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DB - La storia mai raccontata!

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  • Ahah, beh sai com'è "lo scopriremo solo vivendo" è una frase che uso abbastanza di frequente.

    Grazie, mi riempi di un sacco di complimenti.
    Guarda, scrivendo scrivendo mi sono scoperto una fantasia maggiore di quella che pensavo di avere. E' anche vero che questa è una fanfiction, non una storia totalmente inventata da zero: quindi mi muovo su argomenti, trame e personaggi dove le "regole" sono già prestabilite da Toriyama, se voglio che la storia sia almeno un po' fedele. Almeno, ci provo a farla fedele...
    Anche sulle cose create da me rispondo a delle domande che mi pongo o che qualcun altro si poneva e a cui potevo provare a rispondere, ad esempio:
    - come può essersi svolta la battaglia tra Goku, Freezer e re Cold?
    - come mai Goku morto di malattia non è stato resuscitato con nessun tipo di Sfere del Drago?
    E partendo da queste domande ho creato i capitoli che hai letto.

    Ad esempio in quest'ultimo capitolo, per la parte su Tung e Uska, ho ragionato in questo modo: possibile che nessuno si ricorda della carriera nella delinquenza, e poi al Tenkaichi, di due tipi forti come Tenshinhan e Jiaozi? Più o meno ci dovrebbero essere persone che avevano una memoria dei loro incontri passati, così come noi ci ricordiamo di calciatori di una decina di anni fa... ed ecco che ho costruito la storia che hai letto...

    Poi mi piace leggere libri, vedere film e come tutti ho delle canzoni che mi piacciono: quindi mi capita di associare la storia di Dragon Ball con riferimenti presi dalle cose che conosco al di fuori di Dragon Ball; quindi le inserisco, se mi sembra che siano adatte.

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    • Mi pare più che giusto, anch'io spesso mi chiedevo: ma perchè nei tornei Tenkaichi nessuno si ricordava di Goku e della sua straordinaria forza (o in questo caso di Tenshinhan e Jiaozi), ma tutti elogiano Mr. Satan? Qualcuno di loro aveva mai guardato un Tenkaichi di tempo prima? Ecco, qualcuno ci doveva pur essere...

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      • Comunque per svelare l'arcano, sì avevo letto il capitolo 16 ma le contorte vicende di Goku mi avevano fatto tralasciare il destino del principe dei saiyan

        Comunque carino questo capitolo, transitorio ma si legge bene, come sempre.
        Ottima trovata, che ho molto apprezzato, quella che spiega come mai i dipendenti di Cooler vestano armature con una sola spallina.

        Quindi se la dovranno vedere con Cooler e soci prima, e coi cyborg poi?
        sigpic

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        • Le risposte su Cooler, in questo capitolo!

          Cap. 19: Rock The Casbah!

          Erano mesi che Kodinya si sentiva sottovalutata e, di conseguenza, sottoutilizzata. Era diventata ancora più forte dell'ultima volta che aveva incontrato Vegeta e nell'esercito di Cooler godeva di una fama sopra le righe, come si conveniva ad uno degli ufficiali più notevoli. Ciononostante, nessuno le dava la soddisfazione di farla avanzare di grado; ne derivava che veniva adibita sempre a compiti noiosi o stupidi, dove c'era ben poco da divertirsi. Non è che fosse una tipa sanguinaria e feroce come la generalità dei Saiyan; tuttavia adorava svolgere bene il proprio lavoro e non sopportava che le dessero incarichi adatti al massimo a gente priva di capacità. Forse lei valeva meno di pezzi da novanta del calibro di Zarbon e Dodoria? Le serviva un'occasione, solo un'occasione... Per questo motivo si risolse a chiedere udienza direttamente al Re che, in quanto tale, era anche capo di tutte le forze militari. In genere non era una ragazza titubante, anzi talvolta in passato era stata spaccona al limite dell'incoscienza; tuttavia, davanti ad una creatura come Cooler, tutti sapevano che c'era il rischio di non uscire vivi da un'udienza, malgrado il nuovo sovrano fosse più indulgente dei suoi defunti familiari. Quando fu invitata ad entrare nella sala, si fece coraggio esclamando fra sé: “Sono un soldato, cazzo! Rischiare la morte fa parte del mio lavoro!”. Quindi entrò, avanzò verso il trono e, trovatasi al cospetto del monarca che la osservava con sguardo serio e braccia conserte, si inchinò profondamente. «Buongiorno, maestà.»
          «Buongiorno, Kodinya. Alzati pure.» Quando la giovane donna fu in posizione eretta, Cooler prese a parlare con voce ferma. «Stando a quanto mi è stato riferito dai miei inservienti, sei scontenta dei compiti che svolgi e vorresti prendere parte alla missione che sto organizzando alla volta del pianeta Terra; una missione alla quale, come sai, ho intenzione di presenziare in prima persona.»
          Cooler era a conoscenza di quanto accaduto sulla Terra, tramite i contatti telematici con l'astronave di Re Cold: in special modo era al corrente di come la battaglia condotta da suo padre Cold e suo fratello Freezer si fosse trasformata in un fallimento totale; tutto per colpa di quel pidocchioso e sfrontato Saiyan che già aveva regalato belle gatte da pelare a Freezer su Namecc, il tutto in combutta con qualche insignificante terrestre e namecciano. Purtroppo non aveva potuto seguire pedissequamente lo scontro, né i soldati di Freezer erano stati in grado di seguire la battaglia: non avevano saputo riferire del ruolo avuto da Crilin e Tenshinhan e della tecnica del teletrasporto. L'unica sfortunata certezza era che quel dannato era il millenario Super Saiyan, da sempre temuto dalla sua famiglia.
          «Come sai, sulla Terra dovrebbe vivere ancora il Super Saiyan che ha umiliato mio fratello e mio padre, spedendoli all'altro mondo. Dunque, questa non sarà una pura e semplice missione di conquista, poiché il mio principale movente è la vendetta. Naturalmente non è mio fratello che voglio vendicare: non è un mistero che fossimo in cattivi rapporti e sono convinto del fatto che ora ci sia un governante scriteriato in meno nell'universo; ma mi dispiace molto per mio padre.»
          «Sempre ai suoi ordini, supremo Re Cooler.» dichiarò Kodinya con un inchino, come a voler sottolineare che condivideva ogni singola virgola.
          «Mi è stato riferito anche che sei in possesso di informazioni utili.»
          «Ho delle informazioni molto generali, a dir la verità.»
          «Non importa: cosa sai della Terra? Parla, sii esaustiva.»
          «In uno dei miei viaggi, mi è stato raccontato che gli abitanti della Terra hanno sembianze simili a quelle dei Saiyan, ma in linea generale la loro forza combattiva è praticamente insignificante. Mi è stato anche detto che ce ne sono alcuni con una potenza interessante dal punto di vista militare, ma nulla che possa impensierire me, né tanto meno Voi.»
          «Non penso che sapere tutto ciò fosse determinante. Mio padre e mio fratello sono partiti senza avere queste nozioni, confidando nel fatto che non potevano esserci esseri più forti di loro e pensando che, lottando in due contro uno, avrebbero vinto il Super Saiyan. Non credo proprio che la presenza dei terrestri sia stata un fattore decisivo. Altro?»
          Senza dar mostra dell'imbarazzo che provava in cuor suo, Kodinya continuò: «È un pianeta che secondo i parametri dell'impero potrebbe risultare turisticamente rilevante.»
          «Interessante.» fu l'ironica ed annoiata replica di Cooler. «Almeno le tue fonti sono attendibili?»
          «Sissignore, chi mi ha riferito tali informazioni non aveva ragione per mentirmi.» La fonte era Vegeta e, dato il tono amichevole della loro ultima conversazione, non avrebbe avuto motivo di raccontarle fesserie.
          «Almeno ti sei resa conto che finora non mi hai rivelato nulla di veramente interessante?» rimbrottò il re con un tono di rimprovero.
          Kodinya abbassò il capo fissando il pavimento, un po' umiliata. Per la testa le passò un pensiero fulmineo: era consapevole dell'astio che Cooler e la sua famiglia nutrivano verso il popolo Saiyan in generale; un sentimento che si alimentava come un falò mediante le colpe di cui si era macchiato il Super Saiyan. Un dato scottante che le avrebbe fatto acquisire punti agli occhi del sovrano c'era: fino ad allora, nessuno sapeva ancora che sulla Terra c'erano non uno, ma due Saiyan. Ovviamente il pensiero di Kodinya ritornava al suo amico Vegeta che aveva una forza notevolmente sopra la media, tale da mettere fuori gioco chiunque nell'universo, a parte Cooler stesso. Malgrado non fosse un Super Saiyan, era sulla buona strada per raggiungere anche lui un giorno quel mitico stadio: ed ecco che l'esistenza di Vegeta diventava una notizia preziosissima. Doveva rivelare o no quel segreto? Lei era più propensa per il no, naturalmente: rivelare quel segreto sarebbe significato tradire e compromettere la vita di colui che anni prima era stato il suo amico più leale.... e probabilmente non aveva mai smesso di esserlo. Vegeta sapeva essere testardo e fortunato e ciò lo avrebbe potuto salvare dagli strali di Cooler: ma per quanto? La forza è forza, specialmente quando è assoluta come quella di Cooler. Però... per gli scopi di Kodinya poteva essere decisiva la stima che il sovrano aveva nei suoi confronti; in sostanza, ne andava della sua esistenza futura, della possibilità di occupare un posto di rilievo nell'esercito imperiale. Solo il Cielo sapeva se il Destino le avrebbe concesso in futuro un'altra occasione decente. Essere o non essere machiavellica? Essere o non essere egoista? Questo era il dilemma. Fortunatamente Cooler le diede involontariamente l'opportunità di cambiare parzialmente discorso, o almeno di non toccare direttamente quel tasto, perché le chiese: «Mi hai dato notizie ben misere, Kodinya. Cerca di essere sincera con me, e dimmi cosa speri davvero di ottenere da questo nostro colloquio. Rivelami le tue intenzioni.»
          Per Kodinya fu un invito a nozze: l'alta combattente, per sua natura, non desiderava altro che poter parlare in maniera schietta. Se avesse potuto, avrebbe sfoderato quel gergo da camerata che di solito usava quando era alle prese con altri soldati; ma davanti a un re non era proprio il caso... Venne al dunque senza preamboli: «Maestà, finora mi sono trovata un sacco di volte a lottare nelle retrovie, e a volte mi hanno incaricato di svolgere mansioni che di militare avevano ben poco. Tuttavia, io mi reputo superiore; anzi no, lo sono! La mia potenza ormai è molto cresciuta rispetto a quello che si creda, e voglio che anche Voi mettiate alla prova la mia abilità in battaglia. Sono sicura che potrei servirvi adeguatamente persino nelle forze d'élite. Per questo, anche se non sono stata assoldata, chiedo molto umilmente di poter prendere parte alla missione sulla Terra.»

