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Credente e non credente: vite a confronto

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  • Margera
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    Originariamente Scritto da The Mystic Visualizza Messaggio
    Tranne Dio.

    Da quanto ho capito del tuo pensiero, tu credi nel Dio creatore, cioè in quel Dio che ha creato l'Universo.
    Tu sei uno "scienziato", quindi credi nel metodo scientifico, in quello dell'esperimento, dell'esperienza sensibile. Tutto ha una spiegazione...scientifica.
    A mio avviso è di una stupidità abnorme, cercare di capire il nostro mondo, tutte le leggi che lo regolano, e poi dire che è stato creato da un'entità divina, della quale non possiamo avere esperienza sensibile; è una cosa incoerente, ma non poco.
    Io accetto il caso, ma non Dio.

    Questa mia risposta è scaturita da quanto ho capito del tuo pensiero; magari non l'ho capito. Se fosse così, scusami in anticipo.
    Il mio pensiero è alla fine il pensiero di tutti gli scienziati, o comunque della maggior parte di essi, che, contro quanto dice l'opinione comune, è credente, così come credenti erano molti tra i maggiori esponenti del passato (vedi Albert Einstein). Sono cresciuto tra gente che ha dedicato gran parte del proprio interesse, se non la propria intera esistenza, alla scienza della materia e delle sue trasformazioni. E ormai sono tre anni che passo 36 ore a settimana tra i chimici, e gran parte del mio pensiero è ispirato a quello degli scienziati come loro, che si sono sempre definiti (mi riferisco ai miei professori, e ai professori dei miei professori fino ai primi alchimisti del 15° - 16° secolo) come coloro che si occupano di capire e spiegare alla "massa" (sì, una brutta caratteristica del chimico è l'autostima superiore alla media, come dice nonciclopedia) il funzionamento dell'"operato" di Dio. Il primo impatto con questo pensiero che rapporta scienza e religione può essere negativo, come è avvenuto per te. Mi hai capito perfettamente, amo con e come tutti i miei simili definire con razionalità quello che sta nel mondo, e cerco di non affidare nulla alla pura casualità. Ma un pensiero che accomuna comunque la mia specie, è quello di accettare il carattere misterioso di Dio come conseguenza del fatto che Egli è, dopotutto, un'Entità Suprema, Superiore a noi tutti. Se Dio fosse un concetto esprimibile razionalmente, fisicamente, probabilmente molti umani ci avrebbero già "parlato", e da Lui avrebbero ricevuto una spiegazione per tutto. La conseguenza starebbe in una totale inesistenza della Scienza come concetto interamente iniziato e sviluppato dall'uomo e da nessun altro, e di tutte le sue branche come la Chimica, la Biologia, l'Anatomia...
    Se Dio non fosse un concetto inarrivabile durante la vita terrena, l'intelligenza dell'uomo non avrebbe mai avuto la possibilità di affinarsi da sé fino a questo punto, con le scoperte, con le innovazioni di ogni giorno, poiché tutto sarebbe già scontato, spiegato da Dio. Egli rimane invece come una concezione ignota, manifestatasi indirettamente per l'unica volta duemila anni fa tramite Gesù Cristo.
    E' proprio questo che secondo me da un senso alla vita dello scienziato credente: cercare in tutti modi di "sfidare" la scelta di Dio di non mostrarsi a tutti noi, di non averci dato delle spiegazioni, dei perché, e di averci messo al mondo, nudi e stupidi, senza averci dato un "libretto d'istruzioni" per l'"uso" del pianeta Terra e dell'Universo.
    Last edited by Margera; 16 maggio 2008, 15:24.

