<<Quindi ho provato qualcosa.>> e ti metti a fissare il dottore.
<<Così pare, ma non è un dato certo. In qualche modo, quella cittadina aveva rievocato in te la Heaven.>> ti chiedi per un attimo come faccia a saperlo con tale certezza, diario a parte <<Ovviamente non un processo definito, ma un insieme di tante situazioni che hai vissuto durante la tua carriera a bordo. Tu provi indifferenza per le persone, eppure non riesci a non pensarci. La ragazzina è l’esempio più pratico, ma anche il cameriere o il vecchio erano per te spunto di pensiero e riflessione. Io credo che tu provi qualcosa per gli altri, ma che non riesca ad esprimerlo pienamente. Il mio grosso dilemma è se tu creda di essere malato per alienarti o, viceversa, ti alieni perché sei malato. A livello medico non presenti nessun difetto, però il cervello umano è sempre pieno di sorprese. Pensa a Charles Whitman, militare in carriera che ebbe l’idea di fare il tiro a segno dalla cima dell’università del Texas. Nessun vero sintomo se non il congedo con disonore, ma quello fa più parte del lato burocratico, che quello psicologico. Lui appariva sano, ed invece esaminando il suo cadavere gli trovarono un tumore avanzato al cervello. Certe cose risulteranno sempre inevitabili, od incalcolabili. Devi ricordartele come certezze nella vita.>>
Lo fissi stranito. Bell’esempio il suo. Avevi letto un articolo sul quel tizio durante il viaggio per le Fuji, sai che non se lo sta inventando.
<<Ma perché ho scritto queste cose? Voglio dire, io so… io sapevo di avere un problema, eppure ero venuto con l’idea di riprendermi da quella storia. Le spiego meglio: ero affranto prima di partire, più gli incubi e tutto il resto. La cosa peggiorò quando mia moglie mi disse di aver programmato il viaggio, ed era senso di colpa. Mai, assolutamente mai avrei potuto gettare tutto all’aria, visto che lo stavo facendo per lei. Dubito che lo sappia, ma io->>
<<Lo so invece. Tu provi ancora dei sentimenti per tua moglie e per tua figlia, me lo dicesti tu stesso. E questo per me è stato il punto fondamentale, ad oggi. La prova che ti incrimina.>>
Ti senti confuso <<… che cosa? Il fatto che io sia empatico nei confronti della mia famiglia sarebbe un pretesto per incriminarmi?!>> le vene ti si gonfiano, le tempie iniziano a battere.
<<So che la cosa risulta difficile, ma nell’ottica generale risulterebbe tutt’altro che indifferente. Facciamo finta: durante il tuo raptus omicida alla nave, tentasti a tutti i costi di trovare un modo di andartene per rivedere tua moglie e tua figlia. So che era appena nata.>>
<<No, non ha assolutamente senso. Mi avete trovato ferito, questo non potete negarlo.>>
<<Certo, ma non si può negare che le ferite potessero essere state applicate da te stesso…>>
<<Cosa diavolo dice? Avevo un braccio spezzato!>>
<<… come è vero che potrebbe avertele applicate il “nazista” con cui ipoteticamente avresti lottato.>>
La testa ti gira <<No… no no no. Non starò qui a sentire le tue stupidaggini vecchio. Voglio uscire. Come diavolo si apre questa porta>> e ti dirigi verso essa. E’ chiusa. Con il bagno ha funzionato, vale ritentare. Ma niente, il calcio non ha effetto. Qualcuno l’ha bloccata come si deve. La chiave. Ti giri verso il vecchio <<Dammela. Non costringermi a farti del male. Dammi subito la chiave.>>
<<Non è così facile. Sei ancora un sospettato. E’ il mio lavoro, mi dispiace.>> dice. Si vede che le botte di prima non gli sono bastate, così ti dirigi verso di lui.