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          • Cooler la ascoltò. Era una bella sfacciata, quella Kodinya... lo testimoniava già il fatto che avesse chiesto un colloquio individuale. Cooler si alzò dal trono e cominciò a passeggiare lentamente per la sala con le mani intrecciate dietro la schiena, poi si avvicinò ad un tavolinetto decorato su cui erano poggiate una elaborata coppa a sezione quadrangolare e una bottiglia azzurrina trasparente contenente un liquore scarlatto. Sotto lo sguardo d'attesa di Kodinya, si servì in una coppa una discreta quantità di liquore. Il Re rifletteva: la sua squadra di guerrieri d'élite lo serviva da diversi anni, sin da quando gestiva per conto di suo padre una parte dell'impero, così come Freezer aveva la sua squadra Ginew; quei tre combattenti si erano sempre dimostrati numericamente sufficienti. Tuttavia, ora che Cooler era l'unico sovrano, gli sarebbe tornato utile ampliare un po' il numero degli appartenenti alla forza speciale: il problema, però, era trovare qualcuno che avesse un livello combattivo degno di questi compiti, e nell'universo se ne trovavano davvero pochi.
            «Lo chiedi “molto umilmente”, eh?» la canzonò, leccandosi il liquore rosso dalle labbra, in un atteggiamento che complessivamente rievocava non poco il suo defunto fratello minore. «Sei ardita e sfrontata se arrivi a parlarmi delle forze d'élite, altro che umile... soldatessa.» calcando questo ultimo termine con un tono di sarcastico compiacimento. Cooler pensava che la minore attitudine delle donne all'attività militare fosse una specie di legge universale valida su tutti i pianeti: in tutte le razze le donne sono sempre più deboli dei maschi. Il pianeta di origine di Kodinya – dove i ruoli dei sessi erano radicalmente invertiti – doveva essere l'eccezione che confermava quella regola. Erano i fatti a dar validità a quella legge di natura: la percentuale di femmine era nettamente inferiore a quella dei maschi, nell'esercito di Cooler come in quello di Freezer. Finalmente, Cooler espresse la sua decisione: «Ho deciso di regalarti la chance che cercavi. Una più, una meno... cosa vuoi che mi cambi? Sarai dei nostri.» comunicò il sovrano con sufficienza. «Considera questa mia decisione come una ricompensa per la tua temerarietà nel rivolgerti al tuo sommo sovrano con tono audace. Hai dimostrato fegato, e nel tuo campo il fegato è la metà di ciò che occorre.»
            «…»
            «Se te lo stai chiedendo, l'altra metà è la potenza. Ne hai a sufficienza o no? Questo devi ancora dimostrarmelo.» Kodinya rimase senza parole. Era troppo incredula per sentirsi felice: era bastato così poco per persuadere Cooler.
            Il Re riprese: «Ma bada...». Ops... c'è sempre un ma, in questo tipo di discorsi.
            «Se si scoprirà che mi hai mentito su qualche punto, la tua ricompensa diventerà il tuo funerale. Comprendi?» Ops... ecco il ma. Kodinya aveva omesso di informare il sire dell'esistenza di Vegeta. Beh, tecnicamente omettere non è mentire... mentire vuol dire dichiarare il falso, omettere vuol dire tacere su qualche punto. Comunque era troppo tardi per rimediare in tal senso: se avesse parlato ora, avrebbe confermato che c'era dell'altro, e per di più sarebbe passata per una vigliacca che parla solo sotto minaccia davanti al suo signore, e non di propria spontanea volontà. Di getto la guerriera decise che non avrebbe rivelato nulla sul Principe dei Saiyan, confidando nel futuro e sperando di non essersi messa nei guai da sola. Infine rispose nella maniera più asettica possibile «Sissignore.», profondendosi in un inchino.
            «Un'ultima cosa. Uscendo dovresti incontrare la Squadra Sauzer: ho convocato anche loro per parlare della missione sulla Terra. Se li incontri in giro, avvertili di entrare.» Con questa ultima frase, Kodinya capì che l'udienza era conclusa. Sì inchinò per l'ultima volta in segno di saluto, e uscì dalla sala.
            Si parlava del diavolo, ed ecco spuntare le corna, il forcone e gli zoccoli da capra: i tre componenti della Squadra dei combattenti d'élite del capitano Sauzer, più comunemente nota nelle galassie come Squadra Sauzer. La risposta di Cooler alla Squadra Ginew di Freezer; come a suo tempo Kodinya aveva odiato Ginew e i suoi sgherri, adesso detestava Sauzer e i suoi. Li avrebbe sistemati volentieri a dovere, e probabilmente ora ne era realmente capace, ma la legge vietava agli alti ufficiali di uccidersi reciprocamente: una precauzione per evitare che gli esponenti più validi delle forze militari finissero decimati. Passò loro davanti, intenzionata a mostrar loro che non li degnava nemmeno di un mugugno; peccato che fu uno di loro a commentare col suo vocione: «Ciao, bel culo!»; se interessasse a qualcuno, Kodinya non aveva uno di quei piccoli culetti da francesina, bensì aveva un sedere formoso e in carne, da atleta ma anche da donna che aveva superato la trentina; la battle suit sottolineava questo suo lato. Al primo guerriero fece eco uno degli altri due, con un timbro vocale più elegante ma dal tono più ironico: «Ciao, bel nasino.»; il naso di Kodinya era abbastanza pronunciato, come si ricorderà. I tre scoppiarono a ridere come dei deficienti: erano il tipo di maschi che Kodinya mal tollerava maggiormente, quelli che si divertono a fare i fenomeni sia da soli che, con peggiore insistenza, quando sono in branco.
            Senza nemmeno guardarli, rispose alle battute obbedendo seccamente all'ordine del Re di poco prima: «È il vostro turno di udienza, bastardi. Il Re vi sta aspettando.» Quando si furono distanziati di qualche passo, Kodinya sibilò tra i denti: «Figli di puttana.»
            Cooler, in attesa che i suoi guerrieri d'élite entrassero, andò a sedersi nuovamente sul trono e ne approfittò per ragionare in solitaria. «Devo pianificare tutto al meglio. Terrò la squadra Sauzer pronta ad essere utilizzata, anche se, date le premesse, non dovrebbero essere necessari... ma nulla dovrà restare imprevisto. Io non sono mio fratello... lui ha sempre preso tutto con leggerezza.»

