Appunto, tutto ciò che pensiamo esiste in qualche maniera. Come esiste qualsiasi altra nostra fantasia, come unicorni, colpi energetici alla DB e bacchette magiche di Harry Potter.
Per Parmenide è il pensare che qualifica l'essere, non il pensiero in se. E' la capacità di pensare che fa esistere l'essere.
Non esistono nella realtà definita dai nostri sensi, ma comunque esistono perchè presenti nel nostro pensiero e nella nostra mente, e quindi fanno anch'essi parte dell'essere.
Diciamo che secondo Parmenide ciò che percepiamo è più falso di ciò che pensiamo e quindi in qualche modo si può dire che Babbo Natale sia più reale e più legato al vero "essere" di quanto non lo sia casa tua.
Diciamo che secondo Parmenide ciò che percepiamo è più falso di ciò che pensiamo e quindi in qualche modo si può dire che Babbo Natale sia più reale e più legato al vero "essere" di quanto non lo sia casa tua.
Per Parmenide i sensi sono semplici doxa, opinioni senza fondamento logico, che vedono solo un falso divenire dove in realtà c'è una semplice apparenza del non essere. Sia casa tua, sia babbo natale, sia io che te, non esistiamo, nel senso ontologico parmenideo. L'essere è UNO, indivisibile, definito ed è sempre, non è stato e non sarà, ma sempre è.
Il discorso di Parmenide ha però molti punti deboli. Il nulla, ad esempio, già avendo un nome si può dire che esso esista. Non si può dare un nome (e cioè dare un senso ed un significato) a un qualcosa di inesistente...
Inoltre egli afferma che l'essere è un qualcosa di finito, di compiuto. Ma se esso è finito, significa che ha dei confini: e fuori da quei confini che cosa c'è? Non c'è niente, suppongo. Ma dicendo che non c'è niente di fatto si dice che c'è il nulla, e questo sappiamo che per Parmenide non è possibile..
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