Nessun problema, intanto siccome l'ho ultimata, la posto ora ^^
Un imprecazione squarcia il silenzio tranquillo. Chi osa urlare parole così volgari in un momento di pace e serenità? La gente non se lo sa spiegare, mentre si affaccia alle finestre per ascoltare, per giudicare. Ad un tratto il grido si ripete, alto, forte, agghiacciante, terrorizzato. La gente esce dalle case, piene di gioie familiari, per capire la situazione, per comprendere cosa abbai interrotto la pace del luogo. La risposta arriva chiara e inesorabile con un terzo grido altisonante.
La pace è completamente infranta...
“Gli alieni!!!”
Sati non può credere ai suoi occhi, quello che vede deve essere frutto della sua fantasia. Affonda le mani nel liquido del fiume e si bagna il viso, più e più volte. Riporta lo sguardo verso l'alto, ma vede la medesima cosa già vista in precedenza. Delle astronavi stanno scendendo al suolo. Resta qualche secondo sconvolta, continuando ad osservare quei mezzi, di una tecnologia molto più avanzata della loro. Poi si risveglia come da un sogno ed inizia a correre verso il centro della città, continuando ad urlare “Sono sbarcati gli alieni!”.
Infrangendo la pace.
Qualcuno esce dalla propria casa in fretta, dopo aver udito il grido. Non c'è molto tempo, occorre mobilitare l'esercito. Lui, Comandante Kikal , deve provvedere alla salvaguardia della nazione.
Rapidamente si dirige verso il Quartier Generale dell'Esercito. La salvezza è nelle sue mani, non può fallire.
Le astronavi degli alieni, intanto, sono sbarcate ed i portelloni si aprono lentamente, ma la luce accecante impedirebbe a chiunque fosse nei dintorni di vederne l'interno, di vedere negli occhi gli invasori. Ma ad ogni modo nessuno ha avuto il coraggio di avvicinarsi, tutti sono fuggiti in maniera scomposta, disordinata, cercando di salvare i propri cari, le proprie vite.
Gli alieni escono dall'astronave, muovono qualche passo incerto sul pianeta, guardandosi attorno. Tra le braccia hanno i loro fucili ad alta precisione, pronti a far fuoco. Il loro pianeta è diventato ormai insufficiente, loro sono costretti a trovare nuove risorse, nuovi pianeti da conquistare. E per questo non si faran scrupoli ad uccidere ogni misero abitante di quel pianeta.
Calpestano il suolo con le loro zampe, ghermiscono i fucili con gli artigli.
Si muovono con passo rapido, come se sapessero con esattezza cosa fare, dove andare, mentre i loro occhi malvagi saettano da ogni parte alla ricerca di ricchezze da depredare. La luce risplende sulla loro pelle sudata e appiccicosa, il loro fiato smuove l'aria intorno, creando leggere brezze capaci di rabbrividire chiunque vi si avvicini.
Nel frattempo, al Quartier Generale, il Comandante Kikal e il Generale Kawon stanno cercando di mettere a punto un piano che permetterà la salvezza della nazione e dell'intero pianeta.
“Che cosa facciamo, Generale?”
Il Generale Kawon rimane pensieroso, cerca di capire quale sia la strategia migliore.
“Suggerisco di tentare per la via diplomatica, Comandante. Mandiamo un ambasciatore a parlare con loro”
Il Comandante Kikal annuisce, non totalmente convinto. Secondo lui mobilitare l'esercito sarebbe stata la soluzione migliore, ma non discute le decisioni del Generale. Spera solo che quei mostri siano pronti a collaborare.
Non i ha visti in faccia, ma ha visto le loro astronavi. Appare evidente che la loro tecnologia è inarrivabile. Se non accetteranno il patto sarà la fine per il pianeta e per la popolazione.
Gli alieni raggiungono la prima città ed iniziano a sparare con i loro fucili, ad entrare nelle case per saccheggiare e uccidere. I bambini, spaventati, urlano al solo vedere la loro faccia mostruosa e i loro denti terribili. Un bimbo viene strappato dalla sua mamma da quelle mani rapaci e portato su una delle loro astronavi, forse vogliono studiarlo, forse vogliono farlo diventare uno di loro, o semplicemente ucciderlo. La madre, terrorizzata, teme che vogliano mangiarlo. Da ogni luogo è possibile udire le grida delle donne e dei bambini, le urla disperate dei genitori che vedono i loro figli calpestati o uccisi in altri modi altrettanto sanguinosi, tutto ad opera di squallidi alieni rosa.
Gli alieni continuano a marciare, compatti, senza dividersi. Distruggono tutto ciò che incontrano, simili alla marcia infuocata dei demoni dell'Apocalisse. Non c'è scappatoia, nessun rifugio. Continuano ad avanzare, distruggendo tutto ciò che incontrano. Con le loro armi. Con la loro malvagità. Con la loro fame. Fame di possedimenti, di territori.
