Ad un certo punto ecco che apparve la nave avvolta da una lieve foschia che le donava un’aria misteriosa e per certi versi inquietante, i parenti e gli amici dei passeggeri cominciarono ad agitarsi e a sventolare sinuosi e variopinti fazzoletti che in quell’occasione parevano innumerevoli farfalle danzanti in un campo di particolari fiori. Nello stesso istante in cui il sole passò oltre il confine tra il cielo e l’acqua il mezzo di trasporto attraccò al porto gettando la lucida ancora tra le increspature della superficie marina, poscia un ponte venne calato e il flusso di viaggiatori iniziò a riversarsi sulla sponda ove ognuno poté riabbracciare la persona cara che non aveva visto per due intere settimane. Il gruppo composto dai saiyan, dal campione con la figlia e il fidato amico e l’alieno dorato, avanzò facendosi largo tra i molti presenti in cerca delle due coppie che evidentemente non avevano ancora toccato terra. Poi, dietro una numerosa famiglia ecco che carichi di bagagli, con i polsi ornati da svariati gioielli esotici e abbigliati con camicie a fiori e bermuda dalle belle tinte e miniabiti scintillanti, comparvero i guerrieri saiyan accompagnati dalle rispettive consorti. Immediatamente i fratelli Son e Trunks accorsero dai loro genitori che felici li strinsero in calorosi abbracci, lasciando scivolare le valigie dalle spalle e dalle mani, e sorprendentemente anche il principe per quell’occasione strinse il figlio che piacevolmente stupito si abbandonò tra le muscolose braccia del padre.
-Papà, non sai quanto mi sei mancato! In questo periodo ho capito che ti voglio più bene di quanto avessi mai immaginato!- confessò il giovinetto a Vegeta che con le guance lievemente scarlatte si limitò a sorridere per poi scompigliargli con rude affetto la chioma color glicine.
-Anche a me sei mancato figliolo! Non credevo che la lontananza da te mi facesse questo effetto! Su, adesso lasciati stritolare anche dalla mamma, che penso stia per fulminarmi con lo sguardo!- disse egli ironicamente rivolgendogli un complice occhiolino e facendosi da parte giusto in tempo prima che Bulma lo travolgesse per avvolgere con passione il figlio. A sua volta Chichi passò le braccia attorno alla vita del primogenito per dopo affondare il viso tra i folti capelli corvini del figlio minore, dunque anche Goku poté ritrovare l’insostituibile calore delle proprie creature, alzando Goten e facendolo volteggiare come soleva fare quando insieme terminavano gli allenamenti distendendosi tra l’alta e soffice erba o sotto i maestosi alberi dei boschi dei monti Paoz.
-Che bello papi, sono felice di riaverti qui! Ho persino sentito la nostalgia dei nostri pomeriggi a casa!- gli bisbigliò il piccolo serrando gli occhi dai quali iniziavano a cadere fugaci lacrime come minuscole perle e avvinghiandosi al collo del guerriero.
-Eheheh, lo so tesoro! Ma su, non piangere! Il tuo papà è qui, e quando torneremo alla nostra radura mi racconterai cos’hai fatto assieme a Trunks in questi quindici giorni!- disse sorridendogli e inginocchiandosi per posarlo delicatamente al suolo. Dunque si voltò verso gli altri quattro presenti che con massima discrezione erano rimasti ad osservare i quadretti famigliari che finalmente si riformavano, un campione lievemente commosso si stava soffiando il naso su un fazzoletto celeste mentre Bu gli batteva una mano sulla schiena per confortarlo. Senza che nemmeno se ne accorgesse, l’uomo dalle meravigliose iridi color del cielo di primavera si ritrovò a piangere di gioia sull’esotica camicia dell’amico dalla particolare pettinatura a stella, egli con espressione leggermente imbarazzata ma felice al contempo lo tenne a sé per un po’ fino a quando un individuo attirò la sua attenzione. Si concesse pochi altri minuti per salutare affettuosamente il mostro rosa e la leggiadra fanciulla che era accanto a quest’ultimo, perciò avanzò nella direzione di colui che con il capo chino se ne stava silenziosamente appoggiato ad un muricciolo ove il crepuscolo creava zone d’ombra alternate alla luce dei lampioni di tradizionali fattezze, che risaltavano nell’insieme la chiara cromatura dorata della sua pelle.
-Papà, non sai quanto mi sei mancato! In questo periodo ho capito che ti voglio più bene di quanto avessi mai immaginato!- confessò il giovinetto a Vegeta che con le guance lievemente scarlatte si limitò a sorridere per poi scompigliargli con rude affetto la chioma color glicine.
-Anche a me sei mancato figliolo! Non credevo che la lontananza da te mi facesse questo effetto! Su, adesso lasciati stritolare anche dalla mamma, che penso stia per fulminarmi con lo sguardo!- disse egli ironicamente rivolgendogli un complice occhiolino e facendosi da parte giusto in tempo prima che Bulma lo travolgesse per avvolgere con passione il figlio. A sua volta Chichi passò le braccia attorno alla vita del primogenito per dopo affondare il viso tra i folti capelli corvini del figlio minore, dunque anche Goku poté ritrovare l’insostituibile calore delle proprie creature, alzando Goten e facendolo volteggiare come soleva fare quando insieme terminavano gli allenamenti distendendosi tra l’alta e soffice erba o sotto i maestosi alberi dei boschi dei monti Paoz.
-Che bello papi, sono felice di riaverti qui! Ho persino sentito la nostalgia dei nostri pomeriggi a casa!- gli bisbigliò il piccolo serrando gli occhi dai quali iniziavano a cadere fugaci lacrime come minuscole perle e avvinghiandosi al collo del guerriero.
-Eheheh, lo so tesoro! Ma su, non piangere! Il tuo papà è qui, e quando torneremo alla nostra radura mi racconterai cos’hai fatto assieme a Trunks in questi quindici giorni!- disse sorridendogli e inginocchiandosi per posarlo delicatamente al suolo. Dunque si voltò verso gli altri quattro presenti che con massima discrezione erano rimasti ad osservare i quadretti famigliari che finalmente si riformavano, un campione lievemente commosso si stava soffiando il naso su un fazzoletto celeste mentre Bu gli batteva una mano sulla schiena per confortarlo. Senza che nemmeno se ne accorgesse, l’uomo dalle meravigliose iridi color del cielo di primavera si ritrovò a piangere di gioia sull’esotica camicia dell’amico dalla particolare pettinatura a stella, egli con espressione leggermente imbarazzata ma felice al contempo lo tenne a sé per un po’ fino a quando un individuo attirò la sua attenzione. Si concesse pochi altri minuti per salutare affettuosamente il mostro rosa e la leggiadra fanciulla che era accanto a quest’ultimo, perciò avanzò nella direzione di colui che con il capo chino se ne stava silenziosamente appoggiato ad un muricciolo ove il crepuscolo creava zone d’ombra alternate alla luce dei lampioni di tradizionali fattezze, che risaltavano nell’insieme la chiara cromatura dorata della sua pelle.
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