Che posso dire, mi è venuta di getto stamattina. Meglio così, nei prossimi giorni sarei stato davvero messo male.
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Torneo di One Shot 2012
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Oddio Majin....è la cosa più fantastica che ho mai letto.
La rivalsa più improbabile della storia
Povero Goku,non diventerà mai super sayan
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Oddio, l'hai fatto davvero.
Comunque, nell'abridged Crilin torna e Gohan gli fa << Crilin, come hai fatto a salvarti? >>
Il terrestre racconta dell'inseguimento e poi << infine sono riuscito a colpirlo col tayoken >>
<< Grande, immagino che poi tu lo abbia ucciso con il kiezan, no? >>
<< Eeee....>>
*appare Freezer*
<< Ok, direi di no. >>Last edited by Dragon Slayer; 27 July 2012, 15:41.M'illumino d'immenso.
Shepard
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Ma anche quando sta per fare l'ultima trasformazione
<<Crilin potresti colpirlo col tuo Kienzan>>
<<Già, continuo a chiedermi perché non lo faccio>>
<<E...?>>
<<Ho finito tutta l'energia ferendo a morte Vegeta>>
Broly guardatelo, davvero, l'adorerai
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Premessa: La one shot è basata sul manga "I am a Hero" di Kengo Hanazawa. So che di solito il protagonista di un manga è un personaggio che non ha bisogno di rivalse, ma Hideo è decisamente un caso a parte. Mi ricorda vagamente i protagonisti inetti dei romazi di Svevo e nei 5 volumi che ho letto raramente è riuscito a rendersi utile. Dunque penso che sia un personaggio adatto per una traccia del genere.
Buona lettura!
Io sono un eroe
Nelle affollate strade di Tokyo il panico regnava sovrano. Uomini e donne di tutte le età correvano da una parte all'altra della metropoli come schegge impazzite, spinti dall'istinto di sopravvivenza e dal desiderio di lasciare il maggior numero possibile di chilometri di distanza tra loro e le inquietanti creature che di punto in bianco avevano invaso l'intero paese del sol levante. Nessuno sapeva con esattezza cosa avesse indotto quelli che un tempo erano stati degli esseri umani come loro a tramutarsi in belve feroci e assetate di sangue. Stando ad alcune voci si trattava di una letale malattia del sistema nervoso, ma vi era anche chi parlava di bioterrorismo o di un esperimento eseguito sul popolo giapponese dagli alieni. Erano però poche le persone nelle condizioni di poter ragionare tranquillamente sull'origine di quei mostri. La maggior parte erano troppo impegnate a cercare un posto sicuro in cui rifugiarsi e trascorrere qualche ora lontano da tale incubo.
Le informazioni sulle creature non erano poi molte, ma una cosa era ormai certa: venire morsi equivaleva a diventare uno di loro. E questo Hideo Suzuki lo aveva appreso al costo di una elevata sofferenza. La prima infetta con cui aveva avuto a che fare era stata la sua ormai ex ragazza e per lui era stata una vera tortura doverle recidere la gola in modo tale che non potesse più nuocere a se stessa e agli altri.
Hideo era un uomo sulla trentina e prima che l'ordine del paese venisse stravolto lavorava come assistente di un mangaka che non nutriva molto rispetto nei suoi confronti. Lui stesso aveva provato nel corso degli anni a diventare un mangaka, ma era riuscito solamente a pubblicare una serie breve di scarso successo. Tutti i successivi tentativi di ottenere una serie erano falliti miseramente. Dal punto di vista lavorativo la sua vita non poteva certo essere definita soddisfacente e questo lo aveva portato più volte a provare frustrazione e invidia nei confronti dei suoi colleghi maggiormente fortunati.
Il suo nome, scritto con ideogrammi differenti, assumeva il significato di "eroe" e talvolta per darsi coraggio era solito pronunciare la frase "Io sono un eroe". Tuttavia spesso e volentieri si sentiva più uno sfigato che un eroe.
Anche quel giorno Hideo non stava rendendo giustizia al suo nome. Come molti altri si limitava a scappare da una parte all'altra della capitale senza una meta precisa, guidato unicamente dall'istinto di sopravvivenza. Ma in realtà avrebbe potuto fare molto di più e una parte della sua coscienza ne era consapevole. Mentre correva poteva sentire chiaramente sulla schiena la pressione esercitata dal fucile da tiro al piattello che si era portato da casa. Volendo avrebbe potuto estrarlo dalla sacca in cui era riposto in qualsiasi momento, per poi caricarlo con la rapidità che l'esperienza gli aveva permesso di guadagnare. Tuttavia c'era qualcosa che lo frenava...
-No, non posso farlo. Tirare fuori il fucile in un luogo pubblico è una violazione della legge sulle armi da fuoco...-
In un mondo in cui le regole del vivere comune non avevano più alcun senso, solo una persona inetta come Hideo avrebbe potuto formulare un simile pensiero. Sembrava totalmente incapace di disobbedire alle leggi imposte da chi rivestiva una posizione sociale superiore alla sua. Anche sul posto di lavoro subiva senza fiatare le angherie del suo capo, per poi sfogarsi una volta tornato a casa colpendo con violenza un punchball. Agire dando nell'occhio? Nossignore. Un simile comportamento avrebbe attirato l'attenzione su di lui, turbando la sua tranquilla e metodica esistenza. Perchè correre rischi quando si può vivere in pace accettando tutto quello che ci impongono gli altri? Vorresti urlare in faccia ad una persona tutta la rabbia che hai in corpo? E perchè mai dovresti rischiare di rovinare un rapporto quando puoi continuare a tenerti tutto per te fino a farti venire l'ulcera? L'importante è continuare a vivere, no? Tutto il resto non conta.
-Io sono un eroe-
Ma si può essere veramente eroi se non si fa altro che pensare alla propria incolumità? Guardare dall'altra parte mentre qualcuno viene morso da un infetto è tutto tranne che un' azione eroica.
-Io sono un eroe...-
Pensarlo mentre fingi di non sentire quella signora anziana che chiede aiuto mi sembra alquanto ipocrita...
-Io sono...un eroe?-
Gli eroi non vengono maledetti dalle vecchiette appena prima di finire sbranate.
-Io...Io non sono un eroe...-
Era ora che ci arrivassi.Last edited by Rowelence; 28 July 2012, 00:50.Sto giocando a: Tales of Xillia (PS3), Assassin's Creed 3 (WiiU), Pokémon X (3DS - Solo online) Sto leggendo: A storm of swords (volumone completo in italiano) Sto guardando: Kill la Kill (ep 7)
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Hideo era seduto su un polveroso pavimento e teneva la schiena appoggiata ad un vecchio armadio. Il fucile era per terra a pochi centimetri da lui, ancora ben chiuso nella solita sacca. Erano passate alcune ore da quando l'uomo aveva negato il proprio aiuto ad un'anziana innocente, ma quando chiudeva gli occhi nel vano tentativo di prendere sonno poteva rivedere tutta la scena come se il tempo si fosse fermato. I sensi di colpa lo stavano tormentando insistentemente, spingendolo spesso a singhiozzare e a chiedere scusa con voce strozzata. Un comportamento non molto saggio, col senno di poi. E' vero che quell'edificio disabitato sembrava essere un posto relativamente sicuro, ma fare rumore senza essere assolutamente sicuri della totale assenza di infetti nelle vicinanze era quantomeno imprudente. Ma pur essendone consapevole non poteva farne a meno. Doveva dare libero sfogo alla sua sofferenza se non voleva perdere il senno, ne era assolutamente convinto.
