di decente per il torneo di xea, ergo...per questo mese non aspettatevi altri capitoli(anche se ci lavorerò su durante le vacanze, ma solo con carta e penna)
incredibilmente in un impeto creativo ho scritto un episodio più lungo del solito, inoltre l'ho lasciato in sospeso, così per torturarvi un po' prima del mio ritorno...buona lettura
10-Da Karin
Le sue possibilità di vincere dipendevano da quanto in fretta avrebbe imparato a combattere in aria e, per farlo, aveva poco tempo.
Subito due demoni attaccarono Muten iniziando a girare introno a lui e colpirlo senza tregua, da ogni direzione possibile.
A Muten non restò altro da fare che chiudere la guardia e resistere al dolore.
Sul corpo del lottatore si stava formando una quantità sempre maggiore di tagli dovuti agli artigli affilati dei guerrieri-drago. Il dolore si faceva sempre più acuto e penetrante.
Improvvisamente un sorrisetto ironico apparve sul volto di Muten che, con una mossa improvvisa, si accasciò sulla nuvola evitando gli ultimi colpi e cogliendo di sorpresa i demoni.
Quindi fece forza sulle braccia per sferrare un doppio calcio al mento di uno dei due esseri, che sfruttò come trampolino per lanciarsi contro il suo compagno e colpirlo con un pugno al volto devastante, facendolo schiantare contro l’obelisco.
I corpi senza vita delle due creature di Piccolo caddero a terra a far compagnia al demone che li aveva preceduti.
Ne restavano solo due.
La nuvola prese nuovamente Muten con se e lo portò all’altezza dei guerrieri rimasti.
Il volto di Muten era sicuro come non mai, mai avrebbe sospettato di essere in grado di fare ciò fino a pochi mesi prima, ma ora era consapevole della propria potenza, ed era pronto ad usarla…
Non servì neppure che si desse inizio ad un altro combattimento: i due demoni, visibilmente spaventati, fuggirono, abbandonando Muten davanti all’obelisco, libero di riprendere la propria arrampicata.
E così fece. Entro sera era finalmente giunto ad un punto da cui riusciva a vedere la cima dell’obelisco.
“Finalmente!”, esclamò Muten.
Ma era sera inoltrata, troppo tardi per proseguire, rischiava di mancare un appiglio e cadere, non poteva rischiare dopo tutta quella strada…
Decise dunque di rimanere aggrappato all’obelisco fino al mattino seguente, costringendo il suo corpo a non dormire per tutto il tempo.
Il mattino dopo finalmente Muten riprese la scalata, arrivando infine alla cima dell’obelisco.
Non si aspettava un edificio del genere: la cima dell’obelisco era formata da una struttura ovoidale ricca di finestre, dotata di una scala per facilitare gli aspiranti bevitori dell’acqua sacra.
Una volta di più quel luogo lo stupiva, questa volta con le sue forme incomprensibilmente stabili nonostante le leggi fisiche…c’era veramente del magico, del divino in quell’area.
Muten entrò attraverso le scale e vide l’interno della sala dell’obelisco: era piuttosto spoglia, solo un tavolo e dei grossi vasi sparsi qua e là la rendevano un po’ meno desolata di quanto sarebbe dovuta essere, ma, per Muten, anche un luogo del genere, dopo giorni e giorni passati all’aperto senza una casa, sembrava stupendo.
“C’è qualcuno in casa?”
Per tutta risposta un grosso gatto bianco entrò nella stanza camminando eretto sulle zampe posteriori e portando con sé un bastone.
La resistenza psicologica di Muten era al limite: troppe follie in troppo poco tempo per la sua mente stanca…
“Buon giorno”, disse il gatto, “come mai sei venuto, Muten?”
Troppo, questa volta era decisamente troppo…
Alla vista del gatto parlante i nervi di Muten cedettero, abbandonandolo ad uno svenimento improvviso.
Muten si accasciò incosciente sul pavimento della stanza.
Quando riaprì gli occhi non avrebbe saputo dire con precisione da quanto tempo fosse arrivato all’obelisco, ma comunque non meno di una settimana, la luna era ridotta all’ultimo quarto, mentre durante la scalata Muten ricordava benissimo fosse molto più ampia la porzione di luna illuminata dal sole…
“Ti sei infine svegliato, Muten”, disse una voce conosciuta, benchè Muten non ricordasse dove l’avesse già sentita.
Incuriosito dalla voce si voltò, solo per vedere il volto del gatto parlante rivolgergli occhiate incuriosite.
Fortunatamente il riposo aveva giovato a Muten, che non si spaventò più di tanto.
“Salve, signor gatto, mi sa dire dove posso trovare il maestro Karin?”