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  • Davyl
    replied
    E' il credente consapevolmente strumentale a vivere una vita di felicità.
    "Consapevolmente strumentale", ovvero colui che riesce a capire fino a che punto credere in un essere supremo, fino a che punto accettare e rispettare le Sue Leggi, fino a che punto subordinarsi al Suo Volere, al volere di una propria (del credente) creazione.
    Il non credente accetta l'idea di un Dio inteso puramente come concetto, ma non è tanto "astuto" (probabilmente terminologia errata) da sfruttarla come un'àncora, come un punto d'appoggio, come uno sfogo psicologico, come una fonte di sicurezza e faro che illumini il proprio cammino di vita, cammino illuminato in realtà da una nostra rappresentazione mentale che funge da tramite tra l'iniziale sfiducia psicologica personale e il consenso dato dalla figura garante del Dio stesso, quindi.
    Il credente completamente subordinato ("il gregge" citando Nietzsche), invece, non fa altro che limitare la propria libertà, il proprio campo d'azione, più di quanto, in realtà, non faccia già la società con le sue leggi e le varie istituzioni, imponendosi oltre alle leggi dello Stato anche quelle Morali (escatologicamente discorrendo), il cui effetto è utile limitatamente, dopodichè si trasforma non più in un "consiglio" o nell'innocuo rispetto delle leggi sociali, in uno "stradario per la Felicità", ma ufficiosamente in un totalitarismo, in un fascismo, in un nichilismo psicologico.

    Atei e credenti, in generale, percorrono sentieri diversi, per giungere alla medesima meta. Gli atei (a-theos, senza un Dio, e ciò implica appunto che Egli ci fosse in un prima) rifiutano la fede nella speranza di sentirsi più liberi, nel tentativo di poter ottenere maggiori possibilità di autorealizzazione, ma contemporaneamente compiono un "salto nel buio" (Soren Kierkegaard), decidono di affermare la propria "indipendenza" senza conoscere il motivo di farla valere.
    I credenti sono coloro che si impongono un punto di riferimento che vada oltre e che abbia nulla o poco a che fare con il mondo sensibile, per soddisfare il proprio desiderio di protezione e placare la paura dell'ignoto.

    In definitiva, è meglio la vita del credente o dell'ateo?
    Del credente in grado di valutare sino a che punto gli "convenga" credere, per non cadere nella completa subordinazione a Dio, ma che sappia, comunque, "credere" nel senso pieno del termine, che sappia ancorarsi ad una figura in grado di migliorare la propria situazione, in quanto in grado di suscitare un sentimento di sicurezza e di annullare la paura della solitudine e dell'abbandono del singolo individuo.

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  • The Mystic
    replied
    Originariamente Scritto da Final Bardock
    Tutto ha una spiegazione.
    Tranne Dio.

    Da quanto ho capito del tuo pensiero, tu credi nel Dio creatore, cioè in quel Dio che ha creato l'Universo.
    Tu sei uno "scienziato", quindi credi nel metodo scientifico, in quello dell'esperimento, dell'esperienza sensibile. Tutto ha una spiegazione...scientifica.
    A mio avviso è di una stupidità abnorme, cercare di capire il nostro mondo, tutte le leggi che lo regolano, e poi dire che è stato creato da un'entità divina, della quale non possiamo avere esperienza sensibile; è una cosa incoerente, ma non poco.
    Io accetto il caso, ma non Dio.

    Questa mia risposta è scaturita da quanto ho capito del tuo pensiero; magari non l'ho capito. Se fosse così, scusami in anticipo.
    Last edited by The Mystic; 16 maggio 2008, 14:52.

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  • Margera
    replied
    Originariamente Scritto da sentinel
    Non dico che le persone che credono in queste cose anno paura di morire.
    L'idea di aldidà esiste perché radicata profondamente nella mente dell'uomo e estremamente consolatoria. Non negare che fa piacere credere che se siamo buoni in vita ci aspetta qualcosa di bello dopo la morte. Tutte le religioni, eccetto il buddismo e poche altre, predicano l'immortalità dell'anima. Si sono forse copiate a vicenda? No, è un idea che coesiste naturalmente con la paura dell'oblio, della fine.
    Certo, la concezione di aldilà come paradiso non mi fa alcun dispiacere. Ma la concezione di piacere non per forza coincide con un qualcosa con cui si consola la "paura di morire" che, chi più e chi meno, tutti noi sentiamo, almeno prima dei 70 anni.

