Cap. 16: Post mortem.
Un puro spirito vitale si trovava, suo malgrado, in una zona buia, calda e asciutta di cui aveva un vago ricordo.
«Uff... credo di essere morto... di nuovo...» sbuffò guardandosi intorno, avviandosi lievemente verso la luce che vedeva in fondo a quel luogo. Riconobbe al primo impatto prima il brusio di sottofondo, poi quel fastidioso ma pur sempre moderato caos tipico degli uffici postali.
«Volete mantenere la fila, per favore?»
«Signor diavolo... quel tipo mi è passato avanti...»
«Volevo stare in fila con mia moglie... insieme anche dopo la morte!»
«Hai tutta l'eternità per stare con tua moglie, scemo!»
«Sì, ok, ma non usare questo linguaggio o finirai a reincarnarti! Ahah!»
Il nostro spirito si mise in coda e attese pazientemente il suo turno: fortunatamente la fila era scorrevole. Del resto Re Enma era abbastanza efficiente nell'assegnare ogni anima defunta alla sua sorte ultraterrena, e purtroppo sembra che nell'universo ci siano abbastanza anime più o meno cattive che gli agevolano il compito senza suscitare troppe perplessità.
«Il prossimo...» brontolò Re Enma.
Lo spirito si presentò al suo cospetto, davanti alla gigantesca scrivania.
«Ehi, ma ci siamo già conosciuti noi due!» commentò con un largo sorriso sarcastico Re Enma. «Son Goku, come dimenticarti?»
«Ciao, Re Enma! Come stai?»
Da dietro si levarono le proteste degli altri spiriti incolonnati; è cosa nota che durante le code negli uffici ci si spazientisce facilmente. «Allora, ci diamo una mossa? O facciamo salotto, eh?»
«Silenzio! Qui comando io!» li rimproverò re Enma con la sua voce cavernosa e rimbombante. «Continuiamo! Cosa ci fai qua così presto?»
«Ah, non lo so... ricordo solo che poco fa ero con mio figlio, e ora sono qua!»
«Vediamo... qua nel mio registro c'è scritto che sei stato colpito da una malattia e sei morto...»
«Ah...ecco perché mi sentivo così stanco, stamattina... ero malato! Come posso tornare sulla Terra?»
«Non puoi tornare... che domande!»
«Ma come no? Nemmeno con le Sfere del Drago?»
«No... credo proprio di no... almeno, non credo ci siano scappatoie alle leggi divine, in questo caso...»
«Ma io voglio stare ancora con mia moglie, mio figlio e i miei amici!!» protestò imbronciato il Saiyan. «Sono troppo giovane per restare qua!»
«Eppure questo è il nuovo andazzo a cui ti dovrai abituare! Io non accetto reclami!» urlò spazientito il Re dell'Oltretomba. «Leggo qua che per i meriti da te conseguiti in vita ti spetta la possibilità di mantenere il corpo. Forza» ordinò ai suoi sottoposti «trovatemi il timbro “Eroe”, devo imprimerlo su questa pagina. Ma dannazione! È mai possibile che in questo benedetto ufficio non si trova mai niente?» Eh... caro Re Enma, la burocrazia dell'Aldilà non è poi troppo differente dalla nostra, sotto certi aspetti.
Finalmente il timbro “Eroe” saltò fuori da un cassetto e fu sbrigativamente impresso sulla pagina corrispondente alla vita di Goku, il quale in un batter d'occhio riacquistò il corpo e le sue sembianze normali che ricordava di avere fino alla mattina.
«E ora che devo fare?» domandò Goku.
«Vai dal tuo Re Kaioh di riferimento! Ma muoviti, che mi blocchi la fila, diamine!»
Il Saiyan portò due dita alla fronte e provò a concentrarsi, ma il mormorare delle anime in sottofondo gli complicava le cose; dato che non lo vedeva muoversi, Re Enma lo rimproverò intimandolo a sbrigarsi. «SILENZIO! Lo capite o no che qui c'è qualcuno che sta provando a concentrarsi??» sbottò il Super Saiyan. Quando regnò il silenzio, l'eroe si concentrò; individuata l'aura inconfondibile di Re Kaioh, si teletrasportò da lui.
Re Enma si sorprese: «Perfetto! Pare che si sappia anche teletrasportare ora... spero di non vedermelo scorrazzare qua e là per questo mondo!»