-Hideo...Eroe...Mia madre non poteva darmi un nome più sbagliato. Io sono patetico. Penso unicamente a me stesso, lasciando che le persone intorno a me patiscano le pene dell'inferno. ...Mi faccio schifo...-
Hideo era ormai sprofondato nell'autocommiserazione. In tale stato mentale iniziò a darsi la colpa di tutto ciò che era andato storto nella sua vita, talvolta distorcendo la verità per infliggersi una punizione più dolorosa. Dopo un lungo tempo chiuse gli occhi quasi senza rendersene conto e, stremato da quella violenta tempesta emotiva, si abbandonò tra le braccia di Morfeo.
Fu il sinistro scricchiolio di una delle assi del pavimento a destarlo.
In una situazione normale il suo corpo non avrebbe reagito ad un suono così debole, ma da quando gli infetti avevano fatto la loro comparsa i suoi sensi si erano notevolmente acuiti.
"C-chi c'è?" mormorò con voce tremante, per poi maledirsi subito. Se uno di quegli esseri era entrato nell'edificio quella stupida domanda poteva essere la sua condanna a morte.
Man mano che i passi si facevano più vicini i battiti del cuore di Hideo diventavano più frenetici. Dalla sua fronte le goccioline di sudore cadevano a terra una dopo l'altra. Plic plic plic plic.
Le sue mani umide erano intrecciate come se avesse dovuto iniziare a pregare da un momento all'altro e le teneva talmente strette da provare dolore. Aveva la gola incredibilmente secca, ma il terrore gli impediva di avere sete. Non poteva tuttavia ignorare la sua vescica, la quale sembrava una diga sul punto di cedere.
-Magnifico...Sto per farmela addosso di fronte ad uno di quei mostri. Spero che in paradiso abbiano delle mutande da prestarmi.-
Dopo un po' il rumore di passi si fece talmente forte da rendere perfettamente chiaro a Hideo che nel giro di pochi secondi l'intruso sarebbe entrato nella stanza in cui si trovava.
-...Forse se mi sbrigo faccio ancora in tempo a tirare fuori il fuc...-
La persona a cui appartenevano quei passi entrò nel suo campo visivo. L'uomo non potè fare a meno di tirare un sospiro di sollievo. Non si trattava di un infetto, bensì di una bambina. Ad una prima occhiata non sembrava avere più di nove anni. I suoi lunghi capelli neri erano tutti sporchi e scompigliati. Alcune ciocche erano talmente tanto coperte di polvere da sembrare grige. Il suo volto era sporco e presentava alcuni tagli ed escoriazioni, ma fortunatamente nessuno di essi sembrava essere grave. Gli occhi dalle iridi nere della piccola erano arrossati, segno evidente che aveva pianto parecchie volte. Dalle occhiaie piuttosto evidenti era possibile intuire che la bambina non riposava come si deve da alcune notti. Del resto i suoi vestiti stracciati ed impolverati raccontavano una storia fatta di fughe incessanti e incontri piuttosto ravvicinati con i mostri.
-Non sono mai stato molto bravo con i bambini....-
Dopo qualche secondo di silenzio Hideo disse "C-ciao...Come ti chiami?". Cercò di rendere il suo tono di voce amichevole, ma a causa della gola secca il risultato non fu dei migliori.
La bambina non rispose. Continuava ad osservarlo con uno sguardo al tempo stesso impaurito e sospettoso. Forse un tempo avrebbe tranquillamente dato fiducia ad un estraneo, ma i recenti avvenimenti le avevano insegnato la prudenza nel modo più diretto possibile.
"Come ti chiami?"
Nessuna reazione.
"Io mi chiamo Hideo e sono un eroe. Sai, come quelli dei cartoni animati!"
-...Bè, forse dei cartoni animati aventi per protagonisti dei Neet...-
Ancora nessuna reazione.
L'uomo prese lo zainetto che si trovava di fianco a lui e lo aprì. Frugò per un po' al suo interno, chiaramente in cerca di qualcosa.
Ora nello sguardo della bambina era possibile notare una punta di curiosità.
"Oh, eccolo!" esclamò Hideo tirando fuori dallo zainetto un sacchetto di patatine.
"Immagino che sarai affamata. Se vuoi mangia pure queste patatine, tanto a me il cibo non manca!"
-In realtà oltre a questo sacchetto non mi è rimasto nulla...Ma non importa.-
La piccola esitò ancora per qualche istante, ma alla fine iniziò a muoversi verso quello sconosciuto che iniziava a farle un po' meno paura. La mamma le aveva ripetuto tante volte di non accettare cibo dagli estranei, ma in quel momento aveva troppa fame per fare la brava bambina.
Quando fu abbastanza vicina, Hideo sorrise e le porse il pacchetto.
"G-grazie, signore...Io mi chiamo Haruko e ho nove anni..."
Haruko aprì il pacchetto molto rapidamente e iniziò a divorare le patatine una dopo l'altra. Mamma le aveva sempre detto di mangiare con calma, ma era sicura che anche lei non avrebbe badato più di tanto all'educazione in una situazione del genere.
"Haruko, che bel nome! Lo userò per uno dei personaggi dei miei prossimi manga!"
Hideo stava facendo di tutto per permettere alla bambina di passare un po' di tempo senza pensare all'orrore presente fuori da quell'edificio. Non era sicuro di stare agendo nel migliore dei modi, ma perlomeno non l'aveva ancora fatta piangere.
Haruko non ci mise molto a svuotare l'intero pacchetto.
"Erano buonissime. Grazie, signore."
"Chiamami pure Hideo. Dimmi Haruko..."
L'uomo esitò. Stava per toccare quello che temeva essere un tasto dolente e non sapeva bene come terminare la frase. Tuttavia doveva chiederglielo. Doveva assolutamente sapere se c'era qualcosa che poteva fare per aiutare quella bambina...e per riscattarsi.
"...Dove sono...i tuoi genitori?"
Come aveva previsto gli occhi della bambina si riempirono di lacrime.
"N-non lo so!....L'ultima volta che li ho visti..."
Haruko iniziò a singhiozzare, mentre il suo intero corpo veniva attraversato da violenti brividi.
Hideo era in preda al panico
-Che faccio? Che faccio? Che faccio?!-
Poi, senza quasi rendersene conto, iniziò ad accarezzare con dolcezza la schiena della piccola.
-Siamo sicuri che sia la cosa giusta da fare? ...Pare che non abbia altra scelta che fidarmi del mio "istinto paterno"-Last edited by Rowelence; 27 July 2012, 17:09.Sto giocando a: Tales of Xillia (PS3), Assassin's Creed 3 (WiiU), Pokémon X (3DS - Solo online) Sto leggendo: A storm of swords (volumone completo in italiano) Sto guardando: Kill la Kill (ep 7)
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Per fortuna Hideo stava agendo correttamente e dopo alcuni interminabili minuti Haruko riuscì a calmarsi un po'.
