Io dovrei farcela entro i tempi, in caso sarebbe un problema se postassi stanotte (dopo mezzanotte)?
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Torneo di One Shot 2012
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Il falò dei caduti
Spoiler:Questa shot riguarda il mondo di Berserk, nella fattispecie Gaston, comandante in seconda delle truppe d'assalto della squadra dei falchi, che però nel manga ha un ruolo marginale. Egli infatti non compie nessuna azione degna di nota e si limita a poche battute.
Analizzando la traccia, credo di aver seguito ogni punto richiesto: ho preso un personaggio poco utilizzato, ne ho illustrato i sentimenti e le paure, facendogli compiere uno sviluppo caratteriale grazie ad un piccolo background di mia creazione, sulla traccia di alcune deboli informazioni presenti nel manga (come il fatto che volesse aprire una sartoria).
L'obiettivo finale era quello di legittimarlo come comandante delle truppe d'assalto.
Per aiutarvi a seguire la vicenda, nel caso non abbiate letto l'opera, posso spoilerarvi alcuni passaggi.
Spoiler:Prologo: Grifis è stato imprigionato nelle segrete del castello dopo essere stato scoperto in un atto sessuale con la principessa Charlotte. Il Re, che prova un amore carnale e feticista per la figlia, colmo di rabbia, ordina l'eliminazione dell'intera squadra dei falchi.
Il plotone di Grifis cade così in un'imboscata, ma una parte di esso riesce a salvarsi grazie alla guida della prode Caska.
Gatsu aveva lasciato il gruppo poco prima della caduta di Grifis.
3 anni prima, foresta: Gatsu è appena arrivato nella squadra dei falchi, che al tempo è ancora un semplice gruppo di mercenari.
3 anni dopo: la bevuta nella locanda avviene pochi mesi prima dell'incarcerazione di Grifis.
Epilogo: è il seguito diretto del prologo.
Praticamente, la prima e l'ultima parte sono la storia reggente, mentre tutto il corpo centrale è un enorme flashback a più strati.
Spero che la shot sia di vostro gradimento.
Ne approfitto per dire che da domani sarò via per vacanze, e fino all'11 non sarò a casa. Ergo, spero mi concederete un paio di giorni di proroga per la prossima manche, altrimenti sarò costretto a passare.Last edited by Dragon Slayer; 02 August 2012, 00:10.M'illumino d'immenso.
Shepard
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Un falò. Un mucchio di soldati erano appostati intorno ad esso, per scaldare la propria carne e scacciare le agghiaccianti tenebre della foresta. Un pensiero infantile forse, visto che una simile fonte di luce aumentava le probabilità di essere localizzati da qualche gruppo nemico, ma non si potevano certo biasimare, quei pover'uomini. Cacciati dalla propria terra ed inseguiti da sicari per tutte le Midlands, privati di ogni loro bene dopo aver combattuto strenuamente; questo era ciò che rimaneva della Squadra dei Falchi, un tempo un glorioso esercito che aveva portato a termine imprese ritenute impossibili, ora un branco di mercenari luridi ed affamati, che si leccano le ferite sorseggiando alcool annacquato ripensando ai bei vecchi tempi. I loro occhi erano colmi di paura, la speranza era fallace, la morte dietro l'angolo.
Ma uno sguardo si dissociava dagli altri, era diverso, non meno timoroso o incerto, ma in esso qualcosa brillava. Le pupille seguivano affannosamente la danza delle fiamme, quasi a voler chiedere un ballo, mentre il cuor ardente batteva all'impazzata nel petto. L'uomo fissava le scintille, pensava a tutto ciò che era successo, a tutto ciò che poteva accadere, a ciò che stava vivendo in quell'esatto istante.
La gola era secca, la pessima birra che gli veniva servita non era sufficiente a togliere quella sgradevole sensazione di asciutto, di totale assenza di saliva, ma in compenso ogni poro della pelle grondava fetido sudore, emanando così un pessimo odore. Niente di cui preoccuparsi, non si lavavano da tre settimane e quindi nessuno profumava di fiori di campo; certo, ognuno di loro avrebbe ucciso pur di poter raschiare via quelle croste di fango dai propri stivali, o anche solo per potersi sciacquare in un torrente. Questa era la vita del fuggitivo.
L'uomo stringeva forte i propri pugni, la sua morsa era così stretta che gli procurava dolore. Non poteva più accettare un simile degrado. Per lui. Per i suoi amici. Per il suo comandante.
3 anni prima
Gaston era un buon spadaccino, nonostante la costituzione modesta infatti era uno dei soldati più talentuosi delle truppe d'assalto e in battaglia faceva la sua figura, seppur senza brillare come altri.
Come tutti i mercenari sanno però, non è solo una questione di abilità, ma anche di fortuna. Per lui, apparentemente, la Dea Bendata non sembrava aver portato grazia e doni quel giorno.
(<< Tutta la mia squadra è morta. Maledizione, dovevo prevedere l'imboscata. Ho il sangue di diciotto compagni sulle mie mani, è una sensazione terribile. >>)
Gaston era stato ferito alla gamba da un freccia e colpito al fianco da una mazza, era già tanto che riuscisse a reggersi in piedi e cercava lentamente di raggiungere il campo base per informare i suoi superiori dell'accaduto. Il suo gruppo era stato incaricato di assaltare un piccolo avamposto nemico per interrompere il flusso di comunicazioni con la legione madre; considerato il supporto delle altre squadre poste in diversi punti strategici, il campo di battaglia era favorevole ad un'infiltrazione, essendo circondato da un fitto bosco che ne rendeva difficile il pattugliamento.
Qualcosa però andò storto, una delle truppe venne scoperta e questo obbligò Gaston a dare la carica, affrontando i nemici in palese svantaggio numerico. Con l'effetto a sorpresa questo gap non avrebbe inciso eccessivamente, ma purtroppo non tutto andò secondo i piani.
Lui ne uscì miracolosamente vivo, sfuggendo alle grinfie nemiche e salvandosi la pelle, questo suo gesto però costò la vita di tutti i suoi sottoposti, provocandogli un forte senso di frustrazione e rimorso.
Tutto ad un tratto, delle frecce si conficcarono su un tronco adiacente a lui e lo costrinsero a mettersi al riparo.
Era una squadra di ricognizione, che lo aveva scovato e aveva il compito di catturarlo per scoprire la posizione della sua base, oppure ucciderlo. Erano solo quattro uomini, ma Gaston non era certo nelle condizioni di fronteggiarli apertamente.
<< Sappiamo che sei qui, esci allo scoperto e forse avrai salva la vita. >>
Gaston non si fece pregare e, dopo aver aggirato furtivamente la vegetazione, infilzò con la sua lama uno dei soldati.
<< Bastardo! >> gridò un nemico, che scagliò una freccia con la sua balestra. Gaston riuscì a bloccarla utilizzando il corpo dell'uomo appena ucciso, e poi caricò lanciando il cadavere verso un balestriere, mentre l'altro ancora doveva ricaricare il colpo, ammazzandoli entrambi con dei fendenti. L'ultimo però lo sorprese alle spalle procurandogli una ferita superficiale alla schiena e buttandolo al suolo. Il nemico puntò la spada sulla testa del protagonista e avviò il colpo, ma Gaston gli lanciò un sasso trovato per terra colpendolo dritto sul naso, sgozzandolo successivamente con un pugnale.
<< Sapevo che questi inetti sarebbero morti. >> disse una voce possente proveniente dal sentiero. Era un bestione corazzato, come minimo pesava 150 kg e maneggiava una mazza che avrebbe potuto sfondare il cranio di un bufalo.
Gaston deglutì mentre le mani tremanti faticavano a reggere la spada appena raccolta, sapeva di non avere nessuna possibilità. Ma non aveva alternative.
(<< O la va, o la spacca. >>) e caricò un colpo, che però venne facilmente intercettato dall'enorme arma nemica, mandando in frantumi quella del soldato dei falchi.
<< Ed ora muori! >>
Gaston, seduto a terra ed immobilizzato dalla paura, chiuse gli occhi ed attese la tragica capitolazione, sperando che non fosse così dolorosa.
Pochi secondi dopo, avvertendo un pesante tonfo, aprì gli occhi. Dinnanzi a lui c'era un enorme spadone, dal quale penzolava l'intestino del colosso nemico.
<< Mi manda Grifis. Ci sono altri sopravvissuti oltre a te? >>
Gaston era scosso, tentava di aprire bocca ma le parole venivano soffocate prima di prendere forma.