            Chiudiamo qui questa parentesi sul pianeta Frost e torniamo alla Terra: d'altronde, i preparativi per la missione sulla Terra sono ancora in corso e la traversata interplanetaria sarà molto lunga, anche usando la potente astronave madre di Cooler.
            I mesi passarono in fretta, per Crilin e Yamcha, fra le centinaia di consegne che portarono a termine senza problema alcuno; Mr. Drako si era comportato con loro proprio come aveva previsto Bulma: un po' stronzo sì, ma in fondo allegro, ciarliero e soprattutto onesto; era talmente soddisfatto di loro che non lesinò di pagar loro qualche extra. In questo modo, quando riuscirono a mettere insieme un gruzzolo ragionevole, i due amici ormai soci d'affari si misero in cerca di un fabbricato ad un prezzo decente da trasformare nella loro nuova palestra. Quando lo trovarono, incaricarono un'impresa edile di ristrutturarlo, e ad una tipografia affidarono la commissione di stampare volantini pubblicitari della nuova palestra. Infine, rassegnarono le dimissioni: quando il loro capo lo venne a sapere, si trasformò in una disperata fontana di lacrime; infine dovette cedere e accettare i progetti che coltivavano per il loro futuro.
            Alla fine arrivò il giorno tanto agognato: quello dell'apertura della palestra. Si trattava un edificio di un bianco tendente all'azzurrino chiaro, dalla forma semisferica secondo l'architettura in voga nella Città dell'Ovest; sul lato frontale, proprio sopra l'ingresso, campeggiava l'insegna a caratteri cubitali “Shin Kame School”. Bulma – che da qualche mese aveva abbandonato la sua permanente per tornare al taglio liscio di capelli -, Pual e Olong, intervenuti per fare compagnia, chiacchieravano con Chichi e Gohan, anche loro invitati: al di là del rapporto di amicizia che legava in particolare Crilin e Gohan, quella palestra era stata in qualche modo ispirata da Goku. L'ospite d'onore era il maestro Muten, senza il quale quella scuola di lotta forse non sarebbe esistita.
            Yamcha e Crilin erano su di giri per l'apertura della nuova palestra. Facevano un figurone nelle loro divise nuove di zecca: per l'occasione, infatti, sfoggiavano le nuove uniformi, che poi non erano che la versione aggiornata della classica tuta della tartaruga. Entrambi indossavano una casacca di un rosso-arancio acceso che riportava l'ideogramma Kame sul petto in piccolo, e sulla schiena in grande, e dei pantaloni dello stesso colore. Sotto la casacca indossavano una maglietta blu notte, che si abbinava ai polsini dello stesso colore; completavano l'abbigliamento degli stivaletti neri. Quel corredo era nell'insieme molto pesante: se l'erano fatto fornire da Dio, al duplice scopo di agevolarli nel trattenere la loro vera forza e di mantenere il fisico in costante allenamento; sicché, alla fine, portavano addosso un peso molto superiore al loro stesso corpo. Per di più Yamcha, che tra i due era quello più vanitoso, aveva deciso per l'occasione di esibire un nuovo taglio di capelli a spazzola.
            Crilin, oltre ad essere eccitato, avvertiva una punta di preoccupazione. E se non fosse arrivato nessun interessato? Magari in quegli anni i gusti erano cambiati e ai giovani non interessavano le arti marziali... no, non era quello lo spirito giusto. Fiducia in sé stessi! Questo doveva essere il motto: anche Goku sarebbe stato d'accordo su questo. Crilin annuì convinto, portò i pugni ai fianchi e assunse un portamento baldanzoso.