"L'ultima volta che li ho visti...E-erano circondati da q-quei mostri orribili....Io volevo aiutarli, ma avevo tanta paura. Mamma continuava ad urlami di scappare e Papà diceva che se fossi riuscita a trovare un posto sicuro loro mi avrebbero raggiunto...Alla fine ho dato retta ai loro consigli e ho iniziato a correre...Da allora credo che siano passati due giorni."
Pronunciare quelle parole era stato estremamente difficile per la bambina e ora era nuovamente in preda ad una crisi di pianto.
Hideo continuava ad accarezzarla in modo quasi meccanico, mentre mentalmente elaborava quelle poche informazioni.
-Ha detto che i suoi genitori erano circondati dagli infetti. Le probabilità che siano stati morsi sono elevatissime e temo che sarebbe inutile, oltre che terribilmente rischioso, provare a cercarli. Che cosa posso fare? Non possiamo stare qui in eterno...Devo cercare di portarla con me in un posto in cui l'infezione...o quello che è....non è ancora arrivata. Sempre ammesso che un posto simile esista...Ad ogni modo è inutile muoversi senza uno straccio di piano. Dato che questo posto sembra essere abbastanza sicuro penso che non ci siano problemi a restare qui ancora per qualche ora. Nel frattempo spero di farmi venire in mente qualcosa.-
"Haruko...Cosa ne dici se aspettiamo qui i tuoi genitori?"
La piccola lo fissò con gli occhi gonfi di lacrime e un'espressione stupita dipinta sul volto.
"Credi veramente che arriveranno?"
"Ma certo! Ti hanno detto di aspettarli in un luogo sicuro, no? Bè, questo è il posto meno pericoloso che sono stato in grado di trovare. Sono sicuro che se li aspettiamo qua arriveranno."
"L-lo spero tanto!"
-Io invece spero che non arrivi proprio nessuno...."
Dopo alcune ore Hideo non era ancora riuscito ad elaborare un piano decente. Aveva preso in considerazione diverse opportunità, ma tutte sembravano essere egualmente rischiose. La sensazione che non esistesse un singolo posto sicuro in tutto il Giappone iniziava a tormentarlo, ma cercava di non prestarle troppa attenzione. Doveva mantenere viva la speranza, altrimenti sarebbe stato tutto vano.
Fino a quel momento nessuno era entrato nell'edificio, anche se da fuori di tanto in tanto proveniva qualche rumore poco rassicurante. Haruko aveva dormito per buona parte del tempo, ma il suo sonno era stato turbato da alcuni incubi a dir poco terribili.
-Mi chiedo se riuscirà mai a superare tutto questo...-
Hideo avrebbe voluto articolare maggiormente tale pensiero, ma un improvviso rumore aveva attirato la sua attenzione. Qualcuno o qualcosa sembrava essere particolarmente vicino alla casa. Istintivamente l'uomo afferrò la sacca contenente il fucile e con movimenti rapidi la aprì. Una parte della sua coscienza gli ricordò l'esistenza della legge sulle armi da fuoco, ma lui la ignorò. In quel momento difendere Haruko aveva la priorità sulle leggi create da coloro che governavano il paese.
"Cosa vuoi fare con quello? E se fossero i miei genitori?"
Hideo sorrise vedendo il volto preoccupato della bambina.
-Ti prego, Haruko...Parla il meno possibile-
"Non ti preoccupare, lo tiro fuori solo per precauzione. Non mi sognerei mai di fare del male ai tuoi genitori!"
-E io scemo che le rispondo pure!-
Le orecchie dell'assistente mangaka udirono nuovamente il rumore. Era vicino. Troppo vicino.
-S-sono entrati in casa...?-
La risposta era sì, come il rumore di passi in avvicinamento gli permise di capire subito dopo.
"Haruko, stammi vicino" disse quasi sussurrando.
La bambina si nascose dietro la sua schiena. Anche se sperava con tutto il cuore che fossero arrivati i suoi genitori, aveva ugualmente paura. Hideo iniziò a caricare il fucile.
Dopo qualche istante uno degli infetti entrò nella stanza. La pelle dell'essere era quasi trasparente e permetteva di vedere perfettamente le numerose vene e arterie presenti nel suo corpo. I suoi occhi vitei ed iniettanti di sangue si muoveva rapidamente, scrutando l'ambiente circostante. La sua bocca era sporca di sangue umano e le gocce del liquido corporeo avevano macchiato anche i suoi vestiti logori. I pochi capelli neri erano incredibilmente unti e contribuivano a dargli un aspetto ancora più grottesco.
Con un movimento fulmineo Hideo puntò il fucile in direzione del mostro e si preparò a premere il grilletto. La mano gli tremava leggermente, ma era abbastanza vicino al bersaglio da poterlo prendere anche in quelle condizioni.
Non appena l'uomo decise di premere il grilletto Hanako esclamò: "Papà! Sei arrivato veramente!"
Per qualche momento Hideo non riuscì a capire a chi si riferiva la bambina. A parte la creatura non era entrato nessun altro nella stanza.
-Un momento....Non sarà mica che...-
Sì, non vi erano più dubbi. Il padre di Haruko era stato infettato e in quel momento si trovava di fronte a loro.
"Haruko...Quello ormai non è più tuo padre!"
"Non è vero! E' lui! Papà!"
La piccola cercò di avvicinarsi all'infetto, ma Hideo glielo impedì afferrandola per un braccio.
Il mostro per il momento si limitava a fissarli senza fare nulla, ma avrebbe potuto attaccarli da un momento all'altro.
Haruko cercò di divincolarsi con forza, ma l'assistente mangaka riuscì a trattenerla.
-Anche a costo di farti male al braccio non ti lascerò andare! Non ti permetterò di diventare un' infetta!-
"Lasciami andare! Lasciami andare!"
"...Figlia...Haruko...."
Inaspettatamente l'essere sembrava aver riconosciuto la figlia.
-No...Quei mostri non sono in grado di pensare...Sanno unicamente pronunciare frasi sconnesse...-
Lentamente la creatura iniziò ad avvicinarsi a loro.
La mano di Hideo aveva ormai smesso di tremare. In qualsiasi momento si sentiva pronto a sparare.
"...Mamma....Mangiata...Buonissima...Ha...Haruko.. ..Tenera...."
-Spero di aver capito male...-
E invece Hideo aveva capito perfettamente. L'infetto aveva mangiato sua moglie e ora sembrava intenzionato a fare lo stesso con la figlia.Last edited by Rowelence; 27 July 2012, 17:13.Sto giocando a: Tales of Xillia (PS3), Assassin's Creed 3 (WiiU), Pokémon X (3DS - Solo online) Sto leggendo: A storm of swords (volumone completo in italiano) Sto guardando: Kill la Kill (ep 7)
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"Papà...."
Tutto avvenne in un lampo. Di punto in bianco l'essere iniziò a correre in direzione di Haruko. Hideo lasciò il braccio della bambina e le ordinò di tapparsi le orecchie. Dopodichè il dito dell'uomo premette senza la minima esitazione il duro grilletto del fucile. Il lungo proiettile perforò il ventre del mostro con una forza tale da spostarlo di qualche metro.
Ansimando per lo sforzo e lo spavento Hideo si appoggiò ad una delle pareti della stanza. Non riusciva a distogliere lo sguardo dalla rivoltante carcassa presente sul pavimento. Le viscere di quella creatura erano ben visibili e in circostanze diverse l'uomo non avrebbe esitato a vomitare di fronte ad un tale spettacolo. Ma le esperienze degli ultimi giorni lo avevano decisamente temprato.