Il suo interlocutore perse presto la pazienza e disse seccato << Vuoi parlare o no cazzo? C'è qualcun altro vivo? >>
<< Sig-signore, temo di essere l'unico. >>
Gaston l'aveva riconosciuto. Era il nuovo arrivo nella squadra dei falchi, l'uomo che aveva battuto Caska e fatto sanguinare Grifis. Nonostante i successi in battaglia, egli doveva ancora guadagnarsi tutta la fiducia del gruppo, soprattutto a causa del suo carattere burbero e solitario.
<< Un'altra cosa. Quanti nemici sono rimasti nell'avamposto? >>
<< Non saprei... penso una dozzina o poco più. >>
<< Solo dodici? Sarà un gioco da ragazzi. Tu torna dagli altri. >>
Gatsu cominciò a correre verso l'obiettivo, mentre Gaston lo osservava allontanarsi con sguardo di profonda ammirazione.
Poi si rialzò e riprese a camminare, dolorante in diverse parti del corpo ma vivo. Nel tragitto incontrò una squadra di soccorso. Dovevano arrivare insieme a Gatsu, ma quest'ultimo li aveva lasciati indietro.
A quanto pare invece la Dea Bendata aveva un debole per lui.
3 giorni dopo, la sera
Grifis e la sua armata avevano nuovamente vinto. Come di consuetudine dopo ogni battaglia, i soldati bevevano come spugne e festeggiavano le loro imprese.
Un uomo però preferiva starsene per conto suo, a riflettere sul suo presente. Non era una persona propriamente timida, semplicemente era pessimo nelle relazioni sociali, e preferiva agitare la spada piuttosto che negoziare. Gaston, tra un boccale e l'altro, lo vide e andò a parlargli, camminando in modo bislacco.
<< Tu... /singhiozzò/ sei quello che mi ha salvato il culo. >>
<< E tu chi diavolo saresti? >> disse Gatsu un po' sorpreso.
<< Chi? Ah, io mi chiamo Gaston. Sa, l'altro giorno quel tizio stava per uccidermi nella foresta, ma lei lo ha aperto in due. >>
<< Non l'ho fatto per mia scelta, me l'ha ordinato Grifis. E comunque, mi hai mentito. >>
<< Come? Non ho fatto niente, lo giuro! >>
<< Mi avevi detto che erano dodici. Invece erano una ventina. >>
<< Oh, io... mi dispiace, ero nella merda, ci stavano ammazzando e >>
<< Non preoccuparti, / lo interruppe Gatsu / è stato più divertente. >>
Gaston rise in modo parecchio strambo e poi disse << Lei è una forza. Spero che combatteremo insieme! Vuole bere qualcosa con noi? >>
<< No grazie, preferisco ammirare la stellata. Magari un'altra volta. >>
Gaston se ne andò, e poco dopo Gatsu accennò ad sorriso.
(<< Dicevi che avrei trovato un posto in questa famiglia, eh Judo? Chissà... >>)
Più passavano gli anni, più la squadra dei falchi macinava vittorie, rendendo la figura come condottiero di Grifis sempre più splendente.
Ciò non sarebbe stato possibile però senza l'aiuto di alcuni elementi fondamentali, tra i quali spiccava il nuovo comandante delle truppe d'assalto, Gatsu.
Nelle sue schiere c'erano parecchi uomini capaci, forti e aitanti. Quando Gatsu dovette scegliere il suo secondo in comando però, valutò altre opzioni. Lui era di gran lunga il più forte tra i sottoposti del Falco, non aveva certo bisogno di una spalla davvero abile, piuttosto di una persona di cui potersi fidare.
Gaston era divenuto uno dei suoi migliori amici, insieme avevano affrontato tanti nemici, versato molto sangue e condiviso preziosi trionfi. Non fu una sorpresa quindi che egli divenne il suo vice. In realtà perfino Gaston stesso non era convinto di esserne all'altezza, in battaglia se la cavava ma non era certamente tra i migliori, né aveva il carattere per imporsi come leader. Apprezzava però la fiducia che Gatsu aveva riposto in lui e per questo motivo accettò la carica.Last edited by Dragon Slayer; 01 August 2012, 23:56.M'illumino d'immenso.
Shepard
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Un'altra notte, un altro falò...
Gatsu, Gaston ed altri membri dei falchi erano seduti intorno a quelle fiamme, bevendo, mangiando e scherzando.
<< E così quella pollastra ti ha rifiutato, fai davvero pena con le donne. >> disse Molith, uno dei soldati ridendo a crepapelle.
<< Ma stai zitto Molith, che tu vai solo avanti a seghe, /rispose di tutto getto il diretto interessato/ e comunque in futuro ci riproverò. Ha detto che non vuole solo perché sono un semplice mercenario, ma se diventassi un ufficiale potrebbe cambiare idea. >>
<< Sempre che tu non venga ammazzato prima. >> disse Gatsu punzecchiandolo.
<< Comandante, non sia così tragico! /intervenne Gaston/ nemmeno all'inferno vorrebbero tenersi Nikol, e comunque ora che diventa un sergente faccio in tempo io a sposarmela, quella Melanie[la donna in questione Ndr] >>
I mercenari scoppiarono in una risata di gruppo mentre il povero bersagliato li malediva.
<< Tu invece dicevi che volevi aprire un negozio di vestiti a Windham, sbaglio Gaston? >> disse Gatsu
<< Corretto, comandante. Le sembrerà strano, ma me ne intendo abbastanza di abiti,cucitura e via dicendo. Mia madre mi ha insegnato ogni segreto della tessitura. >>
<< Ad essere sincero però, non credo che tu abbia la faccia da mercante. >>
<< Che carino, perché non mi fai un bel maglione di lana tesorino? >> disse Molith prendendolo in giro, intervento però che gli costò un bel ceffone sulla nuca pelata da parte dei vicini.
<< Ma dimmi, Gaston... hai forse capito che la vita da mercenario non fa per te? >> disse Gatsu, con tono molto più serio.
<< Comandante. Non rimpiangerò mai di essermi unito alla squadra dei falchi. Questa è la mia famiglia, e tutta la mia fedeltà è posta in lei e in Grifis. Però sa, non posso combattere per sempre, e se questa guerra mai finirà non mi dispiacerebbe sistemarmi, trovare moglie, avere dei figli... >>
<< Basta che quella moglie non sia Melanie. >> disse sarcasticamente Nikol
<< E lei, comandante? Non ha qualche sogno nel cassetto? >>
Domanda bomba. Gatsu era così impegnato ad affettare e menare fendenti che non aveva mai ragionato seriamente sul suo futuro.
Rimase in silenzio per un minuto buono, cercando una risposta valida. Nonostante tutta la baldoria, la musica, che circondava il falò, i soldati vicino a lui rimasero in religioso silenzio. Era molto rispettato.
<< Penso che aiutare Grifis a realizzare il suo sogno possa bastare per ora. >>
Tornando al falò iniziale...
<< Amici. >> Gaston cercò di richiamare l'attenzione di tutti. << Qui è il comandante delle truppe d'assalto che vi parla. >> Tentennava vistosamente. Era imbarazzato, aveva la gola secca come un deserto, non sapeva cosa dire.
(<< Comandante, lei ha risposto la sua fiducia in me... non posso deluderla ora. >>)
<< So che questi sono stati mesi difficili. Ci hanno cacciato come criminali, ci hanno traditi, pugnalati alle spalle come vigliacchi, privandoci del nostro onore e delle nostre conquiste.
Non è giusto. Tutti noi abbiamo sudato per guadagnarci quello che avevamo. Siamo partiti mangiando tozzi di pane ammuffiti, e siamo arrivati a gustarci i prelibati banchetti del castello reale. Ma abbiamo combattuto per questo, lo abbiamo fatto duramente.
Abbiamo visto i nostri amici cadere dinnanzi ai nostri occhi. Abbiamo sfiorato più volte la morte, ce la siamo vista brutte più volte, abbiamo perfino visto mostri come Zodd...
Ma non ci siamo mai arresi. >>
Tutti i mercenari, perfino i più affranti, ascoltavano emozionati il discorso del timido Gaston.
<< Io... dai, non me la cavo bene con i discorsi. Mi dicono che non ho la stoffa del mercante, ed è vero. Ma io quella fottuta sartoria la volevo aprire! Ed ognuno di voi aveva qualcosa che gli è stato sottratto. Io non ci sto! Abbiamo sempre imparato che la vita è una grossa e grassa puttana, sempre pronta a fregarti ogni moneta che possiedi e a spingerti in un mare di letame.