Fame di sangue.
Ecco che in lontananza arriva l'Ambasciatore Jonas, mandato dal Comandante e dal Generale. Sguardo attento e fiero, marcia sicura. Inquietudine nel cuore.
Si avvicina agli alieni, chiedendo di parlare con il loro comandante. Gli alieni ridono, digrignando quei denti che spaventano tanto il povero Jonas. Così bianchi e inquietanti. Uno degli alieni si fa avanti, il più grosso, il più malvagio. Quello con i denti più bianchi.
“Sono io, il Comandante” dice, con una voce agghiacciante, simile ad un gessetto lasciato scorrere sulla lavagna. Jonas inizia a tramare, al cospetto di quell'essere ripugnante.
“I-io...vengo in p-pace. N-noi...volevamo proporvi un accordo...p-per farvi abbandonare il p-pianeta”
Il Comandante annuisce, con grande stupore dei suoi compagni.
“D'accordo. Riferisci che siamo pronti a trovare un accordo”.
Jonas sospira di sollievo e si volta, per annunciare la lieta novella. E' felice, sente che se il pianeta è salvo è in parte anche merito suo. E' come se avesse salvato delle vite, e la cosa lo rende fiero di sé.
PAM.
Un colpo lo coglie impreparato. Cade a terra, mentre dalla sua testa inizia a sgorgare sangue. Il Comandante degli alieni scoppia a ridere. La sua roca risata si propaga per chilometri e chilometri, facendo tremare di paura tutta la popolazione che sta cercando salvezza. I bambini piangono, perchè hanno paura. Perchè è un'ingiustizia che siano costretti ad abbandonare la vita prima di averla conosciuta.
Un bambino sta guardando tutta la scena, con i piccoli occhietti pieni di lacrime. Jonas era suo padre e lui l'ha visto cadere, per colpa di sporchi alieni che vogliono solo fare del male. Adesso lui è solo, anche sua madre è stata uccisa dagli alieni. Non ha nessuno al mondo.
E' nascosto in una botte, vicino al luogo dell'assassinio, il sangue di suo padre è libero di scorrere fino a lui. Ha gli occhi pieni di quel colore sgargiante. Una distesa purpurea che luccica davanti a lui. Allunga le piccole mani marroncine e pelose, come se volesse toccarlo, ma sa che non può allungarsi troppo, o verrebbe scoperto. Le sue orecchie aguzze si tendono, mentre cerca di ascoltare i discorsi degli alieni, e intanto la sua coda squamosa si muove frenetica, a causa della forte rabbia che prova.
Vede all'improvviso sua nonna scattare in avanti e avventarsi contro il capo degli alieni. E' arrabbiata, vuole vendicare la morte del figlio. Il piccino apre la bocca, vorrebbe urlarle di andarsene, che è pericoloso. Vorrebbe dirle di salvarsi, perchè ormai solo lei può occuparsi di lui. Vorrebbe gridarle che possono ricostruirsi una vita, possono sopravvivere.
Vorrebbe ululare al vento tutto quello che sente nel suo cuore.
E invece resta in silenzio, per salvarsi, per portare dentro di sé la memoria della sua famiglia.
Continua ad osservare la nonna accanirsi contro gli alieni. E' inutile, è tutto inutile.
Il Comandante degli alieni ride, si fa scherno del dolore dell'anziana. Ancora. Sempre di più. Sempre più forte. Con il calcio del fucile colpisce la vecchietta, distruggendole il cranio. Ancora una volta il piccolo vede il sangue color porpora di un suo caro scorrere sul freddo pavimento.
Un grido esce dalle labbra del poveretto, che viene così individuato. Il Comandante nemico si avvicina a lui, squadrandolo con due occhi intensi e azzurri, dove si può leggere la pura malvagità. Gli punta la canna del fucile contro la testolina, pronto a premere il grilletto.
Soltanto una domanda esce dalle dalle labbra del piccolo
“Chi siete, voi?” chiede con sdegno, sputando della saliva azzurra sul viso dell'alieno che ha osato uccidere suo padre. Può permettersi di fare quel gesto, ormai ha perso la speranza di salvarsi.
Il Comandante ride, ancora una volta.
Decide di rispondere a quella domanda, forse per assecondare l'ultima richiesta di un povero bambino destinato ad una morte troppo precoce.
“Siamo Terrestri” dice semplicemente, con una voce così fredda da far rabbrividire anche il cuore più caparbio.
Quella risposta è l'unica cosa che il bimbo può sentire, seguita a breve distanza da un suono forte e amaro.
Poi: il buio.