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            • D'un tratto, la porta scorrevole automatica si aprì, e come un tornado si videro entrare due ragazze che definire particolarmente allegre era riduttivo. Improvvisando un vivace balletto, tenendosi per le mani intrecciate in una sorta di comico valzer, le due si portarono davanti al gruppetto gridando: «Ta-daaaan!» Ora che si erano fermate, i presenti potevano guardarle da vicino e con maggiore chiarezza. Dovevano avere tra i sedici e i diciotto anni, avevano entrambe un fisico snello ma formoso e vestivano canottiere e pantaloni di tuta; i loro visi erano identici, e l'unico elemento che aiutava a distinguerle era il taglio di capelli: la prima aveva i capelli corti che non arrivavano alla base del collo, la seconda li teneva raccolti in due lunghe code; la caratteristica comune era l'uguale colore di occhi e capelli, verde scuro.
              «Facciamo crollare questo posto! Gyeah!» disse l'una all'altra, con un sorrisone a trentadue denti e gli occhi chiusi, il pugno verso il cielo.
              «Gyeah! Let's rock the gym, sorella!», approvando l'idea.
              Muten e Olong, che su un certo tipo di argomenti viaggiavano sulla stessa lunghezza d'onda, si misero a bisbigliare di sottecchi fra loro: «Hai visto che belle fighette?» domandò Muten.
              «Ihih, sì, proprio carine...» sghignazzò il maiale, con un viso più porcello che mai. «Mi ricorda i bei tempi in cui rapivo tutte quelle lolite e me le portavo a casa... che ricordi!» aggiunse, con la bava alla bocca.
              «Cosa avete voi due da confabulare, eh??» chiese Chichi minacciosamente, portandosi dietro di loro. «State tramando qualcuna delle vostre porcellate da depravati...? Cercate di non corrompere mio figlio...» I due si zittirono, grondando sudore freddo e inghiottendo a vuoto.
              Le due si avvicinarono a Yamcha con atteggiamento spaccone e domandarono all'unisono: «Ciao, stallone! Sei tu il capo di questa stamberga?»
              «S-stamberga...?» balbettò il giovane.
              A questo punto Bulma, vedendo le due ragazze che si prendevano troppe confidenze con il suo fidanzato, decise di prendere in mano le redini della situazione, e sbraitò mostrando due file di denti aguzzi: «Cominciate a portare un po' di rispetto, brutte maleducate che non siete altro!»
              La ragazza coi capelli più corti rispose con insolenza: «Ohè, zia! Datti una calmata e parla bene con noialtre!»
              L'atmosfera si stava riscaldando, quando l'attenzione dei presenti fu attratta da una melodiosa voce femminile che risuonò sulla soglia dell'ingresso: «Kaya! Ganja! Siete due cretine!» Tutti lanciarono un'occhiata alla nuova arrivata, ma fu Crilin quello che si soffermò a guardarla con maggiore partecipazione, mentre faceva un ingresso degno della protagonista femminile di un film. Era di altezza media, aveva un fisico snello e non eccessivamente formoso; aveva lunghi capelli ondulati color crema che, scendendo, mostravano delle screziature color cioccolato; ma la cosa più sublime di quella celestiale visione, ciò che più colpì Crilin di primo acchito, furono gli occhi: di un azzurro chiaro come il ghiaccio, avevano un taglio molto delicato e particolare, e le conferivano un'aria dura e matura. Era bellissima. Anzi no: era la ragazza più affascinante che Crilin avesse mai avuto la fortuna di vedere. La ragazza interruppe l'idillio della sua entrata in scena rimproverando coloro che l'avevano preceduta: «In che lingua vi devo ripetere che non dovete fare le deficienti!?» Poi, rivolgendosi a Yamcha e Crilin, sui quali si era soffermata per via della tuta, disse: «Immagino siate voi i gestori di questa palestra, giusto? Lo intuisco dalle tute...» Crilin era rimasto là, mezzo bloccato come un mammalucco, quindi fu Yamcha a reagire: «Sì, signorina! Io mi chiamo Yamcha... e questo» aggiunse indicando l'amico pelato «è il mio compagno di allenamenti nonché ora mio socio in affari, Crilin!»
              «S-sì... sono io!» riuscì a balbettare Crilin, come risvegliato da una sorta di ipnosi. La ragazza si mise in mezzo alle altre due poggiando le mani su una spalla per ciascuna, che erano chiaramente più giovani di lei. «Scusate se queste due zucche vuote hanno fatto irruzione in questo modo. Ero rimasta indietro, ma posso immaginare bene la scena...»
              «Sì figuri, signorina... siamo esperti di arti marziali, non possiamo lasciarci intimidire facilmente.»
              «Ti intimidisco io, testa pelata!» rimbrottò una delle due giovani.
              «Stai zitta, tu! Non intimidisci proprio nessuno!» la tacitò la più grande, premendo i palmi delle mani sulle teste delle due per costringerle ad abbassare lo sguardo. Poi le incitò: «Forza, presentatevi, da brave ragazze educate quali dovreste essere, o almeno far finta di essere.»
              «Io mi chiamo Kaya...» disse quella dai capelli più lunghi.
              «Io sono Ganja...» continuò l'altra.
              «Brave. Io invece mi chiamo Soya. Loro due sono gemelle, e io sono la grande di famiglia.» concluse la sorella grande, con tono sereno.
              «...io sono la grande di famiglia!» la scimmiottò Kaya, simulando una vocina stridula e fastidiosa, a cui Soya rispose dandole un pugno sulla testa.
              «Come avrete capito, alle due signorinelle qui presenti occorre un po' di disciplina... ma anche io voglio iscrivermi per migliorare le mie capacità.»
              Dalla conversazione che ne seguì, venne fuori che le tre appartenevano ad una famiglia di patiti delle arti marziali; e che Soya, che aveva già preso lezioni da piccola ma in seguito aveva abbandonato quella strada, serbava come ricordi d'infanzia i tornei Tenkaichi a cui aveva assistito da piccola col papà, senza immaginare che un giorno i due mitici concorrenti Yamcha e Crilin avrebbero aperto una palestra proprio nella loro città; che la stessa Soya, da qualche anno, si era occupata praticamente da sola di allevare quelle due teste calde delle sue sorelle come due ragazzine beneducate. Era sottinteso che le tre sorelle erano rimaste orfane, anche se nessuno dei presenti fu tanto indelicato da voler indagare sulla scomparsa dei loro genitori. «Purtroppo, come a volte capita ai ragazzi che non hanno più l'autorità dei genitori da rispettare, queste due sconsiderate sono molto indisciplinate, e molto poco rispettose. Vi avverto che, se le accettate come allieve, vi daranno dei bei grattacapi...» soggiunse la ragazza, raccomandandosi così sulla difficoltà derivanti da due ragazze così problematiche.
              «Stupida!» sbottò Kaya. «Ci fai passare per due delinquenti da riformatorio!»
              «E comunque non serve che fai tante raccomandazioni a questi due bellimbusti, perché tanto io e Kaya siamo d'accordo di non iscriverci! Tu fai quello che vuoi!» proruppe impertinente Ganja.
              «Appunto, farò quello che voglio: vi iscrivo.» ribatté Soya con occhi maliziosi, forzandosi a mantenere un tono di voce pacato.
              «E noi non ci presenteremo nemmeno mezza volta!» risposero straordinariamente all'unisono le due gemelle, accompagnando l'esclamazione con una sonora linguaccia – corale anch'essa - e concludendo con un altrettanto corale «Vaffanculo!», che lasciò di sasso tutti – tranne Olong, che continuava ad essere eccitato davanti al carattere piccante delle due ragazze. Beh, ma si sa che quello è un caso senza speranza. Muten, invece, sembrava attratto dalla situazione complessiva: il suo animo di saggio maestro riaffiorava dal suo sguardo imperturbabile dietro le lenti nere, fiducioso nelle potenzialità delle arti marziali; in fondo credeva che l'allenamento potesse giovare al carattere delle due.
              Il battibecco doveva essere qualcosa di frequente per le tre giovani, perché Soya non batté ciglio davanti al gentile invito ad andare a quel paese. Semplicemente, si girò verso i due capipalestra con uno sguardo apparentemente impassibile; Crilin scorse in quegli occhi una sorta di lampo, impercettibile per chiunque altro. Si chiese cosa significasse quello sguardo, poco meno di un'occhiata fugace.
              Yamcha si sentì in dovere di intervenire e di smorzare i toni del diverbio. Col suo noto savoir faire, disse: «Calma! Sentite, signorine: se frequenterete la nostra palestra, nel giro di pochi mesi vi insegneremo a fare questo...» E così dicendo, si mise tranquillamente a levitare di un paio di metri. «Le arti marziali sono anche questo... ma è necessaria una certa dose d'allenamento e di controllo delle proprie forze per riuscirci!» Soya restò sbalordita; le due gemelle, senza parole. Anche Crilin volle dare man forte al compagno d'avventura, e ne imitò l'esempio levandosi a mezz'aria.
              «Dina-mitico!» esclamò Kaya.
              «Gyeah! Dina-mitico al cubo!» le fece eco la gemella.
              «Ma davvero potremmo imparare a fare questo??» domandò di rimando Kaya, eccitata al solo pensiero.
              Allora il piccolo Gohan intervenne per sostenere i due amici: «Certo, guardate... so farlo anche io!» Così dicendo, si mise a svolazzare per l'ampio stanzone principale della palestra.

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              • «Gyeah! Se può farlo questo frugolo, possiamo riuscirci anche noi!» «Ci iscriviamo più presto di subito!» furono le dichiarazioni eccitate delle due allieve. Le due ragazze sembravano avere un atteggiamento molto immaturo, dopotutto: fu così che Kaya e Ganja accettarono di iscriversi, ed anche con un certo entusiasmo. Mentre discutevano sulle formalità d'iscrizione, con passo felpato, Olong aveva cercato di portarsi alle spalle delle tre ragazze che stavano interloquendo con i suoi due amici, per poter saziare la fame di curve femminili che avevano i suoi occhi.
                Fu allora che Kaya si girò di scatto con aria famelica: «Ehi tu, bracioletta! Non toccarmi le chiappette, anche se sono la mia parte migliore... e la tua parte migliore qual è? La pancetta o le costolette? Mi sta venendo fame...!» Al che Olong scappò via terrorizzato, lagnandosi fra sé: “Uffa! È mai possibile che le becco tutte io quelle che non voglio lasciarmi fare pat pat? Che disdetta!”
                Muten ridacchiò divertito: “Meno male che ho lasciato andare avanti lui... sono tipe aggressive, queste... ai miei tempi la gioventù era diversa...”
                Yamcha scomparve per un attimo nella sala adiacente, per poi ricomparire sorridente: «Perfetto! La quota di iscrizione vi dà diritto ad una divisa della palestra, che vi forniremo alla prima lezione. Passiamo alla regola numero uno: quando venite ad allenarvi qua da noi, la prima cosa da fare è indossare questi!» esordì mostrando dei gusci di tartaruga marina lucidi e nuovi nuovi, di colore viola. «Pesano venti chili ciascuno... come insegna il maestro Muten, per il periodo iniziale farete i vostri esercizi con indosso questi, e vedrete che farà molto bene alla vostra muscolatura... sarete in forma e anche la vostra velocità di movimento migliorerà.»
                Soya sorrideva compiaciuta, covando la speranza di trovare in quei due atleti dei potenziali amici, e non solo delle persone di sicura fiducia fare affidamento nel gestire “quelle due sconsiderate”.

                Quella stessa sera, da solo nel suo letto alla Kame House, Crilin rifletteva fra sé sulla giornata, e inevitabilmente ripensava a Soya, ai suoi occhi color ghiaccio e al suo sguardo. Finalmente riuscì ad interpretare lo sguardo che la sorella grande aveva rivolto a lui e a Yamcha: quella fanciulla stava chiedendo aiuto, quasi implorando, come se volesse camuffare dietro l'apparente freddezza una richiesta del tipo “Aiutatemi voi, perché io non so più che pesci prendere. Vi scongiuro.” Crilin rifletteva fra sé, finché bisbigliò con serietà: «Non preoccuparti, dolce Soya... ti aiuterò io. E la prossima volta vedrai che coglierò al primo colpo la tua richiesta d'aiuto, Soya.» Finalmente, Crilin si sentì libero di prendere sonno.