Non so voi, ma io quando cado nella merda mi rialzo e vado a lavarmi, non ci rimango dentro a sguazzare. Lo so che siamo tornati a mangiare quel pane schifoso e quella pessima birra, ma non possiamo arrenderci così. >>
Gaston effettivamente non era un granché come oratore. Inizialmente era partito bene, ma cadde subito nella volgarità da mercenario. Gaston si lamentò, bestemmiò, lanciò insulti pesanti verso il Re e tutta la sua cricca.
Ben presto a lui si aggiunsero altri suoi compagni, ed altri ancora, fino a quando tutti non si alzarono e cominciarono a gridare.
Caska guardava la scena compiaciuta, aveva lavorato duro per tenere saldo il gruppo e questa era la prima reazione vitale che dimostravano dopo tanto tempo.
<< Noi ci riprenderemo tutto quello che abbiamo perso. Quella faccia di culo del re non ha il diritto di trattarci così. Noi ci riprenderemo Grifis. Lui ci ha dato un scopo, ci ha tenuto uniti contro ogni avversità La Squadra dei Falchi rinascerà, e se sarà necessario, conquisteremo il regno delle Midlands con la forza! >>
“Prendiamoli a calci in culo!”
“Ben detto”
“Voglio una birra vera, basta con questo piscio caldo”
Gaston ce l'aveva fatta. Aveva aizzato i suoi compagni, aveva dato loro una ragione per lottare e sopravvivere.
Non era un bravo oratore, decisamente no. Però disse quelle cose con il cuore. Sentimenti condivisi da tutti, che nessuno aveva il coraggio di esprimere deliberatamente.
Fu una bolgia, tutti sembravano rinati e per una notte si dimenticarono delle pietose circostanze in cui navigavano. Era una magia destinata a spezzarsi in breve tempo, ma era valsa la pena di lottare anche solo per quei momenti preziosi.
Quella sera, per la prima volta si sentì davvero il comandante delle truppe d'assalto.
All'alba
Gaston si svegliò frastornato, aveva dormito poco. Fece una breve passeggiata all'interno dell'accampamento per verificare che tutto fosse al suo posto, quando una persona si avvicinò a lui.
<< Bel discorso ieri sera. >>
<< Oh, buongiorno Judo! Ti ringrazio, è stato piuttosto imbarazzante, però devo dire che ora mi sento meglio, mal di testa a parte... >>
<< Il tuo comandante sarebbe fiero di te. >>
<< Me lo auguro. Sai... se mai tornasse, sarei pronto a ridargli immediatamente il comando. Non fa proprio per me. Però i miei compagni ne hanno bisogno e non mi tirerò indietro. >>
<< Quando tutto questo sarà finito, dovrai fare un bel vestito da dama per Caska. Ha fatto tanto per noi, dovremmo esserle riconoscenti. E poi conosco una certa persona a cui farebbe piacere vederla con quel look... >> sghignazzò Judo.
<< Ne sarò ben lieto, sarà l'abito da damigella più bello del mondo. >>Last edited by Dragon Slayer; 01 August 2012, 23:57.M'illumino d'immenso.
Shepard
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Visto che sono generoso concedo,se anche agli altri giudici và bene è ovvio, a due giorni di proroga per concludere le one-shot ergo la data di scadenza è domani,il 3 agostoLa mia prima FF!http://gamesurf.tiscali.it/forum/showthread.php?t=89182
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Premessa: ho pensato molto a quale personaggio far compiere la rivalsa ed ero stufo dei soliti personaggi di DB poi ho improvvisamente avuto l'illuminazione.
Introdurmi nel mondo di Detective Conan e utilizzare il personaggio più imbranato e tontolone del manga: l'Ispettore Yamamura.
Così è nata questa fanfic.
Potrebbero presentarsi elementi che non sono capibili da chi non conosce l'universo del piccolo detective occhialuto quindi se avete dei dubbi o volete chiarimenti chiedete pure.
Buona Lettura. Spero che il ritardo mi abbia fatto scrivere il mio capolavoro
Caos a Tottori
"Hai trovato informazioni sugli uomini in nero?" chiese il ragazzino occhialuto alla bambina dai capelli castano chiaro seduta davanti al PC.
"Non ancora, Conan. Non è così facile come sembra. Di sicuro non si fanno trovare così semplicemente. Ci vorrebbe un gran bel colpo di fortuna" rispose Ai Haibara che continuava a smanettare col computer fisso.
Il piccolo detective capì che la ragazza aveva ragione. L'ultimo contatto avuto con gli uomini in nero risaliva al caso del centro commerciale dov’ era comparso anche quell'Akai con la cicatrice. Possibile che riuscissero sempre a sfuggire ai loro tentativi d'arresto?
Mentre faceva queste riflessioni il telefono della casa del professore squillò.
"Pronto?" disse Conan nell'apparecchio.
"Ah,moccioso. Mi aspettavo di trovarti qui!" rispose la voce dall'altro capo.
"Sei tu, Goro! Come mai telefoni a casa del professore? Ho un cellulare anche io, dovresti saperlo" rispose il piccolo Conan.
"CERTO CHE LO SO! Peccato che tu non abbia risposto neanche una volta!" urlò il detective privato costringendo il bambino occhialuto ad allontanare il ricevitore dall'orecchio.
Conan raggiunse il cellulare poggiato sul tavolo della cucina. Vide chiaramente che vi erano due chiamate non risposte. Molto probabilmente era stato così impegnato a rimuginare sugli uomini in nero da non aver sentito gli squilli
"Scusa, zietto. Eheheh. Evidentemente stavo..." tentò di giustificarsi l'ex liceale.
"Beh, non importa. Volevo solo comunicarti che se dovessi tornare a casa non troveresti nessuno. Ran è a fare la spesa e io sono stato contattato dalla polizia per un caso." rispose freddamente Goro.
Ai premette un pulsante sulla base del telefono attivando così il vivavoce. Anche il professore aveva spento la fiamma ossidrica per ascoltare, incuriosito.
"Un caso? Che genere di caso?" chiese Conan, altrettanto curioso.
"Non sono affari tuoi, piccola peste! Possibile che ti devi sempre immischiare nei miei casi?" rispose l'uomo arrabbiato.
"Ma se te li ho risolti quasi tutti io!" pensò Conan, stizzito
"Comunque, è successo un brutto incidente a Tottori" disse il signor Mori
Ai si alzò di scatto dalla sedia, rovesciandola al suolo. Agasa fece cadere la fiamma ossidrica che provocò una piccola crepa sul pavimento.
Tottori. Quel nome per loro aveva un chiaro e preciso significato. Shinichi ricordava perfettamente "Nanatsu No Ko" e tutto ciò collegato a quel quartiere.
"Ma, ora che ci penso, perchè la polizia ti contatta?" chiese il piccolo cercando di non far tremare la sua voce.
"In questo momento tutti gli agenti sono impegnati di qua e di là per casi diversi. Pensano che due occhi in più non guastino. Di più non so!" rispose il baffuto detective.
"ASPETTAMI LI' GORO, VENGO ANCHE IO!" disse Conan mollando il ricevitore e correndo difilato fuori dalla porta, seguito a ruota dalla scienziatina.
"NON CI PENSARE MINIMAMENTE. TU RESTI DA....CONAN? CONAN?" urlò Goro.
Agasa afferrò il telefono, imbarazzato.
"Sono partiti. Che ci vuole fare? Sono bambini" disse sorridendo il canuto professore.
Goro abbassò il telefono con uno sbuffo. Perchè doveva sempre averlo tra i piedi?
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"Pensi che c'entrino gli uomini in nero?" chiese sussurrando Conan alla bambina castana.
"Non lo so, però finalmente abbiamo l'occasione di perlustrare Tottori. Comunque credo che quei criminali siano cauti e non causino niente in quella zona per evitare attenzioni indesiderate sul loro Boss." rispose altrettanto a bassa voce la scienzatina nella macchina del detective.
"Insomma,la smettete di bisbigliare? Mi date un fastidio enorme!" esclamò Mori fermandosi davanti alla stazione di polizia di Beika.
L'espressione che si formò sui volti dei due bambini fu -.-"
Il detective aprì la porta della vettura e scese seguito a ruota dai due ex-diciassettenni.
Goro chiuse l’automobile con la chiave elettronica.
“Eccoci,ora sapremo tutti i dettagli” disse mugugnando Goro.
Non riusciva a tollerare la presenza di quelle due piccole pesti che lo seguivano.
“Oh buongiorno detective Goro” disse una voce davanti a loro,una volta entrati dentro l’edificio.
“Buongiorno,ispettore Megure” disse il detective notando il panzuto poliziotto venire verso di lui.
“La situazione è critica come potete capire... ci sono diversi casi in questo periodo e tutti i poliziotti sono impegnati. Pure io sono costretto a rimanere in centrale. Quindi ho dovuto per forza chiamare un detective, un agente e l’unico ispettore che era libero.