E troppe domande senza risposta.
Spoiler:
Alieni
Un imprecazione squarcia il silenzio tranquillo. Chi osa urlare parole così volgari in un momento di pace e serenità? La gente non se lo sa spiegare, mentre si affaccia alle finestre per ascoltare, per giudicare. Ad un tratto il grido si ripete, alto, forte, agghiacciante, terrorizzato. La gente esce dalle case, piene di gioie familiari, per capire la situazione, per comprendere cosa abbai interrotto la pace del luogo. La risposta arriva chiara e inesorabile con un terzo grido altisonante.
La pace è completamente infranta...
“Gli alieni!!!”
Sati non può credere ai suoi occhi, quello che vede deve essere frutto della sua fantasia. Affonda le mani nel liquido del fiume e si bagna il viso, più e più volte. Riporta lo sguardo verso l'alto, ma vede la medesima cosa già vista in precedenza. Delle astronavi stanno scendendo al suolo. Resta qualche secondo sconvolta, continuando ad osservare quei mezzi, di una tecnologia molto più avanzata della loro. Poi si risveglia come da un sogno ed inizia a correre verso il centro della città, continuando ad urlare “Sono sbarcati gli alieni!”.
Infrangendo la pace.
Qualcuno esce dalla propria casa in fretta, dopo aver udito il grido. Non c'è molto tempo, occorre mobilitare l'esercito. Lui, Comandante Kikal , deve provvedere alla salvaguardia della nazione.
Rapidamente si dirige verso il Quartier Generale dell'Esercito. La salvezza è nelle sue mani, non può fallire.
Le astronavi degli alieni, intanto, sono sbarcate ed i portelloni si aprono lentamente, ma la luce accecante impedirebbe a chiunque fosse nei dintorni di vederne l'interno, di vedere negli occhi gli invasori. Ma ad ogni modo nessuno ha avuto il coraggio di avvicinarsi, tutti sono fuggiti in maniera scomposta, disordinata, cercando di salvare i propri cari, le proprie vite.
Gli alieni escono dall'astronave, muovono qualche passo incerto sul pianeta, guardandosi attorno. Tra le braccia hanno i loro fucili ad alta precisione, pronti a far fuoco. Il loro pianeta è diventato ormai insufficiente, loro sono costretti a trovare nuove risorse, nuovi pianeti da conquistare. E per questo non si faran scrupoli ad uccidere ogni misero abitante di quel pianeta.
Calpestano il suolo con le loro zampe, ghermiscono i fucili con gli artigli.
Si muovono con passo rapido, come se sapessero con esattezza cosa fare, dove andare, mentre i loro occhi malvagi saettano da ogni parte alla ricerca di ricchezze da depredare. La luce risplende sulla loro pelle sudata e appiccicosa, il loro fiato smuove l'aria intorno, creando leggere brezze capaci di rabbrividire chiunque vi si avvicini.
Nel frattempo, al Quartier Generale, il Comandante Kikal e il Generale Kawon stanno cercando di mettere a punto un piano che permetterà la salvezza della nazione e dell'intero pianeta.
“Che cosa facciamo, Generale?”
Il Generale Kawon rimane pensieroso, cerca di capire quale sia la strategia migliore.
“Suggerisco di tentare per la via diplomatica, Comandante. Mandiamo un ambasciatore a parlare con loro”
Il Comandante Kikal annuisce, non totalmente convinto. Secondo lui mobilitare l'esercito sarebbe stata la soluzione migliore, ma non discute le decisioni del Generale. Spera solo che quei mostri siano pronti a collaborare.
Non i ha visti in faccia, ma ha visto le loro astronavi. Appare evidente che la loro tecnologia è inarrivabile. Se non accetteranno il patto sarà la fine per il pianeta e per la popolazione.
Gli alieni raggiungono la prima città ed iniziano a sparare con i loro fucili, ad entrare nelle case per saccheggiare e uccidere. I bambini, spaventati, urlano al solo vedere la loro faccia mostruosa e i loro denti terribili. Un bimbo viene strappato dalla sua mamma da quelle mani rapaci e portato su una delle loro astronavi, forse vogliono studiarlo, forse vogliono farlo diventare uno di loro, o semplicemente ucciderlo. La madre, terrorizzata, teme che vogliano mangiarlo. Da ogni luogo è possibile udire le grida delle donne e dei bambini, le urla disperate dei genitori che vedono i loro figli calpestati o uccisi in altri modi altrettanto sanguinosi, tutto ad opera di squallidi alieni rosa.
Gli alieni continuano a marciare, compatti, senza dividersi. Distruggono tutto ciò che incontrano, simili alla marcia infuocata dei demoni dell'Apocalisse. Non c'è scappatoia, nessun rifugio. Continuano ad avanzare, distruggendo tutto ciò che incontrano. Con le loro armi. Con la loro malvagità. Con la loro fame. Fame di possedimenti, di territori.