<<Ehi EHI fermo, datti una calmata. Ma non ti vedi? Dai di matto appena si parla della tua famiglia o ti si dice di aver mentito. Io sono dalla tua parte, ma tu stesso sai che non posso lasciarti andare così. Siediti e continua a leggere. Non ti manca molto, anzi, siamo ormai alla fine del tuo manoscritto, visto che il resto delle pagine è assente.>>
Basta con queste bugie <<No, voglio darci un taglio con questa sceneggiata. Pensi davvero che questa storiella dell’essere sospettato funzioni con me? So che mi stai mentendo dalla prima volta che ci siamo visti. Ho letto i fascicoli della Heaven. Io stesso ho contribuito alle indagini su richiesta degli agenti che, a quanto pare lei non lo sa, erano americani. Proprio così, furono degli americani a salvarci, visto che passavamo proprio in acque sotto la loro giurisdizione. Ed il mio diario. Perché mancano delle pagine? Posso anche essere malato a livello psicologico, ma mai distruggerei qualcosa di così importante per me. E' stato lei, vero? Cosa avevo scritto in quelle ultime due pagine? La smetta con questa storia e con le sue accuse da quattro soldi. Che cosa vuole veramente? Perché siamo rinchiusi in questa stanza?>>
Pare aver funzionato, vista l’espressione sulla sua faccia <<Io… hai ragione, perdonami. All’inizio volevo usarti per creare un identikit psicologico, un’idea per un mio progetto, qualcosa che in futuro sarebbe servito nel campo delle indagini. Lo ammetto e ne vado fiero. Non c’è niente di male in quello che voglio fare. Ma più ti vedevo e più la cosa mi affascinava. Voglio solo aiutarti, per davvero. Ma non nascondo che voglio anche studiarti. Le ultime due pagine del tuo diario non erano altro che l'inizio di ciò che sta avvenendo qui e ora. La verità già la conosci, solo che non l'accetteresti senza il dovuto riepilogo, ne sono certo, nonostante non sappia il tuo vero dilemma. Tutte le pagine passate non erano altro che menzogne, come quelle che hai letto poco fa. In ogni caso non ti costa niente, rimanere a parlare con me e tentare di risolvere il tuo problema. Ti ho portato io qua dentro. E’ la tua stanza. Sei svenuto l’altra sera, dopo che te ne sei andato all’improvviso, nel mezzo della cena in onore della Blue Heaven e delle sue vittime. C’ero anche io. Non ti costringerò a rimanere qui, e in ogni caso ti ridarò le pagine del tuo diario. Ti chiedo di farlo per te.>>
<<Ci siamo parlati altre volte? Oltre a ieri sera e alla seduta.>>
<<Diverse, ma niente di veramente significativo. Mi dimenticavi ogni volta, che cosa curiosa. Ho provato comunque a fartelo ricordare, ma non funzionava, e tu eri così dannatamente riservato. Così ho deciso di approfondire la tua psiche man mano, visto che almeno ricordavi la nostra seduta, provando un impulso di fiducia, o quasi, nei miei confronti. Non so perché questa volta te lo sia dimenticato. Forse il discorso di ieri ha cambiato qualcosa.>>
<<Chi mi dice che ieri sera ci siamo davvero incontrati?>>
Usa un filo di voce, come se ti stesse dicendo un segreto <<L’hai scritto sul tuo diario>> e lo indica.
Cosa ti costa, veramente. Forse sei solo curioso, forse è qualcosa di più importante. Quando ha nominato il diario e la sua ultima parte hai sentito voglia di nasconderti sotto il letto. Che cosa buffa. Fallo per la tua famiglia, glielo devi. Ti siedi.
<<Bene. Facciamola finita allora. Spero che il suo progetto abbia successo>> non credi alle tue parole << visto che qui cade tutto a pezzi. Dove eravamo arrivati… ecco, apra le orecchie.>>
7 Agosto. Che serata squallida. A Sano hanno detto che è stata organizzata in memoria delle vittime della Blue Heaven. Certo. Scoprire di avere nel proprio hotel uno dei sopravvissuti di quella vicenda aveva mandato in modalità viagra il direttore che ora si trovava tra le mani una miniera d’oro. Sano già se lo immagina. Chiedergli una foto ed una dedica da incorniciare all’entrata. “Colui che è fuggito dal paradiso”. Molto simpatico. La gente poteva farcisi le foto. Chissà se avrebbero realizzato gadgets o altro.
<<Come si sente, signore?>> avanza il cameriere.
<<Come se stessi per affondare. La mia presenza presumo sia indispensabile questa sera.>>
<<Se questo la disturba, allora, ahimè si. Lei stasera è necessario. Si faccia forza, per questa gente lei è un eroe.>> facendo dietro front tra le richieste degli altri tavoli.
