Però, che strano… influenzato dal cattivo esempio, in origine Piccolo era stato corrotto, ed era diventato un concentrato di cattivi sentimenti, al punto che Dio l’aveva definito “simbolo del vizio”. Ora, influenzato dal buon esempio di Gohan e della precedente vita di Nail, da un po’ questa etichetta non gli si attagliava più, e stava cominciando a rimeditare su sé stesso e su quello che voleva fare nella sua vita. Gli capitava di sorprendersi a pensare tra sé: “Anch’io ho dei principi morali!”; e ancora faticava ad ammetterlo e a crederci davvero. E, nonostante tutto ciò, qualcosa del suo indomito e bellicoso spirito persisteva ancora. Il namecciano sorrise amaramente, valutando l’ironia del destino a cui era andato incontro, mentre si reimmergeva nella meditazione presso la cascata che aveva scelto come suo luogo preferito, e dove Gohan sapeva di poterlo trovare solitamente. Aveva scelto come sottofondo sonoro delle proprie riflessioni il brusio naturale di quel paesaggio che, qualche secolo prima, il suo genitore aveva selezionato come destinazione per salvare la vita al figlio e permettergli di scampare ai cambiamenti meteorologici che avevano devastato il pianeta natale. Chissà, forse la scelta non era stata casuale, visto che le caratteristiche climatiche ed atmosferiche del pianeta azzurro erano simili a quelle del pianeta verde.
La meditazione lo aiutava a potenziare le proprie facoltà intellettive da namecciano, a focalizzare la propria energia interiore e a riflettere sugli errori del suo passato. Furbo come una volpe lo era stato da sempre, forte era nato e le insolite vicissitudini in cui era incorso lo avevano rafforzato ulteriormente… ma saggio sarebbe potuto e dovuto diventarlo, e a tale scopo non c’erano allenamenti o tecniche, occorreva placare la propria furia distruttrice ed affrontare razionalmente ogni ostacolo che si fosse presentato.
Momento di pausa. Il guerriero namecciano estrasse dalla casacca viola un flacone d’argilla, che usava per mantenere fresca l’acqua. Bevve abbondanti sorsate, poi – accortosi che il recipiente era vuoto - decise di sgranchirsi i muscoli, mettendosi in movimento e facendosi un giro alla ricerca di una sorgente d’acqua pura. Di ritorno, compiuta la commissione, il suo fine udito avvertì dei rumori anomali rispetto alla calma consueta del fiume che alimentava la cascata: urla umane. Si mise in volo e rintracciò l’origine di questi suoni: un ragazzino, completamente vestito in semplici abiti campagnoli, annaspava nelle acque del fiume e urlava implorando aiuto, sperando di essere sentito casualmente da qualcuno, mentre il flusso delle acque lo trascinava irresistibilmente e pericolosamente verso la cascata. Piccolo si avvicinò a razzo sopra il pelo dell’acqua e trasse in salvo il giovanotto. Alcuni minuti dopo, lo aveva già poggiato su un ampio spazio erboso. Tutto bagnato fin dentro le mutande, ancora sconvolto, il ragazzino esclamò: “Cavolo, non avrei dovuto prendere in prestito la barca di papà… a sua insaputa, fra l’altro! E ora chi lo sente?!” Il guerriero dalla pelle verde lo fissò dall'alto della sua statura; poi emise una piccola sfera di energia e la usò per incendiare un piccolo cespuglio d’erba giallognola: “Asciugati, e bada di mettere un po’ di pietre attorno a quel fuoco, affinché non si scateni un incendio” concluse. “A-ah… sì, grazie, signore! Grazie sul serio, mi ha salvato! Non so come sdebitarmi…! Se avessi ancora tutti quei pesci che avevo pescato fino a poco fa, gliene darei un po’… avevo preso un buon bottino oggi! Se non mi si fosse rovesciata la bar-“ “Lascia perdere. – il namecciano troncò bruscamente il discorso, quindi con un ghigno ironico e tagliente aggiunse – Non mi piace il pesce.” E, levatosi in volo, lentamente se ne andò.
La meditazione lo aiutava a potenziare le proprie facoltà intellettive da namecciano, a focalizzare la propria energia interiore e a riflettere sugli errori del suo passato. Furbo come una volpe lo era stato da sempre, forte era nato e le insolite vicissitudini in cui era incorso lo avevano rafforzato ulteriormente… ma saggio sarebbe potuto e dovuto diventarlo, e a tale scopo non c’erano allenamenti o tecniche, occorreva placare la propria furia distruttrice ed affrontare razionalmente ogni ostacolo che si fosse presentato.
Momento di pausa. Il guerriero namecciano estrasse dalla casacca viola un flacone d’argilla, che usava per mantenere fresca l’acqua. Bevve abbondanti sorsate, poi – accortosi che il recipiente era vuoto - decise di sgranchirsi i muscoli, mettendosi in movimento e facendosi un giro alla ricerca di una sorgente d’acqua pura. Di ritorno, compiuta la commissione, il suo fine udito avvertì dei rumori anomali rispetto alla calma consueta del fiume che alimentava la cascata: urla umane. Si mise in volo e rintracciò l’origine di questi suoni: un ragazzino, completamente vestito in semplici abiti campagnoli, annaspava nelle acque del fiume e urlava implorando aiuto, sperando di essere sentito casualmente da qualcuno, mentre il flusso delle acque lo trascinava irresistibilmente e pericolosamente verso la cascata. Piccolo si avvicinò a razzo sopra il pelo dell’acqua e trasse in salvo il giovanotto. Alcuni minuti dopo, lo aveva già poggiato su un ampio spazio erboso. Tutto bagnato fin dentro le mutande, ancora sconvolto, il ragazzino esclamò: “Cavolo, non avrei dovuto prendere in prestito la barca di papà… a sua insaputa, fra l’altro! E ora chi lo sente?!” Il guerriero dalla pelle verde lo fissò dall'alto della sua statura; poi emise una piccola sfera di energia e la usò per incendiare un piccolo cespuglio d’erba giallognola: “Asciugati, e bada di mettere un po’ di pietre attorno a quel fuoco, affinché non si scateni un incendio” concluse. “A-ah… sì, grazie, signore! Grazie sul serio, mi ha salvato! Non so come sdebitarmi…! Se avessi ancora tutti quei pesci che avevo pescato fino a poco fa, gliene darei un po’… avevo preso un buon bottino oggi! Se non mi si fosse rovesciata la bar-“ “Lascia perdere. – il namecciano troncò bruscamente il discorso, quindi con un ghigno ironico e tagliente aggiunse – Non mi piace il pesce.” E, levatosi in volo, lentamente se ne andò.
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