Sulla Terra, in quel momento, era pomeriggio inoltrato. Era veramente quella la fine di Son Goku? Era morto definitivamente? Nessuno dei suoi amici e nessuno di coloro che avevano imparato a conoscerlo bene riusciva a crederci: del resto, pure quando veniva dato per spacciato, aveva il talento di saltare nuovamente fuori, puntualmente. Non era possibile che tutto finisse così. Una morte così semplice, banale e stupida come una bolla di sapone che si gonfia fino a diventare enorme e poi scoppia senza emettere nessun rumore. No, non ci si riusciva a credere! Forse fu questo pensiero inconcepibile a far sì che il pensiero di tutti si rivolse a quella che ritenevano la soluzione più valida: le Sfere del Drago.
Tutti si ricordavano che, per Goku, quella era la seconda volta... la sua seconda morte. E la regola vietava di riportare in vita per due volte la stessa persona; però, forse si sarebbe potuto fare appello agli indubbi meriti che Goku aveva maturato verso il pianeta.
Piccolo, sulla soglia della porta, volse lo sguardo verso Gohan. Mentre sua madre si disperava con la testa fra le braccia incrociate sul materasso dove giaceva il cadavere del marito, il piccolo – dopo il triste annuncio – era caduto carponi e non riusciva a smettere di piangere, mentre il suo sguardo corrucciato fissava il vuoto e le lacrime dagli occhi scivolavano verso il mento e stillavano a terra. In quell'esatto momento Il guerriero namecciano decise che non poteva indugiare oltre: si sentiva in dovere di darsi una mossa per il suo allievo, per il bene di Gohan. Si avvicinò al bambino e, guardandolo con sguardo fiero, ordinò: «Gohan, resta qui a consolare tua madre. Io andrò a parlare con Dio.» Dopodiché uscì nuovamente fuori e volò via. Tutti gli altri lo videro. Tenshinhan fu il primo a commentare: «Piccolo se n'è andato via... era furente. Come Vegeta... evidentemente entrambi hanno sofferto la morte di Goku... non me l'aspettavo proprio da loro.»
«Non penso sia per questo.» ribatté Crilin. «Avete notato che direzione ha preso?»
«Sì... e allora?» replicò a sua volta Jiaozi.
«Non vi ricordate cosa c'è in quella direzione?» osservò di nuovo Crilin con un sorriso che tradiva furbizia.
«Non saprei... a me non viene in mente nulla...» rispose il treocchi.
«Ma certo!» esclamò Yamcha esaltato, colpendosi il palmo sinistro col pugno destro. «C'è il santuario di Dio!»
«Non mi convince! Cosa vorrà da Dio? Ricordate al torneo quanto lo odiasse? Perché era la sua nemesi... Non so voi, ma io voglio vederci chiaro! Io lo seguo!» commentò risoluto Tenshinhan per poi innalzarsi in volo, seguito dall'immancabile Jiaozi e da Crilin. Yamcha, dopo aver avvertito Bulma, li seguì a ruota. Nel frattempo, Bulma contattò Hatataku e lo avvertì dell'accaduto. Il dottore, sorprendentemente, si rivelò affranto e distrutto; rispose all'annuncio della ragazza dichiarando solennemente: «Continuerò le ricerche in memoria del suo amico, lo prometto. Questa malattia dovrà essere studiata e debellata.»
Durante il viaggio, parlarono poco; non erano dell'umore. Cosa doveva aspettarsi Piccolo da quella visita al Dio della Terra? E cosa dovevano aspettarsi tutti loro?
Yamcha osservò solo: «Forse vuole chiedere a Dio di fare uno strappo alla regola, per riportare Goku in vita.»
«È cambiato sul serio, Piccolo... ha maturato un certo senso di giustizia. E dire che nessuno di noi ci avrebbe scommesso, a parte Goku!» commentò con un ghigno ironico Tenshinhan.
«Però, da quanto ne sappiamo, non è possibile riportare in vita coloro che sono deceduti per cause naturali... e un virus è una causa naturale.» continuò Yamcha.
«Può essere anche che “cause naturali” debba intendersi come “morte di vecchiaia”, quindi una morte per malattia non farebbe testo... no?» obiettò Crilin.