Con gli occhi pieni di lacrime Haruko si avvicinò lentamente al cadavere del padre.
Hideo non la fermò. Ormai il pericolo era passato ed era giusto che la piccola piangesse la scomparsa del suo genitore.
La giovane si inginocchiò vicino alla testa del padre e con una delle sue piccole mani iniziò ad accarezzare dolcemente i suoi capelli. Le lacrime colavano copiose dal suo volto, macchiando l'una dopo l'altra la maglietta del genitore.
Fu Hideo il primo ad accorgersi che qualcosa non andava. La testa del mostro reagiva al tocco di Haruko muovendosi lentamente.
-No....Quel coso dovrebbe essere morto...!"
"Haruko! Allontanati da lì!"
Troppo tardi. Con uno scatto fulmineo l'essere si avventò sulla bambina e, prima che Hideo potesse fare qualcosa, le morse due volte il braccio sinistro
In preda ad una furia cieca Hideo si avvicinò a passi svelti all'infetto e colpendolo ripetutamente col fucile lo indusse a spostarsi da Haruko.
"Come hai osato farle del male, bastardo?!"
Dopo aver pronunciato quelle parole l'uomo puntò la canna del fucile verso la testa di quello che fino a pochi giorni prima era un amorevole padre di famiglia. La distanza tra di loro era di pochi centimetri. Non poteva mancarlo.
BANG
Il cranio della creatura esplose in tanti piccoli frammenti.
-....E' finita...- pensò Hideo. La spalla destra gli faceva male per colpa del violento rinculo, ma in quel momento non gli interessava. Doveva sincerarsi delle condizioni di Haruko, anche se sapeva perfettamente che non potevano essere positive.
La bambina era accasciata a terra, non molto distante dal padre. Il suo braccio sinistro era in condizioni a dir poco terribili. I due morsi avevano scavato in profondita nella tenera carne, arrivando a causare la rottura di numerosi vasi sanguigni. Intorno a lei era infatti presente una larga pozza vermiglia.
Hideo sapeva che dopo il morso di un infetto, un individuo adulto iniziava lentamente a perdere le proprie facoltà intellettive. Quel giorno si rese conto che nei bambini il processo si verifica con una rapidità di gran lunga maggiore.
"....Il cane scava nel corpo...Nel corpo..."
-Frasi sconnesse...E' un brutto segno-
Vedere Haruko in quelle condizioni faceva venire ad Hideo una voglia irrefrenabile di scoppiare a piangere. Nonostante la conoscesse solamente da poche ore, l'uomo si era in qualche modo affezionato alla bambina.
-Con tutto il sangue che ha perso dubito che vivrà ancora a lungo...E forse prima della morte farà pure in tempo a trasformarsi in una di loro...-
Fu in quel momento che Hideo si rese conto di poter fare solo un'ultima cosa per aiutarla. Col fucile ben stretto tra le mani l'uomo si posizionò a breve distanza dalla testa della giovane.
Haruko nel frattempo continuava a delirare. Di tanto in tanto sembrava urlare per il dolore e quando lo faceva batteva con forza il braccio sano per terra.
-Sta soffrendo terribilmente...-
"Papà....Compito andato bene...Contento?"
Per quella che sperava essere l'ultima volta in quella giornata, Hideo puntò il fucile in direzione della testa di un altro essere umano. In direzione della testa di Haruko.
"Cartoni animati....Eroe...Cartoni...."
BANG
"Hai proprio ragione, Haruko. Io sono un eroe...proprio come quelli dei cartoni animati."Sto giocando a: Tales of Xillia (PS3), Assassin's Creed 3 (WiiU), Pokémon X (3DS - Solo online) Sto leggendo: A storm of swords (volumone completo in italiano) Sto guardando: Kill la Kill (ep 7)
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Ok, arrivato il momento di inserire il lavoro. Come già detto in precedenza, la storia l'ho basata dal manga breve Blue Heaven. Il personaggio che ho scelto è Yukinobu Sano
quello che probabilemente è il primo personaggio positivo mostrato al lettore. L'impressione iniziale è che sia lui il protagonista, anche perché quasi tutti gli eventi iniziali sono visti attraverso di lui. Però quando inizia la carneficina viene messo praticamente subito KO, nonostante abbia la possibilità di interrompere tutto sul nascere. Il resto di quella storia lo scoprirete nella shot comunque. Ho scelto lui proprio perché il tema l'ho trovato perfetto, nel suo caso. Da lettore, ma anche da parte del personaggio stesso, traspare una certa delusione su come si comporti durante la vicenda e, per certi versi, rivelandosi il colpevole di tutto. Per il resto, la storia l'ho ambientata 1 anno dopo e ho cambiato moltissimo il personaggio, cercando di riflettere il più possibile i suoi pensieri sul mondo circostante. Non inizio a postare da questo post perché questa volta il lavoro è lungo e ho paura di non starci in 5 pagine, quindi scusate. Per tutto il resto, spero che la storia riesca a farsi capire, finale soprattutto.
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Gray Purgatory
467 morti. 567 dispersi.
Ti guardi intorno. L’aria ti attraversa la faccia, poi vedi una stanza, forse è tua. Controlli tasche e cassetti, mai che qualcuno ci lasci qualcosa. Anche se questo è poco probabile ed infatti non trovi niente. Vai allo specchio e provi a guardarti, ma è rotto, qualcosa di forte e deciso, forse un gesto di frustrazione o magari un semplice incidente. Deve essere in ogni caso cambiato. Ti guardi le mani e le vedi insanguinate, nessuna ferita ma non vuoi rischiare e così vai in bagno. Cerchi dei farmaci, ma non ne trovi. C’è poca sicurezza nel vivere senza medicine perché se anche impari ad evitare i danni loro non imparano ad evitare te. Poi ti volti. Il riflesso è scostante, la luce va ad intermittenza, forse è guasta, ma riesci a vederti. C’è un uomo che ti fissa. Ti chiedi chi sia. Sai di non essere tu, troppo alto, a petto nudo e, ridi, ha un’espressione estranea nel volto. Ma sai anche che sei tu, devi essere tu perché questa non è altro che la tua condanna e sai che dovrai patirla ogni volta. Un flash ti attraversa la mente e ti getti a capofitto nel mucchio di vestiti per terra. Cerchi qualcosa ma non sai cosa, forse un pezzo di carta o qualcos’altro di importante o forse no, non ne sei sicuro. Poi lo trovi. Un portafoglio, pelle, marca apparentemente pregiata ma procurata da un sobborgo in zona. Molto bravi a copiare, ma era un regalo così non si doveva dire niente anche se lo si sapeva perché è buona educazione mentire ai bugiardi. Lo apri delicatamente. L’azione è automatica e questo ti fa pensare sia il tuo portafoglio perché il cervello si abitua ad azioni e movimenti che dopo andranno di pari passo con il tuo istinto e così nascerà quella che chiami abitudine. Tiri fuori quello che ti serve e getti via il resto. La foto è diversa e mostra altro rispetto a quanto visto prima, ma tu sai che quella stessa foto ti rappresenta come sai che quello specchio non sta mentendo e anche che qui c’è qualcosa di strano e vuoi scoprirlo. Non sai chi sei veramente e cerchi di capire come ti chiami perché in questo modo qualcosa dentro di te scatterà, così sposti i tuoi occhi sulla scritta di fianco e leggi Yukinobu Sano. Tu sei Yukinobu Sano e ora sei chiuso in una stanza con le mani insanguinate e lo specchio rotto. Sai chi sei ma sai anche che non è questa la chiave di volta della tua storia, ed improvvisamente un brivido ti attraversa la schiena. Ti guardi intorno di nuovo perché ora hai paura o forse ti stai svegliando. Ti volti perché senti un rumore molto forte da farti sussultare. Riesci ad individuare l’armadio e quello conferma perché si muove. Sei teso ma devi scoprire cosa c’è dietro e capire se anche questa volta qualcuno è morto per colpa tua. Ti avvicini lentamente ed allunghi la mano verso la porta. Cerchi di far durare questo momento il più a lungo possibile ma devi aprirlo e lo sa anche l’armadio perché si avvicina sempre di più e così accidentalmente lo apri. Vedi una borsa, di grosse dimensioni, aperta a metà e appoggiata sul fondo vuoto. Sposti la testa lentamente al di sopra di essa e tenti di vederne il contenuto. Un occhio ti fissa. Azzurro, cristallino, pallido e lucido. Ti fissa senza mai chiudersi. Dietro quell’occhio c’è una faccia, sopra quella faccia ci sono dei capelli, lunghi e biondi. Dietro quell’occhio c’è morte. Poi si muove.