                *****************************************
                L’ANGOLO DELL’AUTORE
                Solite precisazioni di fine capitolo:
                 Ho scelto di inserire Cooler nella storia (già menzionato nei capitoli precedenti), malgrado non sia un personaggio del manga. La sua esistenza non mi sembrava in contraddizione con il manga, però il suo film mi sembrava un po' una scopiazzatura di Freezer e della squadra Ginew. Quindi, mi sforzerò di inserire elementi originali per far sì che la somiglianza tra Cooler e Freezer non diventi una banale ripetizione. Del resto sapete già che non ci sarà Goku a salvare il mondo, e in aggiunta agli invasori ci sarà Kodinya. :-)
                 Il titolo del capitolo è una citazione di una bella canzone dei The Clash, che incitava scherzosamente ad opporsi al regime iraniano musulmano che aveva vietato la musica rock (e quindi "rock the casbah", scuotete la casbah). Il riferimento del titolo è all'atteggiamento ribelle di quelle due pazze scatenate di Kaya e Ganja. :-)
                 Origine dei nomi dei nuovi personaggi: kaya e ganja sono due modi tipici della parlata giamaicana per indicare la marijuana; Soya deriva dalla soia, il noto legume.
                 Voglio che sia chiaro dalla descrizione che il viso di Soya (viso, non capelli e fisico) e in particolare gli occhi sono uguali a quelli di C-18 - insomma, dalla mia storia sembrerebbe che Crilin sia attratto da quel "tipo" di tratti somatici.

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                • Come al solito, non posso far altro che dirti che è un ottimo capitolo... Non vedo l'ora che Cooler arrivi sulla Terra.

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                  • Eheh, porta pazienza perchè il viaggio è lungo e ne passerà di tempo prima che arrivi il nuovo nemico.

                    E dei nuovi personaggi che ne pensi comparsi in questo capitolo?

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                    • Cooler che ci dà giù di scotch
                      Sembra molto composto, quasi un signore, avvolto da un'aura di rispetto e terrore reverenziale.
                      Mi fa pensare un po' a Tywin Lannister (per chi segue Game of Thrones).

                      Contento che Kodinya non abbia di fatto fottuto il vecchio trombamico, anche se, secondo me, a domanda specifica avrebbe sputato il rospo.

                      Una domanda: gli sgherri di Cooler hanno un livello pari o probabilmente superiore a quello del capitano Ginew, com'è che Kodinya pensa di batterli? Ha davvero ottenuto un potere del genere, se sì come?

                      Bella anche l'introduzione dei primi allievi della nuova tartaruga, scelte come sempre azzeccate e divertenti per i nomi, tra l'altro delineano i personaggi ancora prima della descrizione vera e propria.
                      Povera soia a dover tenere a freno ganja e kaya (anche se questo epiteto non si usa dalle mie parti e non lo conoscevo, pure istruttiva questa fanfic ); credo che quelle due ne combineranno...
                      sigpic

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                      • Ganja e kaya mi sono fin da subito (prima che arrivasse soya) sembrate delle pazze... Soya dalla descrizione mi sembra molto simile a C-18 (infatti, come hai anche detto, si assomigliano un po'; infatti Crilin ne è attratto).

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                        • Originariamente Scritto da Ssj 3 Visualizza Messaggio
                          Cooler che ci dà giù di scotch
                          Sembra molto composto, quasi un signore, avvolto da un'aura di rispetto e terrore reverenziale.
                          Mi fa pensare un po' a Tywin Lannister (per chi segue Game of Thrones).
                          Non seguo Game of Thrones, comunque hai colto alcuni caratteri essenziali della personalità di Cooler.

                          Originariamente Scritto da Ssj 3 Visualizza Messaggio
                          Contento che Kodinya non abbia di fatto fottuto il vecchio trombamico, anche se, secondo me, a domanda specifica avrebbe sputato il rospo.
                          Lei l’aveva detto che in qualche modo “gli voleva bene” (anche se “a modo molto loro”), ma di fatto lei sapeva che era una cosa che non sarebbe mai decollata; aggiungi che lei sicuramente non è perfetta e super onesta come un Goku o un namecciano puro, anche se non può dirsi che sia un’incarnazione del male come il primo Piccolo, il primo Vegeta o Freezer… sta nella fascia intermedia, come tutti noi! Insomma, l’eventualità che sputasse il rospo non era del tutto esclusa a priori, e poteva anche avere delle ragioni più o meno valide moralmente per farlo.

                          Originariamente Scritto da Ssj 3 Visualizza Messaggio
                          Una domanda: gli sgherri di Cooler hanno un livello pari o probabilmente superiore a quello del capitano Ginew, com'è che Kodinya pensa di batterli? Ha davvero ottenuto un potere del genere, se sì come?
                          Ti dico solo una cosa: no spoiler.
                          A tempo debito, tutto verrà spiegato. Ti dico solo che la spiegazione non sarà del tipo “si è allenata come una forsennata per superare i suoi limiti”… questa spiegazione varrebbe per una razza come quella Saiyan (la cui crescita non conosce limiti fisiologici) o per un individuo geniale ed unico nella sua specie come Piccolo, non per gente dalle potenzialità relativamente normali, come sono i nostri super terrestri o Kodinya. Insomma, uno come Tenshinhan o un Crilin, per quanto si alleni nella sua vita, molto difficilmente arriverà a potersi confrontare con Freezer nelle sue prime forme (o almeno questa è la mia visione delle cose, so che su Internet molti la pensano diversamente).

                          Originariamente Scritto da Ssj 3 Visualizza Messaggio
                          Bella anche l'introduzione dei primi allievi della nuova tartaruga, scelte come sempre azzeccate e divertenti per i nomi, tra l'altro delineano i personaggi ancora prima della descrizione vera e propria.

                          Povera soia a dover tenere a freno ganja e kaya (anche se questo epiteto non si usa dalle mie parti e non lo conoscevo, pure istruttiva questa fanfic ); credo che quelle due ne combineranno...
                          Originariamente Scritto da calogero99 Visualizza Messaggio
                          Ganja e kaya mi sono fin da subito (prima che arrivasse soya) sembrate delle pazze... Soya dalla descrizione mi sembra molto simile a C-18 (infatti, come hai anche detto, si assomigliano un po'; infatti Crilin ne è attratto).
                          Beh sono contento che vi piacciano! Col prossimo capitolo vi posto anche un disegno così vi fate un’idea di come le ho immaginate nella mia mente.
                          Comunque dalle mie parti non si usano né ganja né kaya per indicare la marijuana (però il primo è un modo di dire che è penetrato nel gergo dei fattoni di alcune regioni d’Italia è un po’ come Maria Maria nella canzone degli Articolo 31); sono termini di origine propriamente giamaicana – Bob Marley ha fatto pure una canzone (ed il relativo album) dal titolo Kaya.

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                          • Andiamo avanti col prossimo capitolo!

                            Cap. 20: Rompere il ghiaccio.

