Finito The last of us.
L'ultimo lavoro dei Naughty Dog è il classico titolo che non ti aspetti da una software house che ha sempre sfruttato il genere ''del momento''.
The last of us è un suvival. Un gioco stealth. Un gioco con buona esplorazione e una difficoltà non proprio accessibile a tutti. Un gioco che non ha niente a che vedere con quello che piace a tutti, in poche parole.
The last of us è anche una storia umana. Molto umana. Le situazioni di gioco si fondono perfettamente con un gameplay collaudato e ricco di possibilità. Il tutto dona a questa grande ‘'fuga'' un aspetto realistico. Emotivo in ogni interpretazione. A partire dalle pure sequenze di gioco fino alla recitazione degli attori. Quasi vivi dal punto di vista visivo. Quasi vivi dal punto di vista delle reazioni.
Un lavoro, in questo senso, riuscitissimo. Coinvolgente. Straziante nel suo raccontare la disperazione.
Perché il mondo e la storia di The last of us raccontano questo. Un incubo in cui bisogna sfuggire da mostri pericolosi. Gli umani invece? Bisogna scappare anche da loro se è possibile. Perché alla fine anche loro sono mostri. Però con pistole e fucili.
Perfino i due protagonisti sono mostri da un certo punto di vista. Scappano. Sono vittime del mondo e delle situazioni. Ma sono anche diffidenti. E non hanno nemmeno tutti i torti a dire il vero.
Dal punto di vista strettamente ludico ci troviamo di fronte ad un lavoro magistrale. Professionale. Senza sbavature.
Il gioco può essere definito come ''un'avventura di sopravvivenza'', con un level design che mescola parti lineari a intere zone più ampie. Ricche di strade secondarie, case da esplorare e posti in cui nascondersi.
La cosa bella è che lascia al giocatore la facoltà delle sue azioni. Non c'è mai una sola strada da seguire. Non c'è mai un approccio migliore di un altro. Non c'è mai una zona da affrontare a senso unico. Il giocatore è libero di agire e valutare.
Grandissime cose anche dal punto di vista tecnico. Il lavoro svolto per rendere l'I.A nemica realistica è andata a buon fine. I nemici infatti sono imprevedibili, sia nei pattern di azione sia emotivamente.
Quando cercano copertura non sparano in continuazione. Quasi a voler risparmiare i proiettili. E se impazziscono ti possono pure venire incontro furiosi. E se ti vedono armato possono pure farsela sotto e scappare via impauriti.
Inutile dire che tutte queste azioni rendono ogni sparatoria unica. Sensazionale. Coinvolgente e ansiogena.
Graficamente ci troviamo di fronte ad un Uncharted 3. Magari leggermente sacrificato per dare spazio ad una maggiore varietà di scenari. Il tutto ha un sapore più ampio. Utile per sottolineare maggiormente il peso di un'ambientazione ormai in rovina, in cui gli umani non solo sono morti, ma si sono anche fatti guerra tra loro. Con tanto di zone di quarantena e allarmi che scattano appena passa qualche altro umano come loro.
Menzione speciale per i due protagonisti. Una coppia casuale di eroi atipica. Con una crescita graduale davvero commovente per il giocatore, che si ritrova ad accompagnare due personaggi davvero umani. E The last of us è un videogioco, ricordiamolo. E nonostante questo i personaggi recitano come in un bel film.
Un film che magari spiega poco su tante cose, ma che riesce nello stesso tempo a coinvolgere. A farti provare un senso di dispiacere nei confronti di una brutta azione.
Un grande gioco quindi. Una grande scommessa vinta per questa software house di cagnacci. Un ultimo grande epilogo per questa gen. Una magnifica esperienza di sopravvivenza e di sperimentazione narrativa. Un piccolo indizio su quello che potrà raccontare il media videoludico nelle prossime generazioni.
L'ultimo lavoro dei Naughty Dog è il classico titolo che non ti aspetti da una software house che ha sempre sfruttato il genere ''del momento''.
The last of us è un suvival. Un gioco stealth. Un gioco con buona esplorazione e una difficoltà non proprio accessibile a tutti. Un gioco che non ha niente a che vedere con quello che piace a tutti, in poche parole.
The last of us è anche una storia umana. Molto umana. Le situazioni di gioco si fondono perfettamente con un gameplay collaudato e ricco di possibilità. Il tutto dona a questa grande ‘'fuga'' un aspetto realistico. Emotivo in ogni interpretazione. A partire dalle pure sequenze di gioco fino alla recitazione degli attori. Quasi vivi dal punto di vista visivo. Quasi vivi dal punto di vista delle reazioni.
Un lavoro, in questo senso, riuscitissimo. Coinvolgente. Straziante nel suo raccontare la disperazione.
Perché il mondo e la storia di The last of us raccontano questo. Un incubo in cui bisogna sfuggire da mostri pericolosi. Gli umani invece? Bisogna scappare anche da loro se è possibile. Perché alla fine anche loro sono mostri. Però con pistole e fucili.
Perfino i due protagonisti sono mostri da un certo punto di vista. Scappano. Sono vittime del mondo e delle situazioni. Ma sono anche diffidenti. E non hanno nemmeno tutti i torti a dire il vero.
Dal punto di vista strettamente ludico ci troviamo di fronte ad un lavoro magistrale. Professionale. Senza sbavature.
Il gioco può essere definito come ''un'avventura di sopravvivenza'', con un level design che mescola parti lineari a intere zone più ampie. Ricche di strade secondarie, case da esplorare e posti in cui nascondersi.
La cosa bella è che lascia al giocatore la facoltà delle sue azioni. Non c'è mai una sola strada da seguire. Non c'è mai un approccio migliore di un altro. Non c'è mai una zona da affrontare a senso unico. Il giocatore è libero di agire e valutare.
Grandissime cose anche dal punto di vista tecnico. Il lavoro svolto per rendere l'I.A nemica realistica è andata a buon fine. I nemici infatti sono imprevedibili, sia nei pattern di azione sia emotivamente.
Quando cercano copertura non sparano in continuazione. Quasi a voler risparmiare i proiettili. E se impazziscono ti possono pure venire incontro furiosi. E se ti vedono armato possono pure farsela sotto e scappare via impauriti.
Inutile dire che tutte queste azioni rendono ogni sparatoria unica. Sensazionale. Coinvolgente e ansiogena.
Graficamente ci troviamo di fronte ad un Uncharted 3. Magari leggermente sacrificato per dare spazio ad una maggiore varietà di scenari. Il tutto ha un sapore più ampio. Utile per sottolineare maggiormente il peso di un'ambientazione ormai in rovina, in cui gli umani non solo sono morti, ma si sono anche fatti guerra tra loro. Con tanto di zone di quarantena e allarmi che scattano appena passa qualche altro umano come loro.
Menzione speciale per i due protagonisti. Una coppia casuale di eroi atipica. Con una crescita graduale davvero commovente per il giocatore, che si ritrova ad accompagnare due personaggi davvero umani. E The last of us è un videogioco, ricordiamolo. E nonostante questo i personaggi recitano come in un bel film.
Un film che magari spiega poco su tante cose, ma che riesce nello stesso tempo a coinvolgere. A farti provare un senso di dispiacere nei confronti di una brutta azione.
Un grande gioco quindi. Una grande scommessa vinta per questa software house di cagnacci. Un ultimo grande epilogo per questa gen. Una magnifica esperienza di sopravvivenza e di sperimentazione narrativa. Un piccolo indizio su quello che potrà raccontare il media videoludico nelle prossime generazioni.
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