Annuncio

Collapse
No announcement yet.

Il senso della vita.

Collapse
X
 
  • Filter
  • Ora
  • Show
Clear All
new posts

  • #61
    Originariamente Scritto da Lorenzo GOV Visualizza Messaggio
    Come e da chi tutto ciò è predestinato?
    tutto appunto dal destino

    Comment


    • #62
      Originariamente Scritto da Kabu Visualizza Messaggio
      In realtà non esattamente. Nel mio caso non si trattava tanto di darle valore quanto di contestualizzarla.
      Per capire la differenza tra l'atteggiamento orientale ed occidentale nei confronti dell'esistenza è necessario introdurre il concetto di 'necessità'.

      La nostra società vive cavalcando la necessità, superandola, abbattendola. Trae linfa e slancio vitale dal bisogno, generando quel meccanismo che noi chiamiamo genericamente 'progresso'. Non esiste progresso senza necessità, o quantomeno se esiste è talmente dilatato nel tempo rispetto al nostro che noi non riusciamo neanche a percepirlo.
      Il risultato del progresso è il movimento.
      In avanti, a destra, a sinistra, non ha una particolare importanza. Noi ci muoviamo. Cerchiamo nuove risposte, nuovi modi di soddisfare le nostre sempre nuove necessità.

      Le società orientali all'opposto rifuggono la necessità, considerano ogni azione che nasce dalla necessità vile e bassa, priva di struttura morale.
      Il risultato della mancanza di necessità è l' immobilità.
      La cultura orientale trova il vero ed il buono nella fissità dell'attesa, nel perfezionamento e nella ripetizione eterna di ciò che ha reputato buono fin dalla notte dei tempi, senza cercare altro.
      Il concetto di vuoto per gli orientali è probabilmente uno dei teoremi più importanti dell'esistere, quando invece noi riempiamo la nostra esistenza il più possibile di quanto più possiamo per sentirci appagati.
      Questo modo di percorrere la vita impedisce il 'progresso' così come lo intendiamo noi (per gli orientali il concetto di progressione occidentale è qualcosa di difficile da capire) perpetuando un processo di perfezionamento infinito, privo di qualunque movimento.

      E' possibile conciliare due modi così antitetici di concepire l'esistenza?
      Il Giappone ne rappresenta un tentativo.
      Nel '700 questo paese a livello socio-culturale era paragonabile alle strutture sociali presenti in occidente durante il Medioevo. Quando è entrato in contatto con il nostro mondo della necessità ha fatto un balzo in avanti di quasi un millennio, precipitando in pochi decenni in testa alle nazioni più progredite del mondo.
      Se vai in questo paese avverti fortemente questa dicotomia malamente ricucita, che provoca ripercussioni pesanti sulla società.

      Allo stato attuale delle cose non ritengo che siamo ancora in grado di conciliare questi due modi di concepire l'esistenza, perchè ai nostri occhi appaiono totalmente antitetici.
      Noi occidentali comunque guardiamo a oriente con insistenza (fin dai famosi viaggi in India degli anni '60) in quest'epoca che ci sta facendo pagare lo scotto della nostra velocità e del nostro movimento perpetui.
      mmm è molto problematica la questione anche perchè all'interno di questa "cultura orientale" ci sono scuole molto diverse, anche riguardo l'ascetismo molti ne hanno una concezione fortemente differente dai molti altri. Insomma, è un problema grosso e affrontarlo con specificità implica problemi troppo grandi per qualsiasi forum. Comunque, prese le posizioni molto genericamente è chiaro che ci troviamo di fronte a due concezioni molto diverse di stili di vita: uno, quello che pare prevalere nella cultura europea e americana (ma non solo) vede nel dolore del bisogno una possibile positività. Un modo di riempire la vita, di dare motivazioni, di rincorrere obbiettivi, di sentirsi presenti sulla terra come esseri che soffrono e gioiscono. Più si va avanti e più i bisogni aumentano. Questo implica conseguenze positive e negative.
      Dall'altra parte abbiamo una totale demonizzazione del bisogno. Dobbiamo diminuire i bisogni per non diventare schiavi delle continue tentazioni e necessità. Non so neanche a chi attribuire questa concezione della vita, perchè anche solo in india ci sono talmente tanti modi di affrontarla che è inutile persino provarci a far rientrare un unica sintesi in una cultura precisa. Anche perchè nella meditazione, nella simbiosi con la natura, nella purezza da sentimenti e istinti (mha) c'è sempre e comunque un obiettivo e delle sensazioni che riempiono la vita... Forse è meglio che stiamo direttamente in europa e facciamo un confronto con lo stoicismo... demonizziamo desideri e vita terrena e concepiamo uno stato neutrale in cui non vi è dolore nè piacere (mha) o comunque vengono entrambi ridotti al minimo... io trovo estremamente difficile appoggiare un modello di vita così ampio e così pieno di rinuncia, sopratutto se mettiamo in gioco la possibilità che questa sia la nostra unica vita, la nostra unica possibilità di provare determinate cose. Sembra pesante e difficile scegliere di restare neutrali aspettando la fine. Dall'altra parte vediamo come invece questo processo di velocizzazione e di continuo bisogno porti ad uno stadio di stress che non solo porta un incremento di depressioni ed esaurimenti ma tende anche a distruggere il pianeta e a danneggiare gli esseri neutri e la biosfera in generale. Io penso si debba dunque trovare un accordo attraverso degli studi che propongano nuovi modelli di vita in grado di farci sperimentare piaceri ed emozioni senza perdere di vista la serenità, la salute, l'integrità del pianeta terra, il rispetto per tutti gli esseri viventi, il contatto con la natura ma allo stesso tempo l'intervento umano su di essa per far sì che ci sia quanto più possibile amica (dato che se lasciamo che le cose facciano il loro corso spesso la natura ci è spesso tuttaltro che amica). Forse se la vita sociale diventerà intollerabile: ovvero se in futuro fossi costretto a una condanna ad un lavoro che non mi piace e a una situazione relazionale poco soddisfacente sarei il primo a tentare la strada verso il tibet. Ma in linea di massima questi due modelli sembrano troppo assoluti per cercare di sfruttare con quanta più completezza possibile la propria esistenza... servivrebbe una nuova consapevolezza che permetta di vivere la vita sociale senza perdere mai di vista le conseguenze delle azioni e l'importanza di uno stato mentale e spirituale armonioso e soddisfacente. Questo ovviamente richiede forte consapevolezza di sè e forte coscienza nei confronti del mondo.
      Tuttavia credo sia questa la strada migliore da prendere per vivere bene la società, rispettare gli animali e garantire alle future generazioni un pianeta decente.