«Boh... chi ci capisce...» mormorò Yamcha alla fine.
Peccato che non fossero rimasti ancora qualche minuto a casa di Goku: avrebbero potuto vedere il cadavere di Goku smaterializzarsi letteralmente sotto i loro occhi. Madre e figlio, invece, rimasero attoniti a contemplare quel prodigio.
Dopo un viaggio lungo perché gravato dallo sconforto, gli amici di Goku arrivarono al santuario di Dio. Si sorpresero di trovarsi davanti la scena spiazzante che ora si mostrava ai loro occhi. Sotto lo sguardo terrorizzato di Mr. Popo che tremava come un impotente infelice, il demone dalla pelle verde stava letteralmente reggendo con la mano destra la divinità dritta davanti a sé per il bavero del mantello, con un’espressione da gargoyle assassino che prometteva tuoni e fulmini, urlando: «Cosa diavolo vuol dire? Spiegati subito, vecchio inutile, altrimenti distruggerò questo dannato posto… lo giuro sulla tua testa!»
«P-Piccolo, lasciami... non hai bisogno di minacciarmi... sfoga pure la furia, se ti serve, ma lo sai già che posso venire incontro alla tua brama di spiegazioni quando vuoi...» balbettò l'anziano namecciano.
Dopo che Piccolo l'ebbe poggiato a terra con un grugnito, non senza un'ombra di sdegno, Dio iniziò a parlare, appoggiato al suo bastone di legno. «Non merito le tue ingiurie. Il tuo animo è cambiato, non sei più l’incarnazione del vizio che eri una volta… come sai, riesco a leggere le motivazioni più recondite nella tua mente. Placa la tua ira, conosco le tue vere intenzioni… esse non sono pure e sante, ma contaminate dalla violenza e dall’aggressività. Eppure meriti una spiegazione… la meritate tu e questi ragazzi.» concluse Dio accennando ai giovani guerrieri, che avevano appena messo piede sulla bianca pavimentazione del santuario.
La domanda era ovvia e sottintesa, e anche senza esplicitarla i quattro amici terrestri avevano intuito quale fosse il nodo centrale che aveva dato vita al breve alterco tra i due namecciani.
Un puro spirito vitale si trovava, suo malgrado, in una zona buia, calda e asciutta di cui aveva un vago ricordo.
«Uff... credo di essere morto... di nuovo...» sbuffò guardandosi intorno, avviandosi lievemente verso la luce che vedeva in fondo a quel luogo. Riconobbe al primo impatto prima il brusio di sottofondo, poi quel fastidioso ma pur sempre moderato caos tipico degli uffici postali.
«Volete mantenere la fila, per favore?»
«Signor diavolo... quel tipo mi è passato avanti...»
«Volevo stare in fila con mia moglie... insieme anche dopo la morte!»
«Hai tutta l'eternità per stare con tua moglie, scemo!»
«Sì, ok, ma non usare questo linguaggio o finirai a reincarnarti! Ahah!»
Il nostro spirito si mise in coda e attese pazientemente il suo turno: fortunatamente la fila era scorrevole. Del resto Re Enma era abbastanza efficiente nell'assegnare ogni anima defunta alla sua sorte ultraterrena, e purtroppo sembra che nell'universo ci siano abbastanza anime più o meno cattive che gli agevolano il compito senza suscitare troppe perplessità.
«Il prossimo...» brontolò Re Enma.
Lo spirito si presentò al suo cospetto, davanti alla gigantesca scrivania.
«Ehi, ma ci siamo già conosciuti noi due!» commentò con un largo sorriso sarcastico Re Enma. «Son Goku, come dimenticarti?»
«Ciao, Re Enma! Come stai?»
Da dietro si levarono le proteste degli altri spiriti incolonnati; è cosa nota che durante le code negli uffici ci si spazientisce facilmente. «Allora, ci diamo una mossa? O facciamo salotto, eh?»
«Silenzio! Qui comando io!» li rimproverò re Enma con la sua voce cavernosa e rimbombante. «Continuiamo! Cosa ci fai qua così presto?»
«Ah, non lo so... ricordo solo che poco fa ero con mio figlio, e ora sono qua!»
«Vediamo... qua nel mio registro c'è scritto che sei stato colpito da una malattia e sei morto...»
