cap.2 Il significato dei sogni
La sua risata malvagia riempì l’aria. Atterrato con la sua navicella ora si guardava in giro. Un colpo solo, come quello che utilizzava sempre Nappa, e l’intera città sarebbe saltata per aria. Però se avesse ucciso subito quegli insulsi insetti si sarebbe perso il divertimento. Perciò cominciò a lanciare onde in giro. Godendo delle facce spaventate e delle urla di terrore. Aveva dimenticato il sapore del sangue e il brivido nel sentirsi il più potente. Certo era divertente vedere quei codardi che si calpestavano, abbandonando i più deboli, solo per salvarsi la vita. Soltanto gli sarebbe piaciuto qualche combattimento vero. Poco male, più tardi sarebbe andato a eliminare quegli insulsi guerrieri che difendevano quello stupido pianeta. Era atterrato nel centro della città, ma la sua meta era di fronte a lui. I suoi stivaletti bianchi scricchiolavano sull’erba. Con la mano destra caricò un onda. La porta andò in pezzi. Entrò nella casa. Troppo pulita e ordinata. Ci voleva un po’ del suo “tocco”. Aumentò l’aura facendo volare via tutto. Sorrise nel vedere gli oggetti a terra distrutti. Calpestò un portafotografie che conteneva un immagine della famigliola felice. Dei passi frettolosi. Ecco era lei. Sapeva che sarebbe arrivata. Con la sua fine si sarebbe chiusa quella breve parentesi. La donna, con il viso sconvolto da terrore, gli si aggrappò al braccio. “Ti prego torna in te! Ti scongiuro!”urlò lei tra le lacrime. Con un movimento del braccio la fece volare via. La donna cadendo si graffiò il volto. Dalla ferita uscirono gocce di sangue color rubino. L’uomo nel suo delirio di onnipotenza non si accorse che in quell’attimo di panico era comunque bellissima. I capelli turchini in disordine le incorniciavano il viso. I grandi occhi azzurri sembravano imploranti. Alzò la mano pronto a lanciare un onda. “E’ la tua fine sibilò l’uomo”sorridendo sadico.
“NOOOOOO!!!!!!!”urlò svegliandosi. Sudato, si accorse con sollievo che era stato solo un incubo. Attorcigliato completamente nelle coperte, non riusciva quasi a muoversi. Ci mise qualche attimo per ricordarsi dov’era. La sua camera da letto non gli era mai sembrata un luogo così protetto, ma qualunque luogo lo sarebbe stato rispetto al suo incubo. Si voltò e si ritrovò faccia a faccia con un bel viso, anche se non più giovanissimo, ma sempre stupendo. Lo stesso viso del suo incubo. Solo che stavolta non era spaventato, semmai preoccupato. Lo scrutava cercando di capire perché mai si fosse messo a urlare in quel modo alle 5 del mattino. “Un altro incubo?”chiese centrando il problema. Vegeta non rispose. Sembrava che la sua capacità di parlare fosse momentaneamente bloccata da un nodo in gola. Bulma cercò di avvicinarsi, ma il sayan la scostò. “Come posso solo toccarti quando il mio animo guerriero potrebbe mettere in atto quello che i miei sogni mi mostrano?”pensò lui mentre compiva quel gesto. La donna, incurante dell’atteggiamento del marito, tentò nuovamente di avvicinarsi. “Come faccio ad aiutarti se ti isoli?”chiese lei comprensiva. Aveva ormai da tanti anni capito che per arrivare a quello che l’uomo era davvero, bisognava prima superare i muri che lui stesso ergeva. “Ti prego fatti aiutare”. Quelle parole: “Ti prego” le stesse del suo sogno fecero crollare tutte le sue intenzioni. Non voleva farla soffrire. Già aveva dovuto passare tanti brutti momenti a causa sua. “Era solo un brutto sogno”le disse baciandola. Bulma sapeva che era qualcosa di più. E quel bacio, dato con la stessa foga che ha un assetato che trova dell’acqua da bere nel deserto, ne fu una conferma. “Raccontamelo”disse con dolcezza, ma con nella voce un intonazione decisa di un ordine. Vegeta si voltò verso la finestra. La luce della luminosa luna illuminava la stanza. La luna, a dir la verità il plenilunio, la meravigliosa luna piena era il simbolo della potenza dei sayan. Poteva ancora sentire il grido dell’Oozaru inferocito in cui più volte si era trasformato distruggendo intere città. In fondo un sogno era solo un sogno e lui invece aveva fatto cose terribili nel mondo reale. Perché vergognarsi di qualche cosa che non aveva commesso? “Sicura?”. “Certo, altrimenti perché chiedertelo. In fondo perché muoio nei tuoi incubi non vuol dire che devo necessariamente morire davvero”disse lei seria. Vegeta, per l’ennesima volta nella sua vita, si chiese se sapesse leggere nei suoi pensieri. In fondo non voleva raccontarglielo proprio per quello. Così sotto lo sguardo vigile dell’astro lucente fuori dalla finestra cominciò a narrare le sue paure.