Il gatto non si mosse.
“Sa dirmi almeno dove posso trovare l’acqua sacra in grado di incrementare la forza di chi la beve?”
Anche questa volta, nessuna risposta.
“Avrei un po’ di fame, potrei almeno sapere dove posso trovare qualcosa da mangiare?”
“Certo”, rispose il gatto, aprendo la propria mano davanti al volto di Muten mostrando un fagiolo, “puoi mangiare questo senzu”
Muten era rimasto interdetto dalla risposta del gatto, ma prese il senzu e lo mangiò.
Subito si sentì incredibilmente sazio e in pace con il mondo.
Non solo: il dolore ai muscoli che sentiva fino a un attimo prima era sparito, non ne era rimasta la minima traccia, era in perfetta forma.
“Il senzu è una varietà magica di fagiolo che allevo personalmente sull’obelisco”, spiegò il gatto, “mangiandone uno ci si sazia per dieci giorni e si guarisce dalle ferite più recenti, spero che ora tu ti senta meglio”
Muten osservava allibito il gatto.
“Per tornare alle tue domande di prima, io sono il maestro Karin e, se è l’acqua sacra che cerchi, seguimi, ti porterò nel luogo in cui è custodita”
Lo sguardo allibito di Muten divenne, se possibile, ancora più allibito: possibile che un gatto come quello fosse il leggendario maestro Karin?
Il gatto portò Muten in un’altra sala dove si trovava un piedistallo in cima al quale stava una bottiglietta di pregevole fattura.
“Questa è l’acqua sacra”, disse Karin, “bevila pure”
“D-davvero posso?”, Muten non osava avvicinarsi.
“Certo, stai tranquillo, dopo tutta la strada che hai fatto…”
“Grazie, maestro Karin, grazie mille!”
Muten, al colmo della felicità, si avvicinò alla bottiglietta, ma, quando fece per prenderla, venne colpito al volto da un calcio di Karin.
“Ma che le è preso?”, gridò Muten, “non aveva detto che potevo prenderla?”
“Certo che l’ho detto”, rispose il gatto, “ma non ho mai detto che non avrei cercato di impedirtelo…”
allora, per quanto riguarda il quesito su Radish, vedrete che al mio ritorno arriverò con una spiegazione esauriente e ben esposta sul perchè mi piace tanto, ma torniamo all'argomento principale: la mia Fanfiction.
ora, purtroppo venerdì mattina partirò, e mi serono questi ultimi due giorni per scrivere qualcosa di decente per il torneo di xea, ergo...per questo mese non aspettatevi altri capitoli(anche se ci lavorerò su durante le vacanze, ma solo con carta e penna)
incredibilmente in un impeto creativo ho scritto un episodio più lungo del solito, inoltre l'ho lasciato in sospeso, così per torturarvi un po' prima del mio ritorno...buona lettura
10-Da Karin
Le sue possibilità di vincere dipendevano da quanto in fretta avrebbe imparato a combattere in aria e, per farlo, aveva poco tempo.
Subito due demoni attaccarono Muten iniziando a girare introno a lui e colpirlo senza tregua, da ogni direzione possibile.
A Muten non restò altro da fare che chiudere la guardia e resistere al dolore.
Sul corpo del lottatore si stava formando una quantità sempre maggiore di tagli dovuti agli artigli affilati dei guerrieri-drago. Il dolore si faceva sempre più acuto e penetrante.
Improvvisamente un sorrisetto ironico apparve sul volto di Muten che, con una mossa improvvisa, si accasciò sulla nuvola evitando gli ultimi colpi e cogliendo di sorpresa i demoni.
Quindi fece forza sulle braccia per sferrare un doppio calcio al mento di uno dei due esseri, che sfruttò come trampolino per lanciarsi contro il suo compagno e colpirlo con un pugno al volto devastante, facendolo schiantare contro l’obelisco.
I corpi senza vita delle due creature di Piccolo caddero a terra a far compagnia al demone che li aveva preceduti.
Ne restavano solo due.
La nuvola prese nuovamente Muten con se e lo portò all’altezza dei guerrieri rimasti.
Il volto di Muten era sicuro come non mai, mai avrebbe sospettato di essere in grado di fare ciò fino a pochi mesi prima, ma ora era consapevole della propria potenza, ed era pronto ad usarla…
Non servì neppure che si desse inizio ad un altro combattimento: i due demoni, visibilmente spaventati, fuggirono, abbandonando Muten davanti all’obelisco, libero di riprendere la propria arrampicata.
E così fece. Entro sera era finalmente giunto ad un punto da cui riusciva a vedere la cima dell’obelisco.