«Ah...ecco perché mi sentivo così stanco, stamattina... ero malato! Come posso tornare sulla Terra?»
«Non puoi tornare... che domande!»
«Ma come no? Nemmeno con le Sfere del Drago?»
«No... credo proprio di no... almeno, non credo ci siano scappatoie alle leggi divine, in questo caso...»
«Ma io voglio stare ancora con mia moglie, mio figlio e i miei amici!!» protestò imbronciato il Saiyan. «Sono troppo giovane per restare qua!»
«Eppure questo è il nuovo andazzo a cui ti dovrai abituare! Io non accetto reclami!» urlò spazientito il Re dell'Oltretomba. «Leggo qua che per i meriti da te conseguiti in vita ti spetta la possibilità di mantenere il corpo. Forza» ordinò ai suoi sottoposti «trovatemi il timbro “Eroe”, devo imprimerlo su questa pagina. Ma dannazione! È mai possibile che in questo benedetto ufficio non si trova mai niente?» Eh... caro Re Enma, la burocrazia dell'Aldilà non è poi troppo differente dalla nostra, sotto certi aspetti.
Finalmente il timbro “Eroe” saltò fuori da un cassetto e fu sbrigativamente impresso sulla pagina corrispondente alla vita di Goku, il quale in un batter d'occhio riacquistò il corpo e le sue sembianze normali che ricordava di avere fino alla mattina.
«E ora che devo fare?» domandò Goku.
«Vai dal tuo Re Kaioh di riferimento! Ma muoviti, che mi blocchi la fila, diamine!»
Il Saiyan portò due dita alla fronte e provò a concentrarsi, ma il mormorare delle anime in sottofondo gli complicava le cose; dato che non lo vedeva muoversi, Re Enma lo rimproverò intimandolo a sbrigarsi. «SILENZIO! Lo capite o no che qui c'è qualcuno che sta provando a concentrarsi??» sbottò il Super Saiyan. Quando regnò il silenzio, l'eroe si concentrò; individuata l'aura inconfondibile di Re Kaioh, si teletrasportò da lui.
Re Enma si sorprese: «Perfetto! Pare che si sappia anche teletrasportare ora... spero di non vedermelo scorrazzare qua e là per questo mondo!»
Sulla Terra, in quel momento, era pomeriggio inoltrato. Era veramente quella la fine di Son Goku? Era morto definitivamente? Nessuno dei suoi amici e nessuno di coloro che avevano imparato a conoscerlo bene riusciva a crederci: del resto, pure quando veniva dato per spacciato, aveva il talento di saltare nuovamente fuori, puntualmente. Non era possibile che tutto finisse così. Una morte così semplice, banale e stupida come una bolla di sapone che si gonfia fino a diventare enorme e poi scoppia senza emettere nessun rumore. No, non ci si riusciva a credere! Forse fu questo pensiero inconcepibile a far sì che il pensiero di tutti si rivolse a quella che ritenevano la soluzione più valida: le Sfere del Drago.
Tutti si ricordavano che, per Goku, quella era la seconda volta... la sua seconda morte. E la regola vietava di riportare in vita per due volte la stessa persona; però, forse si sarebbe potuto fare appello agli indubbi meriti che Goku aveva maturato verso il pianeta.
Piccolo, sulla soglia della porta, volse lo sguardo verso Gohan. Mentre sua madre si disperava con la testa fra le braccia incrociate sul materasso dove giaceva il cadavere del marito, il piccolo – dopo il triste annuncio – era caduto carponi e non riusciva a smettere di piangere, mentre il suo sguardo corrucciato fissava il vuoto e le lacrime dagli occhi scivolavano verso il mento e stillavano a terra. In quell'esatto momento Il guerriero namecciano decise che non poteva indugiare oltre: si sentiva in dovere di darsi una mossa per il suo allievo, per il bene di Gohan. Si avvicinò al bambino e, guardandolo con sguardo fiero, ordinò: «Gohan, resta qui a consolare tua madre. Io andrò a parlare con Dio.» Dopodiché uscì nuovamente fuori e volò via. Tutti gli altri lo videro. Tenshinhan fu il primo a commentare: «Piccolo se n'è andato via... era furente. Come Vegeta... evidentemente entrambi hanno sofferto la morte di Goku... non me l'aspettavo proprio da loro.»