Ti gira la testa, il mondo intorno a te ruota. Per un attimo ti attraversa il pensiero che tutto questo sia colpa tua, atto a dare una svolta alla tua vita. Precipiti.
<<Cindy…>>
Un debole cinguettio strappa Sano dal sogno. La luce filtra dalla finestra e gli crea fastidio, ma la cosa lo rassicura, visto che ora sa di essere realmente sveglio. Un’altra notte con quell’incubo. Quella storia che lo affligge da 1 anno, esattamente lo stesso tempo passato dall’incidente.
<<Che cosa ci sto facendo qui, in realtà?>> si domanda, affranto, Sano, che si alza e si appoggia alla finestra. La brezza mattiniera è dolce e candida, spinge costantemente la tenda e permette a Sano di vedere l’orizzonte. Un’isola, un arcipelago. Sono ormai due settimane che si trova lì. La vita dopo la Blue Heaven non era stata più la stessa. Tutti quei morti, indiscriminatamente tra amici e passeggeri. Tutti quei folli, che per un briciolo di sopravvivenza avevano iniziato una guerra razziale, scatenando il caos più totale. Ma di chi era stata la colpa? Sano caccia via quei pensieri. Sua moglie, per quanto lo potesse amare, non riusciva a vederlo in quello stato afflitto e sofferente, così gli aveva proposto un viaggio da solo ed in pace, lontano da tutto e tutti. Santa donna. Oltre che ottima moglie, si rivelava anche una brava madre per la loro bambina. Ma questa storia a Sano creava disagio, e sapeva il perché. Il vero motivo per cui era stato mandato in vacanza era legato alla lieve schizofrenia che lo affliggeva da diversi mesi. I medici non avevano trovato nessun vero sintomo, eppure c’erano delle volte in cui Sano si sentiva diverso, assumendo degli atteggiamenti contorti e soprattutto quegli incubi… così realistici e folli da farlo sentire un vero malato. Oppure è questo il suo incubo?
<<Questo è reale? Sono io che sto guardando me stesso o qualcuno sta scrivendo le mie gesta? Chi sta tracciando la mia strada ed i miei atteggiamenti? Chi mi sta guardando ora nel mio piccolo mondo mentre mi muovo e faccio quello che ogni personaggio è destinato a fare? Sono sveglio? Sono io che detto questa storia? O qualcun altro?>>
Blackout.
Ti fa male la testa. Non quello che attribuiresti ad un semplice mal di testa o ad un gioco alcolico con gli amici. E’ qualcosa di più malvagio. Vorresti chiederti dove sei, ma sai che conterebbe poco. La tua vita, ora, è vuota. Meglio fare uno sforzo, in ogni caso. Quella che a qualcuno di molto garbato sembrerebbe una stanza è immersa nell’oscurità, con le finestre oscurate ed il pavimento pieno di ogni genere di cosa. Pare che ogni lampada sia stata distrutta, qualcosa di aggressivo. Per un attimo ti guardi le mani e scopri chi è stato. Le medicine, come nel sogno. Ti giri verso il bagno e noti che la porta è sbarrata <<Questo è assolutamente ingiusto>> ed inizi a staccare i pezzi di legno piantati in modo disordinato con chiodi e coltelli. Coltelli? Ti chiedi da che razza di pessimo venditore te li sei procurati. Trovi il martello per terra e sfili i coltelli, poi inizi a staccare i chiodi.
<<Facciamo mente locale. Sono partito per mia moglie, giusto? E la mia bambina, si. Cosa ci faccio in questo posto? Devo uscire e chiedere aiuto. Questa dannata schizofrenia>> due chiodi si staccano maledicendoti << e questo dannato luogo.
E questi dannati tagli.
E questa dannata porta>> e le tiri un calcio sfondandola.
Che immagine curiosa, quella dell’uomo imbavagliato. Se ne sta lì immerso nella vasca, con gli occhi fissi su di te. Che sia vivo? Gli lanci il martello per accertartene, così quello inizia a sbraitarti contro. Sorridi.
<<Chiedo scusa, lo staff si prenderà tutte le responsabilità>> e ti dirigi a toglierli il bavaglio, facendo nascere un bellissimo arcobaleno di insulti e urla.
<<Sei pazzo! Che diavolo ti salta in mente Sano? Liberami subito razza di malato che non sei altro, hai capito?>>
<<Non ne sono sicuro. Fa parte delle mie priorità?>>
<<Cosa? Che cosa stai farneticando maniaco?>>
Il tizio è poco socievole, meglio tirarlo fuori dal suo bagno. Lo liberi e questo ti fissa.
<<Ma hai idea di chi sono? Hai dimenticato di nuovo tutto?>> chiede.
<<Niente, mi dispiace>>
<<Sono il Dr. Samuel Loomis. Dio… sta succedendo di nuovo. Senti, questa storia deve finire. Hai bisogno di urgente aiuto da parte di una clinica specializzata. Come tuo psichiatra ed amico è l’unica diagnosi che posso trarre dopo tutta questa vicenda.>>
Non capisci <<Aspetti un momento. Cosa intende dicendo che è successo di nuovo? Io non la conosco, ma forse c’entra con il mio problema. E’ successo dopo l’incidente della Blue Heaven, sono diventato schizofrenico, o alienato, i medici non sapevano descrivere la cosa in modo chiaro.>>
<<No, Sano. Ascoltami, questo me l’hai già detto, ma non è vero. E’ tutto falso, è la tua mente che ti prende in giro.>>
Una strana scossa attraversa il tuo corpo. Abbassi la testa e vedi la mano trasformarsi in un pugno, poi lo scaraventi contro il viso del povero Sam che volteggia sul water.
<<Agh che cosa stai facendo!>> ma non c’è più tempo per le buone maniere <<Che cosa diavolo sta succedendo qui? Chi sei tu, e che cosa sai di me e del mio disturbo? Non voglio sentire altre bugie.>> d’effetto, ma attira tutta l’attenzione del vecchio americano.