    Originariamente Scritto da sentinel
    Inoltre ribadisco che mi sembra egocentrico pensare che siamo stati creati, e per giunta con una ragione. Dà noia pensare che siamo frutti del caso, che non siamo speciali, vero?
    Sì, da molta noia. Ma no, non per il fatto di non essere speciale, quanto per il fatto di essere stato affidato al caso, che è ben diverso. Dio non ci ha creati perché ci avrebbe poi considerati speciali. Dio ci ha creati e basta.
    Mi darebbe piuttosto fastidio continuare a studiare il funzionamento del mondo e di quella piccola parte dell'Universo senza poi nemmeno avere un'idea delle loro origini, delle nostre origini, potendo trovare l'unica spiegazione nel "caso", un concetto di quattro lettere che ho sempre odiato. Tutto ha una spiegazione.
    Non sono egocentrico, ripeto, non mi reputo speciale per il fatto di esistere grazie a un Dio che ha deciso di metterci al mondo.

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  • Lelouch
    replied
    Allora, ti dirò, ognuno è felice perché ha una convinzione: che questa convizione sia credere o no è indifferente. Ogni uomo è felice per la strada che ha scelto.

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  • The Mystic
    replied
    Originariamente Scritto da Lelouch Visualizza Messaggio
    Entrambi. Il professore di filosofia e di scienze sono entrambi dei cazzari. Personalmente non credo che la felicità che noi tutti proviamo ogni giorno si imputabile al credere o no in Dio. Ma dico, scherziamo? Ognuno è felice a modo suo, non c'entra in cosa si crede.
    Qui non si parla della felicità generale; si parla della felicità scaturita da questa particolare condizione.



    Comunque, io penso che il credente viva in modo più "felice" rispetto al non credente.
    Io sono stato credente, e quando mi accadeva qualcosa di brutto (a me, come ad un mio caro) sapevo che comunque c'era sempre qualcuno al mio fianco, e sapevo che una volta terminata la vita terrena, avrei rivisto tutti i miei cari.
    Ora non sono credente (grazie al mio percorso di studi), ma capisco il credente; capisco che Dio non è altro che un suo sfogo psicologico, l'uomo ne ha bisogno, l'uomo ne ha avuto bisogno fin dall'alba dei tempi. E se l'uomo è convinto che ci sia sempre un'entità al suo fianco, sì, potrebbe risultare agli occhi di molti uno stupido, ma lui ne è felice, ne è confortato.
    Il non credente, invece, vede la realtà così com'è, ha una concezione più prettamente realistica e materialistica della realtà, e questo è un bene dal punto di vista della ragione (tra l'altro io non differenzio "fede" e "ragione", perché a mio avviso, la ragione è talmente razionale, che quando non riesce a spiegare qualcosa, per il semplice fatto che è successa, le attribuisce una causa; questa causa può essere chiamata "fede", e quindi entra in gioco Dio), ma è un male dal punto di vista prettamente, passatemi il termine, "sentimentale", perché il credente capisce che deve sbrigarsela da solo, e che non vedrà mai più i suoi cari, e ciò può abbattere, e non poco.

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  • sentinel
    replied
    Originariamente Scritto da Final Bardock Visualizza Messaggio
    Vedi, è proprio questo l'effetto che fanno i credenti: pensi davvero che concetti come l'aldilà siano stati inventati per contrastare una sensazione di panico? Sbagli, perché in verità la maggior parte di essi (o almeno il sottoscritto) non temono ciò che li aspetta dopo, ma sono più volti a sapere l'origine della vita, quello che è accaduto all'inizio, che, sinceramente, mi sembra l'ultimissima delle cose da poter interpretare come fine a sé stessa.
    Non dico che le persone che credono in queste cose anno paura di morire.
    L'idea di aldidà esiste perché radicata profondamente nella mente dell'uomo e estremamente consolatoria. Non negare che fa piacere credere che se siamo buoni in vita ci aspetta qualcosa di bello dopo la morte. Tutte le religioni, eccetto il buddismo e poche altre, predicano l'immortalità dell'anima. Si sono forse copiate a vicenda? No, è un idea che coesiste naturalmente con la paura dell'oblio, della fine.