“Mi scusi, ispettore Megure...” incominciò a chiedere Conan
“Ah, ci sei anche tu Conan? E c’è anche Ai!” disse un po’ imbronciato l’ispettore.
Anche lui non vedeva di buon grado la partecipazione, di quelli che lui credeva bimbi, a tutti i casi.
“Buongiorno ispettore!” disse sorridendo Ai, un po’ imbarazzato.
“Come mai ha contattato Goro che abita a Beika quando il caso è avvenuto a Tottori che è tutta un'altra prefettura?” chiese l’occhialuto.
“Il morto è stato identificato come uno proveniente proprio da Beika Town” rispose l’ispettore.
Lo sguardo di Conan ed Ai ebbe un guizzo improvviso.
“D’ accordo, andremo fino a Tottori” disse risoluto Kogoro. “Potremo essere utili per vedere cosa ci faceva il morto in un posto così lontano. Chi ci accompagnerà?” continuò il baffuto.
“Saaaalve a tutti!” esclamò una voce allegra dietro di loro.
Conan fu il primo a girarsi e il suo sguardo passò da felice a sfiduciato.
“Oh no! LUI no!” pensò il detective bambino.
Davanti ai loro occhi c’era il redivivo ispettore Yamamura con sempre lo sguardo allegro e la faccia tonta.
“Ma lui non dovrebbe essere a Gunma?” chiese Kogoro
“Non posso perdermi un caso del detective dormiente. Posso tranquillamente lasciare ad altri il mio lavoro a Gunma” rispose sorridendo Misao.
“Come se ne avessi tanto…” pensò Conan.
Ai ridacchiò. ricevendosi uno sguardo truce dall’occhialuto.
“Scusa Conan ma la situazione è veramente comica. Avrai due tonti al prezzo di uno.” Disse Shiho sempre pronta a prendere in giro Shinichi.
Poco dopo i quattro salirono sulla macchina del detective e partirono per Tottori.
L’ansia dei due ex liceali era lampante. Non vedevano l’ora di scoprire cosa era successo.
Il viaggio fu abbastanza lungo o almeno così sembrò agli occupanti della vettura. Però anche quel supplizio finì e i quattro arrivarono alla loro destinazione riconoscibile per il blocco della polizia.
“Fermi,non potete passare” disse un giovane agente ai quattro nella vettura.
“Sono il detective Goro Mori accompagnato dall’ispettore Yamamura” rispose diplomaticamente l’uomo baffuto.
“QUEL Goro Mori? Il detective in trance?” chiese emozionato l’agente.
“Sì,esatto. Sono proprio io! L’unico e imbattibile” rispose Mori pompandosi enormemente come tutte le volte che qualcuno lo riconosceva.
Ai emise di nuovo una risatina mentre Conan si sbatteva il palmo della mano sul volto nell’espressione conosciuta come facepalm.
“Ma perché deve sempre gasarsi?” pensò Conan.
Ormai però non si stupiva più del comportamento del “private eye”.
“Quindi siete il supporto mandato dal Tokyo Metropolitan Police District” continuò il ragazzotto magro. “Ma chi sarebbe il vostro compagno? L’ispettore Yatasura?”
“YAMAMURA! Un mitico ispettore che ha risolto una serie incredibile di casi. Come potete non conoscermi?” Misao si infervorò tirando fuori il badge.
“D’accordo, mi scusi tanto. Ispettore Yattura” terminò l’agente aprendo loro la strada dopo che erano scesi dalla macchina.
“YAMAMURAAAAAA!” urlò indispettito l’ispettore.
“Scusi,scusi tantissimo. Io sono l’agente Hakata se volete saperlo” disse il ragazzotto imbarazzato.
“Allora, dov’è il morto?” chiese Yamamura appena superate le linee gialle.
“Suvvia, ispettore. Non ci metta tutto questo entusiasmo!” rispose Goro un po’ indispettito.
Ma le loro voci si bloccarono. La scena che si estendeva davanti ai loro occhi era orrenda.
Una city car bianca era sfracellata contro un muro, quasi completamente distrutta. Un uomo era riverso sul volante con la testa che colava sangue e che aveva riempito di liquido ematico il volante e i tappetini che presentavano vistose gocce rosse.
Più avanti nella strada vi era un camion...o quello che ne restava.
La vettura era completamente carbonizzata e una carcassa bruciacchiata era tutto ciò che rimaneva di quello che un tempo era stato un camion per il trasporto di petrolio.
L’autista era solo un cumulo di cenere.
Conan e i suoi compagni erano ormai abituati a scene di questo tipo e quindi non rimasero troppo traumatizzati da quello che videro.
“Come è potuto succedere?” chiese Kogoro all’agente Hakata che era rimasto silenzioso al suo fianco.
“Vi abbiamo chiamato proprio per scoprirlo,no?” rispose una voce rude dietro di loro.
Il gruppetto si voltò e incontrò il volto burbero di Chosuke Takagi.
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“L’uomo nella macchina si chiamava Hideko Kawasagi e come risulta dalla sua patente e da un controllo incrociato proveniva da Beika. L’uomo nel camion..beh... solo le entità astrali sanno chi è ormai.” Disse con voce seria l’ispettore di Tottori.
“Oh, Chosuke. Da quanto tempo…” disse Conan al poliziotto.
“Lo conosci?” chiese Goro sospettoso.
“Aiutò Takagi e Sato in un caso un po’ di tempo fa…e c’eravamo io e Ai”
“Sempre in giro,tu?” brontolò il detective di Beika
“Eheheheehehh” ridacchiò il piccolo occhialuto.
“Pss, Conan! Vedo il luccichio nei tuoi occhi ma...a noi solo una cosa interessa a Tottori e a me questo caso sembra un normalissimo inci....” Sussurrò la castana nell’orecchio di Shinichi.
Il ragazzo aveva notato qualcosa che luccicava sotto la luce del sole.
Conan lasciò Ai a metà frase e scavalcò la staccionata di una casa per raggiungere il cespuglio da cui proveniva il luccichio.
Il bambino sollevò l’oggetto con le dita e rimase senza fiato. Era un bossolo…
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“Conan, la smetti di andartene in giro? Non puoi fare violazione di proprietà privata. E quello COSA DIAVOLO E’? “ Goro era sbigottito alla vista di quello che quella piccola peste era riuscito a trovare anche questa volta.
“Ma quello è un bossolo!” disse con sbigottimento Misao Yamamura.
“Ma davvero?” chiese ironicamente Kogoro.
“Comunque non c’è da stupirsi. Magari qualcuno si stava esercitando a sparare alle lattine e quindi ha lasciato un bossolo qui” continuò il detective.
Takagi,Conan e Ai non erano del tutto convinti e stavano meditando su cosa significasse quel bossolo.
“Ma sì,certamente! Qualcuno si stava divertendo a sparare verso la strada e ha centrato in pieno il camion,facendolo esplodere. Anche io a volte sparo agli uccelli dal giardino di casa mia. Ahahahahah” esclamò Yamamura divertito.
Un lampo balenò nella mente dei presenti.
“E’ il ragionamento più stupido che ho mai sentito ma sembra che il tonto abbia ragione! Qualcuno ha sparato al camion per farlo sparire dalla circolazione per sempre. Mi sembra logico visto che è un camion di petrolio. Kawasagi passava di lì per caso e per evitare l’esplosione ha frenato bruscamente a velocità elevata perdendo il controllo e schiantandosi contro il muretto morendo sul colpo. E bravo Yamamura” pensò Conan comunicando subito dopo il frutto delle sue deduzioni ad Ai e Goro.
“A questo punto non è più un semplice incidente” esclamò Takagi.
“Il bossolo prova che questo è un omicidio premeditato” continuò con aria risoluta il rude Chosuke.
Nella mente dei due ex-liceali passò un solo ed unico pensiero. Un omicidio premeditato a Tottori poteva significare solo una cosa: la mano degli uomini in nero.
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“E’ ovvio,direi! Il camionista è morto senza lasciare nessuna traccia di se,in un esplosione. La sua identità in questo momento ci rimarrà per sempre ignota. Probabilmente era qualche piccolo criminale al loro servizio che hanno pensato bene di far fuori in questo modo, plateale ma adatto per far sparire per sempre qualsiasi traccia di identificazione del corpo” bisbigliò Ai a Conan che annuì.
“Però non sono del tutto sicuro che Kawasagi sia solo un inconsapevole pedone capitato per caso. Se le cose non fossero andato come previsto…”
“Avrebbe visto tutto!” gridò Yamamura.
