Più che andare incontrovertibilmente a cercare una passione per spiegare ciò che "la fredda mente" fa compiere, direi di considerare che svolgere un dovere, anche se la voglia effettiva di farlo manchi, porti ad una condizione di "sollevamento psicologico". In generale, far del bene perché lo si vuole (passionalmente) allieta la mente, far del bene perché lo si deve (razionalmente) solleva la mente da un peso. E' così che la vedo.
Comunque questo non mi pare c'entri granché :P
Comunque questo non mi pare c'entri granché :P
E infatti non ho mai detto che tu hai messo il discussione che loro abbiano agito facendo del bene, semplicemente voglio far notare che "far del bene" + "essere credente" non è sempre = "ipocrisia". Chi crede, e lo fa per bisogno personale, perché riconosce nei principi etici e morali professati da un credo una certa affinità ideologica, può compiere quel bene sia strumentalizzandolo come passcard per accedere al "Paradiso", sia perché avverta un impulso altruistico che con l'ipocrisia non ha nulla a che vedere.
Io credo in Dio, mi piace, in generale, ciò che professa la religione Cristiana, ma IO se do 0,50€ a qualcuno che elemosina, se mi sento di proteggere qualcuno da infamie illecite, se voglio aiutare chiunque creda di poterlo fare, non è perché voglia apparire alla luce di Cristo o bere un caffè con San Pietro. Quindi come IO svolgo un bene nel rispetto del mio pensiero e delle mie regole morali, con la consapevolezza di dover, tuttavia, sminuire il tutto ad un "bisogno mentale di far del bene" (che sia anonimo o meno, conta poco: se faccio un favore a qualcuno, che lui mi ringrazi o meno, che appaia il mio nome nel Cast degli aiuti della sua vita o non appaia, a me interessa assolutamente poco; mi basta sapere di aver fatto del bene per rallegrarmene o allietarmi l'animo), come fai a dirmi con certezza (quindi dimostrandolo) che lo stesso bene finalizzato ad un posto in cielo sia stato mosso dai Santi o, in generale, chiunque altri sia religios ed avverta il bisogno di rendersi utile alla comunità?
Nel caso avessi frainteso (come ha già spiegato in modo esaustivo WWJ) allora si può passare oltre.
Io credo in Dio, mi piace, in generale, ciò che professa la religione Cristiana, ma IO se do 0,50€ a qualcuno che elemosina, se mi sento di proteggere qualcuno da infamie illecite, se voglio aiutare chiunque creda di poterlo fare, non è perché voglia apparire alla luce di Cristo o bere un caffè con San Pietro. Quindi come IO svolgo un bene nel rispetto del mio pensiero e delle mie regole morali, con la consapevolezza di dover, tuttavia, sminuire il tutto ad un "bisogno mentale di far del bene" (che sia anonimo o meno, conta poco: se faccio un favore a qualcuno, che lui mi ringrazi o meno, che appaia il mio nome nel Cast degli aiuti della sua vita o non appaia, a me interessa assolutamente poco; mi basta sapere di aver fatto del bene per rallegrarmene o allietarmi l'animo), come fai a dirmi con certezza (quindi dimostrandolo) che lo stesso bene finalizzato ad un posto in cielo sia stato mosso dai Santi o, in generale, chiunque altri sia religios ed avverta il bisogno di rendersi utile alla comunità?
Nel caso avessi frainteso (come ha già spiegato in modo esaustivo WWJ) allora si può passare oltre.
tu stesso hai parlato di principio altruistico. Questo principio altruistico, tu stesso l'hai separato dalla fede. Se centrasse con la fede sarebbe appunto un principio ipocrita e meschino. Ma tu hai messo questo principio "laico" presente nel bisogno di un fedele di fare del bene perchè è giusto farlo nei nostri criteri morali e non perchè ce lo dice la bibbia (ad esempio). Ed'è appunto quello che dico io. È un bene che si può fare senza la fede, è un principio di bene che ha a che fare col nostro mondo e non con il regno dei cieli. Quindi, il bene che hanno fatto questi religiosi lo potevano fare anche non essendo religiosi. Mentre il male che hanno fatto c'è stato solo per colpa del loro fanatismo.