    Inoltre ribadisco che mi sembra egocentrico pensare che siamo stati creati, e per giunta con una ragione. Dà noia pensare che siamo frutti del caso, che non siamo speciali, vero?

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  • Margera
    replied
    Originariamente Scritto da sentinel Visualizza Messaggio
    L'aldilà, la vita dopo la morte, sono tutti concetti per allievare la propria paura.
    Vedi, è proprio questo l'effetto che fanno i credenti: pensi davvero che concetti come l'aldilà siano stati inventati per contrastare una sensazione di panico? Sbagli, perché in verità la maggior parte di essi (o almeno il sottoscritto) non temono ciò che li aspetta dopo, ma sono più volti a sapere l'origine della vita, quello che è accaduto all'inizio, che, sinceramente, mi sembra l'ultimissima delle cose da poter interpretare come fine a sé stessa.

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  • Lelouch
    replied
    Entrambi. Il professore di filosofia e di scienze sono entrambi dei cazzari. Personalmente non credo che la felicità che noi tutti proviamo ogni giorno si imputabile al credere o no in Dio. Ma dico, scherziamo? Ognuno è felice a modo suo, non c'entra in cosa si crede.

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  • Goge
    replied
    Originariamente Scritto da Marcos92 Visualizza Messaggio
    Ti piace sparare cazzate eh?
    Io sono cattolico per quello che penso, non per quello di cui ho paura.
    Anzi, al dopo vita non ci penso nemmeno, io vivo la mia vita ogni giorno pensando ad un domani vivo, non a cosa posso provare dopo la morte xD
    Certo, i credenti dicono tutti così.
    A questo punto mi viene da chiedermi se ti sei mai posto delle domande sull'esistenza di questo fantomatico Dio.

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  • Oplita XXX
    replied
    Io sono credente, ma la religione non condiziona ogni mi azione... anzi, mi sento molto libero. Se agisco in parallelo con gli insegnamenti della bibbia ecc. è perchè li trovo degli ottimi insegnamenti di vita (non tutti... ) A mio parere anche un ateo potrebbe benissimo prendere per buoni quegli insegnamenti ed usarli come regole di buon comportamento, niente di più.
    Credo che se fossi ateo vivrei felicemente come vivo adesso, non credo ci sarebbero differenze: la vita dell'ateo ha dei momenti di crisi, la vita del religioso anche; l vita dell'ateo non ha guida, la vita del religioso ce l'ha ma è nella sua natura metterla costantemente in dubbio. La religione non deve influenzare tutti i respiri della vita, anche perchè ci sono molti principi che non condivido, ma mi trovo bene con la mia religione...

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  • Gogeta_89
    replied
    Ti parlo da persona che, dopo una vita da cristiano, in tre mesi è passato da Cristiano a Evangelista ad Agnostico.
    quindi la mia vita è stata divisa in due fasi; credenza e non credenza in dio

    1) Credenza in dio. Avanti, devo ammeterlo, avere l'idea che da lassù qualcuno mi guardasse era davvero consolatorio, ad esempio per compiti interrogazioni, anche per le cose più piccole. Ma per le sofferenze atroci, mi trovavo in un brutto bivio; volontà divina, o manifestazione della sua assenza? In fin dei conti, però, ero felice. Ma con quel sentore in bocca che qualcosa non poteva andare così come i preti volevano che andasse, non come mi dicevano che doveva andare... così...