“Cosa?” chiese Conan spaesato dato che non aveva più ascoltato l’ispettore tontolone.
“Ho detto che è un peccato che Kawasagi sia morto perché sennò avrebbe visto tutto. Magari l’hanno eliminato per fare un dispetto alla polizia. Pensa te. Cattivoni che sono” affermò Misao sorridendo.
“Ma Ma…-.-“! E’ di nuovo un ragionamento completamente idiota ma fondamentalmente ha ragione. Silenziare un testimone è fin troppo facile. Devo solo controllare che...”
Conan corse verso la city car e guardò il terreno attorno mentre Goro cercava di trattenerlo per il bavero.
“Goro, guarda. Non ci sono segni di frenata!” disse il bambino mentre riceveva un pugno in testa dal detective.
“Beh, a volte anche a me si guastano i freni. E’ una cosa che capita a tutti,non trovate?” Le chiacchiere ingenue di Yamamura avevano fatto di nuovo centro.
“Oggi è la tua grande rivalse, tontolone” pensò la scienziatina castana.
Chosuke chiese ad Hakata di controllare i fili dei freni della vettura. Erano rotti.
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“Non ha frenato affatto. L’omicidio premeditato è doppio.”
Questa scoperta, stimolata dalla frase di Yamamura, lasciò sbigottiti i presenti.
“Si sono sbarazzati di entrambi in un colpo solo.” Conan aveva i brividi di fronte alla freddezza di quegli uomini.
“Takagi, ha già mandato qualcuno dei suoi uomini dentro la casa nel quale giardino è stato ritrovato il bossolo?” chiese l’occhialuto.
“Sì,certo,piccolo. La casa è disabitata. Anche controllando i registri catastali siamo giunti alla stessa conclusione.” Rispose Chosuke accarezzando il moro sulla testa.
“Quindi chi ha sparato e ha fatto esplodere il camion non abitava lì…”
“No, senza dubbio no.”
“Ispettore,venga. Abbiamo dei testimoni.” Disse un agente barbuto che veniva correndo dalla parte opposta della strada.
“Dei…testimoni?” Goro si stupì che qualcuno avesse visto ciò che era successo.
Tre diverse persone vennero portate davanti agli occhi del gruppetto.
Ai strabuzzo le palpebre mentre il cuore palpitava e tutti i suoi neuroni si accendevano.
“Co...co…nan! Il mio sesto senso si è acceso. Tra quei tre c’è uno degli uomini in nero.
“COOOSA????” Conan si sistemò gli occhiali. Li aveva incontrati di nuovo.
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“D’accordo. Siamo di nuovo alla resa dei conti!” Conan stavolta non aveva la minima intenzione di far scappare quei criminali.
“Tre testimoni! Ora sì che si ragiona!” A Yamamura luccicavano gli occhi. Adorava fare interrogatori.
I tre testimoni erano una giovane donna sui venti-venticinque anni dai capelli biondissimi e un paio di penetranti occhi verdi, un signore serioso dai capelli neri,lunghi,naso aquilino e torvi occhi grigi e un paffuto uomo sorridente,con corti capelli ricci e castani e occhi neri
A prima vista erano delle persone normalissime ma Conan sapeva che il sesto senso di Ai non sbagliava mai e tra quei tre doveva per forza esserci una delle loro vecchie conoscenze.
Yamamura tirò fuori il taccuino e incominciò ad interrogare i tre.
“Allora signorina,come si chiama lei?” chiese sospettoso Yamamura alla ragazza.
Conan scosse la testa. Era quello il modo di condurre un interrogatorio?
“Pff...lei ha proprio la faccia da idiota,lo sa?” disse sarcasticamente la giovane fanciulla.
“Come si permette? Io sono un poliziotto serio!” rispose piccato Yamamura.
“Ok,stiamo toccando il fondo. Oggi hai avuto delle ottime intuizioni per quanto non te ne sia accorto nemmeno tu ma adesso dire che sei un poliziotto serio…” pensò Conan, costernato.
“Comunque sono Akiko Kitamura, se lo metta bene in testa!” rispose con un fruscio di capelli la bella ed avvenente ragazza.
Ai si fece avanti.
“Ha visto qualcosa di strano qua intorno? Qualcosa riguardo all’incidente? O qualche criminale,magari?” Il sorrisetto della scienziatina era beffardo.
Akiko fulminò con uno sguardo la bimba.
“Io non ho visto assolutamente nulla. Sei una piccola illusa,bimba, se pensi che una ragazza come me se ne stia tutto il giorno in questo quartiere anonimo. Sono andata nelle boutique d’alta moda a Tokyo e sono appena tornata. Non so niente di nessun incidente.”
Ai le avrebbe volentieri tirato un pugno sul suo bel nasino ma si trattenne.
“Veramente lei è stata portata qua in qualità di testimone...non ci menta.” Yamamura aveva lo sguardo che brillava.
“Beh,in realtà ho visto qualcosa ma non ho assistito al vero e proprio incidente. Comunque, mentre tornavo qua verso le 13:15,ho visto una grande nuvola di fumo e un boato provenire da questa strada ma non ci ho fatto molto caso. Pensavo fosse esploso un barbecue.” La ragazza aveva sempre in faccia un espressione sdegnosa mentre rispondeva alle domande. Ai capì che da questo momento la odiava visceralmente.
“Dopo sono andata casa,ho mangiato e sono ripartita per il centro di Tokyo con la mia macchina alle 13:45 o giù di lì.”
“Quando è avvenuto l’incidente?” chiese Conan a Chosuke Takagi che ascoltava in silenzio Yamamura che gli aveva “rubato” il lavoro.
“La signorina è coerente. Dal corpo di Kawasagi emerge che l’incidente è avvenuto proprio verso le 13, 13:30 minuto più,minuto meno.
“Dove abita lei,signorina?”
Le lunghe dita smaltate di Akiko si tesero per indicare un punto alla loro destra.
“La mia casa non si può vedere da qua quindi è ragionevole che io non sapessi nulla dell’incidente. Però ho sentito benissimo le sirene della polizia e così ho deciso di buttare un occhiata appena avessi avuto un momento libero” Akiko rispose con la classica voce fredda.
“MOLTO MALE,SIGNORINA. LEI DOVEVA SUBITO VENIRE DA NOI POLIZIOTTI” Yamamura aveva preso la sua classica foga.
Conan notò la presenza di una telecamera in fondo alla strada.
“Mi scusi, vedo che ci sono delle videocamere che controllano le strade.”
“Esatto, servono ad evitare furti. Ultimamente ce ne sono stati parecchi.” Rispose l’ispettore Takagi.
“Avete recuperato i nastri?” chiese Conan mantenendo l’atteggiamento da bambino curioso.
“Sì,piccolo. E’ vero,me n’ero dimenticato. Purtroppo non ce n’è nessuna sulla questa strada dov’è avvenuta l’esplosione ma nei nastri possiamo vedere la morte del signor Kawasagi che è avvenuta appunto in quella stradetta laterale.”
Il poliziotto premette un pulsante sul telecomando e nel monitor davanti ai loro occhi i due rivissero il drammatico schianto dell’uomo.
Non si vedeva niente di strano. L’uomo aveva tentato di frenare ma con i freni tagliati era finito per andare a schiantarsi contro il muretto.
Takagi cambiò registrazione. Anche nella strada dove stava la signorina Kitamura vi era una telecamera e questa riprendeva i suoi movimenti con la macchina proprio come erano stati descritti. Conan però sapeva benissimo che ciò non significava nulla. Infatti l’assenza di telecamere nella strada in cui loro si trovavano poteva benissimo celare ai loro occhi il viaggio della signorina presso il giardino della casa alle loro spalle e i suoi colpi di pistola verso il camion.
Le riprese delle telecamera non permettevano di garantire che fosse veramente lei a guidare la vettura.
La vettura!
A Conan saltò subito all’occhio la macchina di Miss Kitamura.
Una city car. Bianca.
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“Le macchine sono incredibilmente uguali. Può aver rubato la macchina del signor Kawasagi verso le 12:45 ed essersi diretta alla sua abitazione per sostituirla con una macchina identica con i freni tagliati. Dopodiché l’ha riportata indietro e nelle riprese all’ora dell’incidente lei guida la city car originale di Kawasagi” Conan illustrò velocemente la sua teoria mentre Takagi lo ascoltava stupito dalla prontezza mentale di quel bambino di 7 anni.
“Ottima teoria,Conan. Ma ricordiamoci che Kawasagi era di Beika e la signorina Kitamura ha sempre vissuto a Tottori. Le probabilità che abbiano due vetture uguali aumentano”
“E che quindi possa averle sostituite”
“Sì ma non è l’unica possibilità…”
“No però è sospetto!”
