Beh.. Questa è l'unica ff su Dragon Ball che io abbia mai scritto (risale ad un anno fa), per giunta è una one shot di genere introspettivo. Detto questo, consiglio a quelli che sono abituati alla "fanfiction classica" e non sono interessati a questo genere che può risultare noioso e senza capo né coda, di abbandonare subito la lettura!
Per la cronaca: ci troviamo dopo il Cell Game! ^_^
*
Arrivederci, Papà!
“Aaaaaaaah!” il buio della notte, che incombeva sulle foreste di Paoz, fu squarciato dall’aura incredibilmente luminosa di un ragazzino che aveva dovuto fingersi uomo troppe volte.
Gohan gridò al cielo tutta la sua collera, la sua disperazione. Guardò le stelle, furioso “PERCHÉ? PERCHÉ, PAPÁ! RISPONDI!” ordinò il ragazzino attendendo una risposta, ma invano.
Chiuse forte gli occhi per impedire alle lacrime di uscire, ma si rese conto che non ce l’avrebbe fatta. Spalancò gli occhi azzurri ancora illuminati dalla rabbia e lasciò che le lacrime scivolassero verso l’alto spinte dalla potentissima aura attraversata da scosse elettriche, per scomparire nei capelli biondissimi sparati verso l’alto.
Il super saiyan si lasciò cadere in ginocchio e strinse forte nei pugni l’erba della radura così nota, dove si era rifugiato tante volte. “È colpa mia, è soltanto colpa mia se sei morto! Se non fosse stato per la mia arroganza… tu… tu… saresti qui con me e la mamma!” gemette Gohan nascondendo la testa tra le braccia e stringendo di più i ciuffi d’erba.
Guardò di nuovo il cielo e la sua disperazione fu sostituita nuovamente dalla rabbia. “MA NON TE NON IMPORTA NULLA!” gridò come se il padre lo potesse sentire.
“Perché hai deciso di non tornare in vita? Non ti importa se io crescerò senza un padre?!” chiese Gohan alzandosi di nuovo in piedi accecato dalla rabbia.
“Non ti importa del bambino che aspetta la mamma e che non ti conoscerà mai?!” urlò il giovane saiyan mentre le lacrime continuavano a scivolargli fuori dagli occhi, evaporando dopo pochi secondi a contatto con la sua aura che illuminava tutta la foresta.
“No, a te importano solo i tuoi allenamenti!” disse Gohan. Accusare il padre sembrava alleggerire il pesantissimo senso di colpa che gli attanagliava il cuore.
Il ragazzino sgranò gli occhi sconvolto dalle sue stesse parole. Come poteva essere così ingrato? Suo padre aveva pagato con la sua vita un suo errore e lui aveva il coraggio di scaricargli addosso tutte le colpe! Si meritava quella sofferenza. Non aveva alcun diritto di lamentarsi. Ma sua madre si, e anche il fratellino che sarebbe nato di lì a pochi mesi. Loro non avevano fatto nulla di male, ma avevano avuto la sua stessa punizione.
Gohan respirò profondamente, lasciando che la rabbia scivolasse via dal suo corpo. A poco a poco i suoi capelli divennero neri e gli occhi, da azzurro come il cielo, tornarono scuri come la notte. Il ragazzino si asciugò le lacrime con sicurezza e rivolse nuovamente gli occhi alle stelle. Stavolta però non c’era traccia di rabbia né di disperazione. Il suo sguardo era determinato, consapevole. Quell’espressione così adulta faceva uno strano effetto sui suoi tratti da bambino. Senza saperlo, in quel momento Gohan era identico a suo padre.
“Basta piangere. Non posso più permettermi di essere il bambino di quattro anni che si nascondeva dietro al suo papà quando aveva paura.” mormorò il giovane salvatore della Terra mentre il suo respiro si faceva regolare.
“Devo assumermi le mie responsabilità. È per colpa mia se sei morto, papà. Io… Non sarò mai come te! Ma posso provarci, starò io accanto alla mamma quando sentirà la tua mancanza! La aiuterò io a crescere il mio fratellino, gli insegnerò ad amarti anche se non potrà conoscerti! Li proteggerò a costo della mia vita come hai sempre fatto tu con me e la mamma! E… E penserò io a salvaguardare la pace sulla Terra!” promise Gohan.
Sentì che un groppo alla gola gli impediva di continuare a parlare. Le lacrime minacciarono di fare capolino una altra volta, ma sta volta Son Gohan era pronto. Si accigliò e il suo sguardo si fece ancora più determinato. “Io… Non ti deluderò, papà! Tu continua a vegliare su di noi dall’alto! Un giorno ci rivedremo, ne sono certo! E quando arriverà quel momento… Ti dimostrerò che non sono più il ragazzino piagnucoloso o peggio, arrogante che hai lasciato! È una promessa!” disse Gohan rivolto a una nuvola che oscurava la Luna piena, simbolo della potenza dei saiyan.
Gohan si librò lentamente in volo, col volto ancora pensieroso. Rimase fermo ancora qualche secondo a mezz’aria, fino a quando la nuvola che oscurava la Luna passò, lasciando che la sua luce illuminasse il volto del giovane saiyan. Il ragazzino guardò l’astro e il suo sguardo finalmente si rasserenò, lasciando che un sorriso si aprisse sul suo volto “Arrivederci papà!”disse con sicurezza.