    2) Agnosticismo. Tutto ciò che mi accade dipende da me stesso e dalle mie decisioni. Le disgrazie sono casualità, come in una sorta di immenso meccanicismo, qualcosa che ho fatto io ha modificato l'avveire dall'altra parte del mondo. Paradossalmente, mi sento più responsabile. Ma felice uguale.Ho deciso con la mia testa

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  • sentinel
    replied
    Originariamente Scritto da Final Bardock Visualizza Messaggio
    Sono credente perché vedo in Dio la risposta a tutte le domande della vita. Di fronte a tutte le domande che un uomo si pone, la risposta coincide con il Creatore. Che senso avrebbe altrimenti la Scienza? Nessuno. Studiare tutto ciò che ci circonda, senza sapere poi da dove viene, senza conoscere cosa ha generato tutto. C'è sempre una causa, che precede ogni avvenimento, e questa concezione prosegue all'infinito. Dio stesso coincide con il concetto di Infinito.
    Un errore comune è quello di associare la figura dello scienziato a quella del non credente. In verità lo scienziato si occupa di studiare e capire l'"opera" di Dio. Sinceramente ho sempre pensato che un non credente passi la propria esistenza senza riuscire a trovarne una spiegazione, una motivazione, e che questa sensazione di ignoto lo faccia anche sentire più forte, tanto da farlo arrivare a giudicare il credente come un subdolo che ha paura di non trovare un senso alla vita.

    Inoltre, non ho mai intuito il senso di questa teoria alquanto calvinista del Disegno divino. Dio ci ha semplicemente messi al mondo, e sta a noi vivere come meglio ci pare e piace, senza dover seguire nulla di preimpostato. I conti con il Creatore verranno fatti dopo la morte, sulla base del comportamento che avremo tenuto in vita. Io da credente passo la mia esistenza con spensieratezza, credendo in un'Entità superiore.

    Tutto ciò che ho scritto comunque non è da intendere come una squallida giustificazione. E' una risposta, che da un senso a tutto, basata su prove intangibili quali la parola di persone realmente esistite, come Gesù Cristo.
    Non vedo la necessità di credere in Dio. Sul serio, mi sembra (senza offesa) patetico credere che una fantomatica entità superiore si interessi a noi. Voglio dire che mi sa di egocentrismo. Perché TUTTO deve avere una ragione, uno scopo recondito? Io, da non credente, credo l'esistenza come un qualcosa fine a sé stessa. L'aldilà, la vita dopo la morte, sono tutti concetti per allievare la propria paura.

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  • vegeta999
    replied
    Sono credente perché vedo in Dio la risposta a tutte le domande della vita. Di fronte a tutte le domande che un uomo si pone, la risposta coincide con il Creatore. Che senso avrebbe altrimenti la Scienza? Nessuno. Studiare tutto ciò che ci circonda, senza sapere poi da dove viene, senza conoscere cosa ha generato tutto. C'è sempre una causa, che precede ogni avvenimento, e questa concezione prosegue all'infinito. Dio stesso coincide con il concetto di Infinito.
    Un errore comune è quello di associare la figura dello scienziato a quella del non credente. In verità lo scienziato si occupa di studiare e capire l'"opera" di Dio. Sinceramente ho sempre pensato che un non credente passi la propria esistenza senza riuscire a trovarne una spiegazione, una motivazione, e che questa sensazione di ignoto lo faccia anche sentire più forte, tanto da farlo arrivare a giudicare il credente come un subdolo che ha paura di non trovare un senso alla vita.

    Inoltre, non ho mai intuito il senso di questa teoria alquanto calvinista del Disegno divino. Dio ci ha semplicemente messi al mondo, e sta a noi vivere come meglio ci pare e piace, senza dover seguire nulla di preimpostato. I conti con il Creatore verranno fatti dopo la morte, sulla base del comportamento che avremo tenuto in vita. Io da credente passo la mia esistenza con spensieratezza, credendo in un'Entità superiore.

    Tutto ciò che ho scritto comunque non è da intendere come una squallida giustificazione. E' una risposta, che da un senso a tutto, basata su prove intangibili quali la parola di persone realmente esistite, come Gesù Cristo.
    Finalmente qualcuno che la pensa come me........ quoto tutto

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  • Lorenzo GOV
    replied
    Citando House, penso che sia molto più consolante pensare che la nostra vita non consista in una grande prova.

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