Yamamura intanto aveva incominciato ad interrogare il secondo testimone lanciando occhiate sospettose all’impassibile signorina.
Il secondo sospettato si chiamava Okubo Tashika e disse di non abitare a Tottori ma di essere venuto lì per affari.
“Affari...che tipo di affari?” chiese Ai.
“Compravendita. Sono un venditore,bambina.” Rispose il signore.
“Sa qualcosa di criminali che abitano in questa zona?” chiese con viso angelico Shiho
“No, assolutamente. Mentre rientravo ho visto la macchina del signor Kawasagi contro il muretto e ho cercato di vedere se potevo fare qualcosa ma mi sono accorto ben presto che era troppo tardi e ho deciso di allontanarmi e di non toccare niente per non essere d’intralcio alla polizia. Adesso che siete arrivati mi sono presentato per farmi interrogare. Non conoscevo la vittima. Sono originario di Osaka. So il suo nome perché non è la prima volta che si presentava qua in questo quartiere così come non è la mia prima volta. Infatti mi sono comprato una casetta qua dato che mi ritrovo spesso a fare i miei affari in questa zona.”
Chosuke chiese al signore che tipo di macchina guidasse e la risposta fu che lui guidava un utilitaria nera.
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Conan si fece indicare il domicilio del signore e fece partire il nastro della telecamera della strada. Si vedeva una grossa macchina nera infilarsi in un vialetto per poi sparire. L’orologio segnava le 14:00.
“Mezz’ora prima che arrivassimo noi”. Verso le 13:50 si vedeva la macchina nera di Okubo passare vicino alla macchina di Kawasagi, il signore scendere, prendere il polso dell’uomo e dopo essersi accorto della morte rientrare in macchina per non inquinare la scena.
“Coerente anche questo.”
Conan stava meditando sulle varie affermazioni.
Yamamura passò al terzo sospettato. L’uomo bonario, panzuto e simpatico.
Anche stavolta l’ispettore partì in quarta.
“Avanti, mi dica cosa sa. PERCHE’ LEI SA QUALCOSA,NO?” chiese Misao squadrando il signore.
“Beh…mi chiamo Kitori Agarachi e sono venuto qua per trovare mia nonna”
“Sua nonna! E come si chiama sua nonna?” Yamamura cercava di fare le domande prima di Ai.
“Juliana Agarachi” rispose l’uomo sorridendo.
Ai lo osservo attentamente e improvvisamente provò una voglia profonda di fuggire via mentre il suo cuore mancava qualche battito.
Quegli occhi erano indimenticabili.
Aveva trovato uno degli uomini in nero.
L’uomo aveva anche lui sentito un grande botto mentre era a casa della nonna e,affacciatosi alla finestra,aveva visto la carcassa del camion. Era corso fuori gridando aiuto ma in quella zona deserta non vi era un granchè quindi aveva cercato di calmarsi ed aspettare la polizia.
Guidava un furgoncino giallo nei nastri e lo si vedeva entrare da sua nonna alle 12:30 per poi uscirne trafelato alle 13:20.
“Dannazione, chi diavolo sarà stato a uccidere quei due poveretti? E cosa c’entrano gli uomini in nero dietro a tutto questo?” Il cervello di Conan era in subbuglio.
Ai, nel frattempo, si teneva per se quella sgradevole sensazione.
Prima di tutto voleva vedere se Conan capiva chi era il criminale e poi l’evento l’aveva troppo scossa per parlarne con qualcuno.
“Ricapitoliamo... nessuno di voi sembra aver avuto tempo materiale per sparare i colpi che sono stati necessari a far esplodere il camion” disse Yamamura, l’indice puntato al cielo.
“E fin qui siamo tutti d’accordo.” Sentenziò Goro alle spalle del poliziotto.
Yamamura si ringalluzzì ricevendo l’approvazione del detective.
“Ma cosa mi dite di un complice posizionato qui.” Yamamura si sistemò nel punto del giardino dove l’erba era carbonizzata. “che spara e fa il vostro sporco lavoro e poi BUUUUM” Yamamura si gettò per terra. “e l’esplosione lo fa volare via dove può scappare.”
“Ma per favore! Se l’esplosione lo avesse fatto volare via sarebbe morto sul colpo e non abbiamo trovato altri…CADAVERI!”
Conan capì improvvisamente la verità e tirò fuori l’orologio anestetizzante.
Avrebbe messo a dormire Yamamura. Era sicuro che Goro non si sarebbe accorto del trucchetto. Non era ancora sicuro del colpevole ma con un bluff ben riuscito…
Mentre stava per sparare il proiettile l’ispettore continuò a parlare.
“Ma se avesse avutoun complice robotico non sarebbe volato via. Sarebbe bastato smontarlo a tempo debito.”
Ai rise nervosa. Aveva sempre saputo che dietro l’idiozia molte volte si nasconde la genialità
Conan abbassò l’orologio narcotizzante. Yamamura l’aveva già sorpreso troppe volte oggi.
“Quindi in base a questo i vostri alibi sono inutili. Perché lo sparatore automatizzato è programmato per sparare come un cowboy all’ora determinata o al massimo si può attivare con un telecomando. L’esplosione lo fa volare via e i frammenti metallici partono ad una distanza incredibile causa la violenza dell’esplosione in modo che noi non li troviamo.”
“Ok! Io l’avrei chiamata torretta automatizzata ma il concetto è giusto.”
I tre sospettati erano allibiti dal discorso.
“Non so in base a quale criterio di stupidità ci sia arrivato ma il fatto che se un uomo avesse sparato a quella distanza sarebbe stato flagellato dal botto.” Conan sorrise.
“Ho telefonato a mia nonna un attimo fa e mi ha detto che non conosce nessuna Juliana che abita in questa zona.”
“Ok, siamo di nuovo caduti in basso. “
“Quindi il colpevole è senza dubbio lei, signor Atarachi.” Il dito di Yamamura puntava verso il panzuto.
“Sì,certo che il colpevole è lui ma non per quel motivo. Tua nonna non può mica conoscere tutte le vecchiette della città!” Conan si era sbattuto il palmo della mano sul viso.
“Ispettore, quindi lei ha detto che la torretta era automatizzata,vero?”
“Sì,Conan. Proprio così”
“Caspita, io quando sono in camera mia provo a fare gli scherzi a Goro cambiandogli il canale televisivo ma non ci riesco. Sono troppo distante. Chissà che GRANDE telecomando che ha usato il cattivone. Ehehehehe.”
Kogoro, Takagi e Yamamura si illuminarono. La soluzione del caso era sempre stata sotto i loro occhi.
“Ma è semplicissimo. La signorina era in macchina quando c’è stata l’esplosione. Anche ammettendo che avesse il telecomando per accendere la torretta non risulta dai nastri che sia passata né nella strada qui a fianco dove giace Kawasagi ne tantomeno nella strada di fronte dove abita il signor Atarachi.
Quindi è da escludere. Era troppo lontana dal luogo della deflagrazione.
Invece il signor Atarachi aveva la finestra che da proprio su questa strada ed inoltre è uscito trafelato da casa di sua “nonna” dopo l’esplosione e quale occasione migliore per recuperare i pezzi della torretta,soprattutto l’arma…la parte più grande? E scommetto che fare a pezzi la macchina di Kawasagi,sostituirla con una identica con i freni tagliati sarebbe stato facilissimo per il proprietario di un camioncino. Chissà cosa ci sarà in quel bagagliaio capiente.”
Conan sorrise. Era stato il più grande bluff della storia. Il ragionamento era stupido,semplice e pieno di troppe variabili non considerate.
Era certo però che quei criminali avessero fretta di andarsene e quindi sperava che non gli facessero crollare il castello.
E così fu.
“Veramente la torretta era programmata per sparare ad un determinato orario ma non importa.”
Il sorriso di Atarachi divenne un ghigno malefico e con un rapido gesto si liberò del travestimento accuratamente preparato.
Ai si fece serissima. Se lo aspettava.
Sotto il travestimento c’era una donna molto,molto attraente. Bionda con capelli setosi, profondi occhi,seno florido e tutte le curve al posto giusto.
Vermouth.
La ragazza con un abile movimento si diede alla fuga utilizzando la pistola per farsi strada.
Ai e Conan non aspettarono neanche un secondo. La scienziatina afferrò con un gesto rapido la pistola dell’agente Hakata e sparò in direzione della donna che più odiava al mondo.
Il proiettile centrò Vermouth alla spalla.
Prima di scomparire oltre la soglia della casa nel quale giardino era avvenuto tutto la bellissima criminale si girò.