Rispetto il tuo pensiero, ma, se non mi dici per quali precise motivazioni "credere sia dannoso", continueremo con uno sterile scambio di opinioni (benché l'intero topic sia destinato a protrarsi in questo modo, ma almeno qui parliamo di "banali" sillogismi e rapporti causa-effetto).
Innanzitutto spesso il credo è influenzato dalla religione. Ognuna avrà le sue follie, i cristiani la mortificazione di tante cose belle della vita, i tabù, i pregiudizi, ecc i testimoni di geova hanno le loro manie, non tocchiamo il discorso del sangue, l'islam ha le sue leggi assurde e la religione in sè è talmente impegnativa che metà giornata se la prende.. ma va bene... tralasciamo tutto questo, prendiamo un credo più semplice, più basilare. Un semplice credo.
Io ritengo che sia assolutamente importante accettare la vita (si, in questo mi piace Nietzsche, ma non sono un suo seguace come pensavate, ho le mie idee punto e basta) nonostante sia sofferenza. Dire si alla vita nonostante il dolore. La morte qui gioca un ruolo importante. Spesso Dio rappresenta la paura dell'ignoto e della morte. In una società che richiede consapevolezza è fondamentale capire che l'ignoto fa parte del nostro mondo, accettarlo, accettare che non possiamo avere tutte le risposte e che alcune cose non le possiamo sapere. Non dobbiamo trovare a tutti i costi una risposta. Dobbiamo riconoscere che abbiamo dei limiti e dobbiamo accettarli. Così come accettare la morte, l'idea che dovremo sparire, lasciare posto ad altri. Potrei anche essere felice di sapere che non finisce, che c'è altro dopo la vita. Ma non mi riguarda, mi devo concentare sulla vita pensando che prima o poi morirò e non so cosa c'è dopo. Molto probabilmente non c'è nulla, si muore e basta... magari c'è qualcosa, ma non posso saperlo e non ha senso parlare di credere. Credere implica autoconvincimento. Posso anche pensare che dopo la vita potrebbe esserci qualcos'altro, ma autoconvincersi è diverso. Se applichiamo questi autoconvincimenti alla quotidianità per me ci allontaniamo da ciò che ci riguarda e da ciò che è reale... e se l'autonconvincimento è sbagliato e quindi se l'accettazione della vita non è davvero consapevole i miei studi mi portano fin ora a pensare che si è maggiormente portati alla crisi.
Questo bisogno di credere andrebbe analizzato e curato con la nostra realtà.
Che può anche essere magica, ma questo è un invisibile assolutamente terreno, io condanno l'autoconvincimento in qualcosa di cui non possiamo sapere proprio un bel niente.
Credere non mi limita. Dio non mi limita. Il mio credo non mi limita. Dio mi è sfogo psicologico, rappresenta, per me, un ausilio per guardarmi avanti ottimisticamente, e un ausilio non è mai una limitazione (considerando che nessuno, anche in termini concreti, basti a e da sé.
Per me non è essenziale "crearsi dei nuovi valori", quanto invece "crearsi dei valori", molto semplicemente. Ora che quei valori creati siano riciclo di concetti già introdotti da una corrente religiosa o siano principi scaturiti da personalissimi processi mentali cambia effettivamente poco: è il credere in un valore che conta, essenzialmente.
Comunque, anche prendendo la tua frase separata dal contesto non capisco proprio... a quali valori ti riferisci? è molto vaga e non ho ben capito
La mia intuzione...ecc (non ci stava il resto del quote sorry)
io non ho ancora capito perchè ultimamente si aprono così tanti topic che mettono in discussione l'esistenza di Dio e guarda caso sono sempre aperti da utenti atei. non è che avete dei dubbi voi stessi e ne cercate conferma quà?
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