<<Nessuna bugia! Sei tu che stai mentendo a te stesso. Non mi credi? Cerca nell’armadio, troverai il tuo diario. Me lo dicesti tu, che stavi annotando tutto. Dentro quel quaderno c’è tutta la verità, se proprio non riesci a fidarti, razza di idiota presuntuoso.>>
Oh. Forse vale la pena controllare. Ma un momento. Cos’è questo brivido che ti scioglie la schiena? Non sarà per caso per colpa di quegli incubi? No, non questa volta. Devi farlo se vuoi capire cosa ti sta succedendo.
Vai da quello stupido armadio e comunque hai un attimo di esitazione. Poi lo apri. Un mucchio di stracci, niente di che a dire il vero. Ma eccolo, è lì, lanciato come se fosse spazzatura. Lo raccogli e torni dal vecchio, ora seduto, così lo imiti.Last edited by Dargil; 02 August 2012, 03:15.
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<<Che cosa intendeva prima, dicendo che sto mentendo a me stesso?>>
<<Ma guarda, che tono garbato. Passata la minaccia diventi gracile come un agnellino. Non ti smentisci. Tu menti a te stesso, ma solo perché non riesci a ricordare. Ci siamo incontrati per la prima volta una settimana fa, qui alle isole Fuji. Tu eri l’addetto alla sicurezza sulla Blue Heaven, io uno psicologo interessato a certi casi, nel mio paese. Così ti ho cercato. Mi dicesti che tua moglie ti aveva mandato qui per reintegrarti nell’ordine sociale, ma come vedi la cosa si è trasformata in qualcos’altro. Ammetto di avere anche io le mie colpe, ma posso almeno dire di essere giunto ad una conclusione, ovvero che tu sei letteralmente pazzo>> ride tossendo <<no, perdonami. Scusa. Hai un grave problema, ma non è quello che pensi. Solo che ci ho provato, veramente, a fartelo capire, ma tu continui a perdere il controllo e a trattarmi in questo modo. Spetta a te quindi. Considerala una seduta. So il contenuto del tuo diario e so che tu stesso hai tentato di risolvere il tuo problema ponendo forse qualcosa di nascosto tra quelle righe. Io non l’ho scovata, tu forse si, non ne ho la certezza, quindi so solo che dobbiamo provarci, Sano. Ora leggi, dalla prima pagina, ad alta voce.>>
C’è qualcosa di incompleto in tutto questo, ma meglio vedere come si evolve la vicenda. Mancano tutte le pagine dall'inizio alla quasi fine, visto che da lì ne mancano due. Senti una lieve fitta al labbro inferiore, mentre il gusto del sangue ti attraversa la bocca. Come un bambino alle prese con la scuola materna, senza opporre resistenza o domandare qualsivoglia cosa, schiarisci la gola ed inizi
<<5 Giugno>>
***
5 Giugno. Escluse le due persone sui lettini, la spiaggia è immacolata, frutto di duro lavoro all’apparenza. Sano si chiede se questo posto così pulito sia tale per l’assenza di spazzatura o di persone.
<<Si metta pure comodo, l’essere a suo agio è fondamentale in questa esperienza.>> recita sorridendo il dottore con camicia ed occhiali da sole. Che brava persona, questo Samuel Loomis. Spunta dal nulla dicendo di essere uno psicologo. Sano nemmeno l’aveva mai visto, uno psicologo. Pare essersi occupato di tanti casi, alcuni piuttosto violenti. Sta nascondendo qualcosa. Sano lo sa perché un tempo era il suo lavoro.
Che caos, l’America, con tutte quelle persone, pronta a scoppiare da un momento all’altro. A Sano viene l’agorafobia al solo pensarci.
Un attimo.
Lui soffre di agorafobia? Cerca di non pensarci. Un’altra malattia nel suo curriculum potrebbe mandare in crisi sua moglie.
<<E’ proprio sicuro che sia necessario? Un luogo appartato sarebbe andato bene lo stesso, sul serio.>>
<<Oh no, questa spiaggia è perfetta. Lei tenta di dimenticare, purtroppo. Il sole, l’acqua e l’aria salina la riporteranno direttamente alla Blue Heaven. Non si preoccupi, è solo per permetterle di stare più a suo agio.>>
<<Starei più a mio agio a casa, a dire il vero. Non importa. Devo raccontarle quello che è successo, quindi?>> Il dottore annuisce <<Bene. Lavoravo alla Blue Heaven da diverso tempo. Quel luogo era la mia seconda casa anche se, lo ammetto, l’ho spesso scambiato come per il mio vero habitat. Quante persone, là dentro, e quanto lavoro. Io ero l’addetto alla sicurezza, ma se qualcuno spariva, anche un moccioso, ero incaricato di trovarlo. Nessuno poteva nascondersi nella nostra fortezza galleggiante, ci piaceva pensare. Quel luogo era come una Las Vegas acquatica, con tutta quella gente e quel divertimento. Avevamo tutto, dal gioco d’azzardo alla vita sfrenata. Ho visto persone di ogni genere ed avvenimenti piuttosto dissacranti, ma faceva parte del mio lavoro. Una notte trovammo un’imbarcazione alla deriva. Il nostro direttore escludeva categoricamente l’aiuto, ma il capitano mise in ballo l’umanità.>>
<<Strano effetto sentire questo da parte sua. Secondo certe mie fonti lei è considerato come una persona sociale e piuttosto incline all’aiutare il prossimo. Da persona a persona, la trovo grezza, Sano.>>
<<Questo perché la mia umanità ha condannato più di mille persone. E lei deve essere più professionale. Non mi interrompa, la prego.
Così scendemmo nell’imbarcazione per perlustrarla. Trovammo un uomo a terra, ancora vivo, disidratato ed in stato confusionale, ma a posto per il resto. Mentre gli altri ne trovavano uno ancora vivo ma con un buco nello stomaco nascosto in un frigo, io diedi un’occhiata dentro. Che razza di idiota che sono stato. Trovai la stanza piena di sangue, dappertutto. Non ne feci parola, un errore che mi porterò fino alla tomba. Tornai su. Nessun altro membro dell’equipaggio fu trovato. Portammo i feriti alla nave, ma la situazione degenerò presto. Quello che trovammo per primo sparì, insieme ad uno dei miei compagni. Non fu altro che l’inizio dell’inferno. Ci diedero delle armi. Quanto odiavo quegli aggeggi. Io speravo di risolvere la cosa il prima possibile, ma feci un errore di calcolo: Cindy, la dottoressa di bordo, aveva visto e parlato con l’altro superstite che intanto le aveva raccontato la storia del primo sopravvissuto, facendo capire che razza di mostro avevamo salvato. Una storia terribile che non starò qui a ripeterle. Così andai subito da lei, ma era troppo tardi. Quella donna non meritava di morire. Nessun medico o in generale chi dedica la vita ad aiutare il prossimo se lo meriterebbe. Quel mostro l’aveva messa dentro un’enorme borsa. Non ho mai saputo come l’avesse uccisa. Ma non importa. Cindy era morta e lui era lì, di fronte a me, disarmato. Cosa ho fatto, si chiede? Assolutamente niente. Gli ho ordinato di mettere le mani sul muro, e l’ha fatto. Ma alla mia prima esitazione mi ha spezzato un braccio e legato come un perfetto idiota. Poi mi sparò ad una gamba, decretando la mia totale uscita di scena da quella storia. Mi prese e mi agganciò ad una delle finestre di babordo. Ed io piansi. Piansi veramente tanto, prima che mi riprendesse. Nel mentre un folle, un altro, aveva iniziato una guerra ideologica e razzista sulla nave. Il nostro amico killer aveva bisogno di me per fuggire e mi portò nella sala comandi. Incontrai un’altra mia amica lì, e so che è sopravvissuta anche lei. Le devo la vita. Se non fosse stato per lei, quel mostro mi avrebbe sparato in testa. Ero pronto per il mio destino. Ero goffo e ferito, dovevano fuggire tutti, ma mi sentivo meglio, almeno, sapendo che potevano fuggire proprio grazie a me. Lei mi salvò convincendo il bastardo ad andarsene insieme. Poco altro da dire, non so il resto della storia. So solo che sono rimasto lì come un’idiota ad aspettare la mia fine, ma a quanto pare la fortuna è stata dalla mia parte, ed eccomi qui.>>
Il dottore tace per un breve istante.