Il direttore ci aveva azzeccato, almeno. Tantissime, troppe persone sono presenti alla cena. Per fortuna non aveva chiesto a Sano di fare un discorso, sarebbe stato abominevole. Aveva anche avuto il tatto di lasciarlo sedere solo, in disparte, senza che fosse al centro dell’attenzione con tutti quei pezzi grossi. Forse Sano si sente a suo agio, lì. Ma ovviamente si sbaglia.
<<Eccola, cercavo proprio lei!>> questo dannato dottore. Si siede.
Sospira <<Molto bene. L’ho trovata, finalmente. Lei è proprio un tipo fuggiasco, sa? E’ dalla nostra seduta che non la rivedo.>>
<<Avevo da fare. Credevo che la seduta fosse l’unica situazione in cui dovevamo incontrarci, anche se non ricordo di cosa abbiamo parlato precisamente.>>
<<Vuole dire che si è dimenticato tutto?>>
<<Non proprio. Non so il motivo, ma a volte ho dei vuoti di memoria, che siano avvenimenti o persone.>>
<<Capisco... una cosa pericolosa. Stia attento se non vuole essere sfruttato. Comunque no, non basterebbe una seduta. Per niente. Se si fosse trattato di ordinaria amministrazione, lei avrebbe dovuto vedere la mia faccia almeno 3 volte alla settimana, per un paio di anni. Non mi tratti così, avanti, io sono suo amico.>>
Quella parola per Sano ha perso significato da tempo. Quando era stata l’ultima volta in cui aveva pensato ad una persona come sua amica? <<Ah, capisco. Prima fa il suo lavoro per conto del governo e ora vuole approfittarsi di me. Vuole scrivere un libro? Posso consigliarle qualche titolo, se per questo.>>
Ride <<Non faccia così, io voglio davvero aiutarla. Anche se avevo per davvero l'idea di un manoscritto, ha indovinato. So che se non si supera la barriera umana non potrò fare al meglio il mio lavoro. Sono venuto a parlare con lei da persona a persona, non da psicologo a paziente. Mi venga in contro.>>
Del resto c’è poco altro da fare per Sano. <<Va bene. Avanti, cosa vuole sapere, Sam.>>
<<Sono incuriosito da questa faccenda della memoria, non ha paura di dimenticare le cose?>>
<<Così pare, ma non è un dato certo. In qualche modo, quella cittadina aveva rievocato in te la Heaven.>> ti chiedi per un attimo come faccia a saperlo con tale certezza, diario a parte <<Ovviamente non un processo definito, ma un insieme di tante situazioni che hai vissuto durante la tua carriera a bordo. Tu provi indifferenza per le persone, eppure non riesci a non pensarci. La ragazzina è l’esempio più pratico, ma anche il cameriere o il vecchio erano per te spunto di pensiero e riflessione. Io credo che tu provi qualcosa per gli altri, ma che non riesca ad esprimerlo pienamente. Il mio grosso dilemma è se tu creda di essere malato per alienarti o, viceversa, ti alieni perché sei malato. A livello medico non presenti nessun difetto, però il cervello umano è sempre pieno di sorprese. Pensa a Charles Whitman, militare in carriera che ebbe l’idea di fare il tiro a segno dalla cima dell’università del Texas. Nessun vero sintomo se non il congedo con disonore, ma quello fa più parte del lato burocratico, che quello psicologico. Lui appariva sano, ed invece esaminando il suo cadavere gli trovarono un tumore avanzato al cervello. Certe cose risulteranno sempre inevitabili, od incalcolabili. Devi ricordartele come certezze nella vita.>>
Lo fissi stranito. Bell’esempio il suo. Avevi letto un articolo sul quel tizio durante il viaggio per le Fuji, sai che non se lo sta inventando.
<<Ma perché ho scritto queste cose? Voglio dire, io so… io sapevo di avere un problema, eppure ero venuto con l’idea di riprendermi da quella storia. Le spiego meglio: ero affranto prima di partire, più gli incubi e tutto il resto. La cosa peggiorò quando mia moglie mi disse di aver programmato il viaggio, ed era senso di colpa. Mai, assolutamente mai avrei potuto gettare tutto all’aria, visto che lo stavo facendo per lei. Dubito che lo sappia, ma io->>
<<Lo so invece. Tu provi ancora dei sentimenti per tua moglie e per tua figlia, me lo dicesti tu stesso. E questo per me è stato il punto fondamentale, ad oggi. La prova che ti incrimina.>>
Ti senti confuso <<… che cosa? Il fatto che io sia empatico nei confronti della mia famiglia sarebbe un pretesto per incriminarmi?!>> le vene ti si gonfiano, le tempie iniziano a battere.