«Non penso sia per questo.» ribatté Crilin. «Avete notato che direzione ha preso?»
«Sì... e allora?» replicò a sua volta Jiaozi.
«Non vi ricordate cosa c'è in quella direzione?» osservò di nuovo Crilin con un sorriso che tradiva furbizia.
«Non saprei... a me non viene in mente nulla...» rispose il treocchi.
«Ma certo!» esclamò Yamcha esaltato, colpendosi il palmo sinistro col pugno destro. «C'è il santuario di Dio!»
«Non mi convince! Cosa vorrà da Dio? Ricordate al torneo quanto lo odiasse? Perché era la sua nemesi... Non so voi, ma io voglio vederci chiaro! Io lo seguo!» commentò risoluto Tenshinhan per poi innalzarsi in volo, seguito dall'immancabile Jiaozi e da Crilin. Yamcha, dopo aver avvertito Bulma, li seguì a ruota. Nel frattempo, Bulma contattò Hatataku e lo avvertì dell'accaduto. Il dottore, sorprendentemente, si rivelò affranto e distrutto; rispose all'annuncio della ragazza dichiarando solennemente: «Continuerò le ricerche in memoria del suo amico, lo prometto. Questa malattia dovrà essere studiata e debellata.»
Durante il viaggio, parlarono poco; non erano dell'umore. Cosa doveva aspettarsi Piccolo da quella visita al Dio della Terra? E cosa dovevano aspettarsi tutti loro?
Yamcha osservò solo: «Forse vuole chiedere a Dio di fare uno strappo alla regola, per riportare Goku in vita.»
«È cambiato sul serio, Piccolo... ha maturato un certo senso di giustizia. E dire che nessuno di noi ci avrebbe scommesso, a parte Goku!» commentò con un ghigno ironico Tenshinhan.
«Però, da quanto ne sappiamo, non è possibile riportare in vita coloro che sono deceduti per cause naturali... e un virus è una causa naturale.» continuò Yamcha.
«Può essere anche che “cause naturali” debba intendersi come “morte di vecchiaia”, quindi una morte per malattia non farebbe testo... no?» obiettò Crilin.
«Boh... chi ci capisce...» mormorò Yamcha alla fine.
Peccato che non fossero rimasti ancora qualche minuto a casa di Goku: avrebbero potuto vedere il cadavere di Goku smaterializzarsi letteralmente sotto i loro occhi. Madre e figlio, invece, rimasero attoniti a contemplare quel prodigio.
Dopo un viaggio lungo perché gravato dallo sconforto, gli amici di Goku arrivarono al santuario di Dio. Si sorpresero di trovarsi davanti la scena spiazzante che ora si mostrava ai loro occhi. Sotto lo sguardo terrorizzato di Mr. Popo che tremava come un impotente infelice, il demone dalla pelle verde stava letteralmente reggendo con la mano destra la divinità dritta davanti a sé per il bavero del mantello, con un’espressione da gargoyle assassino che prometteva tuoni e fulmini, urlando: «Cosa diavolo vuol dire? Spiegati subito, vecchio inutile, altrimenti distruggerò questo dannato posto… lo giuro sulla tua testa!»
«P-Piccolo, lasciami... non hai bisogno di minacciarmi... sfoga pure la furia, se ti serve, ma lo sai già che posso venire incontro alla tua brama di spiegazioni quando vuoi...» balbettò l'anziano namecciano.
Dopo che Piccolo l'ebbe poggiato a terra con un grugnito, non senza un'ombra di sdegno, Dio iniziò a parlare, appoggiato al suo bastone di legno. «Non merito le tue ingiurie. Il tuo animo è cambiato, non sei più l’incarnazione del vizio che eri una volta… come sai, riesco a leggere le motivazioni più recondite nella tua mente. Placa la tua ira, conosco le tue vere intenzioni… esse non sono pure e sante, ma contaminate dalla violenza e dall’aggressività. Eppure meriti una spiegazione… la meritate tu e questi ragazzi.» concluse Dio accennando ai giovani guerrieri, che avevano appena messo piede sulla bianca pavimentazione del santuario.
La domanda era ovvia e sottintesa, e anche senza esplicitarla i quattro amici terrestri avevano intuito quale fosse il nodo centrale che aveva dato vita al breve alterco tra i due namecciani.
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