<<Mi parli dell’altro pazzo.>>
<<Ne so pochissimo, in realtà. So che era il figlio del nostro finanziatore, un vecchio tedesco sfigurato da giovane. Non ho mai capito quella gente, con quell’aria di superiorità e l’idea che ogni persona al di fuori della propria famiglia fosse inutile. Quel vecchio sarà pure stato un mostro, fisicamente, tra l’essere incapace di camminare e vedere, ma il figlio non era poi tanto diverso. Era cieco nel credere a quella stupida guerra razziale che aveva cominciato, ed incapace di reggersi sulle proprie gambe partendo dal semplice presupposto che era stato il padre a renderlo così. Non so chi abbia vinto quella folle battaglia, né mi interessa, ma spero per davvero che non sia stato lui. Alla fine sono morti entrambi, ma è per questo che dobbiamo dire di aver vinto noi superstiti? Affatto. Tutta quella gente… erano dei surrogati di quei due. Il tocco di genio del nazista era stato il dire che l’assassino era asiatico. Istintivamente, tutti quanti hanno capito che per sopravvivere bisognava sbarazzarsi di ogni sospetto possibile, senza nessun compromesso. I Killer quella notte non sono stati solo due. No, proprio per niente. Quando guardavo in faccia gli altri sopravvissuti riuscivo a vederlo, quel lampo di felicità negli occhi. In ben pochi hanno davvero evitato la guerra tenendo fede all’umanità. Sto parlando di quelli fuggiti con l’imbarcazione del vecchio nazista. Ma loro si sono semplicemente persi la parte più bella. Un po’ come per me, alla fine. Dubito avrei davvero ucciso qualcuno, se avessi potuto, dopo lo scoppio della guerra. Ma ammetto che i miei principi avevano iniziato ad alterarsi già da quando mi stavano appendendo a quella finestra. Fissavo l’acqua e pensavo alla gravità della mia azione. Mentre le lacrime mi scendevano provavo ad immaginare il mare aprirsi onde evitarle. Ma alla fine sparivano e basta nell’abisso oscuro della mia stupidità.>>
<<Quindi lei prova rimorso per quella storia?>>
<<Sì.>>
“No” pensavo dentro di me. Il dottore credeva davvero che tutta quella sceneggiata fosse seria. Un tempo lo era, ma ora non più. Non provo niente, non sento nessuna emozione. Sento indifferenza. Cosa mi sia successo non riesco a spiegarmelo. Forse mi sono abbandonato a quel senso di inutilità che ho provato quando ho creduto fosse giunta la mia ora, perdendo quel poco di umanità che avevo. Oppure non me ne importa più niente e basta.
***
Ti senti stupido <<Questo significa che le ho mentito?>>
<<Esattamente. Avevi perso il controllo delle tue emozioni. Mi piacerebbe pensare che questo ne riguardasse il solo uso, ma non è così. Io sapevo del tuo stato, ti stavo mettendo alla prova. Ora non lo sai, e di certo nemmeno allora, ma non venni da te solo di mia spontanea volontà. Dal momento che la Heaven girava su acque internazionali, il mio paese si era interessato alla vicenda.>>
Ti viene un’incredibile voglia di ridere, ora che hai capito <<E questo che cosa significa? Cosa c’entro io con quella storia? Non avrebbe senso riportare in auge questa vicenda se... aspetti, non starà per caso dicendo che ero un sospettato?>>Last edited by Dargil; 30 July 2012, 08:58.
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<<Che sei un sospettato. Bada, uno degli assassini fu ritrovato, il “nazista”, ma dell’altro, quello che ti ferì, non se ne trovò traccia. Il fatto che egli fosse asiatico come te e che tu fossi, be’, una delle persone meglio addestrate ed in forma lì dentro, ha portato una lista di sospetti nei tuoi confronti. Special modo per come tu sia sparito per la maggior parte del tempo.>>
<<Ma è assurdo. Natsukawa, l’amica di cui le ho parlato nel diario, lei è stata a fianco dell’assassino e della mia persona nella stessa stanza. Ha stilato anche un identikit, sono sicuro l’abbia letto.>>
<<Sì, l’ho esaminato. Sano, la tua amica era in stato di shock. Per quanto possa essere stata uno dei pochi superstiti ad essere rimasti dentro la nave, sappiamo con certezza che certi dettagli non ci sono stati riferiti, colpa di alcune falle nel suo racconto alle forze dell’ordine. Senti. Io ho, per certi versi, la completa certezza che non sia stato tu. Mi capisci? Però il tuo disturbo… devo capire se lo soffrivi da prima dell’incidente. So che suona strano, ma neanche la tua di storia aveva molto senso, e come già detto il dubbio principale è dovuto alla tua improvvisa sparizione. Tu hai dei vuoti di memoria, degli eccessi di rabbia in cui perdi il controllo e ti trasformi dimenticandoti cosa hai fatto, una volta risvegliato. Parli di stanza insanguinata, eppure l’hai vista solo tu. Parli di dialogo con il killer, ma mancano prove concrete e fatti. Nella peggiore delle ipotesi, potresti esserti immaginato tutto ed aver tragicamente risposto alla cosa trucidando chiunque ti capitasse a tiro.>>
Ovviamente <<Se fosse così, non teme per la sua vita? Potrei ucciderla qui ed ora.>>
<<Temo per la mia vita, si, ma in modo relativo. Tu sei pericoloso per i tuoi eccessi incontrollati, ma quando ripensi alla vicenda della Heaven per qualche dannato motivo diventi apatico. Se mai ti sei interessato alle vite di quelle persone, prendila come una rivalsa. Aiutami a capire che cosa c’è veramente nella tua testa. Continua a leggere.>> ti chiedi perché questo vecchio ci tenga così tanto.
Quali scioccanti rivelazioni, in ogni caso. Non sai se sia peggio perdere la memoria o ascoltare un vecchio in cerca di dialogo. Però è una cosa seria, quindi ti devi adattare. Anche perché questo luogo ti fa impressione.