      Comment


      • #63
        Originariamente Scritto da IISNT Visualizza Messaggio
        Tuttavia credo sia questa la strada migliore da prendere per vivere bene la società, rispettare gli animali e garantire alle future generazioni un pianeta decente.
        ogni cosa ha uno o più sensi.que stoè uno fondamentale.
        sono nuovamente momentaneamente in lutto per la vittoria dell'inter

        Comment


        • #64
          anche secondo me

          Comment


          • #65
            Non mi resta che quotare IISNT.

            Rispondendo a quello che dice Kabu ma non direttamente a lei ma in generale a tutti, beh secondo me se siamo qui non è per destino, non è per mandare avanti la specie, non è perché abbiamo un senso, è perché i nostri genitori hanno avuto la malsana idea di trombare.
            Quando mi sono chiesto/mi chiederò qual è il senso della vita mi sono risposto/mi risponderò "fai quello che puoi, fai quello che vuoi ma fatti i cavoli tuoi", non cogliete solo la parte superficiale del ragionamento, i fatti di ognuno includono anche gli altri (purtroppo).

            Comment


            • #66
              sano discorso

              Comment


              • #67
                il senso della vita..mmm..bè io penso che comunque tutto sia legato a dio o a qualchecosa di onnipotente ecc..e ci spero visto che pensare che noi ora siamo qui e dopo la morte saremo solo polvere è qualcosa che mi fa rabbrividire. e se la realtà poi fosse che non esiste niente dopo la morte..io preferisco raccontarmi questa bugia che invece c'è qualcosa per vivere al meglio questa vita diciamo "terrena"..
                POI COME VIENE SI CONTA Và.
                Quando raggiungerò l'apice,il mondo stesso si ingloberà in me,diventando così io il mondo.

                Comment


                • #68
                  Originariamente Scritto da Shinichi Kudo Visualizza Messaggio
                  il senso della vita..mmm..bè io penso che comunque tutto sia legato a dio o a qualchecosa di onnipotente ecc..e ci spero visto che pensare che noi ora siamo qui e dopo la morte saremo solo polvere è qualcosa che mi fa rabbrividire. e se la realtà poi fosse che non esiste niente dopo la morte..io preferisco raccontarmi questa bugia che invece c'è qualcosa per vivere al meglio questa vita diciamo "terrena"..
                  POI COME VIENE SI CONTA Và.
                  La crudele realtà della vita... vivere sempre con la paura di finire nel nulla come se non fossi mai esistito.

                  Comment


                  • #69
                    Originariamente Scritto da Kabu Visualizza Messaggio
                    Davyl il tuo concetto di serenità è molto orientale.
                    E affine a Shopenhauer, aggiungerei.