La sua risata malvagia riempì l’aria. Atterrato con la sua navicella ora si guardava in giro. Un colpo solo, come quello che utilizzava sempre Nappa, e l’intera città sarebbe saltata per aria. Però se avesse ucciso subito quegli insulsi insetti si sarebbe perso il divertimento. Perciò cominciò a lanciare onde in giro. Godendo delle facce spaventate e delle urla di terrore. Aveva dimenticato il sapore del sangue e il brivido nel sentirsi il più potente. Certo era divertente vedere quei codardi che si calpestavano, abbandonando i più deboli, solo per salvarsi la vita. Soltanto gli sarebbe piaciuto qualche combattimento vero. Poco male, più tardi sarebbe andato a eliminare quegli insulsi guerrieri che difendevano quello stupido pianeta. Era atterrato nel centro della città, ma la sua meta era di fronte a lui. I suoi stivaletti bianchi scricchiolavano sull’erba. Con la mano destra caricò un onda. La porta andò in pezzi. Entrò nella casa. Troppo pulita e ordinata. Ci voleva un po’ del suo “tocco”. Aumentò l’aura facendo volare via tutto. Sorrise nel vedere gli oggetti a terra distrutti. Calpestò un portafotografie che conteneva un immagine della famigliola felice. Dei passi frettolosi. Ecco era lei. Sapeva che sarebbe arrivata. Con la sua fine si sarebbe chiusa quella breve parentesi. La donna, con il viso sconvolto da terrore, gli si aggrappò al braccio. “Ti prego torna in te! Ti scongiuro!”urlò lei tra le lacrime. Con un movimento del braccio la fece volare via. La donna cadendo si graffiò il volto. Dalla ferita uscirono gocce di sangue color rubino. L’uomo nel suo delirio di onnipotenza non si accorse che in quell’attimo di panico era comunque bellissima. I capelli turchini in disordine le incorniciavano il viso. I grandi occhi azzurri sembravano imploranti. Alzò la mano pronto a lanciare un onda. “E’ la tua fine sibilò l’uomo”sorridendo sadico.
“NOOOOOO!!!!!!!”urlò svegliandosi. Sudato, si accorse con sollievo che era stato solo un incubo. Attorcigliato completamente nelle coperte, non riusciva quasi a muoversi. Ci mise qualche attimo per ricordarsi dov’era. La sua camera da letto non gli era mai sembrata un luogo così protetto, ma qualunque luogo lo sarebbe stato rispetto al suo incubo. Si voltò e si ritrovò faccia a faccia con un bel viso, anche se non più giovanissimo, ma sempre stupendo. Lo stesso viso del suo incubo. Solo che stavolta non era spaventato, semmai preoccupato. Lo scrutava cercando di capire perché mai si fosse messo a urlare in quel modo alle 5 del mattino. “Un altro incubo?”chiese centrando il problema. Vegeta non rispose. Sembrava che la sua capacità di parlare fosse momentaneamente bloccata da un nodo in gola. Bulma cercò di avvicinarsi, ma il sayan la scostò. “Come posso solo toccarti quando il mio animo guerriero potrebbe mettere in atto quello che i miei sogni mi mostrano?”pensò lui mentre compiva quel gesto. La donna, incurante dell’atteggiamento del marito, tentò nuovamente di avvicinarsi. “Come faccio ad aiutarti se ti isoli?”chiese lei comprensiva. Aveva ormai da tanti anni capito che per arrivare a quello che l’uomo era davvero, bisognava prima superare i muri che lui stesso ergeva. “Ti prego fatti aiutare”. Quelle parole: “Ti prego” le stesse del suo sogno fecero crollare tutte le sue intenzioni. Non voleva farla soffrire. Già aveva dovuto passare tanti brutti momenti a causa sua. “Era solo un brutto sogno”le disse baciandola. Bulma sapeva che era qualcosa di più. E quel bacio, dato con la stessa foga che ha un assetato che trova dell’acqua da bere nel deserto, ne fu una conferma. “Raccontamelo”disse con dolcezza, ma con nella voce un intonazione decisa di un ordine. Vegeta si voltò verso la finestra. La luce della luminosa luna illuminava la stanza. La luna, a dir la verità il plenilunio, la meravigliosa luna piena era il simbolo della potenza dei sayan. Poteva ancora sentire il grido dell’Oozaru inferocito in cui più volte si era trasformato distruggendo intere città. In fondo un sogno era solo un sogno e lui invece aveva fatto cose terribili nel mondo reale. Perché vergognarsi di qualche cosa che non aveva commesso? “Sicura?”. “Certo, altrimenti perché chiedertelo. In fondo perché muoio nei tuoi incubi non vuol dire che devo necessariamente morire davvero”disse lei seria. Vegeta, per l’ennesima volta nella sua vita, si chiese se sapesse leggere nei suoi pensieri. In fondo non voleva raccontarglielo proprio per quello. Così sotto lo sguardo vigile dell’astro lucente fuori dalla finestra cominciò a narrare le sue paure.
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