***
6 Luglio. Sano sta passeggiando per il centro della cittadina. Luogo tranquillo, il mare riesce a rubare tutto lo stress e la frustrazione. Sano si chiede come reagirebbero tutti di fronte ad un’inondazione. Sicuramente sarebbe qualcosa di eccitante. Tutta quella gente impegnata a praticare la propria routine ed all’improvviso doverla interrompere per una fastidiosa onda gigante che crea disordine e panico. Lui cercherebbe del latte. Passa di fronte ad un bar e crede che sia una buona idea. Al bancone un giovane ragazzo dalla carnagione scura gli chiede cosa desidera. Molto acuto, il suo atteggiamento. Sano si chiede da quanto tempo bada alle origini delle persone. C’entra qualcosa quel discorso fatto dal giovane crucco che si era divertito a fare guerra aperta con quell’altro pazzo, alla Blue Heaven. Fece un bel discorso, qualcosa riguardante il fatto che la nave fosse come la terra e che se ci fosse stato il nucleare, la gente non si sarebbe potuta nascondere. Era morto. Quel lurido razzista.
<<Un bicchiere di latte, grazie.>>
A volte Sano guarda la gente provando a capirne i pensieri. Di suo alla Heaven aveva fallito miseramente con il killer, gettando alle ortiche ogni speranza di salvezza per quelle 1000 persone. Ma cosa può farci, ormai. Il tempo passa e bisogna andare avanti, anche s’esso è una macchinazione dell’uomo. Di fianco si siede una giovane ragazza. Così carina e truccata, non avrà più di 16 anni, nonostante questo agli uomini basti ed avanzi. Più cambiano le generazioni e più queste ragazzine si dispongono a gente più grande di loro. Sarà un virus, o un punto di vista, c’è poca differenza, ma non si accontentano dei loro coetanei. C’è aria di insoddisfazione. O forse è semplicemente Sano che pensa troppo. Dannata schizofrenia. O Apatia. O sindrome di Truman.
<<Sei nuovo di qui?>> chiede guance rosa. Ma che simpatica, a tentare un contatto con un a malapena trentenne che ha sulla coscienza migliaia di morti.
<<Ero nei paraggi.>> taglia corto Sano. Chissà se la ragazzina ha mai avuto rapporti. A Sano lampeggia lo scenario della ragazzina piangente e tenuta legata ed imbavagliata nell’angolo di un bagno. Le lacrime le staccano il trucco mostrando il suo bellissimo ed immacolato volto, mentre tenta di liberare le mani legate dietro alla schiena. Appoggiata di lato, ha le mutandine staccate e pendenti dalla gamba destra, ora inutili, incapaci di coprire quel mondo da cui traspare una chiazza di sper-
<<Il prossimo drink te lo offro io.>> questi dannati ragazzini, così frettolosi.
<<Smamma. E’ tardi per te e circola brutta gente a quest’ora. Non farmelo ripetere.>> forse offendendola, ma questo non importa. Se ne va, in uno scatto al limite del rabbioso. Che eroe, Sano, ad evitare l’amata passiona carnale di un tale e pregiato miele ancora da raccogliere. Tutta questa roba gli fa venire il mal di pancia. Beve il suo latte al sorso e si leva dai piedi. Mancia per il ragazzino, ovviamente.
La città è molto illuminata, ricorda per certi versi le nottate alla Heaven. Sano ha il dubbio di esserci ancora, dentro la Heaven. Il mondo non gli pare così diverso, è solo un po’ più grande. “Non se ne vedeva la fine”, diceva un pianista osservando il mondo dalla cima della sua nave. Forse aveva ragione. Sano si siede su una panchina, perché l’aria è fresca e vale la pena godersela. Un vecchio signore occupa il posto di fianco, intento a leggersi un giornale, o qualcosa del genere. La vecchiaia a Sano crea una strana sensazione di ostilità, a tratti ribrezzo. Devono essere loro le figure sagge che insegnano i dettami sulla vita. Invece si cresce. Si cresce e si scopre che non cambia niente. A parte la presenza degli ormoni, ed anche quello entro certi limiti. Qualcuno oserebbe dire che la saggezza più grande è votata alla ricerca personale, ma sarebbe spietato. Intere generazioni di bambini che affidano i loro comportamenti e la loro crescita ad eroi ed icone che narrano le proprie gesta con noncuranza. Sano non aveva mai creduto in Babbo Natale, eppure tutti lo prendevano in giro per questo. Poi, crescendo, la cosa da parte degli altri era ovviamente cambiata. Almeno si spera. Sano si chiede come si sentirebbe sua moglie se lui le dicesse di credere in Babbo Natale. Prima prenderebbe la cosa come uno scherzo, poi sentirebbe una lieve irritazione mischiata alla vergogna. Se l’irritazione è naturale nelle persone comuni, quella invece nata per motivi “non comuni”, termine tutto da definire, ti crea una piccola figura da schizofrenico. Questo Sano lo sa perché glielo ha detto qualcuno. Sano lancia un’occhiata al vecchio. Ben vestito, con cappello, bastone ed occhiali da diverse centinaia di migliaia di Yen.
<<Che cosa è solito fare, lei, oltre a venire qui la sera e leggere?>> socializza Sano.
Si gira <<Oh, poco altro. Mi godo la vecchiaia. Lei non pare affatto vecchio, anzi, è ancora piuttosto giovane. E’ per caso in cerca di qualche avventura? Ce ne sono tante di persone, qui in giro.>>
Sano sbuffa. Capisce con che razza di persona si è imbattuto. <<Sono totalmente privo di sorpresa.>>
<<Come scusi?>>
<<Cosa faceva da giovane?>>
<<Ah, tante cose. Un lavoro onesto dopo tanti anni di studio. Un giorno mi misi a girare il mondo, senza badare a ciò che poteva succedere. Mi sentivo libero. Tante città, tante persone e tanti avvenimenti. Ora me la passo con calma tra i piaceri dell’età avanzata. Non sembra, ma ci sono diversi vantaggi nell’essere vecchi. Almeno se si sta bene economicamente.>> scoppia a ridere.
<<Ne sono certo. Lei ha mai ucciso qualcuno?>>
Smette di ridere <<Che razza di domande fai, ragazzino? Certi peccati rimarranno sempre vietati. E ora chiedo scusa, ma ho un appuntamento.>> e si alza.
Ironico pensare che quella ragazzina stesse solo cercando di evadere qualcosa di ben peggiore. Si presenta al fianco del vecchio e lui le mette una mano sulla spalla, poi si incamminano. C’è un attimo in cui gli occhi di Sano e della ragazzina si incrociano. Lei è triste.
A Sano gira la testa. Sente il cuore battergli ed il cervello pulsargli, mentre se ne sta seduto su quella panchina. Stringe forte le mani ed i denti. Gli occhi iniziano a guardare intorno in modo incontrollato. Cosa vuole tutta quella gente che passeggia? Un cenno nervoso gli attraversa la faccia, mentre alza le mani e le apre. Sono piene di tagli e sangue.
Non ricordo altro di quella serata. Capii solo che l’indifferenza ha diversi volti. Io non amavo più la compagnia delle persone, eppure avevo creduto che quell’atto di pietà verso la ragazzina fosse tale. L’avevo solo condannata. Il vecchio, poi. Non so perché gli ho parlato. Mi svegliai il mattino successivo sdraiato in un vicolo. Le mani non erano più insanguinate, anche se il vestito era da buttare. Mi alzai e tornai a casa, felicemente sorpreso della qualità del mio nuovo paio di occhiali.
***Last edited by Dargil; 30 July 2012, 19:57.
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