                    Il senso della vita? Lo affermo senza vergogna: non lo so.
                    So che l'uomo è portato a pensarci, a trovare una risposta.
                    So che l'uomo ha degli istinti animali (nutrirsi, riprodursi, mantenersi in vita a lungo e in salute).
                    So che l'uomo ricerca una felicità assoluta che non raggiungerà mai, perchè la dimensione dell'ideale non esiste, si può solo immaginare e sognare.
                    Quindi noi istintivamente viviamo, cerchiamo di vivere e di mantenere la specie. E cerchiamo anche di conoscere, di scoprire. Ma il perchè di tutto questo non me lo spiego. L'unica cosa che possiamo fare è continuare a vivere nel modo migliore, anche se ciò spesso porta sofferenza. E questo modo migliore, beh, è soggettivo, ed ognuno deve pensarlo e costruirselo.
                    Per quel che mi riguarda la mia vita avrà avuto un senso se avrò messo su una famiglia unita e che si vuole bene, se avrò cresciuto i miei figli nell'onestà, se mi sarò realizzata nel lavoro (e non avrò uno stipendio da fame) e se riuscirò a far sì che il mio ricordo resti nella mente dei posteri (non tanti, magari, ma qualcuno sì).
                    sigpic

                    Comment


                    • #70
                      Originariamente Scritto da Shinichi Kudo Visualizza Messaggio
                      il senso della vita..mmm..bè io penso che comunque tutto sia legato a dio o a qualchecosa di onnipotente ecc..e ci spero visto che pensare che noi ora siamo qui e dopo la morte saremo solo polvere è qualcosa che mi fa rabbrividire. e se la realtà poi fosse che non esiste niente dopo la morte..io preferisco raccontarmi questa bugia che invece c'è qualcosa per vivere al meglio questa vita diciamo "terrena"..
                      POI COME VIENE SI CONTA Và.
                      Con tutto il rispetto possibile per questa tua scelta di vita, senza consigliarti riflessioni o cambiamenti magari disturbanti per la tua sensibilità, anche ipotizzando l'esistenza di questo Dio, a livello puramente riflessivo e per amor di discussione: siamo sicuri che questa possibilità di tornare a essere un nulla sia così deleteria per il vivere bene (in primis) e siamo sicuri che la vita eterna sia così positiva? altra cosa: siamo sicuri che questo voler credere in Dio non possa portare a pericolose rinunce a discapito della qualità della vita per motivi legati all'incapacità di accettare una cosa intrinseca ad ogni vita animale, vegetale, umana e anche "cosmologica"? ultima cosa: quali ragioni dobbiamo sacrificare per riuscire a credere ad una cosa del genere?
                      Mettiamo tutto su una bilancia immaginaria:
                      Osservazioni alla prima domanda:
                      Comunque sia noi andiamo via dal mondo (o comunque non partecipiamo più come esseri umani). Lasciamo questa vita. Che importanza ha o non ha un dopo? Se il dopo non dovesse esserci non sarebbe ugualmente bello vivere questa vita nel miglior modo possibile? non è ugualmente importante fare il meglio? chi se ne frega dell'assoluto? che differenza fa? E la possibilità stessa di avere coscienza eterna non potrebbe essere molto più spaventosa del nulla? magari si raggiunge davvero uno stato di beatitudine infinita a noi inconcepibile.. ma magari no... se la coscienza restasse nel corpo chiuso in una bara per l'eternità non assumerebbe questa continuazione dell'anima delle caratteristiche negative? e se si potesse osservare il mondo non sarebbe doloroso vedere i propri figli morire? non si rischia di vedere la stessa fine del mondo? daltronde se dopo la vita ci fosse davvero una totale beatitudine assoluta che bisogno ci sarebbe di guardare cosa succede nella terra? e a quel punto che ti frega di morire o non morire se comunque perdi totalmente il distacco con la realtà che ora ti interessa e che non puoi lasciare ovvero il tuo principium individuationis? inoltre se ci fosse la vita eterna e quindi se l'anima fosse immortale Dio potrebbe davvero punirci con pene infernali. Rende davvero più sicuri e tranquilli credere a questa storia? non è forse meglio vivere con serenità la propria vita accettando la possibilità di diventare polvere? Può anche essere vista da un punto di vista poetico la cosa dopotutto... qualche tuo atomo potrebbe diventare l'atomo di una stella
                      Osservazioni alla seconda domanda:
                      Se abbracciamo la scelta di credere a un Dio, sopratutto se questo legame è dettato da un istituzione religiosa precisa, non c'è spesso il rischio di sacrficiare la qualità dell'esistenza per un ipotetica sacralità di dubbio fondamento che ci obbliga a rinunciare, ad esempio nel caso del cattolicesimo: ad aborto in caso di necessità, ad eutanasia in caso di forti sofferenze, a riproduzione assistita in caso di drammatica sterilità (ho preso il cattolicesimo per pura condivisione comune dell'argomento visto che è la religione più popolare d'italia, potevo prendere anche altre religioni che vietano altri importanti principi della qualità della vita come la trasfusione di sangue) ecc?
                      Non sarebbe più rasserenante e rassicurante concentrarci sul nostro mondo, cercare di accettare le cose brutte e le cose attualmente inconoscibili e vivere nel miglior modo possibile? In fondo dire sì alla vita implica il dire sì nonostante la sofferenza. Io soffro ma dico si alla vita (nascita della tragedia). Questa l'unica, vera teodicea possibile. In fondo si nasce per morire, a prescindere da ipotetica immortalità dell'anima: noi scompariamo dal mondo.
                      Tuttavia, se il tuo credo è di pura comodità e libertà e non implica alcuna istituzione religiosa il problema diventa meno complicato, ma richiede comunque coscienza, perchè l'accettazione della realtà (morte compresa) per come si presenta nei lati apparenti e in quelli da scoprire con la ricerca è sempre importante per affrontare la vita e non trovarsi mai di fronte a pericolose crisi esistenziali.
                      Osservazioni alla terza domanda:
                      Su quali basi possiamo credere che esiste un anima? Noi abbiamo a disposizione solo analogie con ciò che possiamo vedere e pensare. La materia ad esempio quando cambia diventa qualcos'altro. Se l'anima è sostanza, anche se invisibile, non è altamente probabile che questa base subisca un cambiamento? se la base della sostanza resta invariata e infinita la tua base quando muori lascia posto a una nuova coscienza. Tu comunque sparisci anche se l'anima esistesse a fosse immortale. Pensi forse che ogni nato è una nuova anima creata da zero? quindi ora, nell'universo ci sono le anime di tutte le persone vissute dalla preistoria ad oggi? In base a quale criterio possiamo minimamente pensare una cosa del genere? se pensiamo all'anima come energia cosmica che diventa parte di un tutto tu comunque perdi la coscienza di te. Muori ugualmente, anima o non anima, sei destinato a sparire per sempre sia fisicamente sia psicologicamente. Inoltre, visto che l'anima sembra seguire pari passo il corpo (argomento humiano) visto che da piccoli quando il corpo è debole hai meno capacità mentali... nell'età di maggiore vigore visico sei al top della potenzialità e nella vecchiaia con l'indebolimento fisico torna a indebolirsi anche la mente perchè non pensare che questo processo continui allo stesso modo con la dissoluzione del corpo? Ma sinceramente, una volta scoperto tanto sul funzionamento del cervello e sulle origini della coscienza, a quali conoscenze basilari dobbiamo rinunciare per accettare una simile idea di immortalità?
                      Non è forse una rinuncia troppo grande per un problema troppo importante che richiede più di ogni altra cosa l'accettazione?