Il figlio di Son Goku lasciò la radura e volò fino alla casetta sul monte Paoz col sorriso dipinto sulle labbra.
Per la cronaca: ci troviamo dopo il Cell Game! ^_^
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Arrivederci, Papà!
“Aaaaaaaah!” il buio della notte, che incombeva sulle foreste di Paoz, fu squarciato dall’aura incredibilmente luminosa di un ragazzino che aveva dovuto fingersi uomo troppe volte.
Gohan gridò al cielo tutta la sua collera, la sua disperazione. Guardò le stelle, furioso “PERCHÉ? PERCHÉ, PAPÁ! RISPONDI!” ordinò il ragazzino attendendo una risposta, ma invano.
Chiuse forte gli occhi per impedire alle lacrime di uscire, ma si rese conto che non ce l’avrebbe fatta. Spalancò gli occhi azzurri ancora illuminati dalla rabbia e lasciò che le lacrime scivolassero verso l’alto spinte dalla potentissima aura attraversata da scosse elettriche, per scomparire nei capelli biondissimi sparati verso l’alto.
Il super saiyan si lasciò cadere in ginocchio e strinse forte nei pugni l’erba della radura così nota, dove si era rifugiato tante volte. “È colpa mia, è soltanto colpa mia se sei morto! Se non fosse stato per la mia arroganza… tu… tu… saresti qui con me e la mamma!” gemette Gohan nascondendo la testa tra le braccia e stringendo di più i ciuffi d’erba.
Guardò di nuovo il cielo e la sua disperazione fu sostituita nuovamente dalla rabbia. “MA NON TE NON IMPORTA NULLA!” gridò come se il padre lo potesse sentire.
“Perché hai deciso di non tornare in vita? Non ti importa se io crescerò senza un padre?!” chiese Gohan alzandosi di nuovo in piedi accecato dalla rabbia.
“Non ti importa del bambino che aspetta la mamma e che non ti conoscerà mai?!” urlò il giovane saiyan mentre le lacrime continuavano a scivolargli fuori dagli occhi, evaporando dopo pochi secondi a contatto con la sua aura che illuminava tutta la foresta.
“No, a te importano solo i tuoi allenamenti!” disse Gohan. Accusare il padre sembrava alleggerire il pesantissimo senso di colpa che gli attanagliava il cuore.
Il ragazzino sgranò gli occhi sconvolto dalle sue stesse parole. Come poteva essere così ingrato? Suo padre aveva pagato con la sua vita un suo errore e lui aveva il coraggio di scaricargli addosso tutte le colpe! Si meritava quella sofferenza. Non aveva alcun diritto di lamentarsi. Ma sua madre si, e anche il fratellino che sarebbe nato di lì a pochi mesi. Loro non avevano fatto nulla di male, ma avevano avuto la sua stessa punizione.
Gohan respirò profondamente, lasciando che la rabbia scivolasse via dal suo corpo. A poco a poco i suoi capelli divennero neri e gli occhi, da azzurro come il cielo, tornarono scuri come la notte. Il ragazzino si asciugò le lacrime con sicurezza e rivolse nuovamente gli occhi alle stelle. Stavolta però non c’era traccia di rabbia né di disperazione. Il suo sguardo era determinato, consapevole. Quell’espressione così adulta faceva uno strano effetto sui suoi tratti da bambino. Senza saperlo, in quel momento Gohan era identico a suo padre.
“Basta piangere. Non posso più permettermi di essere il bambino di quattro anni che si nascondeva dietro al suo papà quando aveva paura.” mormorò il giovane salvatore della Terra mentre il suo respiro si faceva regolare.
“Devo assumermi le mie responsabilità. È per colpa mia se sei morto, papà. Io… Non sarò mai come te! Ma posso provarci, starò io accanto alla mamma quando sentirà la tua mancanza! La aiuterò io a crescere il mio fratellino, gli insegnerò ad amarti anche se non potrà conoscerti! Li proteggerò a costo della mia vita come hai sempre fatto tu con me e la mamma! E… E penserò io a salvaguardare la pace sulla Terra!” promise Gohan.
Sentì che un groppo alla gola gli impediva di continuare a parlare. Le lacrime minacciarono di fare capolino una altra volta, ma sta volta Son Gohan era pronto. Si accigliò e il suo sguardo si fece ancora più determinato. “Io… Non ti deluderò, papà! Tu continua a vegliare su di noi dall’alto! Un giorno ci rivedremo, ne sono certo! E quando arriverà quel momento… Ti dimostrerò che non sono più il ragazzino piagnucoloso o peggio, arrogante che hai lasciato! È una promessa!” disse Gohan rivolto a una nuvola che oscurava la Luna piena, simbolo della potenza dei saiyan.
Gohan si librò lentamente in volo, col volto ancora pensieroso. Rimase fermo ancora qualche secondo a mezz’aria, fino a quando la nuvola che oscurava la Luna passò, lasciando che la sua luce illuminasse il volto del giovane saiyan. Il ragazzino guardò l’astro e il suo sguardo finalmente si rasserenò, lasciando che un sorriso si aprisse sul suo volto “Arrivederci papà!”disse con sicurezza.
Il figlio di Son Goku lasciò la radura e volò fino alla casetta sul monte Paoz col sorriso dipinto sulle labbra.
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