Ai ebbe un brivido freddo mentre il labiale della donna pronunciava un nome.
SHIHO.
Yamamura raggiunse i bambini insieme a Takagi,Kogoro e al sorpreso agente Hakata.
Il gruppo si lanciò oltre la soglia della casa certo di riuscire ad acchiappare la donna in fuga.
E poi videro la luce.
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Conan riaprì gli occhi. Il cielo ammantato di rosso fu la prima cosa che vide.
Il sole tramontava su Tottori. Dove si trovava? Era…sdraiato?
Intontito si tirò su e si accorse di avere il vestito strappato e di perdere copiosamente sangue da una spalle. Intorno a lui dei medici.
“Cosa..cosa è accaduto?” chiese il bambino con la testa che gli doleva.
“La casa. E’ esplosa trascinando con se quella donna. Per fortuna Yamamura ha scoperto tutto prima che accadesse e ci ha fatto da scudo spingendoci fuori dalla porta. Però non ti preoccupare. Anche lui se la caverà” rispose il ferito agente Hakata.
“Beh, sai com’è. Ho sentito un lieve ticchettio e sapendo che alle cinque nessuno mette la sveglia ho agito di conseguenza. Eheheehh”
“O santo cielo! Grazie mille, Yamamura.” Conan non sapeva se ridere o se piangere.
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Il caso era stato risolto grazie anche all’inconsapevole genialità di Yamamura.
Era giunta l’ora per i nostri eroi di tornare a casa a Beika.
Takagi augurò al gruppo buona fortuna e si salutarono con la speranza di rivedersi presto.
Erano ancora feriti ma presto il loro dolore sarebbe sparito.
Conan ed Ai si guardarono negli occhi. Sapevano benissimo che Vermouth non era morta ma era riuscita a fuggire agilmente anche questa volta.
I due bambini, però, sapevano di non poterci fare nulla e salirono sulla macchina di Goro per essere portati a casa.
Il detective occhialuto guardò verso il cielo.
Un giorno li avrebbe catturati e avrebbe vinto lo scontro finale.
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Arrivati alla centrale del Tokyo Metropolitan tutti già conoscevano la grande impresa di Yamamura che aveva salvato tutti loro dalle bombe e aveva risolto brillantemente il caso.
L’ispettore Megure si occupò personalmente di aumentare lo stipendio al tontolone e a consegnarli un riconoscimento per l’incredibile coraggio.
“Fate largo all’invincibile ispettore Yamamura. Ora niente può più fermarmi!” urlò felice il ragazzo.
“Beh, adesso non esagerare però!” pensò Conan, sorridente.
Anche quella giornata era finita.
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Vi chiedo scusa per il ritardo, per fortuna ce l'ho fatta.
La mia one shot ha una particolarità: per un motivo non del tutto precisato (riassumibile in: sono pazza XD) nel racconto non compaiono mai i nomi dei personaggi, né tantomeno qualunque termine inventato in quell'animanga. Apparentemente il mio potrebbe sembrare quindi un originale, ma nella realtà non lo è per niente. Il mio obiettivo è infatti far sì che chi conosce l'opera (ovvero tutti, state tranquilli XD) non abbia bisogno di alcuna delucidazione per capire che quel dato personaggio è proprio lui o lei. Nel caso qualcuno dovesse avere difficoltà, si tratterebbe di un mio errore, per cui diciamo che il mio è un esperimento rischioso di cui mi assumo tutte le responsabilità.
Buona lettura a tutti! ^_^
CAMERA BLINDATA
Anche quel giorno, come ogni mattina, le avevano detto che era una bambina bellissima.
Anche quel giorno, come ogni mattina, si era fatta spazzolare i capelli ammirando allo specchio il proprio viso e i grandi occhi azzurri.
Stava ancora pensando a quanto sarebbe diventata graziosa con il vestito rosso che la nonna le aveva promesso in regalo, quando una larga porta grigia attirò la sua attenzione. Sebbene conoscesse gran parte delle stanze più vicine alla sua camera, cinque anni di vita non le erano stati sufficienti a esplorare tutta la casa.
La bambina si avvicinò all’uscio e tirò la maniglia; a giudicare dallo spessore della porta, al suo interno doveva trovarsi qualcosa di grande valore.
Sarà un’invenzione del nonno, si ritrovò a pensare.
L’odore di chiuso le raggiunse le narici facendole arricciare il naso. Accese l’interruttore e osservò lo spazio a bocca aperta: la stanza, priva di finestre, conteneva solo due scatoloni, mentre a una parete era appeso un vecchio progetto che portava la firma di sua madre.
La bambina si avvicinò al disegno: rappresentava un robot a due ruote le cui braccia sostenevano una sega circolare. Dalle nozioni di meccanica che aveva appreso senza difficoltà, intuì che il macchinario non potesse fare nient’altro che tagliare materiale e girare la testa cubica su cui era impiantato un laser.
Qualunque cosa fosse, di certo è stata spostata da qui, pensò, e si avviò verso uno degli scatoloni. Ne aprì uno, e un’ondata di polvere la fece tossire più di quanto faceva quando il nonno le fumava addosso. Vinta dalla curiosità, guardò all’interno: c’era solo un album di fotografie. Sbuffando, si decise che ormai tanto valeva sfogliarlo, anche se di certo una vecchia bambola o qualche abito sarebbero stati più interessanti.
Le prime foto rappresentavano la mamma più giovane di quasi vent’anni, prima con una grossa pancia, poi con un neonato dai capelli lilla. La bambina sorrise.
È vero quello che dicono, io e lei siamo due gocce d’acqua, pensò. Mio fratello, invece, ha lo stesso sguardo corrucciato di papà.
Girò pagina, e ciò che vide la lasciò a occhi sbarrati.
Non poteva essere.
«La coda!» gridò, e fece cadere l’album scattando all’indietro. «Mio fratello è nato con la coda!»
Di colpo, la sua mente rievocò un ricordo passato.
Era nella vasca da bagno, e la mamma le stava insaponando i capelli.
«Mamma,» aveva chiesto, «perché ho una cicatrice qui?» Il suo indice aveva toccato l’osso sacro.
La mamma le aveva sorriso. «È una cosa che hai preso da papà, ma non farci troppo caso: resti comunque bellissima!»
Lei aveva incrociato le braccia. «Non è per questo che l’ho chiesto, voglio sapere cosa vuol dire!»
La mamma aveva continuato a insaponarla. «Vuol dire che sei una principessa, tesoro. Una piccola principessa di un regno lontano.»
A quel punto lei aveva smesso di farsi domande. «Che bello, allora domani voglio un vestito da principessa!»
«Ma certo, piccola mia.»
La bambina fissò il pavimento.
Perché non gliel’avevano spiegato chiaramente?
Altro che cicatrice della nobiltà, lei era nata con la coda! Era una parte del corpo che di certo avrebbe minato la sua bellezza, ma si trattava pur sempre di un frammento di sé. Pensavano davvero che una bambina prodigio come lei, figlia e nipote di scienziati di fama mondiale, non se ne sarebbe mai accorta?
La bambina strinse i pugni, cercando di cacciare indietro le lacrime, e si costrinse a voltare pagina. Se c’era qualcos’altro che doveva sapere, quell’album avrebbe potuto darle le risposte.
C’era di nuovo suo fratello, ma questa volta la foto doveva essere di qualche mese fa: era un ragazzo adulto, alto e dal bel portamento. Tuttavia, c’era qualcosa che non andava nel suo sguardo. La bambina lo scrutò con più attenzione. Assomigliava terribilmente a quello del padre, una persona che, stando a ciò che le avevano raccontato, era cresciuta in un mondo dove per sopravvivere era necessario combattere. Non aveva nulla dell’espressione serena che era abituata a vedere nel fratello maggiore.
Inarcando un sopracciglio, osservò la foto successiva. Stavolta insieme a lui c’era anche la mamma. Questa volta doveva trattarsi chiaramente di un fotomontaggio: per quanto la donna si fosse sempre tenuta in forma, lì aveva lo stesso aspetto di quando il suo primogenito era neonato. Ma la foto seguente la fece di nuovo assalire dai dubbi.
C’erano due fratelli maggiori.
Uno, neonato, tenuto in braccio da un secondo adulto. Un secondo fratellone che era come quello che lei conosceva, ma che allo stesso tempo non lo era. Un fratellone il cui aspetto era identico al suo, ma la cui anima celava indicibili sofferenze.
«Fratellone», gli aveva chiesto qualche mese prima, «è vero che parteciperai anche tu al torneo di arti marziali con tutti gli altri?»
Lui aveva sbuffato. «Sì, è vero.»