                      Comment


                      • #71
                        allora IISNT inanzitutto io col dire vivere nel miglior modo possibile non intendo seguendo degli schemi prefissati come il cattolicesimo/religione ecc...ma seguendo quello che per me è più "giusto" sempre ovviamente premettendo che il mio concetto di giustizia può non coincidere con il tuo o con quello degli altri ecc..e ovviamente penso che si arrivi al deterioramento del corpo col passare degli anni fino alla morte e che possa non esistere l'anima il paradiso ecc..ma quello che voglio dire è che io voglio vivere per me stesso e basta..quindi senza farmi inculcare niente da nessuno ...ma se alcuni concetti li condivido è perchè penso che siano giusti e così li seguo sennò niente. e comunque d'accordissimo al 100% su quello che dici riguardo al fatto di non pensare a quello che succederà dopo e vivere al meglio la vita però purtroppo questi dubbi esistenziali sono sempre dentro di noi perchè proprio alla base di tutto nell'uomo c'è la curiosità che ci ha fatto fare e ci farà fare scoperte invenzioni e così secondo me è per questo che l'uomo vuole sapere e sapere sempre di tutto e di più e non c'è nulla di male.
                        Quando raggiungerò l'apice,il mondo stesso si ingloberà in me,diventando così io il mondo.

                        Comment


                        • #72
                          Originariamente Scritto da Boia deh Visualizza Messaggio
                          tutto appunto dal destino
                          Il destino è un libro. Io parlo dell'autore.

                          Comment


                          • #73
                            Originariamente Scritto da Feleset Visualizza Messaggio
                            E affine a Shopenhauer, aggiungerei.
                            Eh? Ma per niente.

                            Comment


                            • #74
                              Originariamente Scritto da Davyl Visualizza Messaggio
                              Eh? Ma per niente.
                              in effetti...

                              Comment


                              • #75
                                Originariamente Scritto da Lorenzo GOV Visualizza Messaggio
                                Il destino è un libro. Io parlo dell'autore.
                                Lui pensa che l'autore sia il destino. O no?
                                sigpic

                                Comment

                                Working...
                                X