<<So che la cosa risulta difficile, ma nell’ottica generale risulterebbe tutt’altro che indifferente. Facciamo finta: durante il tuo raptus omicida alla nave, tentasti a tutti i costi di trovare un modo di andartene per rivedere tua moglie e tua figlia. So che era appena nata.>>
<<No, non ha assolutamente senso. Mi avete trovato ferito, questo non potete negarlo.>>
<<Certo, ma non si può negare che le ferite potessero essere state applicate da te stesso…>>
<<Cosa diavolo dice? Avevo un braccio spezzato!>>
<<… come è vero che potrebbe avertele applicate il “nazista” con cui ipoteticamente avresti lottato.>>
La testa ti gira <<No… no no no. Non starò qui a sentire le tue stupidaggini vecchio. Voglio uscire. Come diavolo si apre questa porta>> e ti dirigi verso essa. E’ chiusa. Con il bagno ha funzionato, vale ritentare. Ma niente, il calcio non ha effetto. Qualcuno l’ha bloccata come si deve. La chiave. Ti giri verso il vecchio <<Dammela. Non costringermi a farti del male. Dammi subito la chiave.>>
<<Non è così facile. Sei ancora un sospettato. E’ il mio lavoro, mi dispiace.>> dice. Si vede che le botte di prima non gli sono bastate, così ti dirigi verso di lui.
<<Ehi EHI fermo, datti una calmata. Ma non ti vedi? Dai di matto appena si parla della tua famiglia o ti si dice di aver mentito. Io sono dalla tua parte, ma tu stesso sai che non posso lasciarti andare così. Siediti e continua a leggere. Non ti manca molto, anzi, siamo ormai alla fine del tuo manoscritto, visto che il resto delle pagine è assente.>>
Basta con queste bugie <<No, voglio darci un taglio con questa sceneggiata. Pensi davvero che questa storiella dell’essere sospettato funzioni con me? So che mi stai mentendo dalla prima volta che ci siamo visti. Ho letto i fascicoli della Heaven. Io stesso ho contribuito alle indagini su richiesta degli agenti che, a quanto pare lei non lo sa, erano americani. Proprio così, furono degli americani a salvarci, visto che passavamo proprio in acque sotto la loro giurisdizione. Ed il mio diario. Perché mancano delle pagine? Posso anche essere malato a livello psicologico, ma mai distruggerei qualcosa di così importante per me. E' stato lei, vero? Cosa avevo scritto in quelle ultime due pagine? La smetta con questa storia e con le sue accuse da quattro soldi. Che cosa vuole veramente? Perché siamo rinchiusi in questa stanza?>>
Pare aver funzionato, vista l’espressione sulla sua faccia <<Io… hai ragione, perdonami. All’inizio volevo usarti per creare un identikit psicologico, un’idea per un mio progetto, qualcosa che in futuro sarebbe servito nel campo delle indagini. Lo ammetto e ne vado fiero. Non c’è niente di male in quello che voglio fare. Ma più ti vedevo e più la cosa mi affascinava. Voglio solo aiutarti, per davvero. Ma non nascondo che voglio anche studiarti. Le ultime due pagine del tuo diario non erano altro che l'inizio di ciò che sta avvenendo qui e ora. La verità già la conosci, solo che non l'accetteresti senza il dovuto riepilogo, ne sono certo, nonostante non sappia il tuo vero dilemma. Tutte le pagine passate non erano altro che menzogne, come quelle che hai letto poco fa. In ogni caso non ti costa niente, rimanere a parlare con me e tentare di risolvere il tuo problema. Ti ho portato io qua dentro. E’ la tua stanza. Sei svenuto l’altra sera, dopo che te ne sei andato all’improvviso, nel mezzo della cena in onore della Blue Heaven e delle sue vittime. C’ero anche io. Non ti costringerò a rimanere qui, e in ogni caso ti ridarò le pagine del tuo diario. Ti chiedo di farlo per te.>>
<<Ci siamo parlati altre volte? Oltre a ieri sera e alla seduta.>>
<<Diverse, ma niente di veramente significativo. Mi dimenticavi ogni volta, che cosa curiosa. Ho provato comunque a fartelo ricordare, ma non funzionava, e tu eri così dannatamente riservato. Così ho deciso di approfondire la tua psiche man mano, visto che almeno ricordavi la nostra seduta, provando un impulso di fiducia, o quasi, nei miei confronti. Non so perché questa volta te lo sia dimenticato. Forse il discorso di ieri ha cambiato qualcosa.>>
<<Chi mi dice che ieri sera ci siamo davvero incontrati?>>
Usa un filo di voce, come se ti stesse dicendo un segreto <<L’hai scritto sul tuo diario>> e lo indica.