“Finalmente!”, esclamò Muten.
Ma era sera inoltrata, troppo tardi per proseguire, rischiava di mancare un appiglio e cadere, non poteva rischiare dopo tutta quella strada…
Decise dunque di rimanere aggrappato all’obelisco fino al mattino seguente, costringendo il suo corpo a non dormire per tutto il tempo.
Il mattino dopo finalmente Muten riprese la scalata, arrivando infine alla cima dell’obelisco.
Non si aspettava un edificio del genere: la cima dell’obelisco era formata da una struttura ovoidale ricca di finestre, dotata di una scala per facilitare gli aspiranti bevitori dell’acqua sacra.
Una volta di più quel luogo lo stupiva, questa volta con le sue forme incomprensibilmente stabili nonostante le leggi fisiche…c’era veramente del magico, del divino in quell’area.
Muten entrò attraverso le scale e vide l’interno della sala dell’obelisco: era piuttosto spoglia, solo un tavolo e dei grossi vasi sparsi qua e là la rendevano un po’ meno desolata di quanto sarebbe dovuta essere, ma, per Muten, anche un luogo del genere, dopo giorni e giorni passati all’aperto senza una casa, sembrava stupendo.
“C’è qualcuno in casa?”
Per tutta risposta un grosso gatto bianco entrò nella stanza camminando eretto sulle zampe posteriori e portando con sé un bastone.
La resistenza psicologica di Muten era al limite: troppe follie in troppo poco tempo per la sua mente stanca…
“Buon giorno”, disse il gatto, “come mai sei venuto, Muten?”
Troppo, questa volta era decisamente troppo…
Alla vista del gatto parlante i nervi di Muten cedettero, abbandonandolo ad uno svenimento improvviso.
Muten si accasciò incosciente sul pavimento della stanza.
Quando riaprì gli occhi non avrebbe saputo dire con precisione da quanto tempo fosse arrivato all’obelisco, ma comunque non meno di una settimana, la luna era ridotta all’ultimo quarto, mentre durante la scalata Muten ricordava benissimo fosse molto più ampia la porzione di luna illuminata dal sole…
“Ti sei infine svegliato, Muten”, disse una voce conosciuta, benchè Muten non ricordasse dove l’avesse già sentita.
Incuriosito dalla voce si voltò, solo per vedere il volto del gatto parlante rivolgergli occhiate incuriosite.
Fortunatamente il riposo aveva giovato a Muten, che non si spaventò più di tanto.
“Salve, signor gatto, mi sa dire dove posso trovare il maestro Karin?”
Il gatto non si mosse.
“Sa dirmi almeno dove posso trovare l’acqua sacra in grado di incrementare la forza di chi la beve?”
Anche questa volta, nessuna risposta.
“Avrei un po’ di fame, potrei almeno sapere dove posso trovare qualcosa da mangiare?”
“Certo”, rispose il gatto, aprendo la propria mano davanti al volto di Muten mostrando un fagiolo, “puoi mangiare questo senzu”
Muten era rimasto interdetto dalla risposta del gatto, ma prese il senzu e lo mangiò.
Subito si sentì incredibilmente sazio e in pace con il mondo.
Non solo: il dolore ai muscoli che sentiva fino a un attimo prima era sparito, non ne era rimasta la minima traccia, era in perfetta forma.
“Il senzu è una varietà magica di fagiolo che allevo personalmente sull’obelisco”, spiegò il gatto, “mangiandone uno ci si sazia per dieci giorni e si guarisce dalle ferite più recenti, spero che ora tu ti senta meglio”
Muten osservava allibito il gatto.
“Per tornare alle tue domande di prima, io sono il maestro Karin e, se è l’acqua sacra che cerchi, seguimi, ti porterò nel luogo in cui è custodita”
Lo sguardo allibito di Muten divenne, se possibile, ancora più allibito: possibile che un gatto come quello fosse il leggendario maestro Karin?
Il gatto portò Muten in un’altra sala dove si trovava un piedistallo in cima al quale stava una bottiglietta di pregevole fattura.
“Questa è l’acqua sacra”, disse Karin, “bevila pure”
“D-davvero posso?”, Muten non osava avvicinarsi.
“Certo, stai tranquillo, dopo tutta la strada che hai fatto…”
“Grazie, maestro Karin, grazie mille!”
Muten, al colmo della felicità, si avvicinò alla bottiglietta, ma, quando fece per prenderla, venne colpito al volto da un calcio di Karin.
“Ma che le è preso?”, gridò Muten, “non aveva detto che potevo prenderla?”
“Certo che l’ho detto”, rispose il gatto, “ma non ho mai detto che non avrei cercato di impedirtelo…”
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