Fame di sangue.
Ecco che in lontananza arriva l'Ambasciatore Jonas, mandato dal Comandante e dal Generale. Sguardo attento e fiero, marcia sicura. Inquietudine nel cuore.
Si avvicina agli alieni, chiedendo di parlare con il loro comandante. Gli alieni ridono, digrignando quei denti che spaventano tanto il povero Jonas. Così bianchi e inquietanti. Uno degli alieni si fa avanti, il più grosso, il più malvagio. Quello con i denti più bianchi.
“Sono io, il Comandante” dice, con una voce agghiacciante, simile ad un gessetto lasciato scorrere sulla lavagna. Jonas inizia a tramare, al cospetto di quell'essere ripugnante.
“I-io...vengo in p-pace. N-noi...volevamo proporvi un accordo...p-per farvi abbandonare il p-pianeta”
Il Comandante annuisce, con grande stupore dei suoi compagni.
“D'accordo. Riferisci che siamo pronti a trovare un accordo”.
Jonas sospira di sollievo e si volta, per annunciare la lieta novella. E' felice, sente che se il pianeta è salvo è in parte anche merito suo. E' come se avesse salvato delle vite, e la cosa lo rende fiero di sé.
PAM.
Un colpo lo coglie impreparato. Cade a terra, mentre dalla sua testa inizia a sgorgare sangue. Il Comandante degli alieni scoppia a ridere. La sua roca risata si propaga per chilometri e chilometri, facendo tremare di paura tutta la popolazione che sta cercando salvezza. I bambini piangono, perchè hanno paura. Perchè è un'ingiustizia che siano costretti ad abbandonare la vita prima di averla conosciuta.
Un bambino sta guardando tutta la scena, con i piccoli occhietti pieni di lacrime. Jonas era suo padre e lui l'ha visto cadere, per colpa di sporchi alieni che vogliono solo fare del male. Adesso lui è solo, anche sua madre è stata uccisa dagli alieni. Non ha nessuno al mondo.
E' nascosto in una botte, vicino al luogo dell'assassinio, il sangue di suo padre è libero di scorrere fino a lui. Ha gli occhi pieni di quel colore sgargiante. Una distesa purpurea che luccica davanti a lui. Allunga le piccole mani marroncine e pelose, come se volesse toccarlo, ma sa che non può allungarsi troppo, o verrebbe scoperto. Le sue orecchie aguzze si tendono, mentre cerca di ascoltare i discorsi degli alieni, e intanto la sua coda squamosa si muove frenetica, a causa della forte rabbia che prova.
Vede all'improvviso sua nonna scattare in avanti e avventarsi contro il capo degli alieni. E' arrabbiata, vuole vendicare la morte del figlio. Il piccino apre la bocca, vorrebbe urlarle di andarsene, che è pericoloso. Vorrebbe dirle di salvarsi, perchè ormai solo lei può occuparsi di lui. Vorrebbe gridarle che possono ricostruirsi una vita, possono sopravvivere.
Vorrebbe ululare al vento tutto quello che sente nel suo cuore.
E invece resta in silenzio, per salvarsi, per portare dentro di sé la memoria della sua famiglia.
Continua ad osservare la nonna accanirsi contro gli alieni. E' inutile, è tutto inutile.
Il Comandante degli alieni ride, si fa scherno del dolore dell'anziana. Ancora. Sempre di più. Sempre più forte. Con il calcio del fucile colpisce la vecchietta, distruggendole il cranio. Ancora una volta il piccolo vede il sangue color porpora di un suo caro scorrere sul freddo pavimento.
Un grido esce dalle labbra del poveretto, che viene così individuato. Il Comandante nemico si avvicina a lui, squadrandolo con due occhi intensi e azzurri, dove si può leggere la pura malvagità. Gli punta la canna del fucile contro la testolina, pronto a premere il grilletto.
Soltanto una domanda esce dalle dalle labbra del piccolo
“Chi siete, voi?” chiede con sdegno, sputando della saliva azzurra sul viso dell'alieno che ha osato uccidere suo padre. Può permettersi di fare quel gesto, ormai ha perso la speranza di salvarsi.
Il Comandante ride, ancora una volta.
Decide di rispondere a quella domanda, forse per assecondare l'ultima richiesta di un povero bambino destinato ad una morte troppo precoce.
“Siamo Terrestri” dice semplicemente, con una voce così fredda da far rabbrividire anche il cuore più caparbio.
Quella risposta è l'unica cosa che il bimbo può sentire, seguita a breve distanza da un suono forte e amaro.
Poi: il buio.
E troppe domande senza risposta.
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