                            Qualche mese dopo, anche la Nuova Scuola della Gru aprì i battenti. Tenshinhan e Jiaozi erano soddisfatti: la loro palestra aveva l'aspetto di un ampio e magnifico fabbricato in stile giapponese, sul cui frontone era stata installata un'insegna i cui eleganti ideogrammi recitavano “Shin Tsuru Senryu”, ossia Nuova Scuola della Gru, affiancata dal dipinto di una gru che si reggeva su una zampa sola, parzialmente immersa in uno stagno. L'edificio nel complesso incuteva in chi la ammirava una forma di rispetto per i suoi proprietari, qualora già non avesse avuto modo di conoscerli e stimarli.
                            Fortunatamente per i due capipalestra, la zona che avevano scelto come sede della loro scuola era abitata da gente dalla mentalità tipicamente tradizionalista; fu una fortuna, perché nell'arco dei primissimi giorni di apertura si presentarono molti severi papà all'antica, desiderosi che i propri figli dedicassero il proprio tempo libero allo studio di una disciplina che li temprasse nel corpo e nello spirito, facendoli crescere forti e giudiziosi. Ricordiamo sempre che Vodka Town sorgeva in un'area montuosa, e solitamente in luoghi come questi si trova gente di tal genere, dalla solida tempra montanara; un insegnante dai modi un po' duri e spigolosi come Tenshinhan prometteva bene, a loro giudizio.
                            La nostra storia non sarebbe credibile, se raccontassimo che tutto filò sempre a gonfie vele fin dall'inizio: per cui, se le vele non si gonfiano da sole, in qualche modo bisogna impegnarsi ed orientare al meglio la nave al fine di trovare un vento favorevole ai propri propositi. Tenshinhan realizzò ben presto quel che non aveva messo in conto, ossia che rapportarsi con un certo numero di allievi non gli riusciva così spontaneo come aveva creduto in un primo tempo. In parte la colpa era del treocchi, o per meglio dire della sua indole seriosa; non era quel che si definisce un buontempone, e ciò lo bloccava nell'instaurare un rapporto di simpatia coi discepoli, che ne erano intimoriti. Il tutto era acuito dagli anni di isolamento, quasi di eremitaggio vissuti da lui e Jiaozi fra le montagne, interrotti saltuariamente dalle occasioni di mercato alle quali partecipavano per necessità, non certo per divertimento. Se non altro, notò Tenshinhan, Jiaozi sembrava più a suo agio coi ragazzi, senza dubbio per la sua indole immutabilmente bambinesca.
                            Pur con questi disagi iniziali che si sperava di superare al più presto, le lezioni avevano preso avvio, e si alternavano fra serie esercizi per il potenziamento del fisico e lezioni teoriche, con cui Tenshinhan e Jiaozi cercavano di inculcare nei giovani le basi della lotta, dando anche delle esemplificazioni pratiche. I due amici avevano fatto preparare per sé delle divise simili a quelle con cui si erano presentati per la prima volta al Tenkaichi, verdi e gialle, con un ideogramma centrale “tsuru”, ovvero “gru”; tuttavia, in occasione delle dimostrazioni pratiche, si sfilavano di dosso la tunica per mostrare agli allievi le pose e i movimenti del corpo.
                            «Seguite bene il discorso che vi faccio adesso...» esordì un pomeriggio Tenshinhan «...perché le arti marziali sono come questo edificio... anzi, come qualsiasi edificio: non riuscirete mai a costruire i piani superiori se le fondamenta e i piani inferiori non sono abbastanza solidi da reggere l'intero fabbricato.» Tutti i ragazzi ascoltavano attentamente, chi più teso e chi più sereno, seduti sul pavimento a gambe incrociate, e indossavano una semplice divisa verde scuro composta da casacca e pantaloni e contraddistinta sul petto e sulla schiena dall'immancabile ideogramma: la tenuta da novizi. Quello strano uomo calvo e con tre occhi ispirava loro una grande serietà, e nessuno si azzardava a contraddirlo. Chissà di cosa sarebbe stato capace se si fosse irritato, con tutti quei muscoli! Persino il suo amichetto lo seguiva e rispettava fedelmente; quell'esserino dolce e gentile, a dispetto delle apparenze, aveva qualcosa di inquietante di primo acchito.
                            «Normalmente, siamo soliti dividere le tecniche del nostro stile di lotta in tecniche di base e attacchi speciali. Chiaramente, non potete imparare le tecniche speciali se non siete abbastanza ferrati nei fondamentali della lotta. Inoltre, per eseguire con successo gli attacchi speciali, dovete essere già dotati di una certa forza e robustezza... Quindi, per il momento inizieremo subito con le tecniche di base.»
                            Un ragazzo snello, dai capelli rossicci lisci e lunghi fino alle spalle, prese timidamente la parola, sollevando il dito indice. «Una tecnica speciale sarebbe come quando il signor Jiaozi solleva con la sua forza mentale gli oggetti?»
                            «Hum... no, no, Ramen. Quella è la telecinesi, ma non si tratta di una tecnica di lotta; è una capacità personale di Jiaozi, non ha niente a che fare coi nostri insegnamenti.» I ragazzi guardavano i due insegnanti con aria dubbiosa: forse la lezione li stava confondendo?
                            «Maestro, ci potrebbe fare un esempio di attacco speciale? È abbastanza facile farsi un'idea delle tecniche di base, ma quelle speciali...» chiese un altro ragazzo perplesso, dagli occhi a mandorla e dalla testa totalmente rasata, che rispondeva al nome di Sashimi.
                            «Un esempio è la bukujutsu, ossia la levitazione!» affermò Jiaozi, mettendosi a levitare semplicemente sul posto.
                            «Oppure, un altro esempio classico della nostra scuola è la Dodonpa...» aggiunse Tenshinhan. «Jiaozi, lanciami una Dodonpa a bassa potenza, in modo che io possa pararla senza fare danni.» Jiaozi ubbidì: si portò a una decina di metri di distanza e scagliò la sua onda di energia gialla, mentre Tenshinhan si protesse il viso con le braccia incrociate. Tutti gli allievi restarono a bocca aperta: evidentemente non avevano mai assistito a nulla di simile, se non negli effetti speciali di qualche film tutt'altro che realistico; probabilmente erano troppo giovani per avere una qualche memoria dei Tenkaichi, qualora vi avessero mai assistito.
                            «Ma che bello spettacolino per bimbetti!» irruppe una voce viscidamente maligna, proveniente dalla soglia d'ingresso. Tutti coloro che si trovavano nella sala si voltarono istintivamente verso il punto da cui proveniva quella voce, per vedere non una, ma due persone; tuttavia poterne riconoscere l'identità era appannaggio dei soli due capipalestra. Erano due uomini che Tenshinhan e Jiaozi non avevano più visto da circa una decina d'anni, o poco meno. Uno dei due portava occhiali scuri dai riflessi rossi, e un cappello con una gru come decorazione sulla sommità; i suoi sottili baffetti e i suoi capelli, un tempo argentei, erano un po' sbiaditi rispetto all'ultima volta, così come aveva fatto la sua comparsa qualche rughetta in più. Lo accompagnava l'altro il cui viso, a ben vedere, sembrava un ibrido mezzo uomo e mezzo macchina, visto che i suoi occhi erano sostituiti da lenti vitree a binocolo, e anche la calotta cranica e il collo erano in metallo e materiali plastici; la lunga tunica che vestiva non dava modo di constatare quanto vi fosse di artificiale in quel corpo. Sul suo petto ricadeva una lunga treccia di capelli che, alcuni anni prima, era stata nera, ma oggi esibiva qualche fine righetta grigia. Tenshinhan e Jiaozi si resero conto che con sui loro ex maestri il tempo era stato generoso, e aveva lasciato segni poco incisivi del proprio passaggio. Fu il malevolo cyborg Taobaibai ad avviare la conversazione. «Tenshinhan... che fossi un traditore, ormai era assodato... ma anche un usurpatore, no, questo non ci va proprio giù...»
                            «Pensavo di essermi sbarazzato di voi... ma a quanto pare è vero che il passato ha il triste vizio di riemergere periodicamente...»
                            «Questa volta te la sei cercata, idiota.» lo insultò placidamente l'Eremita della Gru. «Se voi non aveste costruito questa baracca, io non mi sarei mai preso la briga di venirti a cercare. Se ne parlava in una rivista di arti marziali... come vedi, non cesso di interessarmi all'argomento.» In effetti, qualche tempo prima un giornalista si era presentato ai due giovani, insistendo per descrivere in un suo articolo la rinascita della Scuola della Gru come una grande istituzione del passato.