Cosa ti costa, veramente. Forse sei solo curioso, forse è qualcosa di più importante. Quando ha nominato il diario e la sua ultima parte hai sentito voglia di nasconderti sotto il letto. Che cosa buffa. Fallo per la tua famiglia, glielo devi. Ti siedi.
<<Bene. Facciamola finita allora. Spero che il suo progetto abbia successo>> non credi alle tue parole << visto che qui cade tutto a pezzi. Dove eravamo arrivati… ecco, apra le orecchie.>>
***
7 Agosto. Che serata squallida. A Sano hanno detto che è stata organizzata in memoria delle vittime della Blue Heaven. Certo. Scoprire di avere nel proprio hotel uno dei sopravvissuti di quella vicenda aveva mandato in modalità viagra il direttore che ora si trovava tra le mani una miniera d’oro. Sano già se lo immagina. Chiedergli una foto ed una dedica da incorniciare all’entrata. “Colui che è fuggito dal paradiso”. Molto simpatico. La gente poteva farcisi le foto. Chissà se avrebbero realizzato gadgets o altro.
<<Come si sente, signore?>> avanza il cameriere.
<<Come se stessi per affondare. La mia presenza presumo sia indispensabile questa sera.>>
<<Se questo la disturba, allora, ahimè si. Lei stasera è necessario. Si faccia forza, per questa gente lei è un eroe.>> facendo dietro front tra le richieste degli altri tavoli.
Il direttore ci aveva azzeccato, almeno. Tantissime, troppe persone sono presenti alla cena. Per fortuna non aveva chiesto a Sano di fare un discorso, sarebbe stato abominevole. Aveva anche avuto il tatto di lasciarlo sedere solo, in disparte, senza che fosse al centro dell’attenzione con tutti quei pezzi grossi. Forse Sano si sente a suo agio, lì. Ma ovviamente si sbaglia.
<<Eccola, cercavo proprio lei!>> questo dannato dottore. Si siede.
Sospira <<Molto bene. L’ho trovata, finalmente. Lei è proprio un tipo fuggiasco, sa? E’ dalla nostra seduta che non la rivedo.>>
<<Avevo da fare. Credevo che la seduta fosse l’unica situazione in cui dovevamo incontrarci, anche se non ricordo di cosa abbiamo parlato precisamente.>>
<<Vuole dire che si è dimenticato tutto?>>
<<Non proprio. Non so il motivo, ma a volte ho dei vuoti di memoria, che siano avvenimenti o persone.>>
<<Capisco... una cosa pericolosa. Stia attento se non vuole essere sfruttato. Comunque no, non basterebbe una seduta. Per niente. Se si fosse trattato di ordinaria amministrazione, lei avrebbe dovuto vedere la mia faccia almeno 3 volte alla settimana, per un paio di anni. Non mi tratti così, avanti, io sono suo amico.>>
Quella parola per Sano ha perso significato da tempo. Quando era stata l’ultima volta in cui aveva pensato ad una persona come sua amica? <<Ah, capisco. Prima fa il suo lavoro per conto del governo e ora vuole approfittarsi di me. Vuole scrivere un libro? Posso consigliarle qualche titolo, se per questo.>>
Ride <<Non faccia così, io voglio davvero aiutarla. Anche se avevo per davvero l'idea di un manoscritto, ha indovinato. So che se non si supera la barriera umana non potrò fare al meglio il mio lavoro. Sono venuto a parlare con lei da persona a persona, non da psicologo a paziente. Mi venga in contro.>>
Del resto c’è poco altro da fare per Sano. <<Va bene. Avanti, cosa vuole sapere, Sam.>>
<<Sono incuriosito da questa faccenda della memoria, non ha paura di dimenticare le cose?>>
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