«E perché non ti stai allenando con papà?»
Il ragazzo l’aveva fissata. «Senti, dopo lo faccio, ma ora non farmi la predica pure tu. Ora viviamo in pace, non c’è bisogno di combattere. L’ho fatto dieci anni fa, quando è stato necessario, e ringrazio di essere stato troppo piccolo per rendermi conto di molte cose.»
La bambina aveva sbattuto le palpebre. «Si combatte solo quando ci sono i mostri? Ma papà lo fa perché si diverte!»
Suo fratello allora l’aveva squadrata con disprezzo e aveva sbattuto un pugno sul tavolo. «Non c’è niente di divertente, chiaro? Tu sei nata in pace, non puoi capire! Forse qualche volta di notte avrai sognato un mostro, ma cosa ne vuoi sapere di quelli che sogno io? Come credi che saresti diventata, tu, se fossi nata in un mondo in guerra? Tornatene pure a giocare con le bambole, e ringrazia nostro padre e gli altri che hanno fatto sì che tutti possano crescere in un mondo dove è possibile farlo.»sigpic
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Era stata l’unica volta in cui l’aveva visto in quello stato. Per il resto, era il ragazzo tranquillo e gentile di sempre, che forse avrebbe preso le redini della società di famiglia.
La bambina si avvicinò allo scatolone chiuso.
Era impolverato quanto l’altro, e aprirlo le avrebbe di certo sporcato il vestito. Inoltre era tenuto saldo da un potente nastro adesivo, che di certo le sue mani graziose non sarebbero state in grado di rimuovere senza spezzarsi le unghie.
“Sei una principessa, una piccola principessa di un regno lontano.”
Le cose stavano così. Lei era bambina stupenda, doveva trascorrere le sue giornate a coltivare la sua bellezza per poter diventare un giorno affascinante come la sua mamma.
“Come credi che saresti diventata, tu, se fossi nata in un mondo in guerra?”
La bambina strizzò gli occhi.
No.
Lei non era una bambina graziosa, era una bambina a cui avevano imposto di esserlo. Perché nel mondo in cui era nata c’era la pace, e questo era il modo in cui era giusto che la figlia di una donna ricca crescesse.
D’altronde, pensò, una bambina carina come me non ha alcun talento nella lotta, giusto?
Tirò un calcio allo scatolone chiuso. Il cartone si piegò in una leggera ammaccatura.
«Ma dai!» esclamò, e scoppiò a ridere. «Cosa mi sono messa a pensare? La mia forza combattiva è inferiore a quella del gatto del nonno! D’altronde una creatura meravigliosa come me non può certo dedicarsi a un’attività barbara come i combattimenti!»
La scatola si mosse.
La bambina lanciò un grido e si appiattì alla parete.
Il cartone superiore si squarciò in due e rivelò la presenza di un robot con una sega circolare.
«Ma cosa diavolo…?» Si voltò verso il muro dove era appeso il foglio. «Il progetto! Pensavo che si trattasse di qualcosa di troppo grande per quella scatola!» esclamò, e scattò verso la porta.
Non c’era nessuna maniglia.
Dannazione, come ho potuto essere così stupida da chiuderla? Questa è una porta di sicurezza speciale!
Il robot si bloccò al centro della stanza e il laser cominciò a proiettarsi in punti casuali. «RICERCA BERSAGLIO» disse con voce metallica.
La bambina rabbrividì.
Mi troverà.
La luce si mosse verso l’uscio.
Mi troverà di sicuro.
«BERSAGLIO INDIVIDUATO.»
La sega aumentò la velocità di rotazione e il robot avanzò verso l’obiettivo.
Mi taglierà a fette!
«ANALISI BERSAGLIO.»
«Aiuto!» La bambina sbatté i pugni sulla porta. «Papà, fratellone! Qualcuno mi aiuti!»
Nessuna risposta.
«Aiutatemi!»
«ANALISI COMPLETATA.»
“Tu sei nata in pace, non puoi capire! Forse qualche volta di notte avrai sognato un mostro, ma cosa ne vuoi sapere di quelli che sogno io?
Cosa ne vuoi sapere?
Cosa ne vuoi sapere?
Cosa ne vuoi sapere?
Sapere? Sapere? Sapere sapere sapere sapere sap–”
«Basta! Io sono come te!»
Luce. Potere. Distruzione.
La bambina sentì l’energia defluire dal proprio corpo. Era una sensazione meravigliosa.
Poi, il nulla.
***
Si risvegliò nel proprio letto, la fronte grondante di sudore.
La madre, accanto a lei, lanciò un grido di gioia. «Meno male! Ho temuto il peggio!»
La bambina si sfregò gli occhi. «Cos’è successo?»
«Oh, tesoro, sei stata coinvolta in un terribile incidente. Sei rimasta chiusa in una delle camere blindate e una mia invenzione dimenticata è esplosa! È davvero un miracolo che tu ne sia uscita incolume!» Abbassò lo sguardo, tentando invano di mascherare il senso di colpa.
La figlia sbatté le palpebre. «Ora ricordo! Quel robot stava per farmi a pezzi!»
La donna deglutì. «Beh, adesso non pensiamoci più. Guarda un po’ qui, ho una sorpresa per te!» Detto ciò, le porse un vestito rosso con ancora l’etichetta. «La nonna è sempre di parola, eh? Mi ha detto di dartelo subito dopo il tuo risveglio.»
«Ringraziala da parte mia» disse la bambina, e si tirò in piedi.
«Ehi, dove stai andando?»
«Torno subito.»
«Tesoro? Non sei ancora in forma, stai a letto un altro po’!»
Ma la bambina la ignorò.
***
La porta era stata sfondata dall’interno. Sul pavimento giacevano i resti bruciati dell’album di fotografie e i pezzi del robot ormai non riparabile. La bambina avanzò verso il centro della stanza, finché una voce profonda alle sue spalle non attirò la sua attenzione.
«Vedo che ti sei ripresa presto.»
Lei si voltò e sorrise. «Sì, papà. Mi sono spaventata molto, ma ora è acqua passata. Certo, nessuno sentiva le mie grida, per cui ero sicura che sarei morta.»
L’uomo si appoggiò a una parete e incrociò le braccia. «Morta? Tsk, non dire assurdità.»
La bambina strinse i pugni. «Ma è vero! Tu non hai visto quel robot! Con quella sega avrebbe potuto tagliarmi a fettine!»
«E perché non l’ha fatto, secondo te?»
Lei si bloccò.
«Rispondimi. Perché io qui ho trovato il tuo corpo intero e non a fette?»
La bambina deglutì. «Perché, ecco…» si interruppe, e abbassò lo sguardo per celare il rossore. «Ho sentito della forza. E l’ho scatenata, o almeno credo. Ho provocato io questo disastro.»
Il padre si staccò dal muro, le braccia ancora conserte, e si avviò verso la soglia. «Apri bene le orecchie» le disse dandole spalle. «Non devi minimamente pensare di poter morire per sciocchezze di questo tipo. Tu sei mia figlia, e questo ti rende in grado di sopravvivere a qualunque incidente in tempo di pace. La prossima volta cerca di non dimenticarlo.»
La bambina sorrise, e l’uomo fece per andarsene.
«Papà?»
Lui si fermò senza rispondere.
«Potresti, ecco, insegnarmi a controllarla? Questa forza, dico. Credo che mi sentirei più sicura se sapessi come usarla.»
L’uomo si voltò inarcando un sopracciglio. «Tua madre è d’accordo?»
«È importante che lo sia?» chiese lei, e sorrise di nuovo.
«No, ma preferirei evitare di sentirmelo rinfacciare per i prossimi dieci anni.»
«Beh, se lo fa tu dille che hai allenato anche con mio fratello, e che nella società attuale non è concepibile che proprio una scienziata presidentessa di una grossa società globale faccia discriminazioni sessiste.»
«Lasciamo perdere. Vieni qua e fatti sotto.»
La bambina lo raggiunse. «Agli ordini, sensei!»
FINEsigpic
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Mmm Feleset...indovinare chi è la protagonista è difficilissimo XD
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Originariamente Scritto da Light 96 Visualizza MessaggioMmm Feleset...indovinare chi è la protagonista è difficilissimo XD
Scherzi a parte, spero che venga valutato anche il contenuto, non solo "l'indovinello".sigpic
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Beh,a questo punto possiamo considerare conclusa la "Manche"(dubito che altre persone posteranno altre one shot), i giudici (compreso me ovviamente!XD) possono quindi tranquillamente postare i propri voti.La mia prima FF!http://gamesurf.tiscali.it/forum/showthread.php?t=89182
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