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                            • «Che cos'ha contro la nostra palestra?» domandò Tenshinhan inarcando un sopracciglio. Non capiva dove volesse andare a parare, il suo ex maestro.
                              «Non ci arrivi? Ti ricordo che la Scuola della Gru è stata fondata da me, ed io non ti ho mai autorizzato a proseguire la mia scuola né te l'ho ceduta. Tu non sei il mio erede, sei solo un indegno usurpatore.»
                              Tenshinhan fu punto nell'orgoglio da quelle affermazioni: «L'unico indegno qui è lei! O vuole forse farci credere che io e Jiaozi, sotto la sua guida, abbiamo seguito una buona strada?»
                              Fu Taobaibai a rispondere, con un tono più adirato del fratello maggiore: «Non mi pare che vi lamentaste di ciò, ai tempi! Siete proprio dei begli ipocriti a sputare nel piatto dove avete mangiato con così tanta ingordigia, in passato!»
                              «Le cose sono cambiate... eravamo molto giovani ed inesperti e, col senno di poi, penso che sia stato criminale da parte vostra metterci in testa certe idee balorde!»
                              «Oh, poverini! Quindi...» lo provocò il cyborg con tono canzonatorio, estraendo la mano metallica sinistra con la destra e facendo scattare il pugnale contenuto nel polso sinistro «... immagino che non saresti molto felice se sgozzassi questi mocciosi uno per uno, vero??»
                              L'intenzione di Taobaibai era fasulla, ma sortì un certo effetto: un muto e tremebondo panico collettivo colse ognuno dei ragazzi, nonché lo stesso Jiaozi.
                              «Non ti azzardare a far del male nemmeno ad uno dei miei allievi...!» ringhiò furibondo Tenshinhan.
                              «I tuoi allievi...» fece eco l'Eremita della Gru, con un tono innaturalmente apatico. Innaturalmente, già: in quel frangente il treocchi ebbe a notare che il suo vecchio maestro non sembrava scaltro e vitale come al suo solito.
                              Tenshinhan si risolse ad agire, prima che uno di quei due compisse un gesto inconsulto: si portò rapidamente davanti a loro, li afferrò con decisione per l'avambraccio e li trascinò fuori. Mentre usciva, si rivolse al suo amico: «Jiaozi, fai esercitare i ragazzi a stare in equilibrio nella posizione della gru. Finisco di chiacchierare con i due signori e torno.»
                              Una volta usciti fuori, con uno strattone netto li sbatté di alcuni metri all'indietro, manifestando loro il suo disprezzo. L'aria era permeata da un gelo fastidioso, quel freddo tipico delle mezze stagioni nelle regioni nordiche ad alte latitudini, ma – nonostante i due uomini più anziani fossero vestiti in modo relativamente leggero e il giovane fosse in mezze maniche – a nessuno dei tre sembrava importare di quel clima. L'Eremita della Gru e suo fratello si rialzarono in piedi; a quel punto Tenshinhan domandò loro seccamente: «Ditemi cosa volete, o sparite per sempre. Come vi dissi una volta, siete stati i miei maestri e mi sembrerebbe disonorevole vedervi mangiare la polvere.»
                              «Niente...» fu la risposta asciutta dell'Eremita «... non vogliamo niente.» Nella sua voce c'era una nota che ispirò a Tenshinhan una certa malinconia.
                              «Come niente?!» si intromise adirato Taobaibai. «Siamo qui per ammazzarlo e per riappropriarci della Scuola della Gru! È quello che ci spetta, no!?»
                              «Lascia perdere, Tao... non ti rendi conto che non possiamo competere? L'allievo ha superato di gran lunga entrambi i maestri.» dichiarò l'Eremita della Gru, che restava sempre un grande esperto, e sapeva riconoscere un grandissimo combattente quando lo aveva davanti, per quanto questi tenesse nascosta al minimo la sua reale potenza.
                              «Sciocchezze, fratello mio... lascia fare a me!» concluse, preannunciando il proprio tentativo di farsi giustizia. Detto ciò, svitò la seconda mano metallica. «Te la ricordi la mia Super Dodonpa? Vi siete già incontrati in passato, ma questa volta morirai perché è ancora più potente di prima!» Dopo questo esordio, iniziò a caricare la sua micidiale arma. Tenshinhan, senza dargli il tempo di sparare, lo raggiunse a super velocità e con una mano gli bloccò l'avambraccio, con la bocca del cannone puntata verso il suo torace; poi, quando sentì che il colpo d'energia era pronto a partire, esercitò una semplice pressione, e accartocciò l'acciaio come ciascuno di noi potrebbe schiacciare una lattina. L'energia, non potendo trovare sfogo fuori dal braccio, fece esplodere il braccio stesso e il contraccolpo si ripercosse sul fisico del cyborg, che per poco non finì tramortito. Tenshinhan rimase illeso; subito dopo, diede un pugno alla bocca dello stomaco del killer. «M-ma... p-perché...» ebbe il tempo di balbettare il cyborg, poco prima di perdere i sensi e di svenire.
                              L'Eremita della Gru era rimasto a guardare la scena, senza proferire parola. Solo allora Tenshinhan lo guardò, e per la prima volta si rese conto che il vecchio maestro gli sembrava più stanco e affaticato di quanto dovrebbe essere un buon atleta che, fra l'altro, non aveva nemmeno combattuto.
                              «Maestro, suo fratello è solo svenuto... le consiglio di prenderlo e di andarsene. Per quanto mi riguarda, non abbiamo più nulla da dirci.» gli disse Tenshinhan, riservandogli un po' di rispetto per l'ultima volta.
                              «Tenshinhan... ti chiedo perdono per tutti gli errori che ho commesso nei vostri confronti... dillo anche a Jiaozi, per favore...» Il suo tono era diverso da quello di sempre; l'anziano si mostrava pentito per tutte le sue malefatte e per una volta sembrava sincero, senza ombra di menzogna. «La Scuola della Gru è tua... riporta in auge il suo nome, chissà che con te non abbia maggiore fortuna. Grazie al Cielo sei diventato un buono uomo, Tenshinhan, malgrado tutto... e se ti chiedi ancora cosa ci faccio qui, forse sono venuto solo per vederti un'ultima volta in vita mia. Sii un buon maestro, sono sicuro che ci riuscirai... tratta i tuoi allievi come se nella vita non avessero altra guida che te.» Con ciò, prese in spalla suo fratello - il cui braccio distrutto era ancora tutto fumante - e si preparò ad andarsene; prima, però, salutò il suo ex allievo: «Farò riparare questo sconsiderato, poi cercherò di convincerlo a smettere di seguire la via del male. Non ci vedremo mai più... addio.» «Addio, maestro.» disse Tenshinhan, e con ciò lo perdonò: mai un perdono sarebbe potuto essere più freddo ma al contempo più sincero.
                              Tenshinhan, muto, lo seguì andar via sotto il suo sguardo severo; poi rientrò in palestra e disse: «Jiaozi, siamo ufficialmente gli eredi della Scuola della Gru. I due signori non torneranno più a disturbarci né a minacciarci; potete stare tutti tranquilli.» L'epilogo di quell'episodio fu il fatto che, da quel giorno, Tenshinhan si sentì più sciolto, più rilassato nelle sue lezioni ed in generale nel rapporto con i suoi giovani discepoli. Egli non seppe spiegarsi il perché: eppure non era difficile capire che l'incontro con quei due personaggi aveva permesso al giovane maestro di riappacificarsi definitivamente con il suo passato oscuro. Ad ogni modo, da quel giorno in poi Tenshinhan e Jiaozi introdussero l'abitudine della pausa-merenda pomeridiana: un samovar di tè, alcune bottiglie di succo d'arancia e persino della cioccolata non mancarono mai.

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                              • Quello stesso giorno, l'Eremita della Gru si ritirò con il fratello in una grotta gelida di quelle gelide regioni. “Avevo detto che ti avrei fatto riparare... e questa sarà la mia ultima menzogna...” pensò, mentre svitava la lama del pugnale dal polso di suo fratello privo di coscienza. “Credo sia meglio per tutti... ci vediamo dall'altra parte... perdonami, fratello...” pensò, mentre le lacrime gli rigavano il viso; con un colpo secco, gli trapassò il torace con la lama all'altezza del cuore, provocando una copiosa fuoriuscita di sangue.
                                Nessuno venne mai a sapere che pochi giorni dopo, in quella stessa grotta, l'anziano maestro passò silenziosamente dal sonno alla morte; quindi, nessuno si domandò se ciò fosse avvenuto per una malattia che si portava dentro da chissà quando, per il freddo o semplicemente per la vecchiaia, o per la combinazione di tutti questi fattori.

                                Bulma pensava che Vegeta fosse diventato matto; ed anche Yamcha, secondo lei, stava diventando matto; oppure, cosa che non era improbabile, quella che stava diventando matta era lei, nel tentativo di capire gli altri due.
                                Il rapporto che Vegeta aveva con il resto della Capsule Corporation era sicuramente sui generis. L'unica sicurezza incontestabile era che non nutriva affetto per qualcuno: viveva con freddezza ogni forma di contatto. Del resto, ormai alloggiava in quegli edifici da più di due anni, quindi la strategia di evitare incontri con gli umani sul lungo periodo non era vincente; gli sarebbe stato impossibile vivere ignorando tutti, oltre che controproducente: gli servivano vitto, alloggio, vestiti relativamente puliti e, soprattutto, la stanza gravitazionale. Se qualcuno esterno alla famiglia lo avvistava, veniva automatico domandarsi quale fosse il suo ruolo in quel contesto. Anche gli estranei sapevano che non era un parente, e che la signorina Bulma era fidanzatissima con Yamcha... quindi? Che ci faceva lui lì? Ma poi chi era, per tutti, quello strano individuo? Era poco più di un fantasma... nessuno sapeva dire alcunché sulla sua persona. Si sapeva solo che veniva consultato di tanto in tanto in merito a progetti relativi alle astronavi, ma nulla di più; e che, ogni tanto, era possibile vederlo aggirarsi nella Capsule Corporation quando aveva appetito o qualche bisogno impellente. Erano quelle le occasioni in cui era possibile cercare di avvicinarlo; e anche in quei casi, si mostrava di poche parole, al punto che nemmeno la madre di Bulma era riuscita a strappargli una chiacchierata, lei che era sempre così ciarliera e che, si vedeva, cercava di stimolare un approccio. Non si riusciva mai ad avere una conversazione normale con lui, che presto o tardi finiva per dirottare il dialogo nel sarcasmo o nel biasimo sufficiente nei confronti di quell'insignificante pianeta dove si trovavano; in sostanza, al massimo punzecchiava i pochi che gli rivolgessero la parola. Oltre a ciò, sembrava che, dalla morte del suo unico bersaglio Kakaroth, fosse diventato più cupo, impenetrabile dall'esterno, proprio quando sembrava che stesse iniziando a rompere il ghiaccio. A parte Bulma, erano i pochi soliti noti a sapere che Vegeta lasciava scivolare nell'indifferenza le sue giornate, le sue settimane, i suoi mesi – tutti identici fra loro, oltretutto – nell'aspirazione di raggiungere quello che secondo tutti era l'irraggiungibile, il livello di Super Saiyan. Il Principe era l'unico a credere che ce l'avrebbe fatta ma, nonostante gli sforzi ineffabili, era il primo a non sapersi spiegare cosa ancora gli mancasse, mesi e mesi dopo quella “quasi trasformazione”, alle prese col Peyote Team. Il suo ragionamento gli appariva perfettamente sensato, ma risultava folle a chi - come Bulma - non riusciva a comprendere e fare propria la mentalità Saiyan: nel senso che in teoria ne aveva afferrato i capisaldi ma, quando vedeva Vegeta metterli in pratica in quel modo assurdo, non si capacitava della possibilità di condurre quel tipo di vita. Era chiaro: i Saiyan erano guerrieri per nascita, e ciascuno di essi mira, o mirava, a predominare su ogni avversario; ma vivere per allenarsi e superare un tizio che non sopporti, e che per giunta è morto... Mah!! Al di là di queste considerazioni, Vegeta la incuriosiva per via di quel bagaglio di mistero che si portava dietro; Bulma era una donna... e in quanto tale, si sa, molto curiosa. Per finire, per motivi razionalmente inspiegabili, tutti in quella casa avevano smesso di guardare al Principe dei Saiyan come ad una minaccia per il pianeta (anche se i più pavidi come Olong e Pual lo rifuggivano ancora); forse, in cuor loro, pensavano che il ferreo proposito di diventare Super Saiyan lo distogliesse dalle cruente malefatte compiute in passato.
                                Quanto a Yamcha... cos'era questa storia della decisione di trasferirsi e abbandonare la sede della Capsule Corporation? Quello scemo aveva giustificato la sua decisione di prendersi una casa in affitto sostenendo di voler riuscire a sentirsi indipendente ed autonomo... Ora che la palestra era avviata, voleva sentire di non essere un peso morto che gravava sulla famiglia della sua fidanzata. Come se i soldi fossero mai stati un problema, nella loro relazione. Mah!! Insomma, tra il lavoro e gli impegni vari, ogni settimana faticavano a trovare un buco di tempo libero nel quale incontrarsi. Non è che...? No, Yamcha non era il tipo da portare avanti una storia “sotterranea” con un'altra donna: simpaticone e piacente quanto si voleva, ma non un fedifrago; malgrado nei mesetti appena trascorsi il giovane con le cicatrici si trovasse per lavoro a frequentare con assiduità diverse ragazze. Però una cosa è certa: quando una donna comincia a temere le corna, non è mai un buon segno... specie se la donna in questione aveva avanzato una proposta di matrimonio che era stata rifiutata o quantomeno rinviata al futuro.
                                Morale della favola: meno male che gli impegni lavorativi le davano modo di svagarsi dai problemi casalinghi.
                                Fu pressappoco in quel periodo che, un pomeriggio, Bulma incontrò Vegeta, intento a fare incetta di provviste per la merenda pomeridiana.
                                «Salve, Bulma!» da un po' di tempo a questa parte, Vegeta si era abituato a chiamare la ragazza col suo nome di battesimo. «Prima ho incrociato quello scarsone del tuo fidanzato… com'è che lo si vede sempre meno in giro? Una volta me lo trovavo sempre tra i piedi... che sta combinando?»
                                «Eh... anche io lo vedo sempre meno.» rispose Bulma sconsolata, iniziando a raccontare della palestra e del cambio di casa, mentre lui armeggiava tra gli scomparti della cucina.
                                «Che idea penosa!» Vegeta prese a deridere l'iniziativa di Crilin e Yamcha. «Terrestri che insegnano ad altri terrestri come combattere a livelli infimi!» Gli sforzi e gli intenti dei due giovani, ammirevoli da un punto di vista umano, apparivano a dir poco insignificanti se letti da un punto di vista Saiyan.
                                «Non parlare così...» Bulma tentò di prendere le difese del fidanzato e dell'amico. «È bello che vogliano aiutare chi ha passione a migliorare sé stesso e le sue abilità...»
                                «Tanto i terrestri non potranno mai arrivare a livelli dignitosi...» ribatté sarcastico Vegeta, intento a procurarsi una qualsiasi porzione di carne da portarsi nella sala gravitazionale; per poi domandare con lo stesso tono: «Insomma, mi pare che battiate chiodo sempre meno, eh? Sempre ammesso che abbiate mai combinato qualcosa...»
                                «Per chi mi hai presa, per una monaca? Sappi che sono cresciuta ormai da tempo, e se un uomo mi piace sul serio non mi faccio problemi a dargli tutto l’amore che ho… in tutti i sensi! Lo capisci, o sei troppo scemo per arrivarci?» si irritò Bulma. Ma poi – perché stava parlando di argomenti simili con Vegeta?
                                «Stai calma, terrestre… non ho mai pensato che tu possa essere una verginella, si capiva ad occhio che non lo eri!» rispose sempre più beffardo il Saiyan, accompagnando con una strizzatina d’occhio quel suo fastidioso sorrisetto da farabutto. «Solo che il tuo partner mi sembra deboluccio… magari sotto quel punto di vista non ce la fa proprio, che ne so io?»
                                «Appunto, non puoi e non sei tenuto a saperne niente! E comunque non preoccuparti, stronzo! Yamcha è in perfette condizioni, anche sotto quell’aspetto, sai??» replicò isterica la ragazza. Poi cercò di infilzare il Principe con una delle sue pungenti stoccate: «Piuttosto che mi racconti di te? Non mi sembra che tu possa vantarti di aver “battuto chiodo”, come dici tu! Scommetto che non sei quel toro che dici di essere!» concluse con atteggiamento furbetto, convinta di aver colpito nel segno l’avversario.
                                «Vuoi provare?» insinuò malizioso Vegeta, ammutolendo la sua padrona di casa